DI FEDERICO DEL CORTIVO
europeanphoenix.it
Intervista ad Attilio Folliero
Prima di rispondere alle domande, mi permetto una premessa. Io vivo lontano dall’Italia da dieci anni; ovviamente, ho sempre seguito e continuo a seguire le vicende italiane attraverso i grandi media: i telegiornali “aggiustati”, i programmi come “Porta a Porta”, i grandi quotidiani… tutti interessati a mostrare sempre e solo una parte “della storia”. Recentemente, per esempio c’è stata a Teheran l’Assemblea dei Paesi non allineati, che praticamente in Italia è passata sottosilenzio, con poca informazione e quella poca passata era tutto meno che imparziale ed obiettiva… “I «non allineati» a Teheran fiera d’odio per l’Occidente”, per dirla con il titolo di un noto giornale nazionale italiano; non c’è nessun odio verso l’occidente da parte dei Paesi non allineati, ma questa è l’informazione che è costretto a leggere l’italiano medio.
Nell’antica Roma, quando stava per cadere l’impero, c’erano persone che vivevano come se niente stesse passando, continuando a fare banchetti ed orgie come al tempo del massimo splendore dell’impero… vennero travolti senza rendersi conto di quello che gli stava succedendo! La situazione italiana (e dell’occidente, dell’Europa e degli Stati Uniti) di oggi è praticamente la stessa che si viveva alla caduta dell’impero romano: molti continuano a vivere senza rendersi conto di quello che gli sta per accadere. I politici nostrani (tutti) litigano fra di loro sul sesso degli angeli, però la quasi totalità di loro guarda ancora estasiata agli USA ed alla sua politica neoliberista e guerrafondaia, come se gli USA fossero ancora la superpotenza uscita vincitrice della seconda guerra mondiale; questi politici non si rendono conto che gli USA sono sul bordo del tracollo, più o meno imminente, che condurrà alla fine dell’Unione. Fino a quando, ad esempio, il governo USA potrà sostenere un deficit giornaliero di oltre 4 miliardi di dollari? La Federal reserve, il banco centrale USA, recentemente ha deciso di comprare al Tesoro titoli di stato per 40 miliardi di dollari al mese, ossia stamperà ogni mese 40 miliardi di dollari! Senza questa misura, il ministro delle finanze Usa avrebbe dovuto annunciare al mondo che gli USA non possono pagare i debiti! Ma per quanto tempo potranno andare avanti stampando dollari? Che succederà al dollaro ed agli USA il giorno, ormai non tanto lontano, in cui il Ministro delle Finanze USA sarà costretto ad annunciare che non può pagare il debito? Queste sono le domande a cui dovrebbero rispondere i politici nostrani che guardano al mito americano!
Questi stessi politici, che litigano tra di loro sul sesso degli angeli, tutti, indifferentemente, guardano alla Unione Europea e pensano che la Germania, la Francia, le loro banche, il loro modello sia il “non plus ultra” ed ignorano totalmente che il debito del Deutsche Bank, ad esempio, secondo i dati dell’ultimo bilancio trimestrale pubblicato (30/06/2012) è 1.579 miliardi di Euro e quello del BNP Paribas è 1.344 miliardi, praticamente il debito di cadauna delle principali banche di Germania e Francia equivale al PIL italiano! Queste sarebbero le locomotive della Unione Europea a cui tendono lo sguardo i politici italiani.
Alla parzialità dell’informazione dei media, va aggiunto il provincialismo ed il limite linguistico che impedisce ai politici ed in generale all’italiano medio di guardare oltre il proprio orizzonte od oltre l’orizzonte rappresentato da USA e Regno Unito, ossia CNN e BBC. Sicuramente molti italiani parlano l’inglese, guardano e leggono media in inglese; il mondo, però sta cambiando: quanti politici e quanti italiani guardano, ad esempio i telegiornali della Russia, della Cina, dell’Iran o dell’America Latina? L’italiano medio si conforma con quello che dicono i grandi media ufficiali italiani e stranieri di USA, Regno Unito e Francia; tutto il resto è ignorato e questa “ignoranza del mondo” traspare evidente nei commenti dei soliti politici che si alternano nei salotti di trasmissioni come “Porta a Porta” e simili. Il precedente ministro della Difesa italiana, quando in merito alla mancata estradizione del “terrorista” Battisti da parte del Brasile parlò di questo paese come di una repubblica delle banane senza rendersi conto del ruolo che svolge oggi il Brasile a livello mondiale. I media di tutto il mondo hanno ripetutamente passato l’opinione di questo ministro, secondo cui in pratica si poteva fare pressione sul Brasile rispendendo a casa i giocatori che militano nel campionato italiano, come se l’economia del Brasile dipendesse solamente da questi introiti! Cotanta saggezza di ministro, con la sua limitata conoscenza della realtà geopolitica mondiale riuscì a trasformare lui stesso e l’Italia in una barzelletta!
Quanti italiani si conformano con quello che riportano i media ufficiali, in merito agli avvenimenti della Siria, o a quanto successo in Libia lo scorso anno? Quanti italiani sono veramente al corrente della situazione economica europea, di quello che passa in Grecia, in Spagna, in Italia? Quanti italiani (ed europei) sono coscienti del Trattato di Lisbona? Molti avranno letto in questi giorni del Meccanismo Europeo di Stabilità, con il quale si introduce la possibilità di aiuti agli Stati in difficoltà; qual è il vero fine di questo provvedimento? Fino ad oggi, però, in base all’articolo 123 del Trattato di Lisbona era proibito qualsiasi tipo di aiuto diretto agli Stati. Il BCE presta soldi alle banche private al tasso di interesse di riferimento (oggi 0,75%) e le banche private prestano soldi agli Stati, comprando titoli di stato, per esempio alla Grecia ad un tasso di interesse del 20% ed oltre; all’Italia stanno comprando, oggi, titoli ad un tasso di circa il 6%. Un meccanismo studiato ad hoc per favorire le banche private, le grandi multinazionali del credito. Quanti italiani, quanti europei sono coscienti di questo meccanismo che consente di rubare impunemente? Molti credono che la Banca d’Italia, o la Banca Centrale Europea, appartenga allo stato italiano o alla Unione Europea ed invece sono organismi privati, SPA, esattamente come la Fininvest o la FIAT con alcune limitazioni e controlli pubblici ex Legge 262 del 28 dicembre 2005 per dare la parvenza di essere qualcosa di differente! Il BCE appartiene alle varie banche centrali s.p.a., per cui è la stessa cosa.
Oggi si è arrivati al Meccanismo Europeo di Stabilità, di cui parleremo in seguito. Questa è l’Europa dei banchieri.
In Italia, in Europa si parla della lotta all’evasione fiscale, qualche volta si è perfino parlato dei paradisi fiscali e sul tema c’è stato anche un vertice del G20, ma quanti sono coscienti che si tratta solo di fumo nell’occhio, di un inconcludente bla bla bla? Fra la Francia ed il Regno Unito, nel Canale della Manica, nel cuore dell’Europa, esistono delle isole inglesi, che in realtà non fanno parte del Regno Unito e neppure della Unione Europea (Sic! Come se un pezzo di territorio italiano, ad esempio le isole Tremiti, pur facendo parte del territorio dello stato, ai fini giuridici non lo fosse, non rientrando neppure nella Unione Europea e venisse utilizzato come paradiso fiscale).
Tali isole (Jersey, Guernsey) dipendono direttamente dalla corona britannica; queste isole sono i principali paradisi fiscali del mondo dove i riccaccioni ed i furbi di tutta Europa e di tutto il mondo nascondono il loro denaro, lecitamente o illecitamente ottenuto, sottraendolo alle imposte. Sempre più spesso nei vertici europei si sente parlare di lotta all’evasione fiscale, ma i vari Monti non fanno altro che prendere in giro gli ignari italiani ed europei. I grandi media italiani, la Rai, Mediaset, e tutti gli altri, televisione e stampa, siano di destra, di centro o di sinistra, si affannano a parlare della lotta all’evasione, ma quante volte hanno fatto il nome di questi pezzi di terra nel cuore dell’Europa? Questa è la realtà informativa italiana.
Premesso, dunque della realtà informativa italiana, parziale e manipolata che è costretta a subire l’Italiano medio ed ovviamente europeo, passo a rispondere con molto piacere alle domande riguardanti la realtà politica ed economica dell’Italia, osservata dal mio punto di vista. Oltre all’analisi della realtà italiana, mi permetto di parlare di quelle che dovrebbero essere le soluzioni da adottare; credo sia importante non parlare sempre e solo dei problemi, ma sia necessario anche offrire soluzioni.
D) Prof Folliero, in Italia dal 16 novembre è in carica il governo Monti, nominato dal Presidente della Repubblica Napolitano, che ha ufficialmente come compito principale la riduzione del cosiddetto debito pubblico, favorire la crescita, tagliare gli sprechi. Quale è il suo giudizio su Mr Monti, uomo legato alla Goldman Sachs, Iscritto al Gruppo Bilderberg e alla Trilaterale, nonché massone?
La domanda da lei formulata contiene in sé tutti gli elementi necessari a dare un giudizio su Monti, però, piuttosto che dare un giudizio su Monti, sarebbe più opportuno chiedersi: perché Monti? Perché Monti è diventato capo del Governo e come è arrivato a ricoprire tale ruolo? Come lei ha detto, Monti è legato a Goldman Sachs, al Gruppo Bilderberg, alla Trilaterale, ossia alla grande finanza, a chi regge i veri destini del mondo ed a chi è interessato ad impadronirsi, ovviamente a prezzi stracciati delle ricchezze che possiede l’Italia.
L’Italia possiede enormi ricchezze e tantissime imprese pubbliche, vere galline dalle uova d’oro, ossia che danno profitti, anche enormi, e quindi molto appetibili. Ovviamente, l’obiettivo di questi “sciacalli” è impossessarsi di queste ricchezze, di queste imprese sborsando il meno possibile. Nella prima metà degli anni novanta ci fu il primo assalto ai tesori italiani. Qui non può mancare un ricordo al caro vecchio amato Carlo Azeglio Ciampi, che poco dopo essere diventato capo del governo, il 30 giugno del 1993 nomina un Comitato di consulenza per le privatizzazioni, presieduto da Mario Draghi, altro pezzo pesante di Goldman Sachs, non a caso, oggi, arrivato alla presidenza della BCE.
Allora, i tesori italiani erano contenuti in uno scrigno chiamato IRI, smembrato e svenduto, praticamente regalato, con la scusa che fosse un carrozzone che dava solo dolori di testa e perdite ai proprietari, ossia allo stato, al popolo italiano, e quindi era meglio disfarsene, piazzando i vari pezzi a qualunque costo, anche regalandoli praticamente, come avvenuto. La domanda sorge spontanea: un privato compra una impresa che non da utili? Io non credo che qualcuno compri qualcosa che poi non gli renda degli utili e neppure la accetta in regalo!
A quell’epoca dell’IRI, di cui uno dei principali rottamatori fu Romano Prodi, si diceva tutto ed il contrario di tutto, meno che fosse una delle più grandi multinazionali del mondo, quarta o quinta! Le imprese dell’IRI davano enormi utili, che assieme alle tasse ed alle altre entrate dello stato servivano a finanziare anche gli investimenti sociali: sanità, educazione, cultura, pensioni, ecc. Oggi tutti i grandi media (cassa di risonanza del pensiero unico neoliberale) sono impegnati ad associare la spesa pubblica, gli investimenti nel sociale, al termine spreco. Non si tratta di uno spreco, ma di un investimento, che nel passato ha dato enormi benefici al paese. Quando si investiva in educazione, scuole, università e tutti, i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, avevano il diritto di poter raggiungere i gradi più alti degli studi, l’Italia era un paese prosperoso; oggi, quelle parole contenute nella Costituzione (art. 34) stanno diventando lettera morta, perché all’università non si accede liberamente, ma tramite prove d’accesso ed il numero di posti disponibili è sempre più limitato; si sta plasmando una società in cui l’esclusione sarà la norma; i membri delle classi ricche, anche se eventualmente bocciati agli esami d’accesso delle università pubbliche, possono sempre accedere a quelle private, i cui costi sono proibitivi per i membri delle classi più povere ed anche per le classi medie.
Nella stessa direzione vanno i tagli alla sanità (chiusura degli ospedali), alla giustizia (chiusura del tribunali), l’aumento dell’età pensionabile, la sostanziale riduzione dei diritti dei lavoratori, ecc… tutto questo farà dell’Italia una società sempre più elitesca e riservata ai ricchi e potenti.
Allora, perché Monti arriva a ricoprire il ruolo di capo del governo con l’obiettivo principale di ridurre il cosiddetto debito pubblico, favorire la crescita, tagliare gli sprechi? Monti governa l’Italia da dieci mesi, il debito pubblico da segni di riduzione? L’Italia sta iniziando a crescere? Ha tagliato gli sprechi, ha condotto una seria lotta all’evasione fiscale?
Niente di tutto questo. Se analizziamo i dati mensili del debito pubblico dal dicembre 2010 a luglio 2012, ultimo dato disponibile (nella tabella seguente, appositamente preparata su dati di fonte Banca d’Italia), ci si rende conto facilmente che il debito pubblico con l’avvento del signor Monti è continuato a crescere. Non solo cresce in valore assoluto ed in valore percentuale sul Pil, ma la cosa più preoccupante è che cresce il debito da pagare a breve, ossia con scadenza inferiore ad un anno! Alla fine di dicembre del 2010 il debito pubblico ammontava a 1.842 miliardi, 118% del PIL. Monti arriva al governo il 16 novembre del 2011; il debito pubblico ad ottobre 2011 era di 1.908 miliardi; secondo l’ultimo dato pubblicato, come detto luglio 2012, il debito è salito a 1.967 miliardi di Euro ed ormai siamo prossimi alla soglia del 130% del PIL; ricordiamo che mentre il debito continua a salire, il Pil quest’anno si contrarrà di oltre il 2%.
Ciò che più preoccupa della gestione Monti è la crescita del debito in scadenza a meno di un anno. Alla fine del 2010 l’Italia aveva 457 miliardi di Euro in scadenza nel corso del 2011, ossia il 24,81% di tutto il debito; alla fine di ottobre del 2011, quindi alla vigilia dell’insediamento di Monti, il debito da pagare al massimo entro i successivi 12 mesi era salito a 491 miliardi, il 25,76% di tutto il debito; a luglio 2012, grazie a Monti ovviamente, il debito da pagare entro i successivi 12 mesi è salito a 524,53 miliardi, che rappresenta il 26,66% (vedasi la tabella seguente). Se il signor Monti, quando era alla guida di Goldman Sachs, dopo un anno di lavoro, avesse presentato cifre del genere lo avrebbero licenziato all’istante ed anche in malo modo!
L’azione di Monti non sta riducendo il debito pubblico, come ben indicano i numeri e non ha per fine la riduzione del debito pubblico! Prima di spiegare il fine del governo Monti, rispondiamo alle altre due domande che ci eravamo posti, a cui implicitamente abbiamo già risposto: da quando Monti è al governo non c’è segno di ripresa, anzi quest’anno andrà molto peggio che l’anno anteriore con Berlusconi! In quanto ai tagli di bilancio, questi effettivamente sono in corso, peccato che anche per il signor Monti, il termine spreco è sinonimo di investimento sociale, ossia sta tagliando ospedali, tribunali, l’impiego pubblico, le pensioni, l’educazione… taglia unicamente quegli investimenti che danno utili sul lungo termine.
Una volta appurato che il signor Monti sta ottenendo risultati esattamente contrari e totalmente negativi rispetto a quelli che si era prefisso sulla carta, possiamo rispondere alla domanda perché Monti è diventato capo del Governo, ossia qual è il suo vero fine. Monti è stato chiamato al governo col fine di aumentare il debito pubblico! Come visto sta assolvendo nel migliore dei modi il suo compito. Attenzione, però che il signor Monti non solo ha il compito di aumentare il debito, ma deve anche accellerare i tempi! E’ per questa ragione che oltre ad aumentare il debito in se, aumenta la quota da pagare a breve termine, a meno di un anno.
Che cosa è il debito pubblico?
Il debito pubblico è il miglior modo per trasformare il patrimonio nazionale in capitale privato.
L’Italia, come gli altri paesi, ha grandi ricchezze, di cui vogliono impossessarsi coloro che stanno dietro i vari Monti. Questi mettono a capo dell’amministrazione della cosa pubblica propri uomini di fiducia precisamente col compito di accrescere il debito pubblico. Monti è solo l’ultimo di una lunga serie, probabilmente l’uomo finale, quello che deve dare la stoccata mortale all’Italia.
Per decenni i governanti di un paese (che per esempio arrivano al potere grazie a campagne elettorali finanziate dai poteri economici interessati alle ricchezze del paese) adottano politiche atte a far aumentare il debito; magari qualche politico è così incompetente, che agisce inconsciamente, sotto consiglio degli “esperti”. Una volta che il debito è talmente alto si procede alla liquidazione degli attivi: le ricchezze di un paese vengono svendute con la scusa che bisogna ridurre il debito.
Qual è la proposta dei vari Monti che governano oggi i paesi indebitati?
Vendere gli immobili dello stato; privatizzare imprese e servizi pubblici, arrivando perfino a vendere i beni del demanio pubblico; dare in garanzia per nuovi prestiti i metalli preziosi, come l’oro e ricordiamo che l’Italia, dopo Usa e Germania è il paese con la maggior riserva di oro del mondo; ridurre l’impiego pubblico (attraverso i tagli agli ospedali, ai tribunali, alle amministrazioni provinciali, all’accorpamento dei comuni, al mancato rinnovo di personale che va in pensione, come i professori universitari).
Con i tagli alle università, appunto attraverso la mancata sostituzione del personale che si pensiona (lo scorso anno si sono pensionati 5.000 docenti universitari, che non sono stati sostituiti con nuovi assunti) si procede anche a svalutare l’attività formativa delle università pubbliche, alle quali, in ultima istanza, subentrano le private; lo stesso sta passando con la RAI. Non solo si svendono le imprese produttive dello stato, ma si stanno gettando le basi per il passaggio ai privati dei servizi pubblici.
E vediamo quando comincia a crescere il debito pubblico italiano.
Nel 1970, l’Italia aveva un debito pubblico inferiore a quello degli Stati Uniti, essendo il debito italiano pari al 37,11% del Pil e quello statunitense del 37,72% del suo PIL. Dal 1971 il debito italiano, e di tutti i paesi occidentali, comincia a crescere. Il debito pubblico italiano era equivalente a 13,09 miliardi di Euro nel 1970; nel 1980 supera i 100 miliardi, arrivando a 114, il 56,08% del Pil; nel 1988 arriva a 524 miliardi, il 90,83% del Pil. Poi arrivano gli anni del Britannia, dell’ascesa di mister Draghi, degli Amato (a proposito del quale, i giudici di mani pulite mai lo hanno sfiorato nelle loro inchieste, pur essendo il braccio destro di Craxi, prima consigliere economico, poi sottosegretario alla Presidenza del consiglio nei due governi Craxi dal 1983 al 1987, in seguito Ministro del Tesoro, dal 1987 al 1989, quindi capo del governo), dei Ciampi, i carrozzoni di Prodi, le prime svendite, ma il debito continua a crescere incessantemente: 1992 è a 849 miliardi; 1993 a 959; nel 1994 supera i mille miliardi di euro, arrivando a 1.069; anno dopo anno cresce sempre, fino ai 1.908 miliardi lasciati in eredità da Berlusconi ed i 1.967,4 miliardi di oggi (31/07/2012, ultimo dato disponibile) a cui è arrivato col governo Monti!
Quindi in concreto Monti è stato chiamato a dare il colpo di grazia al paese Italia, far crescere ulteriormente il debito, aumentando soprattutto quello a breve, ad un anno e dunque procedere alla svendita del patrimonio nazionale, che finisce nelle mani dei privati, di quei privati che stanno dietro i Mister Monti.
vManca solo un passaggio da aggiungere: prima della svendita, ed una volta assicurata la crescita e l’impagabilità del debito a breve, ad un anno, ci sarà il ricorso al prestito del FMI e quando si ricorre al FMI fanno il segno della croce anche gli atei!
D) Il primo passo verso il governo tecnico fu la famosa lettera della BCE, con FMI e UE a far da spalla, al governo Berlusconi datata agosto 2011. L’alta finanza chiese e pretese dall’Italia misure draconiane, ma che come si vide in seguito non bastarono agli occhi della speculazione internazionale, per sanare una situazione economica che dai “mercati” era giudicata insanabile. Wall Street e la City decisero di far pagare anche all’Italia il fallimento dell’economia statunitense, poi entrarono in gioco le famose Agenzie di Rating. Uno scenario già visto si potrebbe dire. Lei che idea si è fatto in merito?
In politica la causalità non esiste; tutto ha un fine ed il fine in questo caso, come detto è l’appropriazione delle ricchezze di un paese, dell’Italia. Tutte le azioni adottate da Berlusconi prima, da Monti dopo (ed ovviamente da tutti coloro che si sono alternati al potere in Italia dal 1970 in poi), non hanno avuto altro fine che la crescita del debito pubblico e come dimostrano le cifre, ci sono riusciti benissimo.
Piuttosto che gli avvenimenti recenti, che lei cita, gli ultimi e solo la punta dell’iceberg, io credo vadano spiegati gli avvenimenti del 1971 ed i limiti stessi del sistema economico capitalistico, che sono alla base delle scelte operate appunto nel 1971.
Il capitalismo ha due grandi limiti: da un lato il mercato stesso; il mercato non è infinito; il mercato è la popolazione che può acquistare un bene; il mercato massimo è rappresentato dalla popolazione mondiale, ammesso che tutti gli uomini abbiano la capacità di accedervi, ossia abbiano sufficienti soldi per comprare un determinato bene. Una volta esaurito il mercato, il capitale è costretto ad inventarsi nuovi prodotti, o fare in modo che il tempo utile di vita di un prodotto si riduca, costringendo i consumatori ad acquistare un nuovo prodotto.
Quanto dura una lampadina? Sembra questa una domanda banale, ma non è così; la maggioranza delle persone crede che una lampadina possa durare le poche migliaia di ore indicate sulla confezione. Effettivamente, una lampadina odierna, accesa 24 ore su 24 dura pochi mesi. Invece, le lampadine prodotte prima del 1924, prima del cosiddetto cartello di Phoebus, in cui le principali case produttrici stabilirono la attuale durata delle lampadine, duravano decenni. Attualmente è ancora in vita e perfettamente funzionante la famosa lampadina di Livermore, accesa la prima volta nel giugno del 1901; ha compiuto 111 anni di vita, sempre accesa, salvo due brevi interruzioni per trasportarla in una nuova sede!
Invito a prendere coscienza dell’immorale fenomeno dell’obsolescenza programmata; quanto petrolio, per esempio, è stato consumato per costruire miliardi di lampadine nuove della durata di pochi mesi? Se con la tecnologia di oltre un secolo fa si riuscivano a produrre lampadine della durata di un secolo ed oltre, oggi, l’uomo potrebbe costruire lampade della durata di svariati secoli, penso! Invece in nome del dio profitto, per vendere sempre nuovi prodotti bisogna distruggere le risorse non rinnovabili come il petrolio ed inquinare per poter costruire prodotti pessimi, di durata infinitamente inferiore a quella potenziale.
L’altro aspetto del mercato limitato è la lotta fratricida fra le imprese che competono nel mercato. Per esempio nel settore delle auto, in Italia c’erano decine di imprese, la concorrenza ha portato a far emergere come unica impresa la FIAT; adesso la FIAT è in competizione con le poche altre imprese superstiti a livello europeo, che a loro volta competono, in una lotta all’ultimo sangue con le poche altre imprese mondiali. Tutto questo proprio perché il mercato è limitato e non c’è spazio per tutti.
L’altro limite è rappresentato dai guadagni, ossia dall’accumulazione del capitale. Da dove deriva il guadagno? Solamente dallo sfruttamento del lavoratore e non esiste altro modo. Il capitale per accrescere i propri profitti, cerca di proletarizzare il maggior numero di uomini (quest’anno 2012, l’umanità oltre a raggiungere i 7 miliardi di uomini, ha toccato anche un’altra cifra tonda, quella dei 2 miliardi di proletari) e ciò significa che il capitalismo è in espansione e si sta diffondendo anche nelle ultime zone del pianeta con una economia arretrata.
All’inizio degli anni settanta, questi limiti sembravano insormontabili; non c’era modo di far crescere il mercato, ossia dare un reddito a chi non ne aveva e non c’era modo di far crescere il numero dei proletari. Il capitale dovette ricorrere ad uno stratagemma, diciamo ad una crescita artificiale dell’economia.
Fino al 1971, dunque, il numero delle persone che potevano accedere al mercato era abbastanza limitato; per permettere alle persone di scarso reddito l’accesso al mercato, era necessario dotarli di un reddito. Come dotare di un reddito o di maggior reddito le persone prive di reddito o con un reddito molto basso? Attraverso la spesa pubblica. La spesa pubblica è praticamente una redistribuzione delle ricchezze che arriva più o meno a tutte le classi sociali, anche se ovviamente non in maniera uniforme, toccando la fetta più grande sempre alle classi dominanti. Ma la spesa pubblica – come visto – ha anche l’altra importante funzione di far crescere il debito dello stato; quando il debito di uno stato diventa impagabile (ed è la situazione odierna), gli stati sono obbligati a procedere alla svendita del patrimonio nazionale, che finisce nelle mani dei privati, ovviamente quelli potenti.
Però, nel 1971 c’era un grosso ostacolo all’incremento della spesa pubblica; per poter aumentare la spesa pubblica era necessario aumentare il circolante, ma il circolante non poteva essere aumentato dato che era ancorato alla quantità di oro posseduto; essendo la quantità di oro esistente molto limitata, era impossibile aumentare la quantità di oro posseduto e per conseguenza era impossibile aumentare il circolante e la spesa pubblica.
In realtà l’unica moneta ancorata all’oro e sempre convertibile in oro era il dollaro statunitense, così come stabilito a Bretton Woods, nel 1944. Precisamente per il fatto di essere l’unica moneta convertibile in oro, il dollaro si trasforma nella moneta di riferimento dei commerci mondiali; tutte le altre monete, però, essendo ancorate non all’oro, ma al dollaro finivano per subire gli stessi limiti; quindi, tutti gli stati erano impossibilitati ad aumentare il circolante in moneta locale e per conseguenza non era possibile aumentare la spesa pubblica. Per poter aumentare il circolante e quindi la spesa pubblica di qualsiasi stato, era necessario svincolare il valore del dollaro dall’oro.
Il dollaro convertibile in oro significava che qualsiasi persona che avesse dei dollari, poteva recarsi alla Federal Reserve, la banca centrale statunitense, e chiedere il controvalore in oro; se tutti avessero chiesto di convertire i propri dollari in oro, si sarebbero prosciugate le riserve auree degli USA; quindi, approfittando di questa evenienza, per svincolare il dollaro dall’oro, hanno trovato l’ottima scusa che per evitare il prosciugamento delle riserve auree era necessario dichiarare l’inconvertibilità del dollaro in oro. Effettivamente, il 15 agosto del 1971 il presidente degli Stati Uniti, Richard Nixon con la scusa che stavano crollando le riserve in oro dichiara la fine della convertibilità del dollaro.
Che si sia trattato di una scusa è provato dal fatto che analizzato i bilanci mensili degli USA per lo meno dei tre anni anteriori al 1971, non c’è traccia di un crollo delle riserve auree degli USA.
Una misura del genere avrebbe dovuto condurre al crollo di valore del dollaro; ma ciò non accadde; gli artefici della inconvertibilità del dollaro hanno potuto procedere precisamente perché sapevano che il dollaro non avrebbe sofferto grossi scossoni; gli USA utilizzarono gli stati petroliferi, loro succubi, che furono obbligati a vendere il petrolio unicamente in dollari, salvando così il valore della propria moneta: essendo il petrolio venduto in dollari, tutti gli stati furono obbligati a continuare ad avere riserve in dollari.
Una volta raggiunto l’obiettivo di svincolare il dollaro dall’oro, gli USA e tutti gli stati hanno potuto creare denaro inorganico, denaro non ancorato ad alcun bene reale, con il quale si è potuto aumentare la spesa pubblica e quindi aumentare il debito. Materialmente i dollari sono posti in circolazione, stampati dalla Riserva federale, la banca centrale degli Stati Uniti, una banca privata, la quale presta soldi al Governo del Paese, sotto forma di acquisto di buoni del tesoro, per i quali ovviamente riceve in cambio il pagamento di un interesse.
Una parte della spesa pubblica viene redistribuita anche tra quelle fasce di cittadini fino ad allora privi di grandi capacità di spesa, che si trasformano in consumatori. Si crea, in questo modo, una crescita fittizia, la più grande e veloce della storia dell’umanità, ancorata alla stampa di denaro inorganico e quindi, prima o poi destinata ad esplodere.
Il debito di tutti gli stati occidentali comincia a crescere con l’aiuto di politici posti a governare con questa unica finalità.
Una volta indebitato, lo stato è preso di mira, utilizzando tutti gli strumenti a disposizone del capitale, quelli da lei citati, come le agenzie di rating e la manipolazione dei mercati.
Interessante proprio il caso dell’Italia, dove c’era un capo del governo, che volente o nolente, godeva di una maggioranza amplissima in Parlamento; malgrado tutti gli attacchi, reali o fittizi, ed i pezzi d’appoggio persi per strada (Casini, Fini) non avrebbe mai perso la maggioranza parlamentare; per obbligarlo a dimettersi, oltre all’attacco ai titoli del Paese, che hanno cominciato a vedere incrementare gli interessi, si è intervenuti direttamente sul patrimonio personale del premier; le azioni delle imprese di Berlusconi nei giorni immediatamente anteriori alle sue dimissioni, subivano un forte attacco, ossia venivano massicciamente immesse sul mercato dai detentori, provocando il crollo del loro valore. In questo modo, Berlusconi, uno dei peggiori governanti della storia d’Italia, ma che aveva comunque ricevuto il consenso del popolo ed aveva il diritto di continuare a governare, è stato costretto a dimettersi.
In Parlamento l’unica maggioranza possibile era un governo presieduto da Berlusconi e pertanto l’unica cosa da fare per il capo dello stato era sciogliere le camere ed indire le elezioni; ma dato che l’obiettivo era imporre Mister Monti al governo del paese, si è proceduto al ricatto dei parlamentari: a fronte dello scioglimento delle camere e la perdita del posto (dato che la maggior parte dei deputati non sarebbe stata ricandidata), tutti i parlamentari praticamente hanno scelto di appoggiare il governo Monti; in questo modo si è creata la più grande maggioranza mai ricevuta da governo italiano nella sua storia. Un vero colpo di stato, in quanto il Presidente della Repubblica avrebbe dovuto semplicemente sciogliere le Camere ed indire le elezioni.
In sostanza le agenzie di rating, la stampa economica e non, l’immissione sul mercato di titoli di stato, o di titoli azionari di imprese private, da parte dei detentori sono tutti strumenti per incidere nella politica di un paese, ormai solo sulla carta sovrano. Non esistono paesi sovrani, o per essere più esatti sono pochissimi i paesi veramente sovrani ed indipendenti.
In quanto agli USA è giusto parlare di fallimento economico. Sulla situazione economica, appunto fallimentare degli USA, che condurrà sicuramente alla fine dell’Unione, alla fine degli Stati Uniti è bene dedicare un approfondimento più avanti.
D) I rimedi se così possiamo definirli, applicati dopo il diktat BCE nei mesi successivi e fatti propri totalmente da questo governo, sono poi stati quelli distribuiti a piene mani per anni in America Latina e nei Paesi in via di sviluppo: Privatizzazioni, blocco dei salari, riduzione significativa della spesa sociale ecc.ecc. Lei dal suo osservatorio Sud Americano che analogie vede con quanto accadeva in passato in America Latina e quanto sta accadendo oggi in Italia?
In Italia ed in tutta Europa si stanno applicando le stesse misure, gli stessi pacchetti, o meglio pacchettazzi economici imposti a partire del 1973, in Cile ed in seguito in tutti i paesi dell’America Latina. Il caso più interessante è sicuramente il Venezuela, la più grande riserva petrolifera del pianeta e di innumerevoli altre risorse; per cinquant’anni il Venezuela è stato il primo esportatore di petrolio al mondo, poi… poi hanno deciso di impadronirsi di tutte le sue risorse. Come hanno attuato? Precisamente attraverso l’indebitamento del paese ed il ricorso al FMI! Una volta caduto in mano al FMI, il Venezuela è stato costretto ad applicare il “pacchettazzo neoliberale”.
Gli strateghi del neoliberismo, però non avevano tenuto in conto un elemento: il popolo. Il popolo del Venezuela, di fronte alla morte per fame, morte nel senso letterale della parola, ha deciso di ribellarsi e di rifiutare il pacchettazzo che gli era stato imposto ed il 27 febbraio del 1989 esplode. La rivolta popolare passerà alla storia col nome di “Caracazo”, ad indicare la città di Caracas, ma in realtà ci furono rivolte in tutto il paese.
La reazione fu brutale: l’esercito, agli ordini di un ministro della difesa disumano, l’italo-venezolano Italo del Valle Alliegri interviene e fa una strage; il numero esatto dei morti non si è mai accertato. Nel 1992, migliaia di quei militari obbligati dai superiori gerarchi a reprimere il popolo, si ribellano contro lo stesso governo: la prima ribellione militare, del 2 febbraio, è diretta da Hugo Chavez; a questa seguirono altre; nessuna ebbe successo ed i militari finirono tutti in carcere. La crisi del Venezuela intanto continua ad accentuarsi, fino ad arrivare, nel 1994 alla bancarotta della metà delle banche del paese.
Nel bel mezzo di una crisi economica e politica, un candidato presidente, Rafael Caldera, uomo della vecchia guardia, ma che per l’occasione si svincola da tutti i partiti, presentandosi come indipendente, promette di liberare Chavez e gli altri militari se fosse stato eletto. Alle elezioni, il popolo corre a votare per questo candidato, che una volta eletto mantiene le promesse elettorali e concede l’indulto a Chavez ed ai militari ribelli. Chavez intuisce di avere dalla sua parte la gran maggioranza del popolo, pertanto una volta fuori dal carcere, fonda un movimiento político con il quale si presenta alle elezioni del 1998. Vince e la storia del Venezuela cambia totalmente, da repubblica delle banane si accinge a diventare potenza mondiale. Esiste una forte analogia tra la situazione attuale dell’Italia, dell’Europa e la Venezuela degli anni ottanta.
D) L’attacco allo Stato sociale del governo liberista di Mr Monti ha come primo obiettivo il mondo del lavoro, più precarietà che fa rima con flessibilità, più posti di lavoro ci dicono gli gnomi del governo con la “pasionaria” Fornero in testa, e questo mentre i dati forniti dall’Istat ai primi di giugno evidenzia che la disoccupazione nel primo trimestre del 2012 si è attestata al 10,9% con un aumento su base annua del 2,3%. Lei che ne pensa?
Spagna docet! Per rimanere in ambito europeo, la Spagna ha adottato le misure di austerità prima dell’Italia, quindi per rendersi conto di quali saranno gli effetti basta guardare appunto alla Spagna, dove oggi più di un quarto della popolazione attiva è senza lavoro. Ci potranno essere delle differenze nell’intensità del fenomeno, ma inevitabilmente la tendenza è la stessa: le misure adottate da Monti non faranno altro che accrescere la disoccupazione, la fame e la miseria del popolo italiano.
Perchè?
Se aumentano le tasse e le imposte, meno soldi sono destinati al consumo; se si riducono pensioni e stipendi, meno soldi sono destinati al consumo; se si reduce l’impiego pubblico, oltre ad avere come effetto immediato un aumento della disoccupazione, si ottiene l’effetto che meno soldi sono destinati al consumo; se si attaccano i diritti dei lavoratori, facendo aumentare la precarietà e riducendo il reddito, anche qui meno soldi vengono destinati al consumo.
In sostanza, come sanno tutti gli economisti, meno a quanto pare i bocconiani al governo, meno soldi destinati al consumo significa riduzione della domanda e quando si riduce la domanda, le imprese sono costrette a ridurre l’offerta, ossia produrre di meno; produrre di meno significa licenziare ed in questo caso, se esistesse ancora un minimo diritto dei lavoratori, per qualche tempo, il licenziato avrebbe diritto – giustamente – alla cassa integrazione, pagata dallo stato, cosa che fa accrescere la spesa pubblica ed il debito pubblico.
Aumento della disoccupazione e della precarietà significa anche minori introiti per lo stato: se diminuisce il reddito delle persone, diminuiscono anche le tasse sul reddito da versare allo stato, oltre alle imposte sui consumi; anche per le imprese, se si riducono le vendite, il fatturato, diminuiscono le tasse da versano allo stato. O non è così? Sembra quasi che lo stato si stia dando una zappa sui piedi!
E’ dunque possibile che “economisti” o presunti tali, del calibro di Monti, ignorino le regole dell’economia capitalista?
Come abbiamo dimostrato (leggasi la parte 1 di questa intervista), con i dati ufficiali, il debito pubblico continua ad aumentare ed il signor Monti lo sa bene. A mio modo di vedere non si tratta di persone che ignorano le regole del mercato, le regole del capitalismo, ma proprio perché conoscono bene come funziona il mercato, stanno applicando tutto quanto in loro potere per far aumentare il debito pubblico. Ancora una volta arriviamo alla conclusione che il fine della loro azione è trasformare in capitale privato il patrimonio dello stato ed il mezzo attraverso cui avviene questa trasformazione è il debito pubblico.
D) Fiscal Compact, MES – Meccanismo Europeo di Stabilità, con essi si sono stretti i cappi attorno al popolo italiano e a quelli europei, tranne i britannici s’intende, un’ulteriore cessione di sovranità a favore delle banche, che Monti ha prontamente avallato, mentre il suo compare a capo della BCE Draghi invoca l’Unione di Bilancio, lei che idea si è fatta in merito?
L’Unione Europea, così come è stata impostata non ha altro fine che favorire il capitale, in particolare il capitale bancario. Col Meccanismo Europeo di Stabilità si introduce la possibilità di aiutare direttamente gli Stati in difficoltà, da parte delle istituzioni europee. Non è altro che un ennesimo meccanismo per accrescere il debito pubblico di un paese e quindi accelerare i tempi per cedere a prezzi di saldi, per non dire regalato, il patrimonio nazionale. Ancora una volta arriviamo al fine: trasformare il patrimonio nazionale in capitale privato.
Fino ad oggi – ed è bene ripeterlo all’infinito – in base all’articolo 123 del Trattato di Lisbona era proibito qualsiasi tipo di aiuto diretto agli Stati. Il BCE, come abbiamo detto in premessa, presta soldi alle banche private al tasso di interesse di riferimento (oggi 0,75%) e le banche private prestano soldi agli Stati, comprando titoli di stato al tasso di mercato. Per esempio alla Grecia le banche prestano soldi, ossia comprano suoi titoli ad un tasso di interesse del 20% ed oltre. Tutto il meccanismo è stato studiato ad hoc per favorire le banche private, le grandi multinazionali del credito. In questo modo, in dieci anni di BCE, gli stati hanno accresciuto enormemente i loro debiti e quindi adesso agli stati non rimane altra soluzione che svendere il patrimonio nazionale. Però, all’interno degli stati ci sono resistenze a svendere, a regalare il patrimonio ed è quindi necessario la stoccata finale; un ulteriore indebitamento e questa volta direttamente con la istituzione supernazionale. Questo meccanismo non regala soldi agli stati in crisi, ma presta, anche se a tassi molto bassi; prestare significa comunque aumentare i debiti. Se uno stato non riesce a pagare (e non potrà mai farlo con le misure adottate) i debiti fin qui accumulati, come mai potrebbe pagare ulteriori debiti, anche se ad un tasso di interesse inferiore?
Con questo meccanismo, che continua a far aumentare il debito degli stati, si sta cercando di vincere le resistenze di quanti sono restii a svendere beni e servizi pubblici; non mi riferisco solo alle imprese pubbliche (per intenderci le ferrovie, le poste, i cantieri navali), ma anche i beni inalienabili del demanio (ad esempio le spiagge), o i servizi pubblici che rientrano nei diritti umani (come il diritto all’acqua), o le riserve auree. E’ sufficiente pensare al tentativo di Berlusconi di privatizzare le spiagge: la resistenza è stata tale da dover fare marcia indietro.
Con tale meccanismo verranno a cadere anche queste resistenze; sarà come dire: “Abbiamo tentato tutto quello che era possibile fare; abbiamo adottato anche misure proibite, come gli aiuti diretti agli Stati, ma non si è riusciti a ridurre il debito, quindi adesso bisogna vendere tutto quello che si può vendere, incluso i servizi pubblici connessi ai diritti umani”.
Qualcuno, magari dubita che si possa arrivare a questo! Per chi avesse dei dubbi, invito a documentarsi su quello che è successo in America Latina, in Bolivia, dove si è arrivati a privatizzare l’acqua; per i più poveri il prezzo dell’acqua privatizzata arrivò a tetti impagabili e non potendo pagare, per risposta le imprese private li staccavano dall’acquedotto. Queste persone erano costrette a camminare chilometri e chilometri a piedi per arrivare ad una fonte e potersi approvvigionare dell’acqua necessaria alla sopravvivenza.
D) Prof Folliero, che futuro prevede per l’Italia se dovesse perdurare questo stato di cose, le tasse aumentano sempre più, le imprese chiudono, il lavoro manca e il governo prepara l’ennesima svendita di ben immobili e settori da privatizzare. In nome dell’ipotetico pareggio di bilancio dovremmo morire di fame? Oppure c’è una via di uscita?
Gli italiani possono stare tranquilli… il peggio deve ancora arrivare! L’Italia e l’Europa non hanno futuro. Per dirla con una frase del romanzo “La danza immobile” dello scrittore peruano Manuel Scorza: “L’Europa è morta!”.
Secondo uno studio sulla situazione economica mondiale al 2050 di Goldman Sachs, pubblicato in Global Economics Paper N. 153 del 28/03/2005, la Cina, nel 2050 appunto, arriverà ad un PIL di circa 70.000 miliardi di dollari, India ed Usa a 40.000 miliardi, Brasile, Russia, Indonesia e Messico a circa 10.000; tutti i paesi europei cresceranno pochissimo: Germania, Regno Unito e Francia avranno un PIL di 5.000 miliardi e l’Italia con un PIL meno che raddoppiato rispetto ad oggi non arriverà nemmeno a 3.000 miliardi di dollari, superata oltre che dai paesi già citati, anche da Iran, Turchia, Vietnam, Corea, ai quali mi permetto di aggiungere il Venezuela, non preso in considerazione dagli stregoni di Goldman Sachs. Secondo miei calcoli, il Venezuela, prima che finisca questo decennio entrerà nel club dei paesi con PIL superiore a mille miliardi e nel 2050 avrà superato sicuramente il PIL italiano. Insomma l’Italia, altro che grande potenza del G7, fra qualche decennio sarà un anonimo paese di media classifica. Personalmente credo che i dati di Goldman Sachs vadano rivisti al ribasso per le attuali potenze occidentali e faccio questa affermazione basandomi sul fatto che a 7 anni di distanza da questo studio, i paesi emergenti crescono a tassi superiori a quelli previsti ed i paesi occidentali a tassi inferiori. La crisi che sta vivendo l’Italia, l’Europa e gli Stati Uniti, è più profonda di quello che poteva (o voleva) immaginare Goldman Sachs nel 2005.
E’ d’obbligo porsi una domanda, perché l’Italia e l’Europa non hanno futuro?
La principale causa della crisi economica è dovuta alla caduta del tasso di profitto; cadono i profitti nei paesi altamente sviluppati ed il capitale, al fine di mantenere i tassi raggiunti, va o verso la speculazione, o verso altri paesi. In Italia per esempio, per decenni la FIAT è stata la più importante industria del paese, che impiegava in maniera diretta o indiretta milioni di italiani. Ebbene la FIAT sta chiudendo progressivamente tutti i suoi impianti di produzione in Italia, perché in altri paesi, ad esempio in Brasile, produce con tassi di profitto più alti. Piaccia o no, la FIAT chiuderà i suoi impianti in Italia! E’ la storia del capitalismo che si sviluppa in Europa, nel centro-nord e quando i profitti cominciano a diminuire, il capitale va verso gli USA; oggi il capitale sta lasciando anche gli USA, per posizionarsi in paesi che garantiscono maggiori tassi di profitto. Nel 1929, ad esempio, quando un capitalista investiva un dollaro in USA, dopo un anno oltre al dollaro investito, aveva un guadagno di 70 centesimi; oggi ad 83 anni di distanza il profitto è sceso di quasi la metà, per cui il capitale va ad investire dove gli si garantisce tassi di profitto superiori. Per fare un esempio concreto, lo scorso anno sono passato da Roma ed ho notato che due dei più importanti negozi della McDonalds (Pantheon e Corso Vittorio, dietro Piazza Navona) erano chiusi; al contrario passeggiando nel centro di Caracas giorno dopo giorno i McDonalds spuntano come funghi, ad ogni angolo della città!
Prima della grande crisi del 1873, la principale potenza del mondo era l’Inghilterra; la causa della caduta dell’Inghilterra fu precisamente la caduta dei tassi di profitto e pertanto il capitale scelse gli USA. L’Inghilterra, dopo la caduta dal piedistallo, ha continuato ad essere un paese importante, ma ovviamente in decadimento. E’ quanto sta succedendo agli USA, all’Europa ed in generale con tutti i paesi sviluppati. Il capitale va verso paesi che garantiscono maggiori tassi di profitto ed ovviamente i paesi anteriormente avanzati continuano ad esistere ed avere un ruolo, ma il loro ruolo va progressivamente scemando.
A questo punto, prima di parlare delle misure che andrebbero adottate, è necessario soffermarci a capire l’Europa dei banchieri, di cui nessuno parla.
Che significa Europa dei banchieri? Partiamo dalla Banca Centrale Europea (BCE). Chi è il proprietario della BCE? Sono gli stati, i popoli europei? Niente affatto! I proprietari della BCE sono le Banche Centrali Nazionali (BCN). La BCE è stata istituita il primo giugno del 1998, in base al Trattato sull’Unione europea e allo “Statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea” ed ha iniziato a funzionare il primo gennaio del 1999 (vedasi la normativa, direttamente nel sito della BCE).
I 27 paesi della Unione Europea, o meglio tutte le BCN hanno sottoscritto il capitale di partecipazione, sia pure con quote differenti; i paesi che non fanno parte dell’Euro, ossia le loro banche centrali, non hanno diritto agli utili e non hanno l’obbligo di corrispondere eventuali perdite. I principali sottoscrittori, ossia i principali proprietari sono la Banca Centrale Tedesca, con il 18,94% del capitale, la Banca d’Inghilterra con il 14,52%, la Banca di Francia con il 14.22% e la Banca d’Italia con il 12,50%; queste 4 banche controllano il 60,18%; se aggiungiamo la Spagna arriviamo a circa il 70%; le altre 22 banche centrali si spartiscono il restante 30% circa. Fin qui apparentemente niente di strano, salvo il fatto che alla fine in Europa comandano solo e sempre tedeschi, inglesi e francesi, con l’aggiunta di italiani e spagnoli a fare da spalla. Chi è il proprietario, o meglio chi sono i proprietari delle banche centrali nazionali? Per esempio, chi è il proprietario della Banca d’Italia? La maggioranza degli italiani ignora chi sono i proprietari della Banca d’Italia e molti pensano che sia dello stato, del popolo italiano! La Banca d’Italia, cosi come tutte le altre banche centrali nazionali, è una impresa privata, una Spa, in cui i proprietari sono altre banche.
La Banca d’Italia, per esempio, è posseduta (vedasi la partecipazione azionaria, direttamente nel sito della Banca d’Italia) per oltre il 52% da Intesa San Paolo e Unicredit; l’unica differenza rispetto ad una normale Spa, a parte qualche formale meccanismo di controllo, sta nel fatto che alla maggioranza del capitale non corrisponde la maggioranza dei voti; infatti i due principali azionisti, pur detenendo la maggioranza assoluta del capitale, hanno diritto solo al 20% circa dei voti. In ogni caso è un problema da poco, visto che in realtà i proprietari sono: 5 imprese assicuratrici, 12 Banche Spa, 42 Casse di Risparmio Spa, 3 Banche cooperative e 2 Enti pubblici (l’INPS e l’INAIL, che insieme sommano il 6% circa del capitale e l’8% circa de voti). In conclusione la Banca d’Italia è un’ impresa privata di proprietà delle banche e dei banchieri. Lo stesso succede con tutte le altre banche centrali dei paesi della Unione Europea, cosi come negli USA e nella stragrande maggioranza dei paesi del mondo. Per conseguenza i proprietari della BCE sono le varie imprese bancarie Spa presenti nei vari paesi della UE. La domanda dovrebbe sorgere spontanea, ma a quanto pare a nessun politico e legislatore è mai venuta in mente: quando una Banca centrale nazionale o la BCE deve prendere una decisione di politica economica importante, pensa agli interessi del popolo, dei popoli o agli interessi dei propri azionisti? La risposta è scontata ed è facilmente individuabile nei meccanismi creati ad hoc nell’Unione Europea per favorire le banche private. Perché il Trattato di Lisbona ha previsto gli articoli 123 e 124? Non credo esista argomento più esplicito di questo per capire il più grande “conflitto d’interesse” esistente: in base agli articoli 123 e 124, è proibito qualsiasi aiuto, qualsiasi facilitazione creditizia e qualsiasi acceso privilegiato alle istituzioni finanziarie da parte degli organismo pubblici. Gli stati, in caso di bisogno di denaro cosa possono fare? Possono emettere titoli di stato ad un tasso d’interesse regolato dal mercato. Ma chi compra questi titoli, ossia chi presta I soldi agli stati? Chi stabilisce i tassi d’interesse nel mercato?
Le banche sono i principali acquirenti dei titoli di stato, che li acquistano perché i tassi di interesse, stabiliti dal mercato, sono notevolmente superiori a tassi a loro riservati per prendere soldi in prestito dalla BCE; in sostanza la BCE stabilisce i tassi con cui presta i soldi alle banche private, proprietari della BCE, ossia le banche stabiliscono i tassi con cui prestare a se stessi i soldi ed ovviamente i tassi di interesse sono bassissimi (oggi è 0,75%); però le banche prestano soldi agli stati, ovvero acquistano titoli di stato con tassi di interesse che possono arrivare al 20% ed oltre, come nel caso della Grecia, o al 5/6/7% nel caso dell’Italia o della Spagna! Se a tutto questo aggiungiamo che chi contribuisce a formare il tasso d’interesse nel mercato sono i giudizi negativi preparati dalle agenzie di rating, cui pacchetti azionari spesso sono controllati dalle stesse banche e assicurazioni. Questa è l’Europa dei banchieri. Altro che conflitto d’interesse! Hanno creato un meccanismo perfetto per favorire unicamente le banche, a danno dei popoli: la BCE presta denaro alle banche private (che sono i veri proprietari della BCE), stabilendo tassi d’interesse bassissimi e queste a loro volta, in virtù della proibizione prevista per gli stati di accedere al denaro della BCE, prestano i soldi agli stati ad un tasso d’ interesse altissimo, stabilito dal mercato; a formare i tassi di interesse nel mercato contribuiscono le stesse banche, attraverso i giudizi delle agenzie di rating.
Nessuno ne parla e nessun media mostra la realtà però.
Qui la risposta scontata: i proprietari delle banche, o gruppi a questi vicini, sono spesso proprietari anche dei media.
Attilio Folliero, italiano, residente a Caracas, laureato in Scienze Politiche all’università “La Sapienza”, due corsi annuali post laurea alla Libera Università San Pio V di Roma in operatore della Pubblica Amministrazione ed un altro in Job Creation presso Elea SPa, società del gruppo Olivetti. Nel 2001 si trasferisce in Venezuela, dove nel 2002 vince un concorso presso il Consolato Generale d’Italia di Caracas; dopo due anni di lavoro è licenziato, assieme ad oltre 400 funzionari consolari sparsi nei differenti consolati italiani del mondo; da allora inizia una lunga vertenza giudiziaria con il Ministero degli Esteri, tuttora in corso. Dopo l’esperienza consolare riprende l’attività di comunicatore sociale; fonda un sito web di grande successo, collabora a programmi radiofonici e televisivi nelle più importanti reti nazionali del Venezuela lavora giornalistica; contemporaneamente svolge attività d’insegnamento (lingua italiana ed economia), in differenti istituti ed università di Caracas. Attualmente è docente a contratto presso l’Università Militare di Caracas (UMBV) e la facoltà di “Scienze delle comunicazioni” (Escuela de Comunicacion social) dell’Università Centrale di Caracas (UCV).
Federico Del Cortivo
Fonte: http://europeanphoenix.it
Link: http://europeanphoenix.it/component/content/article/18-interviste/437-litalia-de-governo-tecnico-di-monti-e-fine-della-nostra-sovranita-nazionale-intervista-al-prof-folliero
8.11.2012