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DI PETER LEE
counterpunch.org

C’è la possibilità che le invettive e la prolissità scaturite alla conferenza sul clima di Cancun riflettano una credenza, ampiamente condivisa ma taciuta, che le chance di un’azione coordinata a livello globale per ridurre le emissioni di gas serra siano praticamente a zero. La chiave, quindi, diventa quella di ridurre i problemi finanziari dei grandi paesi in via di sviluppo, trovando modi per disattendere gli autentici problemi e la vera sofferenza di quelli piccoli e vulnerabili.

Da allora, ci sono stati pochi interessanti e significativi sviluppi.

Le consegne nei bollettini di Cancun, una torreggiante catasta di poltiglia fumante deposta sulla soglia del mondo, non erano uno di questi.

Di seguito una nutriente porzione di bocconcini di notizie.


Uccidere Kyoto: il seguito

Cancun è stato un altro episodio fondamentale nel tormentato serial “Uccidere Kyoto”, ufficialmente inaugurato a Copenaghen e progettato per concludersi a Durban, il prossimo anno (quando Kyoto definitivamente scadrà).

Gli Stati Uniti sono evidentemente a disagio con l’assetto dell’attuale Kyoto. Oltre al palese problema della corsa per entrare nell’elenco Annex II di paesi come la Cina, c’è il profondo, imbarazzante problema morale dei risarcimenti del carbone.

Un grande numero di paesi minacciati in modo fondamentale dal cambiamento climatico (rappresentato nel blocco G77), vuole che l’Occidente ammetta di aver immesso nell’atmosfera una grossa fetta di gas serra dall’inizio della Rivoluzione Industriale.
Kyoto – un meccanismo di consenso globale – è servito come mezzo per far sentire le loro voci, nell’esigenza comune che i paesi industrializzati si accollino l’onere economico della riduzione delle loro emissioni e incanalino decine e persino centinaia di miliardi di dollari verso i paesi vulnerabili, per gli aiuti climatici.

Gli Stati Uniti, dall’altro canto, sono in imbarazzo a causa di questi piccoli, insignificanti Stati che, nella loro ottica, considerano la propria sopravvivenza come un diritto acquisito che deve essere garantito dalle nazioni più ricche.

La politica degli Stati Uniti sembra essere di lasciare che il passato sia passato, di creare un tavolo a cui far sedere solo i giocatori migliori e di affrontare i problemi nel momento in cui si presentano.
In altre parole, lasciare che le nazioni povere implorino aiuto e concederglielo solo se soddisfano i requisiti imposti dai loro salvatori, quali convenienza, utilità politica e diplomatica e soprattutto valore monetario.

Altra cosa: meglio mettere un tetto all’ammontare di aiuti, una chiara iniziativa dell’Occidente, piuttosto di una compensazione illimitata per aver incasinato il pianeta con 150 anni di industrializzazione.

Che dire…30 miliardi di dollari come inizio, con un ‘impennata fino a 100 miliardi per anno entro il 2020.

Oh, un’ultima cosa: non accettiate di sborsare gli aiuti fino al profitto cinese nell’ MRV (Measurement, Reporting, Verification, misurare, relazionare, verificare) – anche se la Cina al momento non riceve aiuti -, in modo che sia ancora più chiaro che gli aiuti sono discrezionali e non obbligatori.

E’ un ottimo affare per l’Occidente. Fare in modo che le nazioni più povere lo accettino implica una certa quantità di duro lavoro in cambio di un certo strapotere.

Nel mio articolo, menziono la notizia di Wikileaks riportata dal Guardian che descrive l’allargamento degli Stati Uniti alle Maldive. “Allargamento” che sembra piuttosto una corruzione di pochi milioni di dollari per convincere la piccola nazione isolana a sostenere la posizione degli Stati Uniti in un regime post-Kyoto.

Todd Stern, il negoziatore capo degli USA per il clima, a Cancun ha mostrato distintamente poca diplomazia nei suoi sforzi per neutralizzare gli effetti negativi di Wikileaks.

In un articolo intitolato, “L’inviato statunitense respinge gli indizi che l’America avrebbe corrotto paesi per sottoscrivere l’Accordo di Copenaghen”, il Guardian riporta:

“Stern ha aggiunto: “Possiamo eliminare qualsiasi motivo o accusa di corruzione eliminando qualsiasi fondo”.

Sempre elegante, Todd.

Per rendere chiaro che si sta parlando di “ungere” in modo discrezionale, da parte degli USA, alleati accondiscendenti e meritevoli, e non di qualche pagamento per dovere morale, Stern ha illustrato il suo atteggiamento di mezzo con un aneddoto riguardo ad un innocente riccastro Occidentale vittima di un odioso pezzente del Terzo Mondo (dallo stesso articolo del Guardian):

Parlando al summit ONU sul clima a Cancun, Todd Stern, l’inviato speciale sul cambiamento climatico per gli USA, ha suggerito che i paesi che hanno chiesto aiuto per il clima non debbano essere in posizione di criticare.

Citando, con approvazione, un confronto al summit di Copenaghen in cui un ufficiale norvegese ha rimproverato la sua controparte di un paese in via di sviluppo, ha detto: “Lui si è alzato, attaccando l’altro, “non potete, da una parte, chiedere e mettere in piedi un affare così grosso in modo legittimo riguardo alla necessità di aiuti per il clima e, dall’altro lato, voltarvi e accusarci di corruzione”.

Il blocco BASIC (Brasile, Sud Africa, India, Cina) ha politicamente sfruttato la stupidità di Stern sottolineando che loro non sono candidati per gli aiuti al clima da parte degli USA (sono convitati entusiasti alla mangiatoia degli investimenti del Clean Development Mechanism, Meccanismo di Sviluppo Pulito, per i progetti verdi amministrati dall’ONU, invece), e che Stern stava solamente facendo il prepotente con le nazioni più piccole e vulnerabili – le stesse che gli USA stanno cercando di allontanare dalla Cina.

Per il Global Times:

Xie Zhenhua, capo della delegazione cinese nei colloqui e direttore delegato dello Sviluppo Nazionale e della Commissione della Riforma cinese, ha evidenziato che i paesi facenti parte del BASIC sarebbero sempre a favore del gruppo G77 dei paesi in via di sviluppo.

Xie, che ha incontrato delegati delle altre nazioni del BASIC, ha anche toccato l’argomento delle recenti rivelazioni di Wikileaks su come i governi degli USA e dell’Europa hanno usato incentivi monetari, minacce e persino spionaggio per portare avanti la loro agenda del clima all’ultimo summit di Copenaghen, lo scorso anno.

“I Paesi e le persone coinvolte nell’informazione che ha rilasciato Wikileaks, dovrebbero riflettere sui loro atti, se l’informazione fosse vera,” ha detto Xie.

Sventrare Kyoto è diventato un processo a più stadi che implica:

– allontanare Cina e India dal G77 sottolineando la loro riluttanza ad impegnarsi in un vincolo legale alle emissioni, sul modello Kyoto
– un notevole e rozzo sforzo per ritenere la Cina, invece che l’Occidente, responsabile nell’ostacolare gli aiuti per il clima, collegandolo all’accoglimento da parte della Cina delle onerose procedure “MRV”
– corrompere alcune delle nazioni più piccole con aiuti bilaterali per avallare la posizione degli USA
– proporre un tetto di aiuti (sospettosamente fondi non consolidati) per il clima alle nazioni vulnerabili per cancellare i 150 anni di profitti esagerati col carbone dell’Occidente, in alternativa agli impegni senza tetto massimo di Kyoto
– usare forte pressione diplomatica per essere certi che il refrattario blocco ALBA (a cui appartengono 9 paesi dell’America Latina) o a guida comunista dei governi sudamericani sia incapace di arrivare sul podio e creare problemi. La tendenza, almeno per gli USA e per la maggior parte dei paesi firmatari dell’Annex I e per un certo numero di stati vulnerabili che, per una qualsiasi ragione, hanno accettato di aderire alle posizioni degli USA, sembra essere: demolire Kyoto, buttare fuori dal tavolo le nazioni piccole e lasciare quelle cresciute (perlomeno quelle con i soldi) ad amministrare gli inconvenienti dei cambiamenti climatici attraverso il meccanismo del G20 o il suo equivalente, il MEF (Major Economies Forum on Energy and Climate, Forum sull’Energia e Clima delle Maggiori Economie).

Qualcuno potrebbe pensare che mettere questo argomento nelle mani di nazioni impegnate nel problema, abili nel far fronte ai suoi effetti locali con relativa facilità, disposti a corrompere nazioni vulnerabili per la pace, la tranquillità, il profitto e i vantaggi e fondamentalmente avverse a sacrificare le loro economie al fine di risolvere i problemi da loro stessi causati, non sia un risultato che le nazioni più piccole troveranno soddisfacente.

Ma questo è quanto.

USA sulla difensiva nelle Pubbliche Relazioni

Dal punto di vista delle relazioni pubbliche, le cose non vanno nel modo degli USA a Cancun.

Il clima si sta dirigendo verso un disastro ferroviario. Basato sullo scenario corrente – mancanza di azioni riguardo alle emissioni ma abbondanza di discorsi ecologici autocelebrativi – il riscaldamento globale sta andando molto più lontano di quello che è considerato essere “grave ma controllabile” – 2 gradi – e potrebbe essere addirittura di 5 gradi.

Il fatto che gli USA stiano cercando di mutilare Kyoto, il solo trattato vincolante che si occupi di tale situazione, e di rimpiazzarlo con una cerchia traballante composta da nazioni ricche, ha iniziato ad attirare attenzione.

Gli USA sono stati oggetto di un sacco di commenti ostili da parte delle Associazioni Non Governative a Cancun e ciò è addirittura filtrato nel New York Times.

Ciò nonostante, gli USA sono impegnati a dimostrare la disfunzionalità del processo di Kyoto. Se l’incapacità delle nazioni del mondo di forgiare un significativo e vincolante consenso è dovuta in parte all’ ostinazione americana, che sia.

La Cina – che ha guadagnato un sacco di prestigio per le sue politiche relativamente aggressive verso i gas serra – può guardare allegramente agli USA sotto Obama prendersi nuovamente la maggior parte del calore, come avvenuto con Bush, per arrostire il pianeta.

L’altro grande chiasso uscito da Wikileaks sul cambiamento climatico è stato un pezzo senza respiro uscito su Der Spiegel, intitolato “USA e Cina si alleano contro l’Europa” (in un interessante esempio di sinergie – conosciuto anche come “i grandi media scodinzolano a Julian Assange” – tra Wikileaks e suoi partners dell’informazione, per quello che posso dire, Wikileaks non ha ancora ufficialmente rilasciato a Der Spiegel l’informazione che esso riporta).

L’articolo, di Gerald Traufetter, coglie un resoconto di ambasciata riguardo la visita di John Kerry a Pechino nell’estate 2009 e riferisce:

I dispacci rivelano che USA e Cina, i due maggiori inquinatori del mondo, hanno unito le forze per ostacolare ogni tentativo delle nazioni europee per raggiungere un accordo.

* * *

Durante la sua visita in Cina, il Senatore Kerry, candidato democratico per le presidenziali, ha detto alle autorità di Pechino che gli Europei erano determinati a raggiungere il loro risultato per un accordo per tagli concreti alle emissioni da parte degli USA e delle altre nazioni industrializzate. In ogni caso, non cambierebbe nulla per la Cina. Insieme alle altre “nazioni in via di sviluppo”, i cinesi direbbero semplicemente che stanno “lavorando duro per ridurre le emissioni”.

I vantaggi per la coalizione USA – Cina contro l’Europa sono stati a quanto si dice il commercio in beni verdi, come reattori nucleari statunitensi.

Questo articolo è un appendice ad un altro più interessante articolo di Der Spiegel di maggio 2010, basato su una registrazione trapelata riguardo ad un accaldato dibattito a Copenaghen tra i leaders del mondo che risospinge tra l’altro la Germania-nemica-di-tutti all’argomento originario: Come Cina e India hanno sabotato il summit sul clima dell’ONU. Il Presidente Obama viene identificato come un co-cospiratore nel testo dell’articolo, se non nel titolo.

La notizia di Wikileaks riportata su Der Spiegel è una minestra riscaldata. La posizione dell’USA nell’estate del 2009 era di argomento pubblico ben prima di essere svelata da Wikileaks.

Il 28 Maggio 2009, il Guardian riferisce, a proposito del viaggio di Kerry:

“Nelle loro posizioni formali, le due parti rimangono estremamente lontane. La Cina vuole che le nazioni sviluppate taglino il 40% delle emissioni entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990, molto lontano dal risultato fissato dall’amministrazione Obama.

Gli USA vogliono che la Cina metta in atto volontari ma verificabili obiettivi per ridurre il suo consumo di energia e, nel lungo termine, per unirsi alle nazioni più ricche nel tagliare globalmente le emissioni.

Ma Kerry ha detto che i politici cinesi hanno mostrato una volontà al compromesso,
in particolare verso l’obiettivo del 40%, che ha descritto come politicamente impossibile negli USA al momento.

Condividendo le conoscenze e conducendo una ricerca unificata verso le rinnovabili e verso una tecnologia volta al risparmio energetico, ha detto che la Cina potrebbe realizzare ciò che può andare oltre l’obiettivo attuale della riduzione del 20% delle energie per la sua economia – l’equivalente di carbone rilasciato per ogni dollaro di PIL.

E’ anche abbastanza chiaro che la Cina e gli USA, sebbene entrambi fondamentalmente disinteressati ad accettare i vincoli legali, si stavano strozzando a vicenda a Copenaghen,e non complottando.

Quello che è successo tra il viaggio di Kerry e Copenaghen è stata la battaglia senza esclusione di colpi degli USA sulla sanità pubblica, e la realizzazione che il Presidente Obama potrebbe non essere in grado di prendere nessun impegno autentico a Copenaghen, che porterebbe in qualche modo a un diplomatico accordo verso Kyoto, sui tagli alle emissioni degli USA.

La Cina ha più o meno messo le sue uova nel paniere dell’Unione Europea – il Meccanismo di Sviluppo Pulito incanala un sacco di soldi verso la Cina – e vuole mantenere in vita un qualche accordo su Kyoto.

Gli USA hanno apparentemente deciso che non si potrà fare alcunché sui cambiamenti climatici fino a che non si pianterà un palo nel cuore di Kyoto e si ricomincerà da capo con i paesi dell’Annex II costretti ad aderire allo stesso regime come l’ Europa, il Giappone, la Russia, il Canada e gli USA.

Ma nessuno crede che, una volta che Kyoto è gettato alle ortiche, gli USA avranno sufficientemente volontà politica per legiferare autentiche riduzioni di emissioni a livello nazionale, lasciati a finanziare da soli una massiccia transizione globale verso un’economia a basso consumo di carbone.

L’incapacità degli USA di essere in testa al cambiamento climatico, insieme al loro desiderio di controllare e guidare nonostante tutto la politica del cambiamento globale del clima, è all’origine di molta dell’acrimonia tra USA e Cina che offusca la generale paralisi dei paesi sviluppati sulla questione dei problemi legati ai cambiamenti climatici.

Peter Lee (China Hand )
Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/lee12162010.html
16.12.2010

Traduzuione per www.comedonchisciotte.org a cura di MICIOGA

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