Nell’autunno del 2015 colse di sorpresa quando annunciò l’inizio dei bombardamenti in Siria contro l’Isis.
Nessun esperto si aspettava l’avanzata delle truppe di Assad, che nei primi mesi del 2016 hanno riconquistato parte dei territori persi grazie, ancora una volta, all'”imprevista” efficacia del sostegno logistico russo.
E ora Vladimir Putin ancora una volta prende il mondo in contropiede annunciando il ritiro di gran parte delle truppe russe e ponendosi così in una situazione ottimale: il ritiro mira, ufficialmente, a favorire i colloqui di pace in Siria e dunque vanta nobili finalità. Può darsi che dia i risultati sperati – tutti lo sperano – e in questo caso il Cremlino potrebbe attribuirsi il merito di aver propiziato una soluzione insperata. Ma se anche i negoziati fra Assad e le fazioni ribelli fallissero e fosse necessario un nuovo intervento militare in Siria, Mosca sarebbe legittimata a procedere e nessuno potrebbe recriminare.
In termini di strategia militare e di immagine è un capolavoro. Perché quando si ricorre alla forza occorre porsi obiettivi chiari e sapersi fermare al momento giusto ovvero bisogna mostrare quella sapienza, predicata nell’Arte della Guerra di Sun Tzu, che é sistematicamente mancata agli Stati Uniti negli ultimi quindici anni ovvero dalla guerra in Afghanistan fino ad oggi passando per l’Irak, la Siria, le primavere arabe telecomandate, lo scellerato appoggio all’Isis e in genere all’estremismo islamico in Siria.
A modo suo, Putin ha dato un’altra lezione all’America.
Marcello Foa
Fonte: www.cdt.ch
14.03.2016