DI SAMI MOUBAYED
atimes.com
“Un giorno lo stato genocida di Israele sarà messo al suo posto, nella speranza che nasca un vero stato democratico. Ma è senza dubbio diventato il braccio omicida dell’impero Yankee, che minaccia tutti noi.”
Hugo Chavez
Con queste parole appassionate, molto più adatte al segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, o a Khaled Meshaal di Hamas, il presidente venezuelano ha dato il benvenuto a Caracas al presidente siriano Bashar Al-Assad lo scorso giugno.
Assad ha ascoltato tali parole di rabbia durante la sua visita stra-pubblicizzata dai leader delle emergenti potenze del Sud America, impazienti di prendere posto in Medio Oriente e rimpiazzare paesi come gli Stati Uniti e la Russia, ex pesi massimi la cui creatività nella regione si è esaurita dopo sessant’anni di sterile diplomazia.
I nuovi giocatori che si stanno avventurando nella complessa rete delle politiche medio-orientali comprendono il presidente cubano Raul Castro, che ha fatto appello alla restituzione alla Siria delle Alture del Golan ed alla fine dell’assedio di Gaza. Poi sono arrivate delle dure parole in difesa di Gaza, un caso caro al cuore dei siriani, dal presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva: “Gli assedi non favoriscono la pace. L’incidente dell’azione umanitaria della Freedom Flotilla a Gaza, attaccata in acque internazionali il 31 maggio scorso, ha mostrato che la fine dell’assedio è atteso da molto tempo”.
Lungi dall’essere delle parole di poca sostanza proferite in cerimonie ufficiali, i commenti dei leader sudamericani sono stati il frutto di un sincero desiderio di avventurarsi in Medio Oriente sotto gli auspici della Siria.
Quel desiderio è diventato molto chiaro due mesi fa, quando il Brasile si è affacciato nelle negoziazioni sul dossier nucleare iraniano, elaborando un accordo di scambio di uranio tra la Turchia e l’Iran – che è stato infine sommerso da un nuovo insieme di sanzioni dell’ONU.
Gli Stati Uniti non si sono fatti impressionare dall’approccio di Lula in un territorio che era stato di esclusivo dominio di Washington – ed anche peggio, dal fare un passo avanti dove gli Usa hanno fallito di continuo.
Lo scorso dicembre, il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton, aveva messo in guardia i paesi del Sud America di non “flirtare con l’Iran”. Aggiungendo: “Dovrebbero dare un’occhiata a quelle che potrebbero essere le conseguenze per loro. Noi speriamo che ci ripenseranno e li sosterremo se lo faranno”.
Da quello che questi leader hanno detto nel ricevere Assad lo scorso mese, è chiaro che le parole della Clinton non hanno trovato ascolto.
Da parte sua, il presidente siriano ha fatto forti commenti sulle sue controparti sudamericane, difendendo problematiche che a loro volta sono care ai loro cuori. In Venezuela, i due paesi hanno deciso di inncentivare il commercio bilaterale e creare un fondo per lo sviluppo di 100 milioni di dollari, insieme ad altri nove accordi di cooperazione e alla decisione di costruire una raffineria comune di olio d’oliva.
Assad ha elogiato il presidente ospitante, il quale era stato per l’ultima volta in Siria lo scorso settembre, dicendo: “Ci sono pochi politici che hanno il coraggio di parlare quando è necessario. Chavez ha proiettato l’immagine di un Venezuela che resiste”. Assad ha aggiunto: “Io ed il presidente Chavez siamo completamente d’accordo nel sostenere la resistenza ed il diritto a resistere di tutti i popoli i cui diritti vengono violati o le cui terre vengono occupate”.
A La Havana, Assad ha fatto appello alla fine dei 50 anni di assedio di Cuba; in Argentina, ha sostenuto il diritto di sovranità delle Isole Malvinas, controllate dall’Inghilterra, rifiutando di chiamarle con il nome usato dagli europei, cioè Isole Falklands.
Argentina ed Inghilterra si scontrarono in una guerra per l’arcipelago nel 1982, controllato dal governo inglese dal 1833. Christina Kirchner, il presidente argentino che ha espresso il suo desiderio di visitare la Siria prima della fine del 2010, ha ringraziato il presidente siriano affermando: “Ringraziamo la Siria per la sua continua difesa ed il continuo supporto ai diritti dell’Argentina, proprio come noi sosteniamo la restituzione delle Alture del Golan. L’Argentina vuole giocare un ruolo principale nei processi di pace in Medio Oriente”.
Le esportazioni dell’Argentina verso la Siria sono aumentate del 75% negli ultimi due anni. La forte comunità di due milioni di siriani nel paese sudamericano costituisce il 13% della popolazione di Buenos Aires e sostiene a pieno l’aumento delle relazioni bilaterali.
Tutti questi paesi hanno una cosa in comune: un sincero sostegno ai palestinesi ed al diritto della Siria ad occupare le Alture del Golan. È noto che Chavez abbia tagliato le relazioni con Israele dopo la guerra su Gaza nel 2008, mentre Cuba non ha mai riconosciuto lo stato di Israele.
Questi paesi erano volenterosi – impazienti in effetti – di impegnarsi con Damasco senza condizioni politiche prestabilite, come nel caso degli Usa o dell’UE. Ora, sebbene le relazioni con la Francia, gli Usa e l’Inghilterra sono state riparate, la Siria non vuole mettere tutte le sue uova in un solo paniere. Vuole che la comunità internazionale – specialmente gli Stati Uniti – si rendano conto che si possono stabilire delle relazioni eccellenti con Iran e Arabia Saudita, gli Usa e Cuba, simultaneamente.
Vuole tenere le porte aperte alle potenze emregenti e forti del Sud America, ed allo stesso modo, ai pesi massimi dell’Est come la Cina, l’India, la Malesia, la Russia e la Turchia.
Le relazioni della Siria con il Sud America non sono affatto nuove, ma risalenti ai primi anni dopo l’indipendenza del paese. Nel 1979, l’ex presidente siriano Hafez Al-Assad fece visita a Cuba ed incontrò l’allora presidente Fidel Castro, il quale a sua volta visitò la Siria nel 2001, incontrando il figlio Bashar Al-Assad.
Chavez è stato in Siria due volte, una volta in visita nella città di Suweyda, la base della storica Grande Rivoluzione Siriana che si ribellò all’occupazione francese nel 1925. Lula ha visitato Damasco nel dicembre 2003.
La stampa siriana è stata una grande ammiratrice del presidente argentino degli anni ’50, Juan Peron. Il governo siriano conferì alla sua famosa moglie, Evita Peron, l’Ordine al Merito della Repubblica Siriana per il suo “straordinario valore” ed il suo contributo alle questioni umanitarie.
Il più famoso sudamericano, Ernesto Che Guevara, visitò la Siria nel 1959, elogiando il suo ruolo di campione del Terzo Mondo contro l’imperialismo occidentale. Quando sua figlia ha visitato Damasco qualche anno fa, è stata accolta con una tappeto rosso da una nuova generazione ispirata dal Che rivoluzionario.
Sami Moubayed è un analista politico siriano
Fonte: www.atimes.com
Link: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/LG09Ak01.html
9.07.2010
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ROBERTA PAPALEO