DI ALBERTO RABILOTTA
Rebelion.org
Ossimoro, nel dizionario della lingua
spagnola, significa “combinazione di due parole o espressioni di significato
opposto nella stessa struttura sintattica, che dà origine a un nuovo
significato: per esempio silenzio fragoroso”. Un altro esempio
(che non c’è nel dizionario) è l’espressione “mercati autoregolati”,
cioè il sistema neoliberista che per sopravvivere “esige regolarmente
l’intervento statale e l’azione coercitiva dello Stato”.
Il Consenso di Bruxelles, come
prima il Washington Consensus
In occasione del vertice dell’Unione
Europea (UE) che si è tenuto a Bruxelles il 30 gennaio scorso è stato
concordato un Trattato sulla Stabilità, Coordinamento e Governo per
l’Unione Economica e Monetaria che, per volere della Germania – come
riporta il quotidiano britannico The Guardian – trasforma la
Commissione Europea nell’organismo cha fa da “cassiere” dei bilanci
statali che da adesso in poi dovranno essere confezionati dai paesi
membri dell’UE, e la Corte di Giustizia Europea nell’istituzione
che applicherà il “rigore fiscale” nell’eurozona.
Per essere più chiari, questo
Trattato (che non fa parte dei Trattati dell’UE per evitare il processo
di ratifica e permettere che entri in vigore solo con l’appoggio di
12 dei 27 paesi dell’UE) trasforma la Commissione nell’istanza sovranazionale
che deciderà, al posto dei parlamenti, la politica della spesa pubblica,
e la Corte di Giustizia nella “polizia fiscale sovranazionale”
che, riprendendo l’interpretazione del quotidiano britannico, “può
applicare in modo quasi automatico” multe agli Stati che in maniera
persistente non rispettino le nuove regole che rendono illegali i deficit
fiscali. E il Trattato rende obbligatoria per i 17 paesi dell’Euro
zona, e per quelli che verranno accettati in futuro, l’adozione obbligatoria
di disposizioni o di modifiche costituzionali per “abolire il diritto
dei governi a incorrere in livelli eccessivi di debito nazionale”.
La Cancelliera tedesca Angela Merkel,
secondo il quotidiano, ha dichiarato che “questo freno al debito
sarà obbligatorio e valido per sempre. Mai (i governi) potranno modificarlo
tramite una maggioranza parlamentare”. Ossia, per dirlo con parole
più dure, la democrazia parlamentare non potrà mai liberarsi di questa
camicia di forza imposta dai “sacri” interessi della plutocrazia
finanziaria e dai suoi alleati.
E quindi, l’UE ha istituzionalizzato
per l’eurozona un orrore equivalente al Washington Consensus
(del 1989) che, con i suoi dieci comandamenti, è servito a far sì
che la Banca Mondiale, il FMI e la maggioranza delle istituzioni controllate
dagli Stati Uniti imponessero in America Latina negli anni ’90 le
politiche di governo destinate a distruggere quello che restava in piedi
dello “Stato benefattore” e a fare in modo che si sviluppassero
i “mercati autoregolati”, o meglio il neoliberismo: politiche
di austerità, di deficit zero, di libero commercio, di investimenti
stranieri protetti, di privatizzazione dei servizi pubblici, la “mobilità”
lavorativa per distruggere i sindacati e applicare salari più bassi,
oltre ad altre misure che hanno provocato conseguenze socioeconomiche
disastrose e durature per i popoli latinoamericani.
Questa politica ora verrà applicata
integralmente in Grecia e nella maggior parte dei paesi dell’eurozona
che ora hanno il peso di un debito pubblico prodotto, in una buona percentuale,
dalla “socializzazione” delle perdite delle banche private europee,
che tra l’altro sono state e continueranno a essere salvate per le
insolvenze dalla Banca Centrale Europea affinché recuperino la posizione
dominante nel settore finanziario.
La deriva autoritaria del governo della
signora Merkel è venuta alla luce nei giorni precedenti al Vertice
di Bruxelles, quando alcuni funzionari tedeschi hanno rivelato alla
stampa che la Germania esigeva che “la Grecia cedesse il suo potere
in materia di bilancio all’UE”. La proposta di inviare un “commissario”
dell’Unione Europea per mettere mano al bilancio del governo di Atene
ha causato malcontenti in Grecia, in Italia e negli altri paesi indebitati
che, in cambio dell’“aiuto” che salverà le banche creditrici,
devono applicare i brutali programmi di aggiustamento strutturale e
la politica di “zero deficit” dei conti pubblici.
Ci sono analisti, come l’esperto
di investimenti Marshall Auerback (autore di “The Germans Launch a
Blitzkrieg on the Greek Debt Negotiations”),
che vedono in questa minaccia della Cancelliera Merkel e della cosiddetta
Troika (la Comunità Europea, la BCE e il FMI) – secondo cui “l’austerità
fiscale verrà realizzata secondo le nostre regole” – un segnale
nei confronti degli altri paesi indebitati, come Portogallo, Spagna,
Irlanda e Italia: “Cercate di rinegoziare (il debito) come stanno
facendo i greci e vi porremo sotto il nostro controllo. L’alternativa
è che usciate dall’Eurozona.”
Senza essere pessimisti, ma il presente
assomiglia molto al passato.
Nel 1944, quando la seconda Guerra
Mondiale scatenata dal fascismo stava terminando in Europa e proseguiva
in Asia, l’economista ungherese Karl Polanyi pubblicava a Londra la
prima edizione de “La Grande Trasformazione”, un libro ben documentato
sulla storia del liberismo economico, il “laissez faire”,
i “mercati autoregolati”, le crisi, che scoppiarono tra la
fine del XIX e gli inizi del XX secolo, in seguito alla Grande Depressione
degli anni ’30 e alla nascita del corporativismo fascista.
gold standard si convertì nell’obiettivo supremo di tutti gli sforzi
organizzati nel campo economico. Si riconobbe il rimborso dei prestiti
stranieri e il ritorno a una moneta stabile come la pietra di paragone
della razionalità in politica, e si considerò
che nessuna sofferenza personale, nessuna ingerenza nella sovranità
era un sacrificio abbastanza grande per recuperare l’integrità
monetaria. La privazione dei disoccupati, ai quali la deflazione aveva
fatto perdere il proprio lavoro, l’indigenza totale dei funzionari
licenziati, senza neanche una misera pensione; e anche l’abbandono
dei diritti della nazione e la perdita delle libertà
costituzionali vennero giudicati come un prezzo giusto da pagare per
rispondere alle esigenze di conti sani e di monete solide, le priorità
del liberalismo economico.” (Karl Polanyi, La Grande Trasformazione, Edizioni Gallimard, pagine 192-193).
Mentre oggi il discorso ufficiale dei
governi, delle istituzioni e della plutocrazia finanziaria che sostengono
il neoliberismo attacca qualsiasi forma di interventismo economico,
come le politiche di pianificazione economica e gli stimoli per aumentare
la domanda aggregata e generare impiego, giustificandolo con il fatto
che i mercati autoregolati escludono l’intervento dello Stato, in
realtà – e come segnalava Polanyi nell’opera citata – “questo
liberismo economico esige regolarmente l’intervento statale e l’azione
coercitiva dello Stato”. Non per beneficio dell’economia, del
lavoro, ma degli interessi capitalisti che si trovano in posizione dominante.
Le decisioni successive al Vertice dell’UE, e si potrebbe dire lo
stesso di quelle prese dai governi di Washington e Londra dal momento
in cui nel 2008 si scatenò la crisi, finora sono prove irrefutabili
del fatto che i mercati autoregolati esistono e prosperano a scapito
della popolazione in generale, grazie a un intervento ogni volta più
coercitivo degli Stati. Come scrive Polanyi (pagina 200 dell’opera
citata), lo Stato interviene per stabilire (il liberismo economico)
e, una volta stabilito, interviene per mantenerlo.
Quali sono i pericoli di questo interventismo
antipopolare e autoritario dello Stato per mantenere il neoliberismo?
Facendo il punto sulla nascita e l’espansione del fascismo come conseguenza
della crisi monetaria, finanziaria ed economica degli anni ’30, Polanyi
puntualizza che “l’ostinazione con la quale, durante dieci anni
critici, i difensori del liberalismo economico hanno sostenuto l’interventismo
autoritario al servizio delle politiche deflazioniste, hanno avuto come
conseguenza diretta e semplice l’indebolimento decisivo delle forze
democratiche (i partiti socialdemocratici e socialisti, i sindacati)
che avrebbero potuto evitare la catastrofe fascista. Gran Bretagna e
Stati Uniti, che non erano i servi ma i padroni della moneta, abbandonarono
il regime aureo abbastanza rapidamente come se volessero evitare questo
pericolo” (pagina 302), e (Polanyi, ndr) aggiunge più avanti
(pagina 305) che “se mai un movimento politico rispose alle necessità
di una situazione obiettiva, invece che essere la conseguenza di cause
fortuite, questo fu di certo il fascismo”.
Il fascismo, continua Polanyi, proponeva
un modo di evadere dalla situazione istituzionale senza vie d’uscita
che era, essenzialmente, la stessa in numerosi paesi, e pertanto l’esperimento
di questa soluzione servì per diffondere ovunque una malattia mortale.
Così muoiono le civiltà. Possiamo descrivere la soluzione fascista
nel momento di difficoltà in cui si era messo il capitalismo liberale
come una riforma dell’economia di mercato realizzata in cambio dell’eliminazione
di tutte le istituzioni democratiche, sia nel contesto delle relazioni
industriali che nel campo politico.
Non è casuale che oggi, in una
situazione di grave crisi e con la disoccupazione che raggiunge livelli
inaccettabili nell’Unione Europea – particolarmente tra i giovani
-, con l’impoverimento che coinvolge anche parti della classe media,
che la estrema destra neofascista sia arrivata a far parte dei governi
di diversi paesi europei. Una destra estrema decisamente antidemocratica
che riprende in mano le bandiere del nazionalismo originario ed escludente,
che non ha abbandonato la sua essenza xenofoba né l’utilizzo della
lotta di classe per intimidire le forze realmente progressiste e che,
come all’inizio Mussolini e i nazisti tedeschi, fa un discorso demagogico
“anticapitalista” per attirare il voto dei lavoratori colpiti dal
calo dei salari o dai licenziamenti, della piccola borghesia schiacciata
dai monopoli commerciali, industriali e finanziari, delle classi medie
impoverite e con poche prospettive.
Tutto ciò è valido anche
per la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Canada e gli altri paesi capitalisti
avanzati, dove è evidente una deriva autoritaria che si accentua
con la concentrazione del potere – per l’esclusione evidente dei parlamenti
e delle assemblee nazionali dal processo di dibattito e presa di decisioni
su qualsiasi argomento fondamentale – nelle mani dei Poteri Esecutivi
che difendono esclusivamente gli interessi della finanza, delle multinazionali,
dei produttori di petrolio e minerali, che a loro volta finanziano i
partiti politici del governo, cioè i partiti che si alternano per proseguire
fondamentalmente la stessa politica.
Questa deriva autoritaria per salvare
i mercati autoregolati può sfociare in una vecchia o nuova forma
di totalitarismo. Tutto è pronto per reprimere lo scontento popolare
che logicamente nascerà nei prossimi mesi, a mano a mano che la situazione
peggiorerà in molti paesi. La repressione è un elemento indispensabile
per poter applicare questa austerità selvaggia. Così è successo in
Sud America, terra di sperimentazione del neoliberismo, di tutte le
terapie d’urto e delle altre infamie del sistema imperialista, come
è solito ricordare lo storico statunitense Greg Grandin.
Note:
1. I “dieci comandamenti”
del Washington Consensus sono per la maggior parte inclusi nei
Trattati e tra i principi che reggono l’UE. Il Trattato adottato il
30 di gennaio scorso riprende il “primo comandamento” e lo
trasforma in un assoluto: Disciplina sul bilancio. I conti pubblici
non possono essere in deficit. Gli altri nove “comandamenti del
Washington Consensus” sono i seguenti: riordino delle priorità
della spesa pubblica; riforma delle tasse (allargare la base dei contribuenti,
riducendo le imposte ai redditi più alti); liberalizzazione dei tipi
di interesse; un cambio della moneta competitivo; liberalizzazione del
commercio internazionale; eliminazione delle barriere agli investimenti
stranieri diretti; privatizzazione (vendita delle imprese pubbliche
e dei monopoli statali); deregolamentazione dei mercati; protezione
della proprietà privata.
Fonte: El oxímoron de los “mercados autorregulados”
04.02.2012
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di LUDO