DI SCOTT RITTER
I senatori degli Stati Uniti, guidati dal repubblicano Norm Coleman, hanno lanciato una sorta di crociata, cercando di “presentare” il programma Oil For Food applicato dalle Nazioni Unite dal 1996 al 2003 come il più grande scandalo nella storia di questa istituzione. Ma questo postulato non è niente più di un’ipocrita sciarada, ideata per spostare l’attenzione dalla disfatta del pantano creato del presidente Bush stesso in Irak, e per legittimare l’invasione dell’Irak utilizzando come
scusa la corruzione irachena, e non le armi di distruzione di massa, allo stato attuale ancora inesistenti.
Il programma Oil For Food traeva origine dalla risoluzione del consiglio di sicurezza, promossa principalmente dagli Stati Uniti, ratificata nell’aprile del 1995 ma non entrata in vigore fino al dicembre 1996. Durante questo arco di tempo la CIA appoggiò due tentativi di colpo di stato contro Saddam, il secondo dei quali, il più famoso, uno sforzo congiunto con gli inglesi, che implose nel giugno del 1996, al culmine dei negoziati per l’attuazione del programma Oil For Food.Il programma oil for food non è mai stato un sincero sforzo di sostegno umanitario, ma piuttosto un espediente politicamente motivato teso ad attuare la reale politica degli Stati Uniti: un cambio di regime.
Attraverso vari meccanismi di controllo gli Stati Uniti e la Gran Bretagna avevano la possibilità di aprire e chiudere il flusso di petrolio a proprio piacimento. In questo modo gli americani hanno potuto autorizzare un’esenzione di un miliardo di dollari inerente l’esportazione di petrolio iracheno per la Giordania, oltre che legittimare i miliardari traffici illegali di petrolio lungo il confine turco, dal quale hanno tratto vantaggio tanto l’alleato Nato Turchia quanto i fautori di un cambio di regime nel Kurdistan. Contemporaneamente, mentre il segretario di stato americano Madeleine Albright stava negoziando con il ministro degli esteri Primakov riguardo a un accordo mediato dai russi per porre fine all’impasse tra l’Irak e gli ispettori delle Nazioni Unite nell’ottobre/novembre 1997, gli Stati Uniti chiudevano un occhio sulla creazione di una compagnia petrolifera russa a Cipro.
Questa compagnia petrolifera, guidata dalla sorella di Primakov, comprava petrolio dall’IraK grazie al programma Oil For Food a prezzi irrisori per poi rivenderlo a pieno prezzo di mercato principalmente alle compagnie americane, spartendosi equamente la differenza con Primakov e gli iracheni. Questo patto, promosso dagli Stati Uniti, ha generato profitti per centinaia di milioni di dollari sia per i russi che per gli iracheni, fuori dal controllo Oil For Food. E’ stato stimato che l’80 per cento del petrolio illegalmente fuoriuscito dall’Irak sotto il programma Oil For Food sia finito negli Stati Uniiti.
In maniera analoga, utilizzando il suo potere di veto sul comitato 661, creato nel 1990 per monitorare e gestire le sanzioni economiche contro l’Irak, gli Stati Uniti furono capaci di bloccare milardi di dollari di beni umanitari legittimamente aquistati dall’Iraq sotto l’egida dell’accordo Oil For Food. E quando Saddam si mostrò troppo abile nell’arricchirsi con le tangenti, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna idearono un nuovo sistema di vendita del petrolio che forzava potenziali aquirenti ad impegnarsi in contratti petroliferi nei quali il prezzo sarebbe stato deciso dopo che il petrolio era stato venduto, un meccanismo perverso che portò rapidamente la vendita del petrolio ad un arresto, privando di denaro il programma Oil For Food al punto che miliardi di dollari di contratti umanitari non poterono essere pagati dalle Nazioni Unite.
La palese corruzione del programma Oil For Food era reale, ma non è scaturita in seno alle Nazioni Unite, come sostengono Norman Coleman ed altri. Le sue orgini risiedono in una politica moralmente corrotta di strangolamento dell’economia Irachena, messa in atto dagli Stati Uniti, nel contesto di una più ampia strategia di cambio di regime. Dal 1991 gli Stati Uniti avevano fatto capire chiaramente, attraverso successive affermazioni di James Baker, George W Bush e Madeleine Albright, che le sanzioni economiche, legate all’obbligo iracheno di disarmarsi, non sarebbero mai state ritirate anche se l’Iraq avesse adempiuto ai suoi obblighi e si fosse disarmato, fino a quando Sadam Hussein non fosse stato rimosso dal potere. Tale politica è rimasta inalterata per oltre un decennio, durante il quale centinaia di migliaia di iracheni sono morti a causa di queste sanzioni.
Mentre il denaro derivante dalla vendita illegale di petrolio serviva in realtà a finanziare la compravendita di armi convenzionali e la costruzione di palazzi, la stragrande maggioranza dei fondi era versata in programmi di recupero economico che hanno permesso all’Iraq di emergere dalla rovina finanziaria pressochè totale del 1996. Nel 2002, alla vigilia dell’invasione guidata dagli americani, a Baghdad gli affari prosperavano, i ristoranti erano gremiti e le famiglie camminavano liberamente attraverso giardini ben puliti. Adesso prendete questa immagine e confrontatela con la realtà di Baghdad oggi, e la corruzione estrema che era il programma Oil For Food diventa lampante.
Scott Ritter
Fonte:www.zmag.org/Italy/ritter-scandalooilforfood.htm
Documento originale The Oil-for-food ‘scandal’ Is A Cynical Smokescreen
21.12.04
Traduzione di Marina Gamberini & Fabio Sallustro