DI COME CARPENTIER DE GOURDON
World Affairs Journal
Un recente viaggio in Russia ed in vari paesi dell’Europa occidentale mi ha fornito alcuni spunti di riflessione sull’attuale Zeitgeist, dandomi molte opportunità di testimoniare il crescente senso di incertezza, timore e sconforto che ha colpito le società occidentali, mentre si scopre una fiducia crescente e perfino una sperimentata arroganza, più o meno giustamente, dai molti che in Russia cavalcano l’onda degli stratosferici prezzi dell’energia, del consumismo sfrenato e della rinascita militare in una rinnovata condizione di superpotenza.
C’è un contrasto notevole fra la centralista Federazione Russa, guidata da un governo autoritario, patriottico, culturalmente conservatore e dall’altra parte quella specie di mosaico apparentemente federale, ma a malincuore, formato dalle nazioni dell’Unione Europea, in cui gli Stati-nazione spesso sembrano così deboli e divisi come l’anonimo apparato burocratico che cerca di mandare avanti gli affari del continente.
Forse non per caso la maggior parte delle nazioni europee sguazzano in una utopistica correttezza politica, lacerate fra i loro sistemi di previdenza sociale tradizionalmente potenti e la tentazione di liberalizzazione del mercato. Il risultato di questa confusione è che il finora prevalente sentimento di libertà sta portando alla preoccupazione crescente di una rapida perdita di sicurezza economica e fisica dovuta ad un determinato numero di fattori, dalle perdite in campo economico e le tensioni geopolitiche, alle crescenti misure repressive dei governi, o ancora il rigore dei fattori meteorologici e climatici.
Per oltre sessanta anni il carretto occidentale, ora paneuropeo, è stato legato alla stella degli Stati Uniti; il brusco crollo di quest’ultimo minaccia di abbattere anche il primo. Ci sono state ultimamente delle chiamate da parte dei “piani alti” per ricostruire un’alleanza trans-atlantica come bastione contro i nemici (ovvero Russia, Cina, il mondo musulmano ed anche l’India) e come garanzia di una supremazia occidentale illimitata. Ma tali programmi sembrano fatalmente andati in frantumi se si osserva la lista sempre più lunga delle divergenze fra le due sponde del fiume ed anche il declino allarmante degli Stati Uniti, i quali cominciano ad assomigliare alla superpotenza del Potemkin Village o ad un set cinematografico occidentale dell’Universal Studio, le cui alte facciate fatalmente difettose e le volte cavernose sembrano sempre più prive di profondità e di sostanza. Naturalmente gli Stati Uniti possono schierare un arsenale in grado di incutere un certo timore reverenziale, in gran parte sufficiente ad eliminare la maggior parte delle forme di vita di questo pianeta.
Di fronte al crollo dei propri sistemi economici, come castelli di ghiaccio alle prese con il “global warming”, problema di cui sono in gran parte responsabili, alle potenze Euro-Americane restano poche possibilità, tra cui quella di dialogare con gli altri Stati nel mondo e minacciare tutti quelli non sufficientemente remissivi. La Russia, la Cina ed i paesi esportatori di energia dimostrano ancora una volta che anche se il potere sembra dipendere dal tamburo di una pistola, nella realtà il potere appartiene a chiunque possa pagare un sicario. Così, mentre l’Occidente dipende in gran parte dai beni di produzione economici cinesi e da gas e minerali russi, lo stesso ha pure un bisogno disperato di questi paesi, per non menzionare gli arabi ricchi di petrolio e gli indiani, i brasiliani, i giapponesi, i coreani ed altri ancora… per comprare i beni di lusso e l’alta tecnologia che andranno a finanziare una naufragante ma ancora vitale parte dello stile di vita delle nazioni ricche, oppure per salvare le società in crisi, quelle in fallimento, e le banche che dovrebbero acquistarle.
Questa doppia dipendenza rende la superiorità militare dei membri della NATO per buona parte irrilevante. L’Occidente trae un certo sollievo dal fatto che Cina e Russia hanno bisogno degli acquirenti delle loro risorse ed anche delle merci, ma se si tratta di un gioco con risultato che globalmente tende a zero, allora la tanto sbandierata forza della superpotenza risulta essere principalmente un bluff. Il ruolo nascente ed il peso dei Sovereign Wealth Funds degli Stati asiatici, che stanno assumendo gradualmente il controllo dei punti cardine delle economie occidentali, forniscono ad Europei ed Americani motivi reali per preoccuparsi della propria futura collocazione mondiale.
Questo rapido cambiamento nella realtà geopolitica sfugge ancora a tantissima gente, ad esempio la maggior parte degli Indiani che per anni hanno mandato i propri figli a studiare negli USA per trovare un buon lavoro o lanciare attività commerciali di successo sempre negli Stati Uniti. L’Impero Romano ha continuato a splendere nelle menti delle masse per secoli dopo la sua caduta e la sua fine. I conservatori Hindu a volte tendono a pensare un po’ come i conservatori cristiani Americani o Europei. Sono così interessati ai loro tradizionali “betes noires”, come quei senzadio rivoluzionari di sinistra, i tolleranti anarchici o i fondamentalisti islamici dello Jihad, pronti a perdonare la maggior parte dei crimini e delle follie del governo statunitense convinti che il Presidente Bush ed i suoi seguaci agiscano nel modo migliore. Dopo tutto il “comandante” sostiene di agire in stretto dialogo con Dio! Molti tedeschi hanno pensato fino alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale che il regime nazista li proteggesse dalla sovversione bolscevica. Situazioni simili producono le stesse reazioni nella mente dei popoli.
Gli europei, con poche eccezioni, non condividono la visione di larga parte del pubblico americano che, pur disilluso ed arrabbiato per le politiche del Sig. Bush, rimane convinto che gli Stati Uniti debbano comandare il mondo più o meno come un potere egemonico benevolo perché tale è il suo destino manifesto, al fine di promuovere e proteggere la libertà dappertutto. Questo mito popolare ha perso molto del suo splendore anche in America, ma rigettarlo apertamente è visto ancora come un piccolo atto di tradimento o perlomeno come un codardo voltafaccia rispetto ad un caro principio che ha sostenuto le politiche nazionali per oltre un secolo.
Quale candidato ad una carica politica in America oserebbe rigettare le rivendicazioni statunitensi sul diritto alla supremazia globale? I Neocons sono ancora nascosti nei corridoi del potere e continuano a sostenere che gli Stati Uniti hanno l’obbligo di difendere i propri interessi ed aspetti economici per amore o per forza, “manu militari”, da Baghdad a Caracas. Il sospetto diffuso che il sig. Barack Obama possa risultare una talpa dei musulmani e del terzo mondo nero, o perlomeno un incapace antipatriottico, spiega perché il sig. McCain sembri un rivale credibile nella corsa alla Casa Bianca. Il Partito dello Status Quo è saldamente nella direzione dei Democratici come indicato dal capo degli “Hillaraisers”, Lynn Forester; lei stessa è Neocon da sempre, sposata con Lord Rothschild, il quale ha richiesto pubblicamente che Hillary Clinton fosse candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti in cambio del sostegno ad Obama.
La Sig.ra Forester ha accusato il senatore afroamericano di essere un “elitista”, certamente una dichiarazione ironica da parte di una Rothschild. La principale preoccupazione di quel clan è che Obama non sembra impegnarsi come dovrebbe essere, secondo il loro punto di vista, nei tradizionali programmi di supporto incondizionato ad Israele e di sistematica ostilità verso l’Iran. Prostrarsi di fronte al progetto sionista globale è diventato un principio teologico della politica americana, da cui non è ammessa nessuna deviazione secondo i guardiani di quella ortodossia geopolitica che Hillary Clinton si pensa possa mantenere a tutti i costi.
Tutta l’arroganza ed il breviario imperialista sul “fardello dell’uomo bianco„ e la predestinazione biblica degli Uomini Prescelti, tuttavia, non possono nascondere il fatto amaro che l’economia nazionale si è trasformata in un disastro che sta trascinando verso il basso il resto del mondo. Un fiume di libri, TV e programmi radio, articoli, editoriali dell’Op-Ed con interviste ai principali economisti e politici, rinforza la percezione sempre più evidente che il “modello Reagan” realizzato a Washington dal 1980 abbia condotto il paese alla bancarotta fraudolenta e alla rovina, promuovendo l’ingordigia ed una irresponsabile “economia voodoo” di stampo mondialista (come George H.W. Bush stesso l’ha definita mentre era in corsa come candidato presidenziale alle elezioni del 1979).
Coloro che ancora vogliono vedere l’attuale amministrazione statunitense come un gruppo di patrioti disorientati ma sinceri, che combattono per proteggere il loro paese dalla sovversione terrorista, stanno interpretando tutto nel modo sbagliato. Il governo americano, come molti altri nel mondo, è stato a lungo depredato da una rete mafiosa di petrolieri, commercianti di armi, speculatori finanziari, banchieri addetti al riciclaggio dei proventi del narcotraffico ed i loro infidi avvocati – tutti quanti occupati ad ingigantire i propri guadagni, anche se questo porterà al crollo del paese ed alla distruzione dell’ecosistema planetario.
Il primato degli interessi di categoria sul bene comune ha trasformato il gioco democratico in una pesante presa in giro dei propri principi fondativi, poiché è basato sui legislatori e sui funzionari politici per ingrandire l’elenco dei maggiori possessori di capitali e degli speculatori. Il terrorismo e la guerra sono minacce ed armi nelle mani di quell’oligarchia dei mercanti di morte che non sempre sono restii a spargere il terrore sul suolo nazionale, solo per inseguire i loro “più alti obiettivi”.
L’impeachment del Presidente Bush
I 35 articoli della Risoluzione di Impeachment avanzata contro il Presidente Bush ed il Vicepresidente Cheney al Congresso degli Stati Uniti da Denis Kucinich lo scorso mese di giugno sono stati un’allusione piuttosto chiara al fatto ampiamente riconosciuto che gli attacchi di Washington e di New York dell’11 settembre 2001 vennero organizzati e diretti da alcune reti esecutive private che operavano all’interno di organizzazioni per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.
C’è una comprensibile riluttanza nell’élite del paese a prendere in esame quelle accuse, poiché esse potrebbero solo danneggiare mortalmente il tessuto nazionale, dimostrando la profondità della corruzione e della complicità che ha reso possibile questo atto di tradimento ai più alti livelli dello Stato. Il Presidente della Camera Nancy Pelosi finora si è opposta al procedimento di impeachment, spiegando che ciò non sarebbe positivo per il paese (ed ancora meno per la carriera di molti, se non la maggior parte, dei suoi colleghi in Parlamento)…
Il cinismo contro il governo è cosa diffusa in America. Gli europei in generale sono ancor più drastici riguardo alle istituzioni e le politiche degli Stati Uniti, benché non si fidino molto neppure delle proprie istituzioni e siano particolarmente prudenti nei confronti dell’opaca e labirintica burocrazia dell’Unione Europea. Questa crisi generale della fiducia e della fede politica è un corollario inevitabile dell’attuale crisi di valori, e potrebbe assumere le sembianze di un certificato di morte per la civiltà occidentale nella sua attuale incarnazione. La visione super reclamizzata di una “ownership society” promossa dalla scuola degli economisti neoliberali di Von Hayek sta cominciando ad assomigliare ad un sogno spazzato via dai forti venti della tempesta finanziaria, come precisa Mike Malloy.
In un articolo di Brent Budovsky intitolato “Born in the USA – sold to Foreign Buyers” (lett. nato negli USA e venduto a compratori stranieri), l’autore nota: “L’America viene venduta ad acquirenti stranieri come in un discount” (OpEd News.Com). E Mike Folkert scrive nella stessa rivista on-line: “Chi assumerà la direzione delle restanti banche in fallimento, di GM, della Ford o Airlines? Da dove arriveranno i soldi? Il nostro governo federale ha debiti per oltre 63.000 miliardi!”
E.J. Dionne su Truthdig.com analizza il “crollo delle basi che hanno dominato la nostra economia per tre decenni„. Esamina il fatto che “persino i conservatori riconoscono che il capitalismo è malato”, ed aggiunge: “…il panico del 2008 sarà la fine dell’ultima Era di Dominio del Capitale”. Dionne cita un funzionario statunitense, Barney Frank, il quale ha recentemente concluso che “il capitalismo contribuisce al crollo degli stipendi ed produce grandi polle di capitali a grande mobilità”. Anche il Presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, comincia ad essere considerato un “rinato New Dealer„, per usare le parole di Dionne.
Malloy, ex produttore CNN e note ospite di trasmissioni radiofoniche di attualità, scrive (OpEd news): “La rapace efficienza della criminale famiglia Bush nel divorare tutto ciò che tocca è stata davvero stupefacente… Gli esempi di furto, frodi e bugie sono infiniti”. Lo stesso si chiede “quanto altro ancora continueremo a sopportare? Quanto a lungo resisteremo? Quando inizierà la rivoluzione? E da dove?„
Per tutti quelli che avevano pensato, con facili e lauti guadagni bancari, di avere sepolto una volta per tutte i fantasmi della sommossa populista anti-plutocratica, ci potrebbe anche essere un brusco risveglio.
Di fronte a questo nuovo declino dell’Occidente, che al tempo stesso rende significative le previsioni di Oswald Spengler, la Russia appare, almeno agli occhi dei suoi dirigenti e di molti osservatori, come un faro di ottimismo e rinnovamento, dotato di abbondanti e vitali risorse umane e naturali, un territorio con un’ubicazione strategica che abbraccia l’Heartland Eurasiatico e costituisce un ponte naturale fra Europa, Lontano Oriente e Medio Oriente, in senso geografico, umano e culturale. Alcuni dirigenti russi, compreso il Primo Ministro Putin, hanno colto l’opportunità di rivendicare per la Russia una collocazione internazionale all’alba del nuovo secolo, proprio mentre l’America si lanciava in una catastrofica crociata contro il terrorismo in grado di farla sprofondare sempre più nelle sabbie mobili dell’Asia occidentale e centrale, lasciando i potenziali rivali liberi di crescere. La Cina e la Russia, assieme ai più piccoli Iran e Venezuela, sono stati importanti beneficiari della paralisi degli Stati Uniti causata dalle fantasie Neo-con sulla “la ricostruzione della difesa americana” e l’occupazione di un Grande Medio Oriente.
La visione russa
La visione russa per il futuro individua una forma nazionale di capitalismo, con un sistema previdenziale sociale e controllata da uno Stato forte, sostenuta dalle tradizionali colonne della Chiesa e delle forze armate. Sebbene gran parte del successo recentemente ottenuto dal governo di Putin sia ovviamente dovuto alle risorse naturali del paese ed ai prezzi elevati di energia e minerali degli ultimi anni, non c’è dubbio che questi vantaggi siano stati sfruttati con abilità mettendoli al servizio delle massime priorità statali: sviluppo di una nazione ricca e sicura con una classe media in rapida ascesa, capacità di trattare da una posizione di forza con altri attori sulla scena internazionale per contribuire a determinare un nuovo mondo multipolare basato sul dialogo fra le diverse civilizzazioni, in contrasto con le violente azioni degli Stati Uniti messe in atto per imporre il modello neoliberale giudeo-cristiano anglosassone in tutti i paesi.
Il Presidente Medvedev ha recentemente riaffermato un’ambizione quasi messianica della tradizionale civiltà russa, sostenendo che la sua nazione si sforzerebbe di proteggere il mondo dalle pretese irresponsabili ed egoistiche dei leader americani, i quali hanno portato il mondo al disastro.
Può la nuova Russia, cooperando con Cina, India, il mondo arabo, America Latina ed Europa, contribuire a riportare l’umanità lontano dal precipizio? Se così fosse, si rivelerebbe allora vera la profezia sostenuta negli ultimi due secoli dai mistici slavi e dai riformatori presenti su entrambi i lati dello spettro ideologico.
Come Carpentier De Gourdon ( Presidente e membro del Comitato Editoriale di World Affairs Journal)
Fonte originale: World Affairs Journal, 31st July 2008
Versione italiana:
Fonte: www.eurasia-rivista.org
Link: http://www.eurasia-rivista.org/cogit_content/articoli/EkkplypypuYLiseRKA.shtml
8.09.08
Traduzione a cura di LUCA BIONDA