LA RIVOLTA IN TUNISIA: UN’ALTRA OPERAZIONE SOROS/NED?

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DI K.R.BOLTON
foreignpolicyjournal.com

Manifestazioni “spontanee” di giovani che sciamano nelle strade con tale forza da costringere alla fuga un presidente in carica da anni… Di quale paese stiamo parlando: Georgia, Serbia, Myanmar [1], Ucraina, Polonia, Cecoslovacchia, Iran, Ungheria…? Stavolta tocca alla Tunisia. Tutte queste “rivolte” seguono lo stesso canovaccio. La rivolta tunisina viene già definita “rivoluzione colorata” dai media e dai sapientoni della politica e le è stato perfino assegnato un nome: “Rivoluzione dei Gelsomini” [2], come le abortite rivoluzioni “Verde” e “Zafferano” e come le rivoluzioni “di Velluto”, “delle Rose”, “Arancione”, “dei Tulipani”, ecc., che hanno invece avuto successo.

Queste “rivoluzioni colorate” hanno uno schema comune perché sono tutte progettate dagli stessi strateghi; e cioè dalla rete Open Society dello speculatore George Soros, che fa le veci di un moderno Jacob Schiff [3] nel finanziare rivoluzioni; e dalla National Endowment for Democracy, quest’ultima una fondazione post-trotzkista, finanziata dal Congresso, una specie di “Comintern” che promuove “rivoluzioni democratiche nel mondo” al servizio della plutocrazia e sotto la maschera della libertà.

A seguito: “LA TUNISIA E I DIKTAT: COME LA POLITICA ECONOMICA PROVOCA LA POVERTA’ E DISOCCUPAZIONE IN TUTTO IL MONDO” (MICHEL CHOSSUDOVSKY, globalresearch.ca); “WASHINGTON AFFRONTA L’IRA DEL POPOLO TUNISINO” (THIERRY MEYSSAN, voltairenet.org); “IL “FUSIBILE” BEN ALI E I FURBACCHIONI OCCIDENTALI” (ALBERTO B.MARIANTONI, mirorenzaglia,org);

Ecco alcuni scenari tipici delle “rivoluzioni colorate”. Confrontateli con i caratteri della “Rivoluzione dei Gelsomini” e con i finanziamenti forniti dalla National Endowment for Democracy agli “attivisti tunisini”, come vengono descritti più avanti:

“[l’Open Society Institute di Soros]… inviò in Serbia un attivista trentunenne di Tbilisi di nome Giga Bokeria per incontrarsi con membri del movimento Otpor (Resistenza) e imparare da loro in che modo avessero sfruttato le manifestazioni di piazza per rovesciare il dittatore Slobodan Milosevic. Poi, durante l’estate, la fondazione di Soros pagò agli attivisti dell’Otpor un viaggio in Georgia, dove costoro tennero corsi della durata di tre giorni ciascuno per insegnare a più di 1.000 studenti come mettere in scena una rivoluzione pacifica. [4]

Nel commentare la “Rivoluzione di Velluto” che aveva appena colpito la Georgia, MacKinnon descrisse le operazioni che erano state poste in atto e che seguivano lo stessa schema visto in altre nazioni prese di mira da Soros [5]:

Il Liberty Institute che Bokeria aveva contribuito a fondare divenne uno strumento per organizzare le proteste di piazza che alla fine costrinsero Shevardnadze a rassegnare le dimissioni. Bokeria afferma che fu a Belgrado che egli comprese l’importanza dell’acquisire e mantenere una posizione di superiorità morale e fu lì che imparò a sfruttare la pressione dell’opinione pubblica; tattiche che si sono rivelate molto persuasive anche nelle strade di Tbilisi, dopo le elezioni parlamentari truccate di questo mese.

A Tbilisi, il legame con l’Otpor è visto come soltanto uno di molti esempi del considerevole appoggio fornito da Soros al movimento anti-Shevardnadze: egli ha contribuito anche a fondare un’emittente televisiva di opposizione popolare che è stata di cruciale importanza per mobilitare i sostenitori della “Rivoluzione di Velluto” di questa settimana; inoltre ha fornito supporto finanziario ai gruppi giovanili che hanno guidato le proteste di piazza [6].

La NED e Soros lavorano in tandem, prendendo di mira gli stessi regimi ed utilizzando gli stessi metodi. Il presidente della NED, Carl Gershman, scrivendo delle centinaia di ONG che lavorano per i “cambi di regime” nel mondo, dedica un tributo particolare alla Fondazione Ford e “alle fondazioni istituite dal filantropo George Soros” [7].

Seguire il denaro

Come recita il noto adagio, se volete capire chi è a capo di qualcosa, seguite la traccia del denaro. Osservando i finanziamenti erogati dalla NED nel 2009 (ultimi dati disponibili) troviamo quanto segue:

Al-Jahedh Forum for Free Thought (AJFFT) $131,000

Per rafforzare le capacità dei giovani attivisti tunisini e costruire una cultura della democrazia. L’AJFFT promuove incontri di discussione su problemi contemporanei legati all’Islam e alla democrazia, dibattiti tra studiosi arabi su problemi sociali, conferenze sull’Islam, sulle politiche economiche e sulle relazioni internazionali e incontri di presentazione editoriale. L’AJFFT organizza tirocini di formazione alla leadership, sostiene progetti culturali della gioventù locale…” [8]

Lo scopo è fin troppo chiaro: creare una schiera di giovani attivisti attraverso i “tirocini di formazione alla leadership”. Ancora una volta, si tratta esattamente della stessa strategia utilizzata dalla NED e da Soros in altre nazioni infettate dalle “rivoluzioni colorate”. Esattamente la stessa.

Associazione per la Promozione dell’Educazione (APES) $27,000

Per rafforzare la capacità degli insegnanti tunisini delle scuole superiori di promuovere valori democratici e civili all’interno delle loro classi. L’APES organizzerà tirocini di formazione degli insegnanti per 10 professori universitari e ispettori scolastici e terrà tre seminari di rafforzamento delle capacità, della durata di due giorni, per 120 insegnanti di scuole superiori, riguardanti gli approcci pedagogici per la diffusione dei valori civili e democratici. Attraverso tale progetto, l’APES intende introdurre nel sistema educativo secondario della Tunisia i valori della tolleranza, del relativismo e del pluralismo. [9]

Il programma sembra avere lo scopo di diffondere la base dottrinaria per la rivoluzione; i “valori democratici e civili” sono presumibilmente quelli della post-sinistra propagandati da Soros e dalla NED, cioè valori che generalmente vanno contro le tradizioni delle società in cui operano Soros e la NED.

Mohamed Ali Center for Research, Studies and Training (CEMAREF) $33,500

Per addestrare un gruppo scelto di giovani attivisti tunisini alla leadership e alle abilità organizzative e per incoraggiare il loro coinvolgimento nella vita pubblica. Il CEMAREF organizzerà un corso intensivo di addestramento alla leadership e all’acquisizione di capacità organizzative della durata di quattro giorni per 10 giovani attivisti civili tunisini; addestrerà inoltre 50 attivisti, di sesso maschile e femminile e di età compresa tra i 20 e i 40 anni, alla leadership e al potenziamento decisionale; e lavorerà con gli attivisti addestrati eseguendo 50 visite pratiche alle loro rispettive organizzazioni [10].

In questo caso, la terminologia non ricorre neppure agli eufemismi: “Addestrare un gruppo scelto di giovani attivisti tunisini…”. Non è forse lecito sospettare che l’intenzione sia quella di costituire una giovane élite rivoluzionaria finalizzata al “cambio di regime”, seguendo esattamente lo stesso schema utilizzato per orchestrare le “rivoluzioni colorate” nei paesi ex sovietici e altrove?

Visto l’acuto interesse manifestato dalla NED verso la Tunisia, è ingenuo pensare che la “Rivoluzione dei Gelsomini” sia una semplice “manifestazione spontanea di rabbia popolare” e che non sia stata pianificata con largo anticipo, attendendo l’evento che facesse da catalizzatore.

Le organizzazioni appena citate ed altre, hanno ricevuto dalla NED i finanziamenti indicati di seguito insieme agli anni di riferimento:

2006: Al-Jahedh Forum for Free Thought (AJFFT), $51,000; American Center for International Labor Solidarity, $99,026, il cui scopo è quello di coltivare relazioni con il giornalismo tunisino; Arab Institute for Human Rights (AIHR) $37,500, per addestrare un gruppo scelto di insegnanti sul tema dei “valori civici”;” Committee for the Respect of Freedom and Human Rights in Tunisia (CRLDH) $70,000, per richiedere l’amnistia di prigionieri politici; e

Mohamed Ali Center for Research, Studies and Training (CEMAREF) $39,500

Per addestrare 50 attivisti, di sesso maschile e femminile e di età compresa tra i 20 e i 40 anni, alla leadership. L’organizzazione terrà cinque seminari della durata di quattro giorni ciascuno, ognuno destinato a dieci attivisti, sulle tecniche della leadership, inclusi decision making, time management, risoluzione dei conflitti, problem solving e comunicazione. Il CEMAREF seguirà l’addestramento con visite in loco ai gruppi d’appartenenza degli allievi allo scopo di valutare i risultati. [11]

2007: L’AJFFT ha ricevuto 45,000$. L’Arab Institute for Human Rights ha ricevuto 43,900$ per addestrare insegnanti a diffondere l’ideologia dei cosiddetti “valori civici”, focalizzandosi sulle scuole primarie e sottoponendo all’addestramento anche gli ispettori scolastici. Il Center for International Private Enterprise (CIPE) ha ricevuto 175, 818$ per inculcare la dottrina della libera impresa tra gli uomini d’affari tunisini, il che rivela a cosa stia realmente mirando la NED con la sua promozione di “democrazia e valori civici”: la globalizzazione. Il summenzionato Mohamed Ali Center for Research, Studies, and Training ha ricevuto 38,500$ nel 2007. Inoltre, nello stesso anno:

Moroccan Organization for Human Rights (OMDH) $60,000

Per motivare un gruppo di giovani avvocati tunisini a mobilitare i cittadini sul tema delle riforme. OMDH provvederà ad addestrare un gruppo di 20 avvocati tunisini alla mobilitazione civica e fornirà loro supervisione ed assistenza per implementare i loro progetti di mobilitazione.[12]

2008: L’Al-Jahedh Forum for Free Thought ha ricevuto 57,000$; il Center for International Private Enterprise, 163,205$; il Centre Mohamed Ali de Reserches d’Etudes et de Formation, 37,800$; il Tunisian Arab Civitas Institute, 43,000$, con la finalità di formare insegnanti sulle ideologie dei “valori civici” care alla NED. [13]

C’è bisogno di essere più espliciti? La NED ha sostenuto in Tunisia, come in altre zone del mondo, gruppi rivoluzionari composti da giovani e da professionisti allo scopo di rovesciare un regime visto come un’anomalia nel contesto del “new world order”. Per quanto i regimi presi di mira possano spesso essere deprecabili, la retorica della “democrazia”, dei “valori civici” e della “società aperta” propagata dalla NED, da Soros e dalla miriade di funzionari e istituzioni sparsi per il mondo, è nient’altro che una truffa propagandistica, progettata, come sempre accade in queste circostanze, per distogliere l’attenzione dalle reali cause e finalità delle “sollevazioni spontanee”. I commentatori stanno già sottolineando l’impeto della “rivolta spontanea” ad opera delle “organizzazioni della società civile”, il che è un eufemismo per riferirsi alle organizzazioni sponsorizzate dalla NED e da Soros: “…In tal modo, un’ampia coalizione di organizzazioni della società civile ha riunito insieme le rivendicazioni occupazionali con esigenze che concernono la questione della legalità e quella dei diritti umani…”. [14]

Le “rivoluzioni colorate” devono molto al patrocinio offerto alle reti di comunicazione anti-regime, con finanziamenti diretti a stazioni radio e televisive, come nell’esempio relativo alla Georgia menzionato più sopra. Nel caso della Tunisia, questo compito sembra essere stato assegnato a Radio Kalima. Se ne è occupata l’organizzazione “International Media Support” che, dopo i raid della polizia del gennaio 2009, ha iniziato ad operare al di fuori della Tunisia. Per citare le parole del direttore della radio, Sihem Bensedrine:

“I finanziamenti offerti da International Media Support e dall’Open Society Institute ci hanno consentito di pagare i nostri giornalisti e di mantenere un gruppo di lavoro stabile. Questo rende la nostra radio più forte e più efficiente”. [15]

La manipolazione del dissenso

Lo sfruttamento delle masse per avallare interessi finanziari non è certo un fenomeno nuovo. Esempi noti di “rivoluzioni borghesi” organizzate in nome degli umili sono quelli della rivoluzione inglese di Cromwell e della Rivoluzione Francese. Oswald Spengler fa risalire il fenomeno all’antica Roma:

“Le idee del Liberalismo e del Socialismo vengono poste concretamente in atto solo tramite il denaro. Fu il ricco partito degli equites a rendere possibile il movimento popolare di Tiberio Gracco; e non appena la parte di riforma ad essi vantaggiosa fu trasformata in legge con successo, essi si ritirarono e il movimento si disgregò”. [16]

La “Nuova Sinistra” ha perseguito gli stessi scopi nel corso degli anni ’60 e ’70, adottando strategie simili a quelle delle odierne “rivoluzioni colorate” e degli altri progetti sponsorizzati da Soros, dalla NED, ecc. Questi “ribelli” che si opponevano all’”Establishment”, tra i quali si annoverano femministe come Gloria Steinem [17] e guru psichedelici come Timothy Leary [18], erano in realtà leccapiedi della CIA, sostenuti fin dall’inizio dai ricchi padroni. Gli studenti radicali che protestavano negli anni ’60 erano manipolati da interessi simili a quelli che oggi sponsorizzano i “manifestanti” delle “rivoluzioni colorate”; si va dalla National Student Association americana, finanziata dalla CIA [19], fino alla Students for a Restructured University, finanziata dalla fondazione Ford e affiliata alla SDS (Students for a Democratic Society) [20]. Se l’ “Establishment” ha in realtà finanziato, decenni or sono, i suoi presunti nemici giurati come parte di un programma di manipolazione dialettica – e le fonti non sono difficili da controllare – non c’è da sorprendersi che anche al giorno d’oggi sia in atto una manipolazione globale, fondata su idee similari, diretta a soggetti similari e mossa da similari interessi.

National Endowment for Democracy

La National Endowment for Democracy è stata fondata nel 1983 su interessamento dell’attivista post-trotzkista Tom Kahn e opera sotto il patrocinio del Congresso e della grande finanza americana allo scopo di promuovere quella “rivoluzione globale” che era negli ideali di Trotzky e del presidente americano Woodrow Wilson, suo contemporaneo. La NED persegue un programma di “iniziative democratiche” (sic) ed opera in Polonia (attraverso il sindacato Solidarność), in Cile, in Nicaragua, in Europa Orientale (per agevolare la transizione alla democrazia dopo il crollo del blocco ex sovietico), in Sudafrica, in Birmania, in Cina, in Tibet, in Corea del Nord e nei Balcani. “Gli sconvolgimenti elettorali avvenuti in Serbia dell’autunno 2000” furono ottenuti attraverso il finanziamento di “una quantità di gruppi civici”. “Più di recente, dopo l’11/9 e dopo l’adozione da parte del consiglio direttivo della NED del suo terzo documento strategico, finanziamenti speciali sono stati offerti ai paesi a maggioranza musulmana in Medio Oriente, Africa e Asia”. [21]

Almeno 10 dei ventidue direttori della NED sono anche membri del Council on Foreign Relations, il noto think tank plutocratico, e tra di essi vi sono alcuni direttori dei programmi del CFR [22]. Ad esempio Carl Gershman, fondatore e presidente della NED, viene annoverato come membro del Comitato Programmi di Washington nell’esecutivo del CFR.[23] Tra i membri del CFR che fanno anche parte della dirigenza della NED possiamo citare: Nadia Diuk, Vice Presidente, Programmi: Africa, Europa Centrale ed Eurasia, America Latina e Caraibi; e Louisa Greve, Vice Presidente, Programmi: Asia, Medio Oriente & Nord Africa, nonché membro temporaneo del progetto del CFR sulla sicurezza nazionale USA “Nuove Minacce in un Mondo in Trasformazione”.[24]

La risposta statunitense

Sebbene alcuni entusiasti sostenitori della “società aperta” abbiano lamentato l’apparente ritrosia degli Stati Uniti nel criticare l’ex presidente tunisino, Ben Ali, ciò che si recita – o non si recita – sul palcoscenico globale è in genere un riflesso assai pallido degli eventi che si svolgono dietro le quinte. L’establishment statunitense non ha certo mostrato alcuna simpatia per Ben Ali nel momento cruciale.

Il “Progetto per la Democrazia in Medio Oriente”, un altro think tank che si dedica a indicare alle nazioni come debbano governare se stesse “alla maniera americana”, riporta una reazione degli ambienti ufficiali USA per bocca di Michael Posner, assistente segretario di Stato nel Dipartimento per la Democrazia, i Diritti Umani e il Lavoro; costui, rispondendo a un inviato del giornale egiziano AlMasry AlYoum:

“…ha parlato delle violenze in Egitto e in Tunisia e di come gli Stati Uniti dovrebbero concretamente rapportarsi con quei governi che definiscono “interferenze” le critiche provenienti dall’estero… Gli Stati Uniti, egli ha affermato, perseguono con i paesi come Egitto e Tunisia una politica su più livelli, allo scopo di relazionarsi in modo efficace con i loro governi e allo stesso tempo sostenere gli esponenti della società civile in questi paesi. [Elliott] Abrams ha invece dichiarato che gli Stati Uniti dovrebbero avere con paesi come l’Egitto e la Tunisia una politica su un unico livello, che preveda conseguenze molto gravi per quei capi di Stato che ignorano gli appelli alle riforme e al rispetto dei diritti umani. Se si continuano a perseguire le attuali linee politiche, quei governi penseranno di potere “farla franca” e continueranno a vanificare gli sforzi di riforma e a reprimere il dissenso”. [25]

Elliott Abrams, citato più sopra, è noto per essere stato uno dei globalisti neocon dell’amministrazione di George W Bush, consigliere di sicurezza nazionale per il Medio Oriente ed entusiasta sostenitore dei “cambi di regime” attuati con l’uso di bombe e milizie americane, laddove la manipolazione delle folle non avesse funzionato. Oggi è membro anziano per gli Studi sul Medio Oriente nel Council on Foreign Relations e, com’era lecito aspettarsi, Abrams è entusiasta degli idealistici eventi verificatisi in Tunisia [26], vista la prospettiva che un nuovo stato-cliente degli USA emerga dalle idealistiche azioni dei soliti “utili idioti”. Mentre l’inerme Ben Ali era in procinto di cadere, Hillary Clinton ha spiegato al Medio Oriente che Washington “non avrebbe assunto posizioni”, ma poi si è prontamente esibita in una predica rivolta agli stati arabi su ciò che l’America si aspetta da loro. The Christian Science Monitor ha osservato che Ben Ali è fuggito il giorno seguente. Al “non assumere posizioni”, ha immediatamente fatto seguito una dichiarazione della Clinton – altro membro progettista del CFR – secondo la quale il presidente Obama salutava “il coraggio e la dignità del popolo tunisino”, aggiungendo che gli Stati Uniti si univano al resto del mondo “nella testimonianza di questa lotta coraggiosa e determinata…”. Il resoconto diceva esplicitamente che la Clinton stava “mandando un avvertimento” (sic) ai leader mediorientali affinché meditassero sulla rivolta tunisina, per evitare di subire la stessa sorte. “Le parole pronunciate dalla Clinton giovedì scorso fanno eco ad opinioni ben più severe espresse dietro le quinte da funzionari statunitensi…”.

“Coloro che si aggrappano allo status quo, possono riuscire ad evitare il pieno impatto con i problemi dei loro paesi per qualche tempo, ma non in eterno”, ha dichiarato la Clinton. Queste parole si sono rivelate profetiche per la Tunisia di Ben Ali, ma sono anche state interpretate da molti esperti della regione come riferibili allo stesso presidente egiziano Hosni Mubarak, antico alleato degli USA, ma ormai ottuagenario e al potere da quasi 30 anni”. [27]

Può sembrare un paradosso che le stesse persone che denunciano le invasioni americane di nazioni come la Serbia e l’Iraq per imporre “cambi di regime” con la forza delle armi, siano invece entusiaste dei “cambi di regime”, attuati nell’interesse dell’egemonia globale americana, quando essi sono condotti da giovani e da professionisti manipolati per ottenere gli stessi risultati attraverso la “protesta spontanea” (sic). Le “rivoluzioni colorate” sono tanto fasulle quanto le loro antenate gestite dalla “Nuova Sinistra”. Naturalmente la desiderabilità di questi cambi di regime dipende dal punto di vista. Sul lungo periodo, potrebbe anche accadere che nel nome della “democrazia”, così come era avvenuto per lo slogan “Liberté, Égalité, Fraternité” della Rivoluzione Francese, per “Tutto il potere ai Soviet” della Rivoluzione Bolscevica e per “Tutti gli animali sono uguali…”, si stia in realtà compiendo un passo ulteriore verso una tirannia molto più feroce di quella che si desiderava rovesciare.

Versione originale:

Dr. K R Bolton
Fonte:www.foreignpolicyjournal.com
Link: http://www.foreignpolicyjournal.com/2011/01/18/tunisian-revolt-another-sorosned-jack-up/all/1/
18.01.2011

Versione italiana:

Fonte: http://blogghete.altervista.org/joomla/
Link: http://blogghete.altervista.org/joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=761:nuove-rivoluzioni-color-merda&catid=32:politicainternazionale&Itemid=47#comments
24.01.2011

Traduzione a cura di GIANLUCA FREDA

Note

[1] Open Society Institute, The Burma Network, SE Asia Initiative. http://soros.org/initiatives/bpsai/about

[2] Ad esempio: “A Successful Jasmine Revolution, but what next for Tunisia?”, New Statesman, 15 gennaio 2011.

[3] Robert Cowley, “A Year in Hell,” America and Russia: A Century and a Half of Dramatic Encounters, ed. Oliver Jensen (New York: Simon and Schuster, 1962), pp. 92- 121. Schiff, comproprietario della Kuhn Loeb and Co., finanziò George Kennan per organizzare la ribellione di 50.000 soldati russi in Giappone durante la guerra russo-giapponese e fornì ulteriore supporto anche alla rivoluzione russa del 1917.

[4] M McKinnon, “Georgia revolt carried mark of Soros”, Globe & Mail, November 26, 2003, http://www.theglobeandmail.com/servlet/story/RTGAM.20031126.wxsoros1126/BNStory/Front/

[5] L’associazione Internet Access & Training Program (IATP) di Soros fu istituita come fronte per la creazione di nuovi leader in Bielorussia, Armenia, Azerbaijan, Georgia, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Turkmenistan e Uzbekistan. In Serbia, venne finanziato l’Otpor. Il premio in palio era Trepca in Kosovo, una vasta riserva di oro, argento, piombo, zinco e cadmio.

In un articolo pubblicato sul New Statesman, Neil Clark ha affermato che Soros ha avuto un “ruolo cruciale” nel collasso del blocco sovietico. Fin dal 1979 Soros aveva dato milioni di dollari a Solidarność in Polonia, a Charter 77 in Cecoslovacchia e nel 1984 aveva fondato un suo Ufficio d’Influenza Strategica in Ungheria, “pompando milioni di dollari verso i movimenti d’opposizione.” “Apparentemente finalizzate a costruire una nuova ‘società civile’, queste iniziative erano in realtà progettate per indebolire le strutture politiche esistenti e aprire la strada all’eventuale colonizzazione dell’Europa dell’Est da parte del capitale globale”. Neil Clark, “Soros toppled governments in Poland, Czechoslovakia, Hungary,” New Statesman, 2 giugno 2003.

[6] M MacKinnon, op.cit.

[7] Carl Gershman, “Building a Worldwide Movement for Democracy: The Role of Non-Governmental Organizations”, U.S. Foreign Policy Agenda, Vol. 8, No. 1, August 2003. NED: http://www.ned.org/about/board/meet-our-president/archived-remarks-and-presentations/080103

[8] National Endowment for Democracy, 2009 Grants: http://www.ned.org/where-we-work/middle-east-and-northern-africa/tunisia

[9] Ibid.

[10] Ibid.

[11] National Endowment for Democracy, 2006 Grants: http://www.ned.org/publications/annual-reports/2006-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2006-13

[12] National Endowment for Democracy, 2007 Grants: http://www.ned.org/publications/annual-reports/2007-annual-report/middle-east-and-northern-africa/description-of-2007-13

[13]National Endowment for Democracy, 2008: http://www.ned.org/publications/annual-reports/2008-annual-report/middle-east-and-northern-africa/2008-grants/tunisia

[14] Christopher Alexander, “Tunisia’s Protest Wave: Where it comes form and what it means,” January 3, 2011, Council on Foreign Relations, Foreign Policy, http://mideast.foreignpolicy.com/posts/2011/01/02/tunisia_s_protest_wave_where_it_comes_from_and_what_it_means_for_ben_ali

[15] Tunisia’s only independent radio station fights back,” International Media Support, http://www.i-m-s.dk/article/tunisia%E2%80%99s-only-independent-radio-station-fights-back

[16] Oswald Spengler, The Decline of The West, 1918, 1926. (London : George Allen & Unwin , 1971), Vol. 2, p. 402.

[17] “Gloria Steinem and the CIA: C.I.A. Subsidized Festival Trips: Hundreds of Students Were Sent to World Gatherings,” The New York Times, 21 February 1967. http://www.namebase.org/steinem.html

[18] Mark Riebling, “Tinker, Tailor, Stoner, Spy, Was Timothy Leary a CIA Agent? Was JFK the ‘Manchurian Candidate’? Was the Sixties Revolution Really a Government Plot?,” Osprey, 1994, http://home.dti.net/lawserv/leary.html

[19] Sol Stern: “A Short Account of International Student Politics and the Cold War with Particular Reference to the NSA, CIA, etc,” Ramparts, Marzo 1967, pp. 29-38.

Si veda anche: Philip Agee Jr., “CIA Infiltration of Student Groups: The National Student Association Scandal”, Campus Watch, Autunno 1991, pp. 12-13, http://www.cia-on-campus.org/nsa/nsa2.html

[20] Mike Marqusee, “1968 The mysterious chemistry of social change”, Red Pepper, 6 April 2008, http://74.125.155.132/search?q=cache:Qu0dvzQ7RuIJ:www.redpepper.org.uk/1968-The-Mysterious-Chemistry-

[21] David Lowe, ‘Idea to Reality: NED at 25: Reauthorization’, National Endowment for Democracy: http://www.ned.org/about/history

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[22] Per una storia ufficiale ma ricca di informazioni del CFR, si veda: Peter Grose, Continuing The Inquiry: The Council on Foreign Relations from 1921 to 1996 (CFR, 1996), http://www.cfr.org/about/history/cfr/

[23] “Committees of the Board 1998-1999”, CFR, http://www.cfr.org/content/about/annual_report/ar_1999/100-101committees.pdf (Accessed 8 March 2010).

[24] “Staff,”NED, http://www.ned.org/about/staff (Accessed 7 March 2010). Only a few of the staff profiles are provided by NED.

[25] “POMED Notes: Freedom in the World 2011: The Authoritarian Challenge to Democracy,” http://pomed.org/blog/2011/01/pomed-notes-freedom-in-the-world-2011-the-authoritarian-challenge-to-democracy.html/

[26] Elliot Abrams, “Is Tunisia Next?”, CFR, http://blogs.cfr.org/abrams/2011/01/07/is-tunisia-next/ January 7, 2011.

[27] “Events in Tunisia bear out Hillary Clinton’s warning to Arab world,” Christian Science Monitor, January 14, 2011, http://www.csmonitor.com/USA/Foreign-Policy/2011/0114/Events-in-Tunisia-bear-out-Hillary-Clinton-s-warning-to-Arab-world

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LA TUNISIA E I DIKTAT: COME LA POLITICA ECONOMICA PROVOCA LA POVERTA’ E DISOCCUPAZIONE IN TUTTO IL MONDO

DI MICHEL CHOSSUDOVSKY
globalresearch.ca

Il generale Zine el Abidine Ben Ali, l’ex presidente deposto della Tunisia è definito dai media occidentali, in coro, come un dittatore. 

Il movimento di protesta tunisino è descritto distrattamente come l’effetto di un regime antidemocratico e autoritario, che sfida le norme della “comunità internazionale”.

Ma Ben Ali non era un “dittatore”.  I dittatori decidono e comandano. Ben Ali era un servo degli interessi economci occidentali, un fedele burattino politico che obbediva agli ordini, con il sostegno attivo della comunità internazionale. 

L’ingerenza straniera negli affari interni della Tunisia non è menzionata nei report dei media. Gli aumenti dei prezzi alimentari non erano “imposti” dal governo di Ben Ali. Erano imposti da Wall Street e dal FMI.  
Il ruolo del governo di Ben Ali è stato di far rispettare la micidiale ricetta economica del FMI, che in un periodo di oltre 20 anni ha portato al risultato di destabilizzare la economia nazionale e impoverire la popolazione tunisina.   

Ben Ali come capo di stato non ha deciso nulla di sostanziale. La sovranità nazionale era già perduta. Nel 1987, al culmine della crisi del debito, il governo di sinistra di Habib Bourguiba è stato sostituito da un nuovo regime, fortemente impegnato sulle riforme del “libero mercato”. La gestione macroeconomica sotto la guida del FMI era oramai nelle mani dei creditori esteri della Tunisia. Nel corso degli ultimi 23 anni, la politica economica e sociale della Tunisia è stata dettata dal “Washington Consensus”.

Ben Ali rimase al potere, perché il suo governo obbediva ed attuava in maniera efficace il diktat del FMI, al servizio sia degli USA che della Unione europea.
Questo modello è stato seguito in numerosi paesi.
La continuità delle micidiali riforme del FMI richiede una “sostituzione” del regime. L’instaurazione di un burattino politico assicura l’attuazione del programma neoliberista, creando le condizioni per l’eventuale destituzione di un governo corrotto e impopolare che venga rappresentato come causa dell’impoverimento di un’intera popolazione.

Il movimento di protesta

Non sono Wall Street e le istituzioni finanziarie internazionali con sede a Washington, ad essere il bersaglio diretto del movimento di protesta. L’esplosione sociale si è rivolta contro il governo piuttosto che contro l’ingerenza delle potenze straniere nella conduzione della politica di governo.

Dall’inizio, le proteste non sono partite da un movimento politico organizzato contro l’imposizione delle riforme neoliberiste.

Inoltre, vi sono indicazioni che il movimento di protesta sia stato manipolato al fine di creare il caos sociale, e insieme garantire la continuità politica. Ci sono rapporti non confermati di atti di repressione e di intimidazione da parte di milizie armate nelle principali aree urbane.

La questione importante è come si evolverà la crisi? Come sarà affrontato dal popolo tunisino il più grave problema dell’ingerenza straniera?

Dal punto di vista di Washington e Bruxelles, il regime autoritario impopolare è aspramente criticato allo scopo di sostituirlo con un nuovo governo fantoccio. Le elezioni sono previste sotto la supervisione della cosiddetta comunità internazionale, con i candidati pre-selezionati.
Se questo processo di cambiamento di regime viene effettuato per conto degli interessi stranieri, il nuovo governo dovrà senza dubbio garantire la continuità della politica neoliberista, che è servita a impoverire la popolazione tunisina.
Il governo ad interim guidato dal presidente incaricato Fouad Mebazza è attualmente in una situazione di stallo, con una feroce opposizione proveniente dal movimento sindacale (UGTT). Mebazza ha promesso di “rompere con il passato”, senza peraltro precisare se ciò significhi l’abrogazione delle riforme economiche neoliberiste.

Cenni storici
I media in coro hanno presentato la crisi in Tunisia come una questione di politica interna, senza una visione storica. La presunzione è che con la rimozione del “dittatore”e la instaurazione di un governo regolarmente eletto, la crisi sociale finirà per essere risolta.

La prima “rivolta del pane” in Tunisia risale al 1984. Il movimento di protesta del gennaio 1984 è stato motivato da un aumento del 100 per cento del prezzo del pane. Questo ricaro era stato chiesto dal FMI nel quadro del programma di aggiustamento strutturale (SAP) della Tunisia. L’eliminazione dei sussidi alimentari era di fatto una condizione del contratto di prestito con il FMI.


Il Presidente Habib Bourguiba, che aveva svolto un ruolo storico nella liberazione del suo paese dal colonialismo francese, dichiarò lo stato di emergenza in risposta ai disordini:

     Mentre risuonavano gli spari, le truppe della polizia e dell’esercito in jeep e blindati occupavano la città per sedare la “rivolta del pane”. La dimostrazione di forza infine produsse una calma inquieta, ma solo dopo che più di 50 manifestanti e passanti erano stati uccisi. Poi, in una drammatica trasmissione radiotelevisiva di cinque minuti, Bourguiba annunciò che avrebbe riportato indietro l’aumento dei prezzi. (Tunisia: Bourguiba Lets Them Eat Bread – TIME, gennaio 1984)

In seguito alla ritrattazione del presidente Bourguiba, l’impennata del prezzo del pane fu invertita. Bourguiba licenziò il suo ministro degli Interni e rifiutò di rispettare le richieste del Washington Consensus.

L’agenda neoliberista comunque aveva sortito i suoi effetti, portando all’inflazione galoppante e alla disoccupazione di massa. Tre anni dopo, Bourguiba e il suo governo furono rimossi in un colpo di stato incruento “per motivi di incompetenza”, portando all’insediamento del presidente generale Zine el Abidine Ben Ali nel novembre 1987. Questo colpo di Stato non era diretto contro Bourguiba, era destinato a smantellare in modo permanente la struttura politica nazionalista inizialmente istituita a metà degli anni ’50, per poter così privatizzare i beni dello Stato.

Il colpo di stato militare, non solo segnò la fine del nazionalismo post-coloniale che era stato guidato da Bourguiba, ma contribuì anche a indebolire il ruolo della Francia. Il governo di Ben Ali era allineato a Washington piuttosto che a Parigi.
Pochi mesi dopo l’insediamento di Ben Ali’ a presidente del paese, venne firmato un accordo importante con il FMI. Fu raggiunto anche un accordo con Bruxelles sull’istituzione di un regime di libero scambio con l’UE. Un ampio programma di privatizzazioni fu messo sotto il controllo della Banca Mondiale e del FMI. Con paghe orarie dell’ordine di 0.75 euro all’ora, la Tunisia diventò inoltre una sacca di manodopera a buon mercato per l’Unione Europea.

Chi è il dittatore?
Una revisione dei documenti del FMI suggerisce che dall’instaurazione di Ben Ali’ nel 1987 ad oggi, il suo governo si era attenuto fedelmente alle condizioni del FMI- Banca mondiale, compreso il licenziamento dei lavoratori del settore pubblico, l’eliminazione dei controlli sui prezzi dei beni di consumo essenziali e l’attuazione di un ampio programma di privatizzazioni. La sospensione delle barriere commerciali ordinata dalla banca mondiale portò ad un’ondata di fallimenti.
A seguito di queste dislocazioni dell’economia nazionale, le rimesse degli operai tunisini dall’ Unione Europea divennero una fonte sempre più importante di valuta estera. Ci sono circa 650.000 tunisini che vivono oltremare. Le rimesse totali degli emigranti nel 2010 sono state dell’ordine di US$ 1.960 miliardi di USD, in aumento del 57 per cento rispetto al 2003. Una grande parte di queste rimesse in valuta sono usate per servire il debito estero del paese.
L’aumento speculativo nei prezzi mondiali degli alimenti.
Nel settembre 2010, è stata raggiunta un’intesa fra Tunisi ed il FMI, che raccomandava la rimozione delle ultime sovvenzioni come mezzo per realizzare l’equilibrio fiscale: 
 
Il rigore fiscale rimane una priorità assoluta per le autorità [tunisine], che sentono l’esigenza nel 2010 di continuare con una politica fiscale rigorosa nel contesto internazionale corrente. Gli sforzi sostenuti nell’ultima decade per abbassare il livello del debito pubblico non dovrebbero essere compromessi da una politica fiscale troppo lassista. Le autorità sono impegnate a controllare saldamente le spese correnti, comprese le sovvenzioni… http://www.imf.org/external/pubs/ft/scr/2010/cr10282.pdf

Vale la pena notare che l’insistenza del FMI sull’austerità fiscale e la rimozione delle sovvenzioni hanno coinciso cronologicamente con un nuovo aumento nei prezzi degli alimenti sui mercati di Londra, di New York e di Chicago. Questi aumenti dei prezzi sono in gran parte il risultato di operazioni speculative da parte di importanti interessi finanziari e corporativi del settore dell’agribusiness. Sono il risultato di un’autentica manipolazione (non di penuria), e hanno impoverito la gente a livello globale. La corsa nei prezzi degli alimenti costituisce una nuova fase del processo dell’impoverimento globale. 
“I media hanno fuorviato l’opinione pubblica sulle cause di questi aumenti dei prezzi, fissando l’attenzione quasi esclusivamente sugli aumenti dei costi di produzione, il clima ed altri fattori che riducono l’offerta e che potrebbero contribuire ad accrescere il prezzo degli alimenti.
Anche se questi fattori possono entrare in gioco, sono di importanza limitata nella spiegazione dell’aumento impressionante e drammatico nei prezzi dei beni. Essi sono in gran parte il risultato di manipolazioni del mercato. Sono in gran parte attribuibili alle operazioni speculative sui mercati delle merci. I prezzi del grano sono stati amplificati artificialmente da speculazioni su grande scala nei mercati a termine di Chicago e di New York. …
La speculazione sul grano, il riso o il mais, si può fare senza nessuno scambio reale di merci. Le istituzioni che speculano nel mercato del grano non sono necessariamente coinvolte nella vendita o nella reale consegna del grano. 
 
Le transazioni possono usare i fondi indicizzati sulle materie prime che sono scommesse sul movimento rialzista o ribassista dei prezzi dei beni. Una “put option” è una scommessa sul ribasso del prezzo, una “call option” è una scommessa sul rialzo. Con manipolazioni concordate, gli investitori istituzionali e le istituzioni finanziarie possono far salire il prezzo e quindi scommettere su un movimento rialzista di una materia prima in particolare. 
 
La speculazione genera la volatilità del mercato. A sua volta, l’instabilità che ne risulta incoraggia l’ ulteriore attività speculativa. 
 
I profitti sono realizzati quando il prezzo sale. Per contro, se lo speculatore gioca al ribasso, vendendo sull mercato, guadagnerà quando il prezzo sprofonda.
Questo recente rialzo speculativo nei prezzi degli alimenti è stato causa di una carestia su scala mondiale senza precedenti” (Michel Chossudovsky, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8877

Dal 2006 al 2008, c’è stato un drammatico rialzo nei prezzi di tutte le importanti materie prime alimentari, compreso riso, grano e mais. Il prezzo del riso è triplicato nell’arco di cinque anni, da circa 600 $ la tonnellata nel 2003 a più di 1800 $ la tonnellata nel maggio 2008. (Michel Chossudovsky, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=9191 , per ulteriori particolari, si veda Michel Chossudovsky, http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=20425
Il recente rialzo nel prezzo del grano rientra in un aumento del 32 per cento dell’ indice composito dei prezzi degli alimenti della FAO registrato nella seconda metà del 2010.
I prezzi in ascesa dello zucchero, del grano e dei semi oleosi hanno portato a un record nei prezzi mondiali degli alimenti a dicembre, superando i livelli del 2008 quando il costo del cibo ha fatto scoppiare tumulti nel mondo e lanciare avvertimenti sui prezzi entrati in “zona pericolosa”.
Un indice mensile delle Nazioni Unite a dicembre superava il picco mensile precedente – del giugno 2008 – per raggiungere il livello più elevato dal 1990. Pubblicato dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura con sede a Roma (la FAO), l’indice riporta i prezzi di un paniere di cereali, semi oleosi, latticini, carne e zucchero, aumentato per sei mesi consecutivi“; (The Guardian, 5 gennaio 2011)

Amara ironia: in un contesto di aumento dei prezzi degli alimenti, il FMI suggerisce la rimozione delle sovvenzioni allo scopo di raggiungere l’obiettivo dell’ austerità fiscale. 
Manipolazione dei dati su povertà e disoccupazione
 
Un’atmosfera di disperazione sociale prevale, le vite della gente sono distrutte. Mentre il movimento di protesta in Tunisia è visibilmente il risultato diretto di un impoverimento totale, la banca mondiale sostiene che i livelli di povertà sono stati ridotti dalle riforme di liberalizzazione del mercato adottate dal governo del Ben Ali. 
Secondo il rapporto sul paese della Banca Mondiale, il governo tunisino (con il supporto delle istituzioni di Bretton Woods) è stato fondamentale nel ridurre i livelli di povertà al 7 per cento (inferiore sostanzialmente a quello registrato negli Stati Uniti e nell’UE):
La Tunisia ha realizzato notevoli progressi nell’equità dello sviluppo, nel combattere la povertà e nel raggiungimento di buoni indicatori sociali. Ha riportato un tasso di crescita medio del 5 per cento in questi ultimi 20 anni, con un aumento constante nel reddito pro capite e un aumento corrispondente nel benessere della popolazione che registra un livello di povertà del 7%, fra i più bassi nella regione.
L’aumento constante nel reddito pro capite è stato il motore principale per la riduzione della povertà. … Le strade nelle aree rurali sono state particolarmente importanti nell’aiutare i poveri di queste aree a collegarsi ai mercati ed ai servizi urbani. I programmi sulle abitazioni hanno migliorato il livello di vita dei poveri ed inoltre hanno reso disponibile il reddito risparmiato per la spesa in alimenti e articoli non-alimentari, con impatti positivi di attenuazione della povertà. I sussidi alimentari, destinati ai poveri, anche se non in maniera ottimale, hanno tuttavia aiutato i poveri urbani. (Banca mondiale – Tunisia – Country Brief)

Queste stime sulla povertà, senza accennare ad alcuna “analisi” economica e sociale, sono autentiche montature. Presentano il libero mercato come il motore di un’attenuazione della povertà. L’impalcatura analitica della Banca Mondiale è usata per giustificare un processo di “repressione” economica che è stato applicato universalmente in più di 150 pæsi in via di sviluppo.
Con il 7 per cento della popolazione che vive nella povertà (come suggerito dalla “stima” della banca mondiale) e il 93 per cento della popolazione coi bisogni fondamentali soddisfatti in termini di alimenti, abitazione, salute e formazione, non ci sarebbe stata crisi sociale in Tunisia. 
La Banca Mondiale è attivamente impegnata nella manipolazione dei dati e nella distorsione della difficile situazione sociale della popolazione tunisina. 
Il tasso di disoccupazione ufficiale è al 14 per cento, ma il livello reale di disoccupazione è molto più alto. La disoccupazione giovanile registrata è dell’ordine del 30 per cento. I Servizi Sociali, compreso la sanità e la formazione sono sprofondate nell’urto delle misure di austerità economica della Banca Mondiale e del FMI . 
Più in generale, “la dura realtà economica e sociale che sta alla base dell’intervento del FMI consiste nei prezzi degli alimenti in ascesa, carestie a livello locale, licenziamenti massicci degli operai urbani e degli impiegati pubblici, e distruzione dei programmi sociali. Il potere di acquisto interno è sprofondato, ospedali e scuole sono stati chiusi, a centinaia di milioni di bambini è stato negato il diritto all’istruzione primaria.”; (Michel Chossudovsky, Global Famine, op cit.)

Versione originale:

Michel Chossudovsky
Fonte: www.globalresearch.ca
LinK:http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22867
20.01.2011

Versione italiana:

Fonte: http://vocidallestero.blogspot.com/
Link: http://vocidallestero.blogspot.com/2011/01/la-tunisia-e-i-diktat-del-fmi-come-la.html
23.01.2011

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