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La Redazione

 

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MARCO TRAVAGLIO E BETTINO CRAXI

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A cura di Davide
Il 30 Gennaio 2008
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DI LINO ROSSI
La Voce d’Italia

La vena polemica dell’allievo di Indro Montanelli e’ scarsamente rigorosa.

Nella rubrica “Signornò” del settimanale l’Espresso in edicola, Marco Travaglio attacca ancora una volta Bettino Craxi. Fra le colpe imputate al leader politico, oltre alle tangenti per svariate decine di miliardi di lire, Travaglio annovera:

1. Economia: sotto il governo Craxi (1983-87) il debito pubblico balza da 400 mila a 1 milione di miliardi di lire ed il rapporto debito-PIL da 70 al 92%.

2. Caso Moro: la linea della trattativa con i terroristi.

3. Sigonella e l’appoggio all’OLP ancora NON “moderata”.

4. L’appoggio a Siad Barre.

5. Lo schierarsi con i generali argentini per le isole Falkland.

6. Il presidenzialismo.

7. L’attacco alle procure.

8. Politica industriale: sponsor delle partecipazioni statali come grande macchina succhiasoldi e nemico di ogni privatizzazione, prima con i decreti Berlusconi e poi con la Mammì consacra il monopolio televisivo incostituzionale dell’amico Silvio, che fra l’altro paga bene e cash.

9. Altro

È sugli aspetti economici evidenziati in grassetto che vorrei porre l’attenzione, anche se sugli altri ci sarebbe molto da dire, come sul caso Moro o sulla Somalia. Sul primo, siamo proprio sicuri che la linea della fermezza è stata quella giusta? Siamo proprio sicuri che la Somalia di Siad Barre era peggiore di quella successiva?

Sul debito pubblico è necessario rispolverare il passaggio del divorzio fra Bankitalia e Stato e la lite fra Nino Andreatta e Rino Formica (1). La vera colpa di Craxi semmai è stata quella di non aver compreso fino in fondo la tresca “monetarista” di Ciampi e di non averla interrotta energicamente, convinto com’era che comunque la ricchezza rimaneva in Italia. Craxi sosteneva appunto che il debito pubblico italiano, in quanto contratto soprattutto con i risparmiatori italiani, non era così insidioso come quello contratto nei confronti di soggetti esteri; per questo criticò più volte pubblicamente Bruxelles per non effettuare la suddetta distinzione (2). Se proprio bisogna individuare il colpevole dell’indebitamento pubblico italiano, non è certamente a Bettino Craxi che bisogna rivolgersi (3), ma alla banca delle banche centrali, BRI o BIS, di Basilea; è quell’istituzione che, con la latitanza della Politica, ha deciso e decide il “da farsi”. E così sarà finché i politici faranno i pesci lessi.
L’accusa a Bettino Craxi di essere il protagonista dell’indebitamento del paese appare quindi assai debole. Al massimo lo si può accusare di essere stato troppo debole nei confronti dei veri responsabili.

Per quanto riguarda le privatizzazioni l’accusa appare ancora più paradossale. Bettino Craxi è stato l’unico Politico che si è messo di traverso al progetto disgraziato di distruzione del nostro Paese (4) e delle privatizzazioni selvagge, pagando di persona, e la sua colpa, semmai, è stata quella di non essere stato capace di coalizzare le poche forze politiche sane.
Sul fatto che le privatizzazioni siano state effettivamente selvagge basta ricordare quelle bancarie (5). Nella foga demenziale (ad essere generosi) di svendere svendere svendere (come degli assatanati) Draghi, Prodi, Ciampi, Amato, Dini & C. si sono dimenticati di togliere dal pacchetto regalo la proprietà della Banca d’Italia con questo bel risultato: dei privati si sono trovati gratis l’intera Bankitalia con i nostri beni immobili, con il nostro oro, con le nostre riserve.
Adesso i proprietari omaggiati strillano all’esproprio quando si parla di restituire quanto gli è stato regalato da lorsignori. Dal loro punto di vista non hanno torto, ma non mi pare neanche il caso di passare sopra con tanta leggerezza su errori così gravi. La proposta Tremonti di liquidarli con 800 milioni di euro è fin troppo generosa nei loro confronti. Molto più equa quella di dargli 300 milioni di lire di capitale sociale. Se ne vogliono di più che li chiedano a lorsignori.

Le presunte tangenti di Bettino Craxi sono quindi infinitesimali rispetto ai danni CERTI che Draghi, Prodi, Ciampi, Amato, Dini & C. hanno provocato al Paese. Poche decine di miliardi di lire sono poche decine di milioni di euro. I danni di lorsignori sono dell’ordine di 1500 miliardi di euro, ovvero 100 mila volte superiori. Non vorrei essere nei panni dei loro eredi. Per chi ha poca dimestichezza con i numeri consiglio, facendo prima un bel respiro, di contare da uno a 100 mila con intervallo di un secondo fra un numero e l’altro; sono circa i battiti cardiaci quotidiani.

Fa sorridere ora che alla “prima” del documentario di Stefania Craxi dedicato a suo padre ci siano Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini e che vengano addirittura omaggiati dalla “star” Silvio Berlusconi. Si vede che l’uso della memoria in politica è un optional.

Lino Rossi
Fonte: www.voceditalia.it
Link
29.01.08

NOTE:

(1) http://www.disinformazione.it/divorzio_stato_bankitalia.htm
(2) http://digilander.libero.it/culturaviva/venier.htm
(3) http://comedonchisciotte.org/controinformazione/modules.php?name
=News&file=print&sid=3844
(4) La denuncia di Craxi del 1997: “Leggo su Repubblica, a proposito della svalutazione della lira del ‘92, tornata agli onori della cronaca giudiziaria e giornalistica, un articolo a firma Elena Polidori, nel quale vengono attribuite a Ciampi alcune spiegazioni dalle quali risulterebbe:
a) Che la difesa ad oltranza ed il cedimento del 14/9/92 sarebbero state decisioni del governo, con Banca d’Italia solo in un ruolo consultivo. Questa affermazione è in contrasto con ciò che si legge in un libro di Barucci (pg 52-59). Il “consigliere” Ciampi bene a conoscenza delle intenzioni tedesche (non intervento a sostegno, con il che il capitolo era chiuso), delle forze in campo e quant’altro, sarebbe stato ascoltato o no? Ciampi non dice ora della sua posizione dell’epoca, che invece risulta descritta in modo chiaro nel libro dell’ex ministro del Tesoro.
b) Le considerazioni di Ciampi sull’utilità dell’emergenza, la cultura della stabilità, etc… in relazione all’enorme spreco di risorse che fu messo in atto, valgono quanto quelle di Barucci a proposito dei vantaggi che ne avrebbero tratto le “api industriose” e cioè, nulla. Osserviamo invece che, né Ciampi, né Barucci dicono se la lira era o non era sopravvalutata in termini reali, rispetto alle principali monete europee. Non lo era affatto. Secondo i dati Istat, il grado di copertura della bilancia commerciale italiana è stato: 91,8% nel 1989 93,5% nel 1990, 92,91% nel 1991. Considerando l’interscambio beni e servizi, tale grado di copertura risulta del 98% per il ‘91 e il ‘92. Si trattava quindi di valori normali.
c) Vediamo meglio quanto l’Italia finì con il perdere. Secondo Eurostat le “disponibilità ufficiali lorde indivise convertibili” dell’Italia, a fine 1991, erano 33.329 milioni di ecu, corrispondenti all’epoca a circa 52mila miliardi di lire e a circa 42 miliardi di dollari Usa. La cifra, ripetutamente indicata in 48 miliardi di dollari Usa, gettata nella fornace del mercato in difesa della lira, sarebbe del tutto comparabile con la disponibilità. Sempre secondo l’Eurostat la disponibilità italiana in divise convertibili è diminuita da fine 91 a fine 92, di circa 18 mila miliardi. La cifra di 14mila miliardi persa nei soli tre mesi tra luglio e settembre ‘92 appare concordante con le statistiche Eurostat.
d) la speculazione fece affari straordinari. Basta, come esempio, il caso che riguarda l’operatore finanziario internazionale Soros. Secondo notizie apparse sulla stampa, Soros avrebbe ottenuto un prestito di un miliardo di dollari Usa al 5 per cento. Con un esborso di 50 milioni di dollari avrebbe conseguito un profitto di 280 milioni di dollari. Un affare d’oro. Non per niente venne poi insignito della laurea homoris causa dall’Università di Bologna. Tanti altri parteciparono all’operazione. Del resto risulta del tutto credibile la possibilità di realizzare consistenti profitti, soprattutto se si può stimare con buona sicurezza il momento della svalutazione”.
Bettino Craxi
(5) http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=176 br>
(6) La Repubblica – venerdì 25 gennaio 2008 – pag. 8

VEDI ANCHE: IN RISPOSTA ALLE OBIEZIONI AL MIO INTERVENTO “MARCO TRAVAGLIO E BETTINO CRAXI”

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