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La Redazione

 

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LA STRENNA DI BABBO FIORONI

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A cura di Davide
Il 4 Gennaio 2007
46 Views

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DI CARLO BERTANI

Che bella data il 19 dicembre! Mancavano solo cinque giorni alla vigilia di Natale e ciascuno di noi attendeva con impazienza di scartare i pacchetti sotto l’Albero!

Nelle scuole – inutile negarlo – si faceva un po’ di fatica a continuare con il solito tran tran: i ragazzi volavano già con il pensiero ai regali di Natale. Vuoi vedere che quest’anno – che alle “pagelline” non ne avevo nessuna “sotto” – mi regaleranno quel nuovo cellulare che invia anche filmati, musica ed una prenotazione per la pizza?

Anche gli insegnanti erano un po’ più assenti e tolleranti del solito: loro, dovevano pensare a dove trovarli i soldi per i regali di Natale.

Tutti gli anni – con tanta retorica – giungono gli auguri del Ministro di turno: ricordiamo…bla bla…la grande importanza della scuola…bla bla…la formazione dei nostri giovani…bla…Quest’anno, invece, per Natale il Ministro Fioroni ci ha fatto dono della circolare n. 72: pascetevi e gioite – pargoli, genitori e docenti – del Verbo emanato da viale Trastevere, del sommo pensiero che v’invio nell’occasione del Santo Natale.

Oddio, agli auguri della Moratti eravamo abituati: bisognava stare attenti a firmarli per “presa visione”, giacché potevano contenere un comma nascosto nel quale era compreso il tuo trasferimento ad Addis Abeba.

Dal buon faccione – tenero e rubicondo – di Fioroni ci aspettavamo un po’ di retorica democristiana e niente di più: ci sbagliavamo, e di grosso.

L’ANSA titola: “Fioroni: pene più severe per i docenti”. Oddio, che avremo fatto per meritarci questo sacco di carbone a Natale? L’ho sempre detto che sotto le Feste e durante le vacanze estive bisogna stare attenti: è lì che si firmano le condanne più pesanti e si tenta di colpire l’avversario sotto la cintura.
Già, perché proprio di un colpo basso si tratta: che avranno fatto gli insegnanti italiani per meritarsi – come afferma l’ANSA – “pene più severe”?

Il pensiero del Regio Ministro parte da alcuni fatti di cronaca: pare che una supplente abbia fatto uno “strip” o qualcosa del genere con gli studenti. Dico “pare” perché non sarebbe la prima volta che si sbatte il mostro in prima pagina per poi rettificare anni dopo – con un trafiletto nella cronaca locale – che ci si era sbagliati.

C’è poi il triste caso del filmato girato in una scuola nel quale alcuni poveri dementi se la prendono con un compagno portatore di handicap: pare che l’insegnante abbia fatto finta di niente. Anche qui, ovviamente, “pare”: staremo a vedere cosa concluderanno i magistrati.

Da qui la necessità di un intervento, e la circolare n. 72 non stupisce perché è stata accuratamente preparata: come si fabbrica l’informazione nel Bel Paese?

Articolo 1: recarsi dall’Insetto.

Per prima cosa il buon Fioroni si è recato dall’Insetto: Fichi e Vespe – si sa – vanno a nozze.
Lì è stata celebrata la prima udienza del processo alla scuola italiana, che è stato subito aggiornato a data da destinarsi perché erano in calendario una dozzina d’udienze sul caso Cogne (i magistrati d’Appello di Torino potranno ritirare la sentenza già firmata dall’Insetto direttamente in via Teulada, quelli di Cassazione la riceveranno tramite un “pony express” direttamente a Roma, la Corte di Strasburgo la riceverà per e-mail) ma subito sono scattati una serie d’intoppi per le udienze preliminari del caso Welby, ed il Cancelliere dell’Insetto ha rimandato Fioroni a data da destinarsi. Un Ministro rimandato subito a settembre: my God, non c’è proprio più religione. Ora che Welby è morto non crediate che le udienze in programma saranno cancellate: c’è tanto nettare da gustare dall’onorevole morte di Welby e gli Insetti – si sa – ne vanno pazzi.

In ogni modo, già nel salotto delle bianche poltrone qualcosa s’è detto: con un po’ di pruderie da provincia francese dell’800 sono stati “sentiti” i testimoni del caso – genitori, studenti, bidelli, docenti, ecc – e la sentenza per la povera supplente molisana è stata praticamente già emessa. Prima la gogna, poi la ghigliottina. Potrei consigliare alla redazione del Vespone qualche buon romanzetto francese d’appendice, da gustare insieme al Beaujolais invecchiato: non sono cose che s’adattano al “novello”. Vive la France et Mademoiselle Guillotine.

Articolo 2 : amplificare la cassa di risonanza.

Qui entrano in gioco i cacciatori di teste, che scovano su Internet filmati ambigui, testimonianze a luce rossa: spero solo che non sia mai pubblicato il filmato dove il sottoscritto si spidocchia in classe – perché si sa – gli insegnanti italiani sono sporchi, si lavano con la benzina per la scabbia e preferiscono spidocchiarsi negli asili nido. Maledetti untori.

Altri utili idioti si sperticano nella difesa della purezza dell’adolescenza tradita. Sapessero cosa cova sotto la cenere dei 14 anni: la stagione degli oratori e degli esercizi spirituali è finita da un pezzo. Caro Fioroni, venga qualche volta nelle scuole – ma in incognito, magari travestito da dottor Balanzone, a Carnevale – e se ne “prenda una vista”.

Articolo 3: quando il clima è propizio e l’attenzione scarsa emanare il Verbo, ossia la circolare 72.

Ma cos’hanno fatto di tanto grave gli insegnanti italiani da meritarsi un titolo che chiede “pene più severe”?
Il 95% della circolare è dedicato a coloro che subiscono condanne penali: per loro sono previsti “snellimenti” nelle procedure d’espulsione. Il trasferimento di competenze passa da Roma alle province dell’Impero, ossia ai Sovrintendenti Regionali: ogni Ponzio Pilato avrà così la sua razione di gloria e potrà macchiare di sangue un asciugamani.

Questa non è una gran novità, se solo la legge fosse applicata, e vale per tutti i dipendenti pubblici: proprio per tutti?

Proprio negli stessi giorni, un’apposita commissione deciderà se Cesare Previti decadrà da parlamentare: oh, mica è decaduto, eh? Prima dobbiamo pensarci. Si è “beccato” una sentenza definitiva? Va beh…ma adesso sarà annullata…si farà un nuovo processo…vedremo…in fondo Cesarino è un bravo figliolo…la supplente molisana? Ma quella è soltanto una tr…che c’entra?

Solo di “Cesarino” si tratta?

No, miei cari, perché sono in tanti fra i banchi del Parlamento ad avere subito condanne definitive, soltanto che per loro la legge…beh…sono super partes? Al di là “del bene e del male”?

Vediamo se sono soltanto balle di un ipocondriaco dipendente del “dipendente” Fioroni (1):

Massimo Maria Berruti (deputato FI): 8 mesi definitivi per favoreggiamento nel processo tangenti Guardia di Finanza.

Alfredo Biondi (deputato FI): 2 mesi patteggiati per evasione fiscale a Genova. La sentenza di condanna a suo tempo resa dal tribunale di Genova nei confronti di Alfredo Biondi è stata revocata in data 28 settembre 2001 per intervenuta abrogazione del reato.

Vito Monsignore (eurodeputato Udc): 2 anni definitivi per tentata corruzione appalto ospedale Asti.

Umberto Bossi (eurodeputato e segretario Lega Nord): 8 mesi definitivi per tangente Enimont.

Giampiero Cantoni (senatore FI): come ex presidente della Bnl in quota Psi, inquisito e arrestato per corruzione, bancarotta fraudolenta e altri reati, ha patteggiato pene per circa 2 anni e risarcito 800 milioni.

Enzo Carra (deputato Margherita): 1 anno e 4 mesi definitivi per false dichiarazioni al pm su tangente Enimont.

Paolo Cirino Pomicino (eurodeputato Udeur): 1 anno e 8 mesi definitivi per finanziamento illecito tangente Enimont, 2 mesi patteggiati per corruzione per fondi neri Eni.

Marcello Dell’Utri (senatore FI e membro del Consiglio d’Europa):condannato definitivamente a 2 anni per frode fiscale e false fatturazioni a Torino (false fatture Publitalia); ha patteggiato 6 mesi a Milano per altre vicende di false fatture Publitalia.

Antonio Del Pennino (senatore FI): 2 mesi e 20 giorni patteggiati per finanziamento illecito Enimont; 1 anno 8 mesi e 20 giorni patteggiati per i finanziamenti illeciti della metropolitana milanese.

Gianni De Michelis (eurodeputato Socialisti Uniti per l’Europa): 1 anno e 6 mesi patteggiati a Milano per corruzione per le tangenti autostradali del Veneto; 6 mesi patteggiati per finanziamento illecito Enimont.

Walter De Rigo (senatore FI): 1 anno e 4 mesi patteggiati per truffa ai danni del ministero del Lavoro e della Cee per 474 milioni di lire in cambio di falsi corsi di qualificazione professionale per la sua azienda.

Gianstefano Frigerio (deputato FI): condannato a Milano a oltre 6 anni di reclusione definitivi per le tangenti delle discariche (3 anni e 9 mesi, corruzione) e per altri due scandali di Tangentopoli (2 anni e 11 mesi per concussione, corruzione, ricettazione e finanziamento illecito).

Giorgio Galvagno (deputato FI): ex sindaco socialista di Asti, nel ’96 ha patteggiato 6 mesi e 26 giorni di carcere per inquinamento delle falde acquifere, abuso e omissione di atti ufficio, falso ideologico, delitti colposi contro la salute pubblica (per l’inquinamento delle falde acquifere) e omessa denuncia dei responsabili della Tangentopoli astigiana nello scandalo della discarica di Vallemanina e Valleandona (smaltimento fuorilegge di rifiuti tossici e nocivi in cambio di tangenti).

Lino Jannuzzi (senatore FI): condannato definitivamente a 2 anni e 4 mesi per diffamazioni varie, è stato graziato dal capo dello Stato proprio mentre stava per finire in carcere.

Giorgio La Malfa (deputato Pri, Ministro Politiche comunitarie): condanna definitiva a 6 mesi e 20 giorni per finanziamento illecito Enimont.

Roberto Maroni (deputato Lega Nord ed ex Ministro Lavoro): condannato definitivamente a 4 mesi e 20 giorni per resistenza a pubblico ufficiale durante la perquisizione della polizia nella sede di via Bellerio a Milano.

Augusto Rollandin (senatore Union Valdôtaine-Ds): ex presidente della giunta regionale Valle d’Aosta è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione nel ’94 a 16 mesi di reclusione, 2 milioni di multa e risarcimento dei danni alla Regione per abuso d’ufficio: favorí una ditta “amica” nell’appalto per la costruzione del compattatore di rifiuti di Brissogne. Dichiarato decaduto dalla Corte d’appello di Torino, in quanto “ineleggibile”, nel 2001 si candida al senato con l’Union Valdotaine, i Ds e i Democratici.

Vittorio Sgarbi (deputato FI): 6 mesi definitivi per truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, cioè del ministero dei Beni culturali.

Rocco Salini (gruppo misto) condannato in Cassazione a un anno e 4 mesi per falso ideologico.

Calogero Sodano (senatore Udc): già sindaco di Agrigento, condannato definitivamente a 1 anno e 6 mesi per abuso d’ufficio finalizzato a favorire i costruttori abusivi in cambio di favori elettorali.

Egidio Sterpa (deputato FI): condannato a 6 mesi definitivi per tangente Enimont.

Antonio Tomassini (senatore FI): Medico chirurgo, condannato in via definitiva dalla Cassazione a 3 anni per falso.

Vincenzo Visco (deputato Ds): Condannato definitivamente dalla Cassazione nel 2001 per abusivismo edilizio, per via di alcuni ampliamenti illeciti nella sua casa a Pantelleria: 10 giorni di arresto e 20 milioni di ammenda. Piú l’ “ordine di riduzione in pristino dei luoghi”. Cioè la demolizione delle opere abusive.

Alfredo Vito (deputato FI): 2 anni patteggiati e 5 miliardi restituiti per 22 episodi di corruzione a Napoli.

Questi sono soltanto i parlamentari condannati in via definitiva: non dimentichiamo che sia Berlusconi che Andreotti non sono mai stati totalmente prosciolti dai reati loro ascritti, ma si sono salvati solo per la prescrizione del reato, come tanti altri. Ci sono poi coloro che trascinano interminabili processi per anni, nell’attesa di una benedetta prescrizione (che loro stessi possono accorciare od allungare con un intervento legislativo!).

Che ne dice, Fioroni? Che ne facciamo della supplente molisana? Proporrei di creare un’apposita cattedra di strip-tease per le scuole femminili: le future modelle e “veline” – con i tempi che corrono – ne trarrebbero più vantaggio che da una laurea nelle Arti Figurative.

Il rimanente 5% della circolare, invece, definisce meglio i comportamenti da attuare nei casi privi di rilevanza penale. Chi sono costoro? Dei cattivoni, evidentemente, solo che non sono abbastanza cattivi per poterli consegnare al boia. Sono gentaglia che non va a scuola, che si dà malata, che non rispetta le consegne: macchiano i registri con il sugo, le pagelle con l’olio che trasuda dalla focaccia, si fanno sorprendere a fumare nei cessi…che gentaglia, maledizione…

Che si fa con costoro?

Sentite il Fioron-pensiero: “la sospensione cautelare può essere disposta dal direttore didattico o dal preside” (leggasi dirigente scolastico) “sentito il collegio dei docenti per il personale docente…” Pronto? Panini-CGIL? Se ci sei batti un colpo! Oppure t’hanno già promesso un posto a Montecitorio?

Ma che bella pensata! Propongo che il collegio dei docenti in versione “giudicante” si svolga in un saloon con whisky e sigari a volontà: il Preside (pardon…Dirigente Scolastico), a mio avviso, dovrebbe portare in bella mostra una stella da sceriffo.

Il successivo corteo fino al palo della forca dovrebbe svolgersi a cavallo, condito con nutrite scariche d’armi da fuoco in aria: il segretario del collegio – dopo essersi accertato della bontà del cappio – dovrebbe menare con gesto rapido e deciso il sonoro schiaffo sulle natiche del cavallo del condannato. Infine, un bel canto di gloria rivolto al Signore degli Impiccati.

Perché la circolare n. 72 fa male?

Perché liquidare la scuola italiana con una comparsata dal Vespone, un po’ di farfugli sul sito del Ministero ed una circolare gelida come una lama era l’ultima cosa che ci aspettavamo per Natale.

Di tutti i guai della povera scuola italiana manco una parola: ne vogliamo raccontare qualcuno di quelli veri, dei quali dall’Insetto è proibito parlare?

La scuola superiore italiana fu riformata da Giovanni Gentile nei primi anni del Fascismo, e si trattò di una riforma equilibrata ed innovativa: grazie alla saggezza di Gentile, si creò un buon equilibrio fra le discipline umanistiche, scientifiche, tecniche ed artistiche. Un “mix” che consentì all’Italia d’avere una buona classe dirigente (soprattutto nell’industria) nel dopoguerra e durante il “miracolo economico”.

Passano gli anni, cambiano le esigenze e – finalmente – intorno al 1997 Berlinguer riflette che è oramai giunto il tempo di cambiare: riconosciamogli il merito d’averci almeno pensato.

Il problema è che ci pensa e basta. Apparentemente, viene emanata una grande riforma – l’autonomia scolastica – ma si tratta del solito intruglio gattopardesco: niente cambia, solo poca aria fritta.

La riforma dell’autonomia scolastica consente alle scuole superiori – semplificando al massimo – di gestire il 15% del “monte ore” per introdurre nuove discipline oppure per dare più spazio al alcune e meno ad altre: ad esempio, un’ora in più di Scienze ed una in meno di Latino, oppure un’ora di Diritto al posto di quella di Storia.

Ovviamente, l’85% delle discipline deve rimanere immutato, ma già qui s’incontrano i primi problemi: quanto si può “premere sull’acceleratore” per introdurre nuovi contenuti? Quanto deve rimanere del vecchio ordinamento?

Il Ministro fa sapere che – rapidamente – saranno segnalati alle scuole i “saperi minimi”, ossia ciò che è obbligatorio insegnare. La promessa è del 1999, ed i “saperi minimi” li aspettiamo ancora nel 2006.
Parte Berlinguer ed arriva De Mauro, che per un paio d’anni gestisce la reggenza nell’attesa del “ciclone” Moratti.

Berlusconi parte subito in quarta: la scuola italiana sarà rivoltata come un calzino. Cosa si insegnerà? Le tre famose “I”: Internet, Impresa ed Inglese. Gli insegnanti si chiedono con curiosità mista ad apprensione cosa capiterà, quelli di Francese si sentono gelare il sangue nelle vene.

Insegnare “Impresa” nelle scuole è un concetto noto solo a Berlusconi, giacché nulla si è visto: a dire il vero, qualche scuola (soprattutto Istituti Commerciali) ha da tempo sottoscritto degli accordi con banche ed imprese per favorire dei circuiti virtuali d’impresa. In altre parole, le banche aprono dei conti correnti virtuali e le imprese prospettano agli studenti delle situazioni reali nelle quali devono intervenire per la gestione economica e l’organizzazione del lavoro. Dove è stato fatto funziona, ma il merito non è di nessun Ministro né, tanto meno, di qualche politico: sono i frutti di buone gestioni della Scuola da parte di Presidi lungimiranti ed insegnanti capaci.

blankLa riforma Moratti passa sotto mille forche caudine e giunge alla diciassettesima bozza (sì, 17, e poi dicono che non porta jella!): quando viene, infine, controfirmata dal Presidente Ciampi il testo è ancora cambiato in extremis; altrimenti – voci di corridoio – il buon Azeglio non avrebbe firmato.

Finalmente giungono alle scuole i quadri orari dei futuri Licei: le ora d’inglese sono diminuite mentre l’informatica di base è totalmente scomparsa dallo schermo radar. E l’impresa? Chi era costei? A momenti ci perdiamo la “I” di Italia, figuriamoci chi si ricorda delle tre “I” di Berlusconi.

La triste fine della riforma Moratti avviene dallo sfasciacarrozze: punto per punto viene “smontata” e rimandata a data da destinarsi, perché assurda ed incompleta. Non si sa nemmeno se i titoli un tempo rilasciati dagli Istituti Tecnici avranno ancora valore giuridico, che fine faranno gli Istituti Professionali (manca l’accordo con le Regioni che è alla base della riforma) e, ciliegina sulla torta, nell’ultima stesura scompare anche il Liceo Musicale e Coreutico. Se volete imparare la musica andate in un negozio e compratevi una chitarra.

Giunge infine il nuovo governo e si comprende subito che, con la nomina di un ex democristiano, la minestra sarà ancora una volta la solita sbobba riscaldata.

Ma, a fronte di tanto clamore sulle (mancate) riforme, qualcuno racconta come si vive nelle scuole?

blankCon la riforma Dini delle pensioni, scompaiono le vergognose pensioni “19 anni, sei mesi ed un giorno” che per le donne sposate si riducevano a “14 anni, sei mesi ed un giorno”. Riscattati quattro anni d’Università, a 36 anni s’andava in pensione.

Ovviamente, ci andava chi dello stipendio non aveva un gran bisogno: per campare con una pensione non certo abbondante bisognava avere altri redditi. Ci pensava il marito, oppure il giorno seguente ritrovavi le ex colleghe dietro al banco del negozio di papà.

Venne Dini e fece giustizia, ma a volte un atto di giustizia genera frutti perversi, e così fu.

Un tempo, s’entrava nelle scuole per concorso: dopo qualche supplenza c’era il concorso e si diventava insegnanti di ruolo a tempo indeterminato.

Con il tempo, è iniziata la perversa pratica del precariato: nella scuola mancano decine di migliaia d’insegnanti ma non si assume, i posti vengono coperti di anno in anno con i precari. Perché?
La ragione è semplice: quando, finalmente, con i capelli che iniziano ad incanutire, s’entra in ruolo viene effettuata la cosiddetta “Ricostruzione di carriera”, mediante la quale si fa il conteggio degli anni di servizio.

Gli anni trascorsi da precari contano come gli altri? Eh no, signori miei, contano ma con un diverso coefficiente.

Risultato: 12 anni da precario contano pressappoco (ci sono molte “variazioni sul tema”, e questo è soltanto un esempio indicativo) come 9 di ruolo cosicché – se, poniamo, il malcapitato ha 40 anni – per giungere ai fatidici 40 anni di carriera dovrà insegnare per altri 31, ossia lasciare la cattedra alla veneranda età di 71 anni, quando dovranno portarlo in classe con la carrozzella.

Oggi, la gran parte degli insegnanti italiani ha un’età fra i 50 ed i 60 anni, e sono proprio quelli che si videro passare avanti legioni di pensionati baby: gli altri – quelli che hanno meno di 50 anni – in genere sono precari, oramai a vita.

Vuoi entrare in ruolo? Benissimo: prima frequenta il corso abilitante per…facciamo un paio d’anni…poi si vedrà. Il corso abilitante per la tua classe di concorso si tiene a Milano e tu abiti a Belluno? Che peccato…come ci dispiace…beh, intanto abituati a viaggiare così dopo, quando ti sbatteremo ad insegnare a Rovigo (graduatorie su base regionale), non ti lamenterai troppo.

Così, ognuno si sente in qualche modo defraudato: i “vecchi” perché si sentono i veri coglioni della situazione: oh, vuoi vedere che di quelli del mio corso abilitante sono rimasto solo io? I “giovani” perché pensano: quei maledetti fra poco se ne andranno in pensione…almeno loro l’avranno…a noi daranno soltanto una pasticca di cianuro…

Anche se di fronte al proprio dovere la gran parte degli insegnanti non indietreggia – ossia si rende conto che i ragazzi non devono pagare il conto per le scelleratezze della classe politica – la volontà ne esce fiaccata, il morale piagato, l’incertezza dilaga. Sempre più spesso, nei corridoi, si sente chiedere: «Quanto ti manca?». La scuola sta diventando il luogo dove s’incontrano i lavoratori più anziani: e dire che dovrebbe essere il posto dei giovani!

Finito? Manco per idea.

Siccome la classe insegnante invecchia e non riesce a stare al passo con i tempi, allora bisogna “aggiornarla”. Come se fossimo dei computer nei quali s’infila un dischetto.

Fioriscono allora le iniziative di “formazione”, rivolte a docenti e non docenti che sono nati quando ancora nelle campagne circolavano i carretti trainati con i cavalli e si pretende che queste persone, dopo una vita trascorsa in un determinato tipo di scuola (da studenti e da docenti), cambino totalmente la loro didattica, utilizzino le nuove tecnologie, i contenitori multimediali, nuovi linguaggi per l’apprendimento.

Risultato: soldi spesi per istruire corsi rivolti a persone che – nella maggior parte dei casi – li frequentano per pura buona volontà o con la speranza che l’ennesimo “pezzo di carta” frutti qualche punto in graduatoria, la possibilità d’avere un trasferimento, magari anche solo 5 euro in busta paga. Il tutto poi – puntualmente – non avviene. Ciò che invece regolarmente avviene è un sensibile incremento nel conto in banca dei “formatori”.

Parliamo degli studenti?

Lo sa – caro Fioroni – che oramai il 10% degli studenti è figlio d’immigrati? Nella maggior parte dei casi, per fortuna, hanno frequentato la scuola elementare italiana ma con regolare frequenza giungono ragazzi dall’estero, a causa dei ricongiungimenti familiari.

Che si fa con questi ragazzi che non spiaccicano una parola d’italiano? Ho visto personalmente poveri russi trafficare con un vocabolarietto della lingua italiana mentre scrivevano un tema. Giungono poi i sudamericani che – a contatto con la scuola italiana, chissà perché – s’intristiscono subito. Ci sono poi i balcanici: un universo variegato che si porta appresso il dolore di generazioni, l’incomprensione cocciuta per un mondo che non capiscono. Che si fa? Per uno di loro chiedemmo – a settembre – l’intervento di un mediatore culturale, che giunse puntualmente nel secondo quadrimestre: immagini un po’ com’è andata a finire. Nessuno fa nulla? No, il prof. Natale Vadori ha scritto un breve volumetto, “L’allievo balcanico”, che ha gentilmente messo in rete: una trentina di pagine utilissime per capire, per avere qualche riscontro in più nel rapporto con questi ragazzi.

Ovviamente, non è stato patrocinato da nessuno, ma solo dalla sua buona volontà: se può, gli mandi almeno un’agenda, un biglietto per la partita o per il teatro, gli faccia sapere che il Ministero esiste.

Parliamo di soldi?

Erano ancora lire – caro Ministro – quando una scuola di 600 allievi si trovava a disposizione 3 milioni per pagare i libri agli studenti meno abbienti. Sei allievi su 600 avevano diritto ai libri gratis: l’1%, quando sappiamo che circa il 15% delle famiglie italiane vive sotto la soglia di povertà.

Oppure vogliamo ribadire che un insegnante italiano con 30 anni di carriera guadagna circa 1.600-1.700 euro? Non c’è paese europeo dove siano così poco pagati. Anni fa ebbi una discussione con un maresciallo dei Carabinieri: avevamo la stessa età e gli stessi anni di servizio: io, allora, guadagnavo 1 milione e 200 mila lire, lui 1 milione e 600 mila. Perché?

Non voglio negare che un maresciallo dei Carabinieri abbia delle importanti responsabilità, ma noi – se commettiamo degli errori – buttiamo nel cesso intere generazioni. E’ una responsabilità da poco?

La cosa che fa male – caro Ministro – è quella frasetta della circolare dove compare la possibilità di licenziare per “evidente scarso rendimento”.

A parte il fatto che simili provvedimenti possono essere presi solo dopo aver sentito la controparte, ossia i sindacati – e non dal vezzo di un Dirigente Scolastico o di un Sovrintendente – c’è “l’evidente” problema di giudicare l’operato di un docente.

Lo deve fare il Sovrintendente (che manco lo conosce)? Su segnalazione del Dirigente Scolastico? Ah, ma allora torniamo al saloon ed al giudizio sommario, con un’aggravante.

Se, poniamo il caso, un docente legge il giornale in classe e non fa null’altro per tutto il tempo – ma appartiene alla stessa corrente politica del Dirigente – secondo Lei verrà segnalato?

Oppure sarà indicato il rompiscatole di turno – che magari da anni si batte per segnalare le mille “camarille” interne al Collegio dei Docenti per spartirsi i quattro soldi marci delle attività complementari (i corsi pomeridiani facoltativi) – al quale, scommetto, troveranno anche una collezione di “Playboy” nel cassetto della cattedra?

Venga a trovarci, Ministro, venga in incognito e partecipi a qualche Collegio dei Docenti: le consiglio un travestimento da Maga Magò poiché – data l’ormai veneranda età degli insegnanti italiani – nessuno s’accorgerà di nulla e la scambieranno per la supplente di Religione. Oramai, si fa i supplenti anche a sessant’anni.

Scoprirà così l’alto livello della dialettica usata per dirimere importanti questioni educative e didattiche: ah, si porti un pugnaletto corto – lo chieda a Tremaglia, dovrebbe aver conservato quello da “Ardito” – perché, quando si deve decidere come suddividere il monte-ore pomeridiano (ed i relativi compensi), i colleghi ex ufficiali si portano appresso la sciabola e le colleghe i ferri da calza. Stia attento: si difenda senza pietà e non lesini fendenti a destra ed a manca, desideriamo che lei torni a Roma sano e salvo.

Sarà un’esperienza interessante anche sotto l’aspetto commerciale e d’impresa: potrà partecipare alla stesura del “piano di battaglia” per l’acquisizione delle materie prime. Libri? Film? No: gli allievi, le nuove iscrizioni, quello che molti colleghi – a microfono spento – chiamano il “mercato delle vacche”.

Si tratta di un’esperienza entusiasmante perché il genio italico esplode in una fantasmagoria di mille colori e vibrazioni: pur di non perdere allievi – la facciamo o no questa nuova prima? Riuscirò a tenermi il posto fin quando la Rossi non andrà in pensione e mi lascerà la sua cattedra? Ce la faremo a trovare i soldi per pagare una parte della gita scolastica (pardon…”viaggio d’istruzione”)? – la mente umana riesce a partorire proprio di tutto.

Nelle “Offerte Formative” compariranno dunque viaggi a Disneyland, piscine riscaldate, pizzette gratis. Se non ci siamo già arrivati, fra un po’ regaleremo anche qualche scheda telefonica: l’imperativo è convincere qualche bambinone di terza media (ed i loro poveri ed ignari genitori) a preferire l’artistico invece del commerciale, il classico al posto del tecnico.

Tutto frutto della pochezza e della miseria morale dei docenti? No, c’è di più: è colpa – come Lei ricorda nella circolare – dell'”evidente scarso rendimento”. Dei docenti? Dei Dirigenti Scolastici? Del personale ATA?

No, caro Ministro: anche se Lei è appena arrivato, e quindi non può essere accusato delle colpe dei suoi predecessori, lo “scarso rendimento” è quello della classe politica nei confronti della Scuola italiana.
Noi – che guadagniamo circa 1.500 euro (una media molto approssimativa fra le varie figure e gli anni d’anzianità) – dobbiamo fare questi salti mortali per creare delle Offerte Formative che ci consentano di garantirci il posto nella scuole dove insegniamo.

E’ una bestemmia tentare di trascorrere almeno gli ultimi anni d’insegnamento nella stessa scuola? Negli anni nei quali ci si ritrova a combattere su due fronti – figli grandi (e tutti a carico dei genitori) e genitori anziani (per i quali sono sempre gli stessi a doverci pensare) – non sarebbe giusto avere almeno la certezza di un luogo di lavoro?

Lo dico per la Scuola, ma è un diritto che dovrebbe essere garantito per tutti.

Ci siamo sobbarcati il peso della riforma Berlinguer – inventandoci mille cose nuove – perché quelli che guadagnano 19.700 euro il mese (i parlamentari) per decenni della Scuola se ne sono stra-fregati.

Vogliamo ricordare la “provvisoria” riforma “Sullo” della maturità – 1969 – che smise d’essere “provvisoria” solo nel 1999 con la riforma dell’esame “targata” Berlinguer? Poi venne la riforma (dell’esame) Moratti ed ora giungerà la sua.

Senza nulla togliere all’importanza dell’esame, vogliamo scommettere che, se ci mettessimo in quattro insegnanti attorno ad un tavolo per qualche pomeriggio, riusciremmo a partorirne un’altra – forse meglio, forse peggio – da aggiungere alla lista?

Certo, se ci fosse un “buon rendimento” non ci si limiterebbe alle varie riforme dell’esame, non si ridipingerebbe soltanto il portone della scuola, non si cambierebbe soltanto le scritte – da “Istituto Tecnico” a “Liceo Tecnico” – ma si andrebbe alla sostanza.

Una persona che attua un “buon rendimento” entrerebbe nella scuola ed inizierebbe dai banchi alle dotazioni, per finire con le materie d’insegnamento e le classi di concorso dei docenti. E dovrebbe farlo con attenzione e rispetto per chi tutte le mattine entra in classe e si prende carico di generazioni di giovani sempre più sbandati ed insicuri, ai quali le famiglie non ce la fanno più a prospettare rosei futuri.

I ragazzi non sono stupidi: fanno gli stupidi, ma sanno perfettamente quale sarà il loro domani. Magari, dopo una laurea triennale, saranno premiati con un posto part-time e precario in un call-centre.

Per questa e mille altre ragioni – caro Ministro – datevi da fare perché del vostro “cattivo rendimento” siamo un po’ stufi e tanto avviliti: si ricordi che in classe non ci vanno i Ministri ed i Sovrintendenti, ci vanno gli insegnanti e stanno tirando avanti la baracca da anni, nonostante il vostro pessimo rendimento di classe politica.

Da ultimo, le ricordo che anche questa è una “circolare”, perché circolerà – e tanto, mi creda – su Internet e la leggeranno senz’altro decine, forse centinaia di migliaia di persone. La faccia leggere ai suoi colleghi, fra una seduta e l’altra del Parlamento: chissà che si mettano finalmente al lavoro. Noi già lo facciamo, da sempre.

Nell’attesa di un sollecito riscontro, le porgo i miei più sentiti auguri di Buona Pasqua.

Saliceto, 31 dicembre 2006

prof. Carlo Bertani
[email protected]
www.carlobertani.it

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