DI FRANCO CARDINI
…sulla bontà delle intenzioni delle insegnanti della scuola elementare Ciardi di Treviso, quelle che hanno proposto di eliminare la consueta recita scolastica dedicata al Natale – in pratica, un «presepio vivente» – e di sostituirla con Cappuccetto Rosso per non urtar la sensibilità dei loro piccoli allievi musulmani (pare circa il 15% della popolazione scolastica locale) e soprattutto, presumibilmente, delle loro famiglie. Tuttavia, ed è proprio il caso di dirlo, di buone intenzioni è lastricato l’Inferno. In questo caso, un Inferno fatto di astratto dottrinarismo buonista, pacifista e relativista, magari accompagnato da una discreta dose di anticristianesimo e di laicismo magari nascosto, che rischia di provocare proprio il contrario di quel che vorrebbe: vale a dire il crescere di volgari manifestazioni xenofobe travestite da difesa delle tradizioni.
Non che, intendiamoci, non ci sia, in quella scelta infelice, un elemento positivo che va pur rilevato. Treviso è una delle città nelle quali le intemperanze di certi estremisti della Lega Nord sono arrivate a livelli allarmanti: comprensibile che le maestre della Ciardi abbiano reagito cercando di insegnare tolleranza e rispetto. I modi e i metodi scelti, tuttavia, sono errati. Lasciamo pure da parte il fatto, esso stesso piuttosto grave, della scelta sostitutiva proposta. E’ strano che in un ambiente scolastico, nel quale dunque la preparazione pedagogica dovrebb’essere professionale, si vada a scegliere come oggetto d’una rappresentazione per bambini una delle più feroci tra le nostre fiabe tradizionali. Che tradizionali nn sono più, visto che raramente mamme e nonne le raccontano ai loro piccoli.
La fiaba aveva un altissimo valore catartico quando e nella misura in cui la nostra cultura era in qualche modo ancora legata, appunto, ai valori tradizionali: ma ora che essi sono stravolti e il linguaggio che li sosteneva è inquinato e desueto, il riproporla è cosa molto discutibile. E poi, se l’obiettivo era mettere a proprio maggiore agio i bambini musulmani, i quali sono presumibilmente all’oscuro di quella fiaba (che, a differenza di Biancaneve o di Cenerentola, non ha nemmeno avuto un trattamento cinematografico disneyano), c’è da chiedersi quali saranno le loro reazioni dinanzi a questa storia di bambine mangiate e di animali uccisi e sventrati. Ma il vero punto è un altro. Dinanzi a una cultura diversa con la quale si voglia entrare in contatto, vi sono tre errori fondamentali da non fare. Primo: rinunziare alla propria. Secondo: auspicare un melting pot nel quale tutti abbandonino le rispettive tradizioni. Terzo: pretendere che siano gli altri a cedere unilateralmente e ad adeguarsi a noi. Il corretto atteggiamento, che dovremo imparare da ora in poi, è il valorizzare le nostre tradizioni, magari addirittura il tornar ad esse come fattore identitario importante quando esse erano abbandonate, e al tempo stesso l’introdurre i nostri ospiti e/o i nostri nuovi concittadini provenienti da tradizioni diverse alla loro comprensione; e al tempo stesso insegnar a comprendere e a rispettare le loro. In uno spirito di collaborazione, di crescita culturale e di complementarità.
Perché mai dovremmo rinunziare al Presepio se da noi ci sono dei musulmani? Uno storico arabo racconta che, quando l’imperatore Federico II visitò Gerusalemme, nel 1229, il cadì della città, per rispetto nei suoi confronti, fece sospendere l’apppello del muezzin per la preghiera della notte. L’indomani l’imperatore lo rimproverò e lo invitò a venir a Palermo suo ospite, dicendo però che non avrebbe certo fatto tacere le campane della sua capitale per rispetto verso un ospite musulmano. Una preziosissima lezione. Insegnamo ai ragazzi musulmani che frequentano le nostre scuole il valore del Presepio e del Natale: tantopiù che il Corano parla di Gesù, di Maria e dei Magi. E magari, in tempo di Ramadan, insegnamo ai nostri ragazzi a notare che i loro compagni musulmani fannno a meno della colazione e invitiamoli a riflettere sulla serietà con la quale essi seguono la loro fede. Sarà un gran bell’esempio per i nostri, ormai così poco abituati alla rinunzia e al controllo del proprio corpo. In quell’occasione sì che rinunziar magari alla merendina per solidarietà con il compagno di classe che non può consumarla sarebbe un esercizio d’educazione alla solidarietà, alla convivenza e al rispetto.
Il Santo Padre raccomandò di recente ai cattolici che potessero farlo di «accompagnare» il Ramadan là dove ci sia una forte presenza musulmana. Quello sarebbe un gesto molto apprezzato.
Del resto, a Treviso, una bella lezione è venuta proprio dalla comunità musulmana, presumibilmente preoccupata a ragione della ricaduta che l’iniziativa delle maestre della Ciardi potrebbe avere su un’opinione pubblica cittadina già purtroppo fortemente sensibile alla demagogia xenofoba. Il capo della comunità ha ricordato pubblicamente che per l’Islam Gesù è un Profeta, e che ricordar e festeggiare la nascita di un Profeta va benissimo. Un invito elegante e civile, il suo, a certe suffragette buonistico-laiciste: signore mie, suvvia, non siate più maomettane di Maometto.
Franco Cardini
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9.12.04
giovedì 9 dicembre 2004