L’ALTRA INDUSTRIA DELLA CACCIA ALLA BALENA

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Causale: Raccolta fondi

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DI PAUL WATSON (Capitano)
Sea Shepherd

A bordo della Sea Shepherd Steve Irwin

“Non è una questione di cosa è vero, è soltanto una questione di quello che la gente pensa sia vero”

— Dr. Patrick Moore, President of Greenpeace Canada 1981

La Sea Shepherd Conservation Society sta cercando i fondi per tornare nel Southern Ocean. E si sente sempre più frustrata. Intanto, decina di migliaia di dollari già raccolti per la difesa delle balene restano inutilizzati…

Quando è troppo è troppo. Bisogna rivelare la frode ad opera di Geenpeace sul salvataggio delle balene. Da anni, oramai, tollero la loro pseudo-azione e li osservo girare sui loro mari con immagini fotografiche da cui ricavano enormi profitti. E adesso dicono di non poter fare ritorno nel Southern Ocean con la nave Esperanza perché non hanno i soldi per farlo e perché devono concentrare le loro energie per fare pressioni sul Giappone.

Tuttavia, continuano a raccogliere fondi per salvare le balene. Geenpeace si è accaparrata tutta la pubblicità on line dei più importanti quotidiani di Nuova Zelanda ed Australia. I loro annunci invadono completamente la rete, da Google a MySpace, al grido di “mandate soldi, sempre più soldi!!”

L’anno scorso Greenpeace International ha raccolto 127 milioni di Euro. Greenpeace Australia è titolare di un conto corrente bancario di circa 18 milioni di dollari. Greenpeace USA è comodamente seduta su circa 10 milioni di dollari. Eppure sostiene di non avere abbastanza denaro per ritornare nel Southern Ocean. A gennaio – dicono – sono riusciti a fermare due baleniere per due settimane. Se così fosse allora dovrebbero ritornarci e fermarle ancora.

Ma non lo faranno. Si sono arresi alle baleniere nei pressi del Santuario dell’Antartico. Ma proseguono con la pubblicità ed i contributi continuano a finire nelle loro tasche. E’ terribilmente frustrante vedere storie sugli interventi di successo della Sea Shepherd a fronte delle pratiche illegali giapponesi della caccia alle balene conditi dalle consuetudinarie critiche di Geenpeace sui metodi attuati mentre, a destra di queste pagine, scorrono i pop up con gli annunci che invitano a sostenere l’organizzazione… La Sea Shepherd non lo fa. E anche se avesse voluto farlo, non sarebbe stato possibile poiché Greenpeace si è presa tutto lo spazio disponibile da tre mesi.

Greenpeace guadagna più soldi con la lotta alla caccia alle balene, molti più di quanti Norvegia e Islanda insieme ne possano guadagnare con la stessa attività di caccia. In entrambi i casi le balene muoiono e c’è comunque qualcuno che ne trae profitto. E’ un continuo ricevere testimonianze di persone contattate da Greenpeace che le invita, “accoratamente”, a rifornire il carburante per la loro nave…

Esiste solo e soltanto un termine: frode.

Greenpeace elemosina soldi sostenendo la sua volontà di lottare contro la caccia alle balene e lo fa affermando che ogni dollaro donato significherà un’altra ora, un altro giorno o un’altra settimana per la nobile causa. Il loro successo dipende da VOI che fate una donazione ORA: ADESSO. Palesemente, il successo della campagna di Greenpeace non consiste nel fermare la caccia alle balene. Si tratta piuttosto di reclutare soci e raccogliere fondi.

Quello che gli appelli al “fund-raising” non dicono è che Greenpeace, quest’anno, ha già raccolto decine di milioni di dollari per “salvare” le balene, e decine di milioni di dollari l’anno precedente, e lo stesso dicasi per l’anno prima. Infatti, Greenpeace ha raccolto una cifra sbalorditiva, una cosa come centinaia di milioni di dollari facendo finta di salvare le balene anche se, ad oggi, ancora non sono riusciti a fermare le baleniere giapponesi.

L’anno scorso Nathan Santray si è autodefinito l’Action Director di Greenpeace. “Una presenza strumentale nel salvataggio delle balene”, affermava, per cui sarebbe ritornato nel Southern Ocean a difendere le balene. MA non sarebbe stato possibile senza il “vostro” contributo. Quindi, per favore, mandategli una donazione quanto prima. Deve assolutamente raccogliere $50.000 entro la fine dell’anno.

Ma non ha detto però che Greenpeace, ogni giorno, raccoglie più di $50.000 in donazioni. Tuttavia, Nathan ci ha garantito che sarebbe andato a “battersi per salvare quante più balene possibili, e che noi dovevamo fare il possibile per aiutarlo”.

Nathan ed il suo equipaggio sono stati ripresi mentre manovravano le loro piccole imbarcazioni in gomma tra le manichette di presa acqua mare. Una scena “ad alta tensione”. Anche se è semplicemente una consuetudine in mare. Il mio equipaggio si destreggia tra queste difficoltà con molta agilità. Infatti, avrebbero potuto essere colpiti soltanto se fossero rimasti incastrati direttamente nel varco creato dell’acqua. La baleniere giapponesi, stupidamente, hanno partecipato alla parodia senza sapere che erano caduti nel gioco abilmente condotto da Greenpeace. Non hanno capito che la migliore tattica per dispiegarsi contro Greenpeace è semplicemente quella di ignorarla, in quanto totalmente innocua.

(Il capitano Paul Watson della Sea Sheperd)

Greenpeace sostiene “di essere l’unica a saper stare tra gli arpioni e le balene”. Uno schiaffo in faccia ai miei volontari provenienti da tutto il mondo, i quali sono realmente fisicamente intervenuti contro le baleniere giapponesi. A differenza del ben pagato equipaggio di Greenpeace, I volontari della Sea Shepherd non sono andati nel Southern Ocean per fare le foto delle balene che morivano. Sono andati lì per fermare la caccia illegale.

Greenpeace ignora gli sforzi degli altri gruppi che lottano contro i cacciatori di balene compresa la Sea Shepherd, l’unica organizzazione che è davvero riuscita a fermare le attività delle baleniere. Sembra ormai un lontano ricordo quando l’anno scorso la Sea Shepherd si adoperava per cacciare le baleniere giapponesi mentre Greenpeace era intenta a riprendere le balene morte.

L’appello annuale di quest’anno fatto da Greenpeace per il salvataggio delle balene è soltanto una delle ultime strategie di public relation nel contesto di una campagna di livello mondiale per spillare soldi alle brave persone. La Fondazione Greenpeace, di cui sono stato un co-fondatore nel 1972, oggi non è altro che una organizzazione multimilionaria di tipo buonista. Vendono l’illusione di fare la differenza ad un pubblico credulone.

Greenpeace è tra le principali corporazioni a livello internazionale. Negli anni, quelli di noi che progettarono e finanziarono Greenpeace hanno fatto marcia indietro nel momento in cui hanno compreso la loro delusione di fronte a burocrati sfacciati che svendevano i loro ideali in cambio di profitti, sicuri che il mito mediatico di Greenpeace non avrebbe mai potuto macchiarsi nell’ambito della cultura di massa. Per ogni persona che si accorge della truffa, altre due vengono arruolate. Greenpeace è una macchina pubblicitaria diabolica la quale si serve dei media e della psicologia per fare soldi.
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Molti di noi si sono sentiti sin dai primi giorni una sorta di Dr. Frankenstein in versione moderna. Abbiamo dato vita ad un grande mostro aziendale che ha poi dimenticato la sua provenienza. Così Greenpeace appende i vessilli, bussa alle porte e invia solleciti tramite posta, ordinaria ed elettronica. Il tutto si traduce in tonnellate di contanti che andranno a sostenere un esercito di eco-burocrati nonché ad alimentare una campagna di relazioni pubbliche che fa leva sul mito di Greenpeace salvatrice del mondo.

Greenpeace dal canto suo dà l’illusione di salvare il pianeta. E lo fa con il solo fine di guadagnare del denaro. Si serve di un esercito di volontari ingenui e piazzisti retribuiti, ai quali è stato raccontato che Greenpeace salverà davvero l’ambiente, le balene in particolare. Quando, nel 1977, ho lasciato Greenpeace, avrei potuto istituire un gruppo sullo stesso genere della “macchina fabbrica quattrini”. Il fatto è che io ho lasciato Greenpeace perché volevo davvero fare qualcosa contro la carneficina delle balene e la distruzione degli oceani. L’ultima volta che ho visto con i miei occhi una balena, è stata in occasione della mia ultima campagna con Greenpeace nel 1976. Quando la Sea Shepherd si fa vedere, la caccia alle balene. Noi non cerchiamo la notorietà. Non vogliamo scatti fotografici. Cerchiamo invece occasioni per porre fine a queste attività illegali. Abbiamo fermato baleniere in Portogallo, Spagna, Sud Africa, Islanda e Norvegia. Ne abbiamo affondate 9 senza ferire nessuno e senza essere arrestati per tentato omicidio. E la ragione è che i nostri obiettivi sono dei veri e propri criminali.

Greenpeace non fa nemmeno questo. Alcuni dei suoi portavoce dicono: “Greenpeace, in linea di principio, non si oppone alla caccia alle balene”.

– John Frizell, Direttore Greenpeace International. Greenpeace Policy Paper, 1994. “Come biologo, non posso accettare che Greenpeace condanni la caccia alle balene. Bisogna sancire la possibilità di avere risorse rinnovabili. Per me si tratta di un principio importante”

– Leif Ryvarden, ex-presidente Greenpeace, Norvegia. In una intervista con Dagbladet, Agosto 1991. “La caccia del 1993 alle balene Minkle non è stata una minaccia per la riserva”

– Kalle Hesstvedt, Greenpeace Norvegia, in una nota intervista con il quotidiano norvegese in a “Nordlys”. Non esclude la possibilità che Greenpeace possa accettare il carattere commerciale della caccia alle balene, laddove I fondi vengano stanziati dalla Commissione Internazionale della caccia alle Balene (IWC).

Nel 1997 ho fatto fare una indagine su Greepeace da parte del National Marine Fisheries Service degli Stati Uniti d’America per aver partecipato ad una caccia alle balene. L’equipaggio di Greenpeace della Arctic Sunrise ha trainato fino alla riva una carneficina di balene, per fare un favore alle baleniere della Inupiat nel Mare di Bering. Nel fare ciò essi hanno violato sia la legge degli stati Uniti che il diritto internazionale. L’accaduto è stato largamente riportato dai media in Alaska, nonché strumentalizzato dalle baleniere per ridicolizzare Greenpeace all’Incontro della International Whaling Commission che ebbe luogo a Monaco nel 1997.

Le balene non sono le uniche ad essere tradite da Greenpeace. Melanie Duchin di Greenpeace Alaska, la quale ha inviato un appello personale per la raccolta di fondi al fine di “salvare” le balene, ha affermato lo scorso anno che Greenpeace non condanna nemmeno la caccia agli orsi polari. Afferma: “Se le specie di alcune popolazioni dinanzi allo scenario del surriscaldamento del pianeta possono sostenere la caccia commerciale, bene, allora noi non la condanneremo”.

E Greenpeace raccoglie milioni di dollari dalle persone sensibili alla questione del crudele massacro delle foche in Canada anche se Greenpeace in più di 20 anni non ha mai fatto nulla per contrastare tale caccia. La posizione ufficiale di Greenpeace di fronte alla caccia della foca della Groenlandia, il più grande massacro dei mammiferi marini, è che la caccia in tal caso è “sostenibile”.

Ci sono molti che si lamentano del fatto che è molto triste che in un gruppo non si riesca a collaborare. Tuttavia, per quanto triste possa essere, è comunque un dato di fatto. Gli obiettivi di una organizzazione con dirigenti profumatamente pagati sono ben diversi da una organizzazione di volontari. Se noi andiamo a caccia di baleniere, Greenpeace va a caccia di soci.

Nondimeno, da anni propongo a Greenpeace offerte di collaborazione. Mi rispondono con insulti o, semplicemente, ignorandomi. Hanno persino cercato di negare il fatto che sono stato un co-fondatore dell’organizzazione.

Un’organizzazione come la Sea Shepherd lavora rischiando la bancarotta. Una grande corporazione ecologica quale è Greenpeace lavora solo per guadagnare soldi e la caccia alle balene, il surriscaldamento del pianeta e quant’altre presunte antività dice di svolgere, sono soltanto materia prima da utilizzare per trasformare la sensibilità della gente in denaro.

Sono ben consapevole di correre dei rischi nell’esporre pubblicamente la frode che a mio parere Greenpeace rappresenta. So anche che le illusioni di milioni di persone verranno infrante. Ma alcune illusioni devono necessariamente essere infrante. La vera forza dei movimenti a tutela e conservazione dell’ambiente sta nella diversità dei singoli attivisti e delle piccole organizzazioni popolari dalle quali le grandi organizzazioni corporativista come Greenpeace succhia – come un sanguisuga – energie e forze.
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A mio parere, è del tutto immorale ricevere salari a 6 cifre, stare seduti a scrivanie in edifici da milioni dollari, per combattere le carneficine di balene, foche o delfini. L’intero movimento si tiene sugli sforzi, sulle lacrime, sul sangue di chi si batte per una giustizia ecologica e lo fa con delle risorse minime mentre un piccolo gruppo di élite trae vantaggio dalle ricchezze provenienti da attività di public relations e raccolta fondi.

E’ osceno e credo sia tempo che le persone si sveglino e guardino Greenpeace per quello che realmente è. Ci accusano di essere degli eco-terroristi mentre loro continuano a spendere milioni di dollari in pubblicità televisive, mailing di ogni tipo e altro. Tutto questo mentre le balene continuano a morire in un’agonia orripilante, soffocate dal sangue e, magari, con qualche cameraman di Greenpeace nei paraggi intento a non perdersi la scena.

Come se non bastasse, quando la Sea Shepherd ritorna, ogni storia e racconto postati, viene accompagnata da un ad di Greenpeace, un appello per raccogliere altri fondi. Perché tornare nei Southern Ocean se c’è la Sea Shepherd che lo fa per noi?

Quindi, mentre l’ammiraglio della Sea Shepherd Steve Irwin si prepara a ritornare verso il Southern Ocean per fermare le flotte di baleniere giapponesi, Greenpeace si accinge a correre in banca a depositare i milioni di dollari raccolti sotto la falsa pretesa di salvare le balene. E’ osceno, fraudolento e scandaloso. Eppure, fino a quando esisterà tale pratica, Greenpeace la sfrutterà per fare soldi fino all’esaurimento, come si munge una mucca da latte.

Un motivo in più per la Sea Shepherd per porre fine a questa caccia nei mari dell’Antartico. Dobbiamo mettere fuori gioco i cacciatori, di ogni specie, per far sì che nessuno possa trarne più profitto.

Capitano Paul Watson
Fonte: www.seashepherd.org
Link: http://www.seashepherd.org/editorials/editorial_080205_1.html

5.02.08

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CRISTINA POMPEI

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