DI FRANKLIN LAMB
Counter Currents
Zintan, Libia.
Nonostante le affermazioni del Consiglio Nazionale Transitorio (CNT)
secondo cui Saif al Islam Gheddafi, arrestato e soggetto a un mandato
di cattura della Corte Penale Penale Internazionale che ha ordinato
il suo trasferimento all’Aja, si trovi in un luogo nascosto e sicuro
vicino Zintan, Libia, città a circa 85 miglia a sud-ovest di Tripoli,
le cose non stanno così.
E non sono neppure vere le rassicurazioni
di Steven Anderson, portavoce del Comitato Internazionale della Croce
Rossa (ICRC), secondo cui, in un annuncio del 23 novembre del
2011, le lesioni di Saif al Islam “sono state curate”, né
lo sono le sue prodighe garanzie che Saif sia in buona salute. Per chiarire
le cose, dopo le dichiarazioni della Croce Rossa, il dottore di origine
ucraina Andrei Murakhovsky, che vive a Zintan, ha affermato che “la
ferita di Saif è ricoperta da tessuti in cancrena e da tessuti necrotici”.
Ha aggiunto che “questa ferita non
è in buone condizioni e necessita un’amputazione. Il suo dito indice
è stato tranciato al livello della falange media e le ossa sono tutte
distrutte. Stessa cosa per il pollice di questa mano”, parlando
all’agenzia di stampa Reuters.
Il mattino del 24 novembre, il Primo
Ministro del CNT libico, Abdurrahim El-Keib, ha ripetuto che “Saif
al Islam riceve le migliori cure possibili, ma per il momento non
è nelle mani del governo centrale provvisorio e non sappiamo dove sia”.
Per quanto riguarda il “luogo
nascosto e sicuro”, la maggior parte della gente del villaggio
di Zintan sa dove è tenuto, così come il presente inviato, che ha
incontrato un’accozzaglia di tipi da film western di serie
B che attualmente fanno da guardia e “proteggono” Saif.
Anche se muniti di un’autorizzazione
di uno dei membri della famiglia di Saif, i componenti del gruppo hanno
rifiutato la mia richiesta di un incontro, con la scusa che dovevano
consultare il loro comandante, che non sarebbe tornato che fra qualche
giorno, visto che ora è il nuovo Ministro della Difesa del CNT.
In merito alla questione della salute
di Saif, c’è sempre più preoccupazione, anche perché le sue guardie
affermano che non possono portarlo all’unico ospedale di Zintan, visto
che qualcuno potrebbe ucciderlo per incassare la consistente taglia
di cui si vocifera, offerta dalla NATO e dal Qatar, a chiunque lo uccida,
presumibilmente aiutando così la “nuova Libia” e i suoi alleati
evitando un processo complicato.
Nel frattempo, dopo aver palesato un
cambio di atteggiamento, il procuratore della Corte Penale Internazionale
Luis Moreno-Ocampo ora pretende che sia la Libia, e non l’Aja, il
luogo migliore per ospitare Saif al Islam e il suo processo. Dalla sua
istituzione da parte delle Nazioni Unite nel 2002, la CPI ha avuto soltanto
un procuratore, Luis Moreno-Ocampo. Con gran sollievo di molti avvocati
della difesa di tutto il mondo, di molti tra il personale e i giudici
della CPI – oltre ai cronisti giudiziari ben conoscono il suo lavoro
da magistrato -, il prossimo mese a New York la Corte Penale Internazionale
sceglierà il suo successore. La prossima fine settimana a New York,
l’organizzazione per la difesa legale Avocats Sans Frontiers
cercherà di accordarsi su un successore da proporre ai 18 giudici del
CPI incaricati della decisione.
La visita di questa settimana del procuratore
Ocampo in Libia ha creato grande sorpresa tra questi gruppi, quando
ha improvvisamente annunciato che la CPI non avrebbe invocato il potere
datogli dal Consiglio di Sicurezza per avviare la causa n. ICC 01/11.
Questa era stata iscritta il 3 marzo 2011, dato che era stata assegnata
dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a seguito della rivolta
del mese precedente a Bengasi, in Libia.
Corrono voci all’Aja, in Libia e
tra gli avvocati di ASF sul fatto che Ocampo, sapendo di non poter essere
rieletto – anche perché non è riuscito a vincere una sola causa
nel suo mandato novennale, perché ha suscitato a ripetizione le ire
dei giudici della CPI per aver avviato cause che mancavano di prove
sufficienti, per la sua tendenza a pubblicizzare con vanagloria il proprio
potere e per aver fatto affermazioni inesatte sulle cause e sugli imputati
che rasentano la malversazione giudiziaria -, abbia deciso di cambiare
strategia in corso d’opera.
Un singolare esempio di queste false
osservazioni è l’attuale caso della CPI che riguarda Saif al Islam
Gheddafi, sul quale Ocampo ha fatto varie dichiarazioni inesatte nel
corso delle ultime settimane, sostenendo di negoziare “indirettamente”
con Saif al Islam affinché si consegni alla CPI. Saif ha decisamente
negato le dichiarazioni esibizionistiche di Ocampo e, se questi tentasse
di perseguire il suo caso personalmente, la squadra di legali di Saif
presenterebbe immediatamente istanza per sostituire Ocampo per giusta
causa, come prevedono le norme della CPI.
Dati questi problemi, Ocampo, secondo
qualcuno che lo ha accompagnato nel corso della sua visita di questa
settimana in Libia, ha deciso di accettare un’offerta vantaggiosa
dal CNT per offire consulenze a questo paese ricco di petrolio nella
costituzione di un sistema giudiziario per processare Saif al Islam
e altri.
Le rassicurazioni di Moreno-Ocampo,
dei funzionari NATO e dell’ambasciatore americano alle Nazioni Unite
Susan Rice, secondo le quali la Libia è assolutamente in grado di occuparsi
dei processi contro i lealisti dell’ex regime, sono assurde. La Rice,
lo scorso weekend, ha mostrato ignoranza e suscitato sorpresa, quando
ha affermato di non sapere che in Libia c’è la pena di morte e che
verrebbe applicata nei casi della CPI se le verrà data la possibilità.
L’apparente preferenza dell’opinione pubblica libica per la pena
da comminare ai due casi libici della CPI è l’impiccagione. È lo
stesso caso del Ruanda, ed è il motivo per cui il Tribunale Penale
Internazionale per il Ruanda non consente al governo di gestire alcuni
processi, sebbene questi abbia assicurato le Nazioni Unite che non avrebbe
eseguito alcuna pena di morte. La Libia non ha offerto simili garanzie
alla CPI contro l’utilizzo della pena capitale, né si è opposta
alla giuridisdizione della CPI, come prevede lo Statuto di Roma, per
le cause contro Saif al Islam e Abdullah Sanussi.
Nonostante il cambio di lavoro, Ocampo
non ha perso interesse nel perseguire il caso di Saif al Islam, che
considera come la sua migliore possibilità di vincere, alla fine, almeno
una causa alla CPI, ma non all’Aja, dove è possibile che Saif possa
essere condannato, date le regole procedurali del Tribunale e le risorse
dello staff legale del CPI, che in realtà assisterebbe un accusato
nel presentare la sua difesa dinanzi al giudice. Si dice che Ocampo
sia sicuro di ottenere una vittoria nella causa riguardante Saif, e
che per questo stia lavorando in Libia con il governo del CNT creato
dalla NATO, seguendo l’accusa come “consulente” dietro le quinte,
oltre che aiutando la Libia nel tenere a bada le Nazioni Unite e la
CPI, consentendo così al CNT di portare in giudizio Saif e Abdullah
Sanussi, se e quando si proverà che quest’ultimo è stato catturato.
Si dice che Ocampo trovi di proprio gusto il poter diventare il “Padre
del nuovo sistema giudiziario libico”. Ocampo ora sta spiegando
che non è mai stato il suo ruolo quello di “spiegare ai funzionari
libici come va tenuto un processo equo, e che gli standard della CPI
riguardano il fatto che non ci deve essere un procedimento che non sia
organizzato per proteggere l’indiziato, e io ritengo che ciò
sia importante per le cause che andranno a giudizio in Libia.”
Ha poi aggiunto, “Ci sono così
tante tradizioni che è difficile stabilire cosa sia equo.”
Non appena la sorprendente notizia
e l’improvvisa incertezza di Ocampo su ciò che costituisce un processo
equo hanno iniziato a rimbalzare in internet, lo scrivente ha ricevuto
un’e-mail da un avvocato penale internazionale, il cui ufficio si
trova a due isolati dal palazzo di giustizia Carl Moultrie a Washington,
DC. L’avvocato americano era sgomento: “Pagare Ocampo come consulente
per il nuovo governo libico sulle procedure delle cause penali
è un’ipotesi ridicola. Non ha alcuna conoscenza di
diritto per un processo equo, e non ha ottenuto una sola condanna in
quasi nove anni alla CPI.”
I giudici della CPI non hanno avuto
neanche un fremito accorgendosi del tradimento. La CPI ha subito inviato
un promemoria a Ocampo, al nuovo governo libico e ai media, nella
quale ha ricordato che sono i giudici della CPI, e non il procuratore
della CPI, a decidere se una causa si terrà all’Aja oppure nel paese
in cui si sono verificati i presunti crimini, e soltanto loro decideranno
se la Libia sarà in grado di condurre un processo equo. La CPI segnala
poi che, contrariamente al clamore mediatico suscitato da Ocampo, la
questione della sede dei processi in Libia non è stata stabilita nella
causa CPI n. 01/11.
Il procuratore Ocampo sa bene che quando
la CPI decide di aprire un’indagine, i tribunali nazionali non possono
indagare su quel caso e sono sollevati dall’obbligo di farlo. Inoltre,
dato che la CPI ha emesso un mandato di cattura contro imputati libici,
ogni stato – Libia compresa – è obbligato a cooperare pienamente
con la CPI. Dopo la ramanzina in arrivo dall’Aja, Ocampo ha fatto
un passo indietro e il 23 novembre ha detto alla CNN che “l’unica
possibilità è che il nuovo governo libico presenti la sua posizione
ai giudici del CPI, e poi i giudici delibereranno se la causa verrà
intentata in Libia. La Libia presenterà
ai giudici della CPI prove che il paese può
ospitare il processo, e loro decideranno se verranno soddisfatti”,
ha spiegato Ocampo.
Se il CPI affronta la questione come
previsto, dovrebbe deliberare sugli sviluppi del caso di Saif al Islam
proprio come la Corte Penale Internazionale per il Ruanda si trovò
a sentenziare contro la richiesta del paese per la competenza nei processi,
anche se, come la Libia di oggi, il Ruanda affermò di avere un “sistema
giudiziario moderno e funzionante”. Il motivo è che un primo
esame del sistema giudiziario penale libico, la discussione con avvocati
penali libici, nonché con quelli della difesa internazionale con anni
di esperienza nella pratica dei tribunali internazionali, mostrano come
sia molto chiaro che le persone che in Libia sono accusate di gravi
delitti al momento non godono neppure dei più elementari diritti pretesi
dalle norme internazionali. Oggi gli imputati in Libia non godono di
un’adeguata rappresentanza legale, di un supporto finanziario per
gli accusati indigenti, di spostamenti e sostegno alle indagini dei
gruppi di difesa e di sicurezza per questi ultimi. Il governo centrale
e quello locale della Libia ostacolano i gruppi per la difesa revocando
le loro funzioni.
Un’inchiesta dichiaratamente frettolosa
svolta in Libia tra gli avvocati rivela anche inesistenti o inadeguati
alloggi e sistemi di trasporto per i testimoni, oltre a una mancanza
di piani per la protezione dei testimoni prima, durante e dopo la testimonianza
in tribunale. Inoltre il CNT intraprende un disegno per minacciare potenziali
testimoni che in un’altra causa si preparano a testimoniare contro
la NATO. Allo stesso modo il CNT non riesce a fornire viaggi sicuri
e protetti ai testimoni libici che vivono all’estero, compresi quelli
in Algeria, Tunisia, Mali, Niger ed Egitto. Colloqui con avvocati e
funzionari libici, nonché visite alle strutture carcerarie libiche
rivelano che le condizioni non sono conformi ai parametri internazionali,
e che in Libia è diffusa la tortura dei prigionieri e minacce alle
loro famiglie.
Fonte: The Troubling Case of Saif Gadhafi
03.09.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GABRIELE PICELLI
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