DI VICTOR KOTSEV
atimes.com
Il senso di caos continua a crescere in Libia. Data la campagna di disinformazione in piena attività e su tutti i lati, è difficile confermare se gli ultimi rapporti sull’isolamento e la debolezza del colonnello Muammar Gheddafi siano genuini, il prodotto di una campagna psicologica contro di lui da parte della NATO, o sue stesse manipolazioni.
Una minaccia, però, si profila sempre più grande, e potrebbe influenzare drammaticamente tutti i calcoli strategici. La Libia potrebbe presto diventare una polveriera troppo grande e frammentata, impossibile da controllare per chiunque, compreso per Gheddafi, i ribelli, e la NATO.
La campagna di bombardamenti che si sono intensificati delle ultime settimane, associata a un’offensiva diplomatica su vari livelli, sembra aver ammorbidito la determinazione di almeno alcune basi di potere di Gheddafi. Venerdì scorso, la Russia, che in precedenza era stata molto critica nei confronti della campagna NATO, si è unita ai paesi che chiedono la cacciata di Gheddafi e si è offerta di fare da mediatrice affinché il conflitto finisca. Lunedì otto ufficiali di grado elevato, di cui cinque generali e, secondo i rapporti dei ribelli, ”decine”di soldati hanno disertato dall’esercito governativo”. Gli ufficiali potrebbero essere stati persuasi a farlo anche per un cambiamento di tattica della NATO con un possibile bombardamento di risorse a loro necessarie [1].
Non è detto, comunque, che questi sviluppi, da soli, possano cambiare lo status quo in modo significativo. Martedì scorso Gheddafi, mentre era in visita al presidente sudafricano Jacob Zuma, gli ha detto che non avrebbe rinunciato al potere e il portavoce del governo libico, Ibrahim Moussa, ha avvertito che uno scenario del genere potrebbe portare a una guerra civile su larga scala. Gheddafi ha fatto dire a Zuma che sarebbe stato disposto a negoziare.
Alcuni hanno ipotizzato che la Russia abbia avuto il sentore che la caduta di Gheddafi fosse inevitabile, ma è difficile valutare quanto sia sincero il cambio di posizione del Cremlino. Le ripetute notizie di colloqui segreti tra i ribelli, Gheddafi e, eventualmente, la NATO hanno sollevato la possibilità di un accordo segreto; alcuni esperti suggeriscono che un accordo del genere potrebbe comportare un trasferimento di potere all’interno della famiglia Gheddafi, per esempio al figlio di Gheddafi, Saif al-Islam.
Anche l’impatto delle defezioni è difficile da misurare. Gheddafi ha affermato che un gran numero di ribelli si sono arresi ed è difficile confermare la portata di tali eventi e la veridicità dei report dei due schieramenti. Inoltre, è utile tenere a mente quanto la situazione a volte possa essere scivolosa sul terreno.
Nei primi giorni della rivolta i giornalisti occidentali si sono spesso sorpresi nel vedere le stesse persone che partecipavano alle manifestazioni anti Gheddafi un giorno, aderire alle proteste a suo favore il giorno seguente. E’ possibile che anche adesso stiamo assistendo a un fenomeno simile. Le informative sui negoziati non ufficiali tra i due governi apparentemente inconciliabili incrementano questi sospetti.
Non è certo una sorpresa, quindi, che la campagna di bombardamenti NATO stia diventando sempre più massiccia. Martedì scorso la Libia ha accusato la NATO di aver ucciso 718 civili e di averne feriti altri 4.067 dall’inizio delle operazioni. Queste cifre sono difficili da verificare, ma i raid aerei sono stati intensificati di recente e gli obiettivi potenziali sono stati ampliati, rendendo più probabili i danni collaterali.
Gli elicotteri d’attacco inglesi e francesi dovrebbero essere presto utilizzati e, come ho sostenuto già in precedenza, questo potrebbe essere interpretato come il preambolo di un’invasione di terra. [3] In effetti, il segretario generale della NATO, Anders Fogh Rasmussen, ha ammesso lunedi scorso che la NATO potrebbe inviare le forze di terra in Libia, presumibilmente dopo la cacciata di Gheddafi. ”Vorrei anticipare che ci potrebbe essere bisogno a un certo punto di dispiegare una piccola forza armata […] un piccolo gruppo di persone per aiutarli in qualche modo”, ha detto a un forum della NATO a Varna in Bulgaria [4].
Il Guardian intanto ha riferito che piccoli gruppi di ex militari delle forze speciali britanniche, assunti privatamente da paesi arabi, sono già sul posto nella città portuale di Misurata [5].
Questo può essere l’inizio di una campagna di legittimazione della fase di terra del conflitto. Tuttavia le osservazioni di Rasmussen hanno tradito un’altra realtà: una in cui non solo la guerra è difficile da vincere, ma dove la pace potrebbe rivelarsi una sfida ancora più grande. Anche se Gheddafi dovesse partire oggi, ci vorrebbe comunque una forza di pace, ma è in dubbio se funzionerebbe.
Sembra che ci sia almeno una ragione che potrebbe teoricamente convincere Gheddafi a rinunciare al potere o almeno a confinarsi in una parte limitata della Libia, dove sarebbe in grado di mantenere il controllo. Tale possibilità non ha ricevuto sufficiente copertura da parte dei media internazionali, anche se ce ne sono stati segnali fin dall’inizio.
È difficile sopravvalutare l’importanza delle vaste forniture d’armi saccheggiate nelle prime settimane di caos seguito alla rivolta. ”Quello che abbiamo trovato è stato scioccante,” Peter Bouckaert, un esperto di Human Rights Watch, che era nel territorio in quel momento, ha scritto sul Foreign Policy di aprile. ”Le scorte di armi di Gheddafi superavano di gran lunga quelle che abbiamo visto in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein … Ci sono buone ragioni di preoccupazione per gli Stati Uniti ed i funzionari europei – ci sono granate, missili terra-aria, proiettili di artiglieria pieni di esplosivo che possono essere facilmente trasformati in autobombe”[6].
Per non menzionare le molte migliaia di pistole che circolano liberamente in Libia, alcune, dicono, rilasciate da Gheddafi stesso, nel tentativo di armare la popolazione contro una ”invasione occidentale”.
Segni rivelatori emergono nei racconti dei ribelli. Martedì scorso, un portavoce dei ribelli ha detto a Reuters che ”[le forze di Gheddafi] hanno riempito [la città occidentale di Zlitan, in mano ai ribelli] con spacciatori, criminali e altri truffatori … Hanno dato loro armi automatiche e bombe a mano per soggiogare gli abitanti di Zlitan. Oltre ad arresti e intimidazioni, sentiamo resoconti di stupri. “[7]
I resoconti devono ancora essere confermati; il potenziale per la creazione di potenti strutture criminali è chiaramente lì, comunque, e tali strutture comincerebbero abbastanza presto a perseguire i propri interessi piuttosto che quelli di Gheddafi o dei ribelli. Hanno un potente arsenale a loro disposizione, oltre che un’ampia gamma di potenziali soldati di fanteria: le innumerevoli persone disoccupate e radicalizzate sul territorio – la cui fedeltà spesso volge altrove. Molti detenuti sono fuggiti dal carcere durante la rivolta, quindi non c’è nemmeno carenza di agenti addestrati.
C’è anche la possibile minaccia che le identità tribali possano a un certo punto giurare fedeltà a Gheddafi o ai ribelli. Prese insieme, queste minacce si aggiungono alla disastrosa ricetta. Mentre fino a poco tempo fa era improbabile che chiunque ad eccezione di Gheddafi potesse impedire l’implosione della Libia in una totale e brutale guerra civile, ora non si sa se anche il colonnello possa farlo.
NOTE:
1. This Week at War: The Milosevic Option, Foreign Policy, May 20, 2011.
2. The vetoes that weren’t, Foreign Policy, March 21, 2011.
3. NATO goes Kosovo in Libya, , Asia Times Online, May 24, 2011.
4. NATO: Ground force may be needed in Libya after Gaddafi, Jerusalem Post, May 30, 2011.
5. Libya: SAS veterans helping Nato identify Gaddafi targets in Misrata, The Guardian May 31, 2011.
6. Qaddafi’s Great Arms Bazaar, Foreign Policy, April 31, 2011.
7. Gaddafi arms “crooks” to crush Zlitan rebels: witness, Reuters, 31 May 2011.
Victor Kotsev
Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MF02Ak02.html
1.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FEY