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La Redazione

 

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LO 'SHAFAGAH' DELL'IRAN

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A cura di Davide
Il 9 Maggio 2006
49 Views

blankDI GIANCARLO CHETONI

Potere Globale e decadenza Usa

Il “kombinat” della Russian Aircraft Corporation (RSK) ha il suo punto di forza nella incessante progettazione di nuovi modelli e quello più debole nella struttura finanziaria che lo sostiene.
L’assemblaggio dei prototipi, i passaggi di modifica intermedi, le prove motore e di volo degli aviogetti per arrivare alla messa a punto definitiva, una volta soddisfatte tutte le specifiche di progetto, sono tutti passaggi che assorbono gigantesche risorse ad una economia ancora non totalmente stabilizzata, dopo l’implosione del comunismo e la svendita della Russia all’oligarchie apolidi dell’era Eltsin.
Per mantenere in piedi un “struttura” che dà lavoro con l’indotto, nel settore militare e civile, a 3.000.000 di uomini e donne, tra ricercatori, progettisti, tecnici, operai specializzati e addetti al settore commerciale, la Russia ha la necessità di accantonare molti dei progetti che in fase di sviluppo rivelano ritardi di approntamento o necessitano di correzioni strutturali, dalla cellula, passando dalle turbine di spinta, alle modifiche aerodinamiche.Mosca per quanto abbia ridotto sensibilmente questo svantaggio nei confronti dell’ industria americana negli ultimi 5 anni, ha tempi di messa in linea dei suoi aviogetti militari in genere più laboriosi, contrastati e sofferti di quelli USA.
Elemento che ha fatto segnare, in passato, grosse battute di arresto nell’export della R.S.K, dal momento che i Paesi committenti richiedevano, e richiedono, tempi di fornitura definiti, assistenza tecnica e contenuti tecnologici di avanguardia.
Per rimediare a questo svantaggio il Kremlino dal 2000 ha cominciato a decentrare con accordi bilaterali parte dei progetti usciti dal “kombinat” R.S.K verso Stati che mantengono solidi rapporti con Mosca e facciano parte di alleanze geopolitiche ed energetiche nel Centro e nel Sud Est dell’Asia con la Russia.
In questo contesto il Kremlino ha trasferito, a partire dal Giugno di quell’anno, in Iran i disegni e gli studi preliminari di fattibilità del Vityaz, un cacciabombardiere multiruolo del peso stimato tra le 12 e le 16 tonnellate al decollo, elaborati dalla Mikoyan-Gurevich nota a livello internazionale per la produzione ultradecennale dei jet della serie MIG, per contrastare il progetto Joint Strike Figther F-35 destinato a sostituire l’ F -16, il cacciabombardiere che insieme agli F 15 e agli F 18, costituisce il grosso dell’aviazione militare americana, dopo l’uscita di scena dell’ F 14 per “obsolescenza”.
Nel 2002 l’aereonautica iraniana ha presentato all’ Air Show di Teheran lo “Shafagh”, un caccia di 5° generazione dotato di tecnologia “Stealth” che ha materializzato lo studio di fattibilità del Vytiaz della Mikoyan OKB. (nella foto sotto)
Mentre F-35 inizierà, forse, perché il programma sta slittando per difficoltà di messa a punto dell’aviogetto, le prime prove di volo nel 2007, l’industria aeronautica dell’Iran è riuscita a stare davanti a quella “stars and stripes”, approntando un dimostratore di tecnologia con 5 anni di anticipo sulla Lockheed, capocommessa del J.S.F.

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Un tempo enorme in termini tecnologia militare aereonautica. Un “gap” che fa emergere il crescente affanno finanziario e industriale degli Stati Uniti, una potenza “globale”, assediata da “nemici” sempre più numerosi ed agguerriti e logorata, come ha messo drammaticamente in evidenza “Katrina” a New Orleans, dai costi astronomici che deve sostenere per un’avventura militare, perdente, in Iraq e in Afghanistan.
Come diceva De Gaulle se il livello dell’industria aereonautica è lo specchio delle capacità tecnologiche e industriali di un Paese, gli USA, nel settore strategico dei jet militari per la prima volta dal 1945, stanno indietro, almeno in questo segmento di produzione, all’Iran di Ahmadinejad.
L’assemblaggio di un jet militare “stealth” come il nuovo cacciabombardiere di Teheran fatto di migliaia di componenti idraulici, elettromeccanici ed elettronici certifica l’esistenza in quel Paese di un’industria militare e civile ramificata e ad alto contenuto di ricerca applicata.

Lo “Shafagh” dell’ I.R.I.A.F che in “parsi” significa “luce che precede l’aurora”, da dimostratore tecnologico, processo seguìto anche per la realizzazione dell’ Eurofighter, monta nella prima produzione turbine Climov Rd 33, ha dimensioni simili al Mig 29, un radar di portata media e un’altissima manovrabilità con decolli e atterraggi corti.
Le linee di profilo della cellula sono avveniristiche e segnano una totale discontinuità con quelle lunge e pesanti adottate per il Mig 31 della Mikoyan OKB Mukhamedov.

I display di comando, estremamente avanzati, sono a colori MFDs e ricordano da vicino quelli adottati sull’ F-22 Raptor.
Sullo “Shafagh” è previsto l’impiego di motori sping-trush-vectoring che gli consentiranno ruoli tattici air-to-air e air-to-surface. Potente anche l’armamento che dovrebbe montare nuovi missili a lungo raggio aria- aria R -77 per la supremazia aerea.
Si sostiene che sia in gestazione una versione da attacco a lunga autonomia e dotazioni di munizionamento ad alta precisione in stiva per evitare turbolenze aerodinamiche durante il volo. Un progetto che prefigura l’ambizione di portare a completamento le specifiche del Mikoyan I -2000.
All’inserimento di tecnologia avanzata sullo “Shafagh” contribuisce un piano di finanziamento di 1 miliardo e 200 milioni di dollari che vede l’Istituto di Ricerca Aeronautica dell’Iran ( I.A.C.I ) collaborare con l’Università Malek Ashtar.

Recentemente il Generale Alexander Dimidov della Forza d’attacco strategica della Russia ha dichiarato che la collaborazione con la Repubblica Islamica, al momento, è piena, senza ombre e destinata a durare.
Dimodov ha inoltre voluto sottolineare, con una punta di malizia, per rispondere alle accuse di “Kommersant” sull’asse Mosca-Teheran, che l’Iran è un partner che dispone di larghe disponibilità finanziarie, di autonomia tecnologica e militare, al contrario di Israele, che appare economicamente fragile, politicamente inaffidabile, come dimostra la vendita di radar alla Cina con brevetti USA, e totalmente dipendente da Washington, per la cancellazione d’autorità, durante il mandato Clinton, del progetto del cacciabombardiere LAVI portato avanti da Tel Aviv.

L’enorme salto di qualità industriale e produttiva fatto dall’Iran, dall’approntamento dei missili balistici Shahab 3 con una gittata di 2.000 km, alla fabbricazione di cruise-missile con un raggio di 1600 miglia e un margine di errore a bersaglio di 10-12 m, allo sviluppo di un poderoso e pressoché insuperabile sistema antiaereo dotato di missili a lunga, media e corta portata, integrato da una difesa satellitare, awacs, radar, e antinave di produzione locale, è destinato nel medio e lungo periodo a modificare in profondità gli equilibri militari e di influenza geopolitica nel Medio Oriente e nel Golfo Persico, così come nel Centro-Oriente dell’Asia.

Salto di capacità tecnologica quello sviluppato dell’industria militare e civile dell’Iran che viene percepito dall’ Amministrazione Bush, come un’ulteriore intollerabile alterazione agli equilibri politici e militari nel Medio Oriente e nel Golfo Persico dopo il terremoto della rivoluzione komeinista del 1979 che con la cacciata dello Shah Reza Phalevi priverà gli Usa di una fonte primaria di approvvigionamento petrolifero e di un punto di appoggio politico di fondamentale importanza in quell’Area.
La sindrome di Prometeo che assedia gli USA li sta spingendo ad alzare la portata della minaccia verso il vecchio e nuovo “competitore”. Un competitore che si presenta a livello militare e diplomatico solido e ancorato a un sistema di alleanze ad ampio raggio.
Una “sfida” che l’Iran, sta lanciando contro gli USA, si sostiene nella cerchia neocons del Pentagono, con la complicità di Putin, anche con il completamento della centrale atomica di Bushehr e la decisione di arricchire in proprio, come gli consente il T.N.P, l’uranio per alimentare altri Power Points, ad acqua leggera, da costruire con l’assistenza di Mosca.

La dichiarazione di Teheran di essere pronta a trasferire la tecnologia atomica acquisita verso qualsiasi Stato Arabo che ne facesse richiesta non può non apparire, nella logica distorta, malata, dell’Amministrazione Bush come una gravissima minaccia anche alla “sicurezza” di Israele, da regolare, al momento opportuno, con una nuova guerra di aggressione che possa spazzare via, insieme al programma nucleare dell’ Iran, il grosso della sua industria di punta, per precipitare in un nuovo Medio Evo, radioattivo, le aspirazioni di indipendenza del Paese dei Mullah.
Un messaggio di alto contenuto politico, quello lanciato dall’Iran, che ha già prodotto, per emulazione, un risultato devastante per gli USA: il premier Erdogan prevede di dotare la Turchia di un piano di costruzione per 5 centrali atomiche.

Un Paese sospeso tra Europa e Asia, di religione musulmana, dopo il Pakistan, a un tiro di schioppo dal cuore del Medio Oriente, si muoverà verso l’acquisizione di tecnologie nucleari che lo allontaneranno, fatalmente, dalla politica di Washington e di Tel Aviv.
Per capire la portata del “confronto” che vede gli Usa in rotta di collisione con l’Iran occorre fare riferimento, oltre che alla politica economica sviluppata da Teheran verso Cina e Russia, anche alla crescente collaborazione diplomatica messa in moto da Teheran con Arabia Saudita, Siria, Turkmenistan, Tajikistan, Uzbechistan, Armenia e Kazakistan, che punta, secondo la Casa Bianca, a destabilizzare la presenza degli USA in Asia, a partire dalla periferia della C.I.S fino alla dorsale dell’Afghanistan, e a limare, in più punti, la sottile fascia di accerchiamento che l’ Amministrazione USA sta tentando, con crescenti difficoltà e insuccessi, di stendere intorno alla Russia di Putin.
Un accerchiamento a maglie larghe, senza retroterra logistico, oneroso, che punta, nelle intenzioni, ad assicurarsi il controllo delle risorse energetiche di gas e petrolio del Caspio e del Centro Asia e delle vie di trasporto, per oleodotti, verso i terminali, ucraini, del Mar Nero.
A condizione, anche quì, che la già incrinata “coalizione arancione” messa in piedi dalla CIA possa ancora reggere a livello elettorale, dopo gli scandali finanziari della cricca Thimoskenko e i pesanti processi di ristrutturazione economica in salsa liberalcapitalista adottati da Yuskenko, il tempo necessario per far entrare l’Ucraina nella NATO e, a mezzo condominio, nell’Unione Europea.

Un’Europa, quella oggi, di Barroso e Solana, al rimorchio degli USA, vulnerabile negli approvvigionamenti di energia e stupidamente arrogante, che sanziona la Bielorussia di Lukascenko e mette al bando la Serbia, per tenere a distanza l’abbraccio, fecondo e pieno di energie vitali, dell’ Orso Russo verso i Popoli del Vecchio Continente.

Giancarlo Chetoni
9.05.06

Nota:

Per foto a corredo informativo, cliccare in ricerca e andare a “Shafagh iranian combat aircraft”, saltando lo chador.

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