DI ALCESTE
Questi maledetti italiani!
Questi ancora sperano!
La speranza, va da sé, è l’ultima a morire e non l’ammazzi mai; li dovranno prima spolpare ben bene gli italioti, con raziocinio criminale, e calma da usurai; li dovranno espropriare di tutti i mezzanini, i villini, le seconde case, le catapecchie che i loro padri e madri, i nonni e i bisnonni, hanno tirato su nell’ultimo secolo, un mattone alla volta, una bestemmia alla volta, intrallazzando con muratori ragionieri geometri mazzettieri vari, prima che si decidano ad ammazzarla qualsiasi speranza e finalmente dire: “Ahi!”.
E io sono fra questi, mica mi tolgo dal mazzo.
Seconde case, casette al mare, casine ai colli, o in montagna, oppure case di campagna, vecchie di ottanta o cent’anni, perse nella campagna ormai abbandonata e selvaggia, come dopo una invasione barbarica, improvvisamente vengono attenzionate dagli usurai dello Stato: IMU, ovviamente (è una seconda casa), e poi nettezza urbana (onerosissima anche se ci si sta dieci giorni all’anno), e poi ancora l’IMU (agricola stavolta), e le bollette (gas luce acqua), e i cari loculi dei vecchi nonni (24 euri annui, per ora, ma il trend è al rialzo forsennato); e poi imposte su caldaie, refrigeratori, obblighi su controlli fumi scarichi tubi (sì, l’Europa pensa alla nostra salute, incessantemente; queste imposte le sfango, per ora); e quindi, perché no?, le riclassificazioni catastali (in vista di maggiori imposte), l’ultima novità piovuta nella cassetta delle lettere, nel consueto stile burocratico da Stele di Rosetta, ma con chiarissimi sottintesi intimidatori: fate così oppure … è un obbligo di legge, perbacco … dopo una decina di telefonate in uffici periferici, sempre vuoti, o occupati occasionalmente da figuri che non sapevano nulla della mossa comunale (“no hai competencia … “), ecco lo scioglimento dell’enigma: si deve riclassificare l’immobile, al catasto. … e mica d’ufficio, per carità: è tutto a carico del proprietario – il proprietario, questo ricco possidente d’un cumulo di mattonacci perso nella campagna fra Lazio e Umbria …. morale: tale opulento fannullone è costretto a rivolgersi a chi le competenze le possiede davvero: geometri, ingegneri o chi per loro: riclassificazione obbligatoria da A5 a A4 o A3, tutto online, 200 euro sull’unghia, avanti un altro. C’è differenza tra la scartoffia normale e quella online? Nessuna, ma la prima puoi fartela da solo, la seconda meglio di no (“Le sanzioni, caro signore, non le stabiliamo noi …”)
Finita? Macché, circa tre anni fa ecco spuntare la classe energetica. Fosse anche un rudere occorre definirlo ecologicamente secondo le nuove direttive europee: classe G (“Ha solo un caminetto? Allora classe G, l’ultima … no, nessuna dichiarazione … se ne deve occupare uno specialista … un tecnico … un competente …”). Ancora telefonate accordi appuntamenti: il geometra impazza di nuovo: valuta accorto, misura, definisce, poi rilascia la sudata carta, stavolta assolutamente sgargiante; in essa, a norma di direttiva europea, c’è scritto che la mia casa di campagna, ereditata da quei cari vecchi analfabeti, secolare e sgarrupata, è davvero una catapecchia senza riscaldamento e infissi ecologici: ora la carta europide canta (altre 200 pere), in smagliante multicolor però (tutti i colori dell’iride ci sono), fresca di stampante a getto d’inchiostro, ricca di abbreviazioni e rimandi a codicilli approvati in chissà quale seduta congiunta, magari su impulso del solito coglione di finlandese. I finlandesi, questi sbevazzatori insulsi persi nei ghiacci nordici, una volta così folcloristici nei libri di lettura delle elementari, colle renne e il naso rosso e tutto, son divenuti i miei peggiori incubi.
Dalle loro linde casette prefabbricate (a norma ecologica) ficcano il naso dappertutto: olivi, campi, magioni di famiglia, caldaie, termosifoni, valvole, merde di cavallo. E tuonano, col loro istinto protestante, contro i nostri vizi da cattolici sbracati.
Ma ovviamente ancora si spera! E io con loro!
Sperano ancora gli italiani di farla franca, di arrangiarsi, di invocare il perdono: è nella loro natura.
Hanno dieci euro, poi nove, poi otto, poi sette; prevedono sei, si ritrovano con cinque, ma ancora sperano! Pensano gli italiani: prima o poi si dovranno fermare, non è possibile che ci tolgano tutto! Almeno ci lascino questo cinque! Almeno quattro!
Edificano continuamente le loro linee Maginot, travolte uno dopo l’altra, eppure resistono.
Si dovranno fermare prima o poi! Almeno questi quattro euro che mi ritrovo me li faranno tenere, ragiona il fesso. Ragiona come una formica disperata, ma ancora avida di speranza: ogni minimo segno positivo lo fa sussultare: PIL a + 0,3%! Spread mai così basso! Nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato!
L’italiota si riprende, riacquista un po’ di colore. Pensa: ecco la ripresa, è finita, inversione di tendenza, lo stellone italiano è ancora in cielo, si ricomincia, come sempre, la nottata è passata, l’ha assicurato il deputato Cialtrelli a Ballarò, il sottosegretario Merdoni da Santoro, la Ministra Zoccoli a Presa Diretta … è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta.
Ma è solo una pausa, o un inganno, come i mitologici ottanta euro: il potere prende la rincorsa e si accanisce ancora. Ma l’italiano torna in difesa: elude minimizza fa catenaccio s’arrangia: è nella sua natura, anche se la natura lo porterà alla rovina, come lo scorpione della favola.
Gli dovranno rubare tutte le fiches, sino all’ultima, lo dovranno bastonare, depredare, ingannare, nevrotizzare e smutandare prima che lo si veda in piazza a tirare qualche calcio.
Avrete capito che sono, al massimo della condiscendenza, un fenomenologo. Di quelli minuti, senza alcuna pretesa di visione universale: sociale, geopolitica, economica; men che mai macroeconomica. Forse indulgo all’economia domestica. Osservo e basta.
L’Italiano è come un bambino. Analfabeta. Ricerca ancora il principio di piacere, mentendo spudoratamente, immaginandosi un futuro che non avrà più, cercando di fregare gli altri compagnucci. La realtà, come già ho avuto modo di scrivere, non gli entra nella zucca. La ragione non fa per lui. Inutile presentarsi con sondaggi e grafici, come fanno certi blog accademici, inutile persuaderlo sottolineando l’evidenza con gli evidenziatori del raziocinio, del buon senso; inutile pure insultarlo a sangue.
C’è bisogno di scomodare il vecchio Tullio De Mauro? Ancora? Il 70% degli Italiani non capisce un testo di media difficoltà. La questione potrebbe chiudersi qui.
Da fenomenologo minuscolo vi regalo un aneddoto. Posso persino comprovarlo con una foto. Alla Motorizzazione di Roma, presso gli sportelli, campeggia un bel cartello scritto a mano, tenuto con gli adesivi; vi appare una pesante ammonizione per gli utenti tutti:
ACQUIRENTE (CHI COMPRA)
ACQUIRENTE (CHI COMPRA)
VENDITORE
Capito? Gli impiegati, forse stanchi di ripetere la consueta, quotidiana, litania, avvertono l’italiota medio: “L’acquirente, nel contratto, è chi compra; il venditore – lo dice la parola stessa – è chi vende … ma soprattutto vogliamo dirvi: l’acquirente è chi compra!”.
Siamo a questi livelli. Per fortuna (sono rimasto piacevolmente sorpreso, davvero) non c’è scritto, sul cartello: AQUIRENTE (CHI COMPRA).
E qualcuno vuole indurre gli italiani a ribellarsi con qualche grafico? Con l’esposizione meticolosa dei rischi del TTIP? Oppure spiegandogli l’inganno dell’andamento dello spread? La MMT? La bontà delle proposte della scuola austriaca? Roba da schiantarsi dalle risa …
L’Italiano è tetragono alla realtà. Ancorato a un passato felice ormai dissolto. Vuole spera anela alla salvezza … ancora la speranza … ma la speranza uccide, forse più dell’ignoranza.
Il principio di piacere, le soddisfazioni piccolo borghesi, i piccoli tesoretti accumulati negli anni … è già tutto svanito, ma questi continuano a sperare.
No, per vedere un cambiamento devono smutandarli sino all’ultimo uomo … poi forse si renderanno conto che una minoranza organizzata di collaborazionisti (la gran parte proveniente dai quadri del defunto PCI!) ha venduto la maggioranza disorganizzata con tutte le scarpe … con le loro casette, e i risparmi della nonna … e con le loro speranze, ormai defunte pure loro.
Giusto così. La razza che non riconosce i propri predatori è destinata a estinguersi.
Sarà una giornata epocale allora (avverrà per caso, come sempre, al congiungersi occulto di stelle nere; sarà un evento inaspettato che sfuggirà alla perspicacia dei Nostradamus di Ballarò e Repubblica): gli Italioti, pezzenti, depressi, astenici, con sfrigolanti maglioncini cinesi addosso, l’alito cattivo per le carie in bocca, capiranno finalmente la portata del pacco renziota; o della coppiola Monti/Fornero; o del trucibaldo Mortadella, coi suoi mirabili compagni di merende, le solite “risorse del paese”: Ciampi, Treu, Dini, Napolitano e compagnia. E magari si ricorderanno, en passant, pure dei Tremonti e dei Brunetta, e della compagnia di giro che faceva finta di fare a botte con la prima.
Ci sarà da piangere, allora. O da ridere.
Ce la faranno i nostri eroi?
Non si sa. Un popolo può anche essere troppo debole per ribellarsi. Dirò di più: un popolo, di fatto, anche quello italiano, può anche svanire nel nulla della storia, come una secchiata d’acqua è assorbita veloce dalla sabbia infuocata. In tal caso piangeremo.
Se ce la faranno, invece, ci sarà una Vandea immane, irrazionale, populista, giustizialista. In questo caso, meno probabile, ci sarà da ridere.
E io sarò in prima fila.
Alceste
Fonte: http://pauperclass.myblog.it
Link: http://pauperclass.myblog.it/2015/05/18/litaliano-ribelle-forse-mutande-alceste/
18.05.2015