Perché
i patiti dell’oro non amano più
le miniere d’oro
The Economist
CONIARE l’oro è
stato sempre considerato un segno di buona sorte. Possederlo, invece,
è il segnale che ti aspetti il peggio. Alcuni comprano quella roba
gialla perché pensano che sia graziosa, in verità. Ma il patito dell’oro
per antonomasia è un investitore che si aspetta che tutte le monete
di carta stiano per collassare insieme alla civilizzazione.
L’oro non è come
le altre materie prime. La domanda del ferro dipende da cose pratiche,
come quante travi di ferro vengono usate dai costruttori cinesi. La
domanda di oro dipende da considerazioni speculative, come ad esempio
credere che Barack Obama sia o meno l’Anticristo.
Non tutti quelli che
investono in oro ammassano i fucili e le scatolette in rifugi nascosti,
naturalmente. Non tutti sono fans di Glenn Beck, un esperto americano
che spera nel collasso e spinge i suoi ascoltatori a comprare oro. Ma
molti sono d’accordo che il mondo stia diventando un posto spaventoso.
L’eurozona sta barcollando, il deficit degli Stati Uniti crea
allarme e l’inflazione incalza. Simili paure hanno fatto schizzare
il prezzo dell’oro fino all’incredibile quotazione di 1.545 dollari
l’oncia, un rialzo di quasi sei volte in un decennio.
E le azioni delle compagnie
di estrazione non sono riuscite a stare al passo. Questa è una
cosa nuova. L’oro e le azioni delle aziende estrattrici salivano e
scendevano a passo di marcia. Negli ultimi cinque anni, invece, il prezzo
dell’oro si è triplicato mentre il valore delle aziende del settore
si è solo raddoppiato. Gli investimenti fatti sulle aziende che spostano,
rompono e processano le rocce sono più stabili, sembra, di quelli che
investono sui lingotti.
Quando le miniere invecchiano,
estrarre l’oro diventa più difficile e costoso. Il minerale grezzo
contiene meno metalli, i livelli medi di rendimento sono caduti del
30% dal 1999 secondo i dati di GFMS, una società di consulenza.
E bisogna scavare sempre più a fondo. I carburanti sono più cari.
E anche il lavoro e le attrezzature da quando il boom della domanda
dei minerali ha fatto innalzare la domanda di miniere e di perforazioni.
Dieci anni fa il costo medio di estrazione di un’oncia d’oro era
poco al di sopra dei 200 dollari. Nel 2010 ha raggiunto i 857, secondo
il GFMS, anche se questo dato dipende in parte dal prezzo dell’oro.
Quando l’oro era a 200 dollari l’oncia, le pepite la cui estrazione
ne costava 800 rimanevano sotto terra.
Trovare nuovi filoni
per rimpiazzare quelli in via di esaurimento sta diventando sempre più
difficile. Metals Economics Group, una società di consulenza
del settore minerario, stima che nel 2002 i minatori dell’oro spendevano
500 milioni di dollari in esplorazione. Nel 2008 ne hanno spesi 3 miliardi
trovando molto meno materiale. Tutto l’oro facile è già stato estratto.
Le grande aziende estrattrici
hanno iniziato a fare acquisizioni per innalzare le loro riserve. Lo
scorso anno in Australia la Newcrest ha comprato un rivale,
Lihir Gold, per 8,7 miliardi. Sempre nell’ultimo anno il 31% degli
scambi in valore del settore minerario ha riguardato l’oro, secondo
i dati del ramo di consulenza di PwC. Le aziende che si fondono
cercano di tagliare i costi, e spesso riescono a spendere meno nelle
esplorazioni di quanto facessero quando erano separate. Ma ciò rende
anche meno probabile che riescano a trovare più oro di prima.
Le compagnie estrattrici
hanno portato alla luce 2.689 tonnellate d’oro lo scorso anno. Stupendo,
un record. Ma, nonostante il grande aumento degli investimenti, si tratta
di briciole in più rispetto al totale di dieci anni fa.
Gli investimenti nell’estrazione
dell’oro comportano rischi non collegati al prezzo del metallo. Le
fusioni possono non avere il successo sperato. E siccome le riserve
facilmente estraibili scarseggiano nelle zone stabili come il Nord America
e l’Australia, i minatori sono costretti a operare in quelle più
problematiche, come l’America Latina e l’Africa. Enormi investimenti
possono dare ritorni insoddisfacenti se le miniere promettenti contengono
meno oro di quanto previsto.
I patiti dell’oro,
per definizione, scommettono che il prezzo dell’oro salga sempre di
più. Le aziende minerarie qualche volta fanno l’opposto. Molti assicurano
i loro beni, vendendo l’oro per assicurarsi flussi di cassa costanti
per avere il denaro per scavare ancora più miniere. Tutto questo potrebbe
sembrare troppo prudente. Ed è una cosa che non piace ai patiti dell’oro
e, quando il prezzo dell’oro sale ancora di più, limita i profitti
delle aziende estrattrici. Barrick Gold, la prima compagnia che
opera nel settore, e AngloGold Ashanti, la terza più grande,
hanno speso entrambe miliardi in protezioni assicurative negli ultimi
due anni.
I patiti dell’oro
spesso sono allergici agli altri metalli. Quelli che estraggono l’oro
no. Molti producono anche il rame, dato che spesso si trova negli stessi
filoni di minerale grezzo dell’oro. In aprile Barrick ha offerto
7,7 miliardi di dollari ha rischiato, superando un’offerta cinese
per rilevare Equinox, un azienda estrattrice di rame australiana.
La forte domanda cinese e la scarsa fornitura globale dell’“oro
rosso” ha dimostrato quanto la mossa di Barrick fosse sensata.
Ma i patiti dell’oro l’hanno detestata. Le azioni di Barrick
sono scese drasticamente dopo che quest’offerta fu rivelata.
La cosa più dannosa
per il matrimonio tra i patiti dell’oro e le aziende minerarie è
stata l’arrivo di un nuovo seducente strumento finanziario. Gli
Exchange-traded fund (ETF), basati sull’oro fisico, offrono agli
investitori uno strumento che dipende dal prezzo dell’oro senza alcuna
influenza dalle quotazioni delle aziende estrattrici. Sono diventati
molto popolari: in meno di un decennio gli ETF sono passati dallo zero
fino a detenere qualcosa come 2.200 tonnellate d’oro, quasi l’intera
produzione annuale.
Se il mondo va in malora,
i patiti dell’oro diranno: “Ve l’avevo detto.” Ma se gli investitori
si svegliano e comprendono che quel metallo giallo è un po’ più
utile dei tulipano, i patiti dell’oro verranno bruciati. Le aziende
minerarie, meno.
Fonte: http://www.economist.com/node/18774624
02.06.2011
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da SUPERVICE