MILLE E CENTO MODI DI LAVARE QUEL SANGUE

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DI HS
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Nella grigia monotonia quotidiana – con tutto il suo estenuante e incessante carico di problemi e di affanni – veramente pochi momenti finiscono per rimanere impressi nella mente e ad accompagnare il resto dei nostri giorni. La loro irruzione è apparentemente inaspettata e imprevista e perciò foriera di inquietudini e foschi presagi. Personalmente non posso fare a meno di dimenticare quei giorni della mia infanzia in cui il paese seguì con il fiato sospeso la sorte dell’onorevole Moro il cui destino era probabilmente – molto probabilmente – già segnato nel momento in cui venne prelevato dal commando brigatista immediatamente dopo l’eccidio dell’intera scorta. Non c’è dubbio che quella che, a buon diritto, può essere definita tranquillamente la madre dei cosiddetti “misteri d’Italia”, costituì uno spartiacque e prefigurò il passaggio e la transizione definitiva verso la Seconda (Terza ? Quarta ? Quinta ? Oppure il colpo mortale che pose fine a qualunque speranza di instaurare un’autentica e civile democrazia in Italia ?) Repubblica, quel connubio fra poteri internazionali e nazionali finanziari, economici, politici, massonici e mafioso sempre più pervasivi e ingordi.

Malgrado l’ampia sottovalutazione generale, non è per me esagerato affermare e sostenere che il G8 di Genova del luglio 2001 – la violenza, la guerriglia e le devastazioni che lo accompagnarono – possiede una portata e un significato storico altrettanto forti del sequestro e dell’assassinio dello statista democristiano.

Nel fatidico 2001 l’Occidente mercantile, consumista, edonista ed opulento – quantomeno per chi se lo può permettere – fece il suo ingresso definitivo nel nuovo Millennio. A partire da quell’anno emersero chiaramente le bolle speculative e le prime scosse telluriche delle Borse, sintomi di un sistema che cominciava a mostrare le sue profonde crepe sotto innumerevoli profili – economico, sociale, morale, culturale, ecc… -. Sulla scacchiera finanziaria americana caddero due pedine importanti come la Enron e Worldcom proprio mentre – a seguito dei fatti mai totalmente chiariti dell’11 settembre – maturava la scelta del Presidente Bush jr e della sua amministrazione colma di finanzieri, petrolieri e rappresentati della più poderosa industria bellica di trasformare la “guerra umanitaria” in “guerra permanente e senza confini contro il terrorismo islamista”, un’altra comoda maschera per giustificare il sempiterno imperialismo postmoderno.

Sembrerà strano a chi non ricorda con abbastanza precisione quel periodo che pare trascorso da un secolo, ma il clima generale che si respirava nei primi mesi di quel 2001 era molto diverso da quello che si diffuse dopo l’11 settembre, ma ancor più, probabilmente, nel periodo immediatamente successivo alle giornate genovesi di luglio. Volendo scavare più a fondo, scopriremmo che prima di Ground Zero – della sua portata e del suo sfruttamento mediatico a livello globale – c’è stata Genova, il suo martirio, l’incredibile e inaccettabile tracotanza dei big degli stati più potenti del mondo e degli interessi privati che – tuttora – rappresentano, la feroce repressione poliziesca, le azioni dei Black Bloc, le scene di guerriglia urbana come da anni non si assistevano… E poi, ancora, la morte rimasta senza valida spiegazione del giovane manifestante Carlo Giuliani, Bolzaneto, la Diaz, ecc…

Da quel momento cominciò ad agonizzare e a morire il nuovo soggetto politico che da circa due anni si stava imponendo all’attenzione internazionale per la sua radicale opposizione al sistema neoliberista e alle sue propaggini internazionali più potenti e rappresentative come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, lo stesso G8, ecc… , quello che alla storia è passato come il Movimento No Global, “Movimento dei Movimenti” o Popolo di Seattle.

Può darsi che in quel periodo fossimo tutti più ingenui e, sotto certi aspetti, più stolti, ma si cominciava a credere realmente che un “altro mondo fosse possibile” e che, di lì a breve, si sarebbe verificato un grande cambiamento. Nonostante le inevitabili ingenuità e l’immaturità che inevitabilmente accompagna un soggetto ancora giovane e nella fase di “statu nascenti”, non si possono tacere gli innegabili aspetti positivi. Sicuramente il Movimento assorbiva e coinvolgeva una pluralità di attori politici, sociali e religiosi le cui idee e obiettivi non sempre collimavano perfettamente se non sulla necessità di impegnarsi per superare definitivamente il neocapitalismo di matrice angloamericana, neoliberista e neoconservatrice, utilitarista e pragmatica.

Per la prima volta si assisteva, a livello globale e di massa, alla voglia e al desiderio di confrontarsi e di ideare progetti nei settori produttivi, economici, ambientali e sociali, rompendo gli angusti confini imposti dalle dottrine e dalle “ideologie”. Inaspettatamente si stava affacciando sul sentiero della storia una generazione di giovani impegnata politicamente e socialmente, proprio mentre poco tempo prima ai viziati ragazzi e adolescenti delle cosiddette società avanzate, neocapitaliste, occidentali e postmoderne, si rimproverava di non pensare altro che a divertirsi e a “giocare”.

Prima delle fatidiche giornate genovesi di luglio non pochi azzardarono paragonare il nuovo impegno giovanile a quel protagonismo che aveva caratterizzato i movimenti degli anni Sessanta e il Sessantotto in America e in Europa. Dopo due decenni di letargo generale – con poche voci di autentico dissenso – e di egemonia assoluta del dogma neoliberista riassunto dal celebre acronimo coniato dal premier britannico conservatore Thatcher – TINA (There Is No Alternative) – nuovi e innovativi soggetti stavano riuscendo a immettere nell’agenda politica internazionale nuove istanze e nuove proposte sociali, politiche e ambientali, mettendo in discussione un monopolio che pareva intaccabile. Le nuove tematiche e i nuovi argomenti – dallo “sviluppo sostenibile” alle politiche agricole e alimentari; dai brevetti farmaceutici alla questione ambientale e climatica, ecc… – si facevano strada nella cittadinanza e si ponevano le premesse per una crisi dei canali tradizionali del consenso e della rappresentanza. Un fatto – quest’ultimo – che cominciava a mettere in allarme i signori delle multinazionali, delle corporations, dei grandi istituti finanziari e bancari internazionali oltre che i partiti “istituzionali” di centrodestra e di centrosinistra e certamente anche gruppi e gruppuscoli più o meno estremisti che hanno sempre scommesso sulla rabbia, sul rancore e sulla soddisfazione per sopravvivere.

Non si può non considerare questi sviluppi e i loro risvolti soprattutto internazionali se si vuole dare un significato a quanto accadde al G8 di Genova soprattutto nelle giornate del 20 e 21 luglio e all’apparentemente disastrosa gestione dell’ordine pubblico e della “piazza” da parte delle autorità italiane. Tante, troppe domande rimangono sospese su uno degli eventi più sviscerati, filmati e fotografati della storia contemporanea…

Perché centrosinistra (governo dell’ex socialista craxiano Amato) e centrodestra (governo Berlusconi) condivisero la blindatura di una delle più importanti città d’Italia a beneficio della sfilata di un pugno di propagandisti, pubblicitari e venditori del sistema neocapitalista e neoliberista, imprigionando una parte consistente dei cittadini genovesi ?

Perché gli uomini dei vari corpi delle forze dell’ordine furono istruiti a considerare i manifestanti come “nemici” e perturbatori dell’ordine pubblico e come mai vennero assunti dei poliziotti americani per l’addestramento all’uso del tonfa ?

Perché alla vigilia dell’incontro furono diffuse inattendibili veline dei servizi segreti in cui si prevedeva che i dimostranti avrebbero attaccato le forze dell’ordine con strumenti poco convenzionali ?

Chi decise quell’operazione ?

Perché i mass media e il mondo della comunicazione e dell’informazione mainstream contribuì non poco a creare un’insostenibile tensione preconizzando i più foschi scenari di guerriglia urbana, caos e violenza ?

Chi seminò ordigni esplosivi nelle caserme dei carabinieri e fra i manifestanti nel corso della settimana precedente al G8 e alle contromanifestazioni ? Come mai, nonostante la mole di informazioni, gli elementi stranieri che partecipavano al Black Bloc riuscirono agevolmente a penetrare la frontiera italiana ?

Come mai, avendo notizia del luogo e dell’ora in cui sarebbero incontrati i componenti del “Blocco Nero” nulla fu fatto quantomeno per contenere i danni ?

Come mai il Black Bloc – e, va precisato, tutto il codazzo di infiltrati, mercenari, “estremisti” di variegato colore, i casseurs, devastatori e demolitori di varia estrazione, ultras da stadio cani sciolti, teppaglia varia e ragazzetti sprovveduti ed esaltati – furono lasciati liberi di demolire esercizi commerciali, banche, bruciare automobili, rovesciare cassonetti, ecc… evitando qualsiasi contatto ?

Chi erano – e la circostanza è documentata da numerosi filmati e fotografie – quei tizi abbigliati alla maniera dei blockers che facevano la spola fra forze dell’ordine e manifestanti ?

Come mai anche sulle strade di Genova i poliziotti, i carabinieri e i finanzieri si accanirono su inermi manifestanti con le braccia alzate ?

Perché i carabinieri attaccarono a freddo il corteo delle tute bianche provocando l’unico autentico scenario da guerriglia urbana ?

A chi obbedivano quei militari ? Perché i manifestanti furono letteralmente bombardati con tanto spreco il gas CS, arma da guerra vietata dalle convenzioni internazionali ?

In quali reali circostanze venne ucciso Carlo Giuliani ?

Per quali imperscrutabili ragioni venne decisa l’operazione alla Diaz ?

Come mai i poliziotti si resero responsabili di quella che è stata definita da uno dei graduati coinvolti una “macelleria messicana” ?

Perché quell’apparentemente assurda operazione poliziesca venne avallata dal vertice di Pubblica Sicurezza con il coinvolgimento di personaggio che alle spalle avevano e hanno una vasta esperienza in materia di contrasto alla mafia e al terrorismo ?

Come mai, oltre a dare sfogo a una violenza inusitata e incontrollata, si mentì e si fabbricarono false prove per incastrare i dimostranti del Genova Social Forum ?

Perché tutti questi stimati e illustri funzionari – con particolare riferimento al Capo della Polizia De Gennaro, già amico e collaboratore del giudice Falcone – riuscirono a proseguire nella loro carriera e, anzi, spesso ricevettero promozioni ed encomi ?

Cosa mai può giustificare le torture, le violenze, le minacce e le umiliazioni inflitte a Bolzaneto con scientifica e studiata premeditazione ?

Perché Berlusconi ricevette il plauso del Presidente USA repubblicano Bush jr. e del premier britannico del New Labour Blair per la disastrosa gestione dell’ordine pubblico a Genova ?

Perché le rappresentanze diplomatiche e consolari straniere nel nostro paese mostrarono timidezze quando si trattò di tutelare la sorte dei giovani connazionali arrestati e detenuti illegalmente ?

Se tanto fu lo scandalo, la riprovazione e l’indignazione perché non è stata mai istituita una seria commissione d’indagine per appurare le responsabilità politiche e morali dello sfacelo genovese ?

A mio modesto parere – e sottolineo che si tratta del mio più o meno condivisibile giudizio – alla luce di questi interrogativi e di quanto accadde nei mesi successivi, Genova non fu semplicemente il teatro per rappresentare la repressione e la denigrazione dell’ormai scomodo movimento No Global. In tempi in cui il Sistema cominciava a perdere consensi e la bolla speculativa stava per deflagrare, era necessario sperimentare la nuova militarizzazione poliziesca in una grande città occidentale. I cittadini italiani e non dovevano guardare e osservare attentamente cosa succede quando ci si mette di traverso agli obiettivi e alle aspirazioni delle oligarchie finanziarie, imprenditoriali, speculative e politiche.

Che il vertice del G8 di Genova – soprattutto per quel che concerneva le manifestazioni di protesta – venisse filmato, fotografato, sviscerato, ecc… in quella maniera, era probabilmente stato messo in conto fin dall’inizio. Dare una spiegazione a tutto quello che è accaduto limitandosi a guardare al contesto italiano – fermandosi alle responsabilità politiche dei vari uomini di governo del centrodestra, i vari Berlusconi, Fini, Scaiola, ecc… – preclude alla possibilità di comprendere la portata reale di quegli eventi… Semmai bisognerebbe chiedersi perché, se tale esperimento ha avuto luogo, la scelta è ricaduta sul nostro paese. Come è noto, nella solita maniera ipocrita, Berlusconi ha poi aderito alla grande coalizione della “guerra permanente e preventiva” promossa dal duo Bush/Blair, ennesima variante dell’asse occidentale fra USA, Gran Bretagna e Israele, con il contorno degli alleati…

Prima di Guantanamo, prima di Abu Ghraib, Bolzaneto ha popolato i nostri incubi di “democratici” e “liberali” cittadini (occidentali) del mondo. L’inattesa irruzione della barbarie in divisa ha fatto capolino in una civile città europea, in un paese apparentemente pacificato e lontano da uno scenario bellico.

Per cominciare a farsi un’idea delle giornate del luglio del 2001 non posso fare a meno di consigliare ancora una volta la lettura veloce del libro di Franco Fracassi “G8 Gate” (editore Alpine Studio – 2011) e del suo scomodo documentario che, con poche eccezioni, ha avuto l’ardire di trattare coraggiosamente gli indicibili risvolti e le implicazioni internazioni di quei fatti che ancor oggi pesano sulle nostre vite.

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Senza troppo entusiasmo mi è capitato di visionare – peraltro con ritardo niente affatto colpevole – “Diaz”, il film prodotto da Domenico Procacci e diretto dal giovane Daniele Vicari, accolto con un certo favore a Berlino. A malincuore e seppure da prospettive diverse, mi ritrovo a condividere le critiche e le contestazioni che sono state fatte da più parti politiche.

Come il gentile lettore saprà se la “destra” ha rimproverato al giovane autore di avere trascurato il clima da guerriglia e di violenza urbana alimentato dai “blockers”, da “sinistra” si è sottolineato che nel film le responsabilità politiche non sono minimamente prese in considerazione. Inoltre chi ha partecipato alle manifestazioni di quei giorni non si è minimamente riconosciuto con la visione “minimalista” offerta allo spettatore. Condensando la narrazione sui pur gravissimi episodi della mattanza della Diaz e delle torture di Bolzaneto, “Diaz” si limita ad offrire uno sguardo sulle piazze sommario e ristretto, focalizzato su una manciata di immagini di repertorio del 21 luglio. Paradossalmente i severi critici della pellicola hanno tutti una parte di ragione… “Diaz” non è semplicemente un’occasione mancata, ma la dimostrazione ulteriore che il cosiddetto cinema dell’impegno civile che, un tempo, era un fiore all’occhiello della cinematografia italiana, oramai è assolutamente ininfluente, incapace di suscitare un dibattito vero e di istillare le domande più ragionevoli nella testa dello spettatore.

D’altronde il produttore e il regista hanno ripetutamente esposto quel che intendevano comunicare e rappresentare, proiettando gli spettatori nella dimensioni della bestialità violenta delle forze di polizia nella scuola Pascoli per provocare il senso di smarrimento e di disorientamento delle vittime. Indubbiamente ben poco ci viene risparmiato della brutalità esposta e testimoniata nel corso dei processi, ma lo stile adottato è veramente sciagurato…

Spogliando l’opera del suo presunto intento didascalico o pedagogico – almeno per quanto è stato dichiarato dagli autori – “Diaz” sembra abbracciare in toto i canoni e le convenzioni del thriller, del thrilling, dell’ horror o, peggio ancora, di quell’esecrabile genere fiorito con i vari “Hostel” e “Saw” ed etichettato come “torture porn”. Se si dimentica la realtà dei fatti di Genova, gli elementi ci sono tutti: le vittime ignare o inconsapevoli e i “mostri”; il meccanismo ad orologeria che precede la violenza con tanto di intreccio delle vicende dei vari personaggi, la brutalità esibita con un pizzico di ambiguità, l’ormai abusato e reiterato uso delle inquadrature mosse e delle soggettive per coinvolgere gli spettatori, ecc…

Ma fra l’orrore, la brutalità, il brivido, lo sgomento e lo smarrimento quel che sembra latitare è proprio l’intelligenza. Non si può pretendere che vengano riesumate le potenzialità di un cinema come quello espresso da Rosi, ma neanche lo sguardo misto di indignazione e commozione proprio delle opere di Giordana, ma perfino il tanto contestato Martinelli nel vituperato “Piazza delle Cinque Lune” dedicato all’affaire Moro, aveva quantomeno offerto un discreto catalogo di interrogativi da porsi. Si misura tutto lo scarto generazionale nelle pretese autoriali delle nuove leve, i risultati lasciano quantomeno a desiderare… Il senso di “Diaz” viene riassunto nella sequenza iniziale della bottiglia infranta che fornirà il destro per compiere la più discussa delle operazioni poliziesche.

Non ci si può porre interrogativi in un mondo che è casuale, irrazionale e, in definitiva, privo di senso… Nulla si dice e nulla viene detto delle ragioni degli attori in gioco… Se i poliziotti sono bestiali energumeni, i loro superiori fino ai massimi vertici sono individui semplicemente ottusi… I manifestanti sono sostanzialmente ragazzini imbelli, incoscienti ed inconsapevoli della posta in gioco, con il contorno di qualche vecchio iscritto ai sindacati quasi convinto di fare una bella scampagnata. I ragazzi dei movimenti sono veramente interscambiabili e i “blockers” non si distinguono dai manifestanti “pacifici”. La vera differenza sembra ridursi al livello di “casino” che gli uni e gli altri sono in grado di provocare. Infine, anche se viene suggerita la copertura del governo berlusconiano nei confronti delle violenze della polizia, l’impressione che se ne ricava è che si tratti solamente di dabbenaggine e che, comunque, tale aspetto sia assolutamente secondario. Senza tema di esagerare l’imbecillità pare la vera cifra dei moventi che reggono i fili dei vari “attori” come si avverte nella sequenza in cui l’anziano iscritto alla CGIL dice testualmente al celerino: “Avete fatto una cazzata !”. Insomma, senza andare troppo per il sottile, il mondo rappresentato da “Diaz”, così folle, irrazionale ed imprevedibile – come la bottiglia della sequenza iniziale – non può concedere interrogativi. E’ così e tanto basta come spiegazione…

In questo modo, però, dove va a finire anche la minima parte degli interrogativi suesposti ?

Queste sono alfine le ragioni per cui una pellicola fondata sull’estrema visibilità, a conti fatti nulla mostra. Ad aggravare gli esiti estetici (e morali) di “Diaz” interviene una fattura che non può certo essere definita eccelsa specialmente per quel che concerne le performance degli attori, alcuni dei quali giustamente quotati.

Se proprio attendiamo il “romanzo” che ci inviti ad interrogarci sulle terribili giornate del G8 genovese, forse dobbiamo munirci della necessaria pazienza…

Per il resto esistono mille e cento modi di lavare quel sangue…

FINE

HS
Fonte: www.comedonchisciotte.org
25.05.2012

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