DI GIANCARLO NICCOLAI
byoblu.com
C’è un po’ di confusione sull’Economia, su che cos’è e a che cosa serve. E’ comprensibile, visto l’uso scriteriato e folle che ne ha fatto Monti, assieme a molti altri. Se seguite Byoblu.com sapete più o meno tutto quello che c’è da sapere, ma quello che forse non si è ancora capito bene, però, è che coloro che si definiscono “economisti”, ossia scienziati che studiano l’economia, hanno decretato la “morte dell’economia di mercato” da almeno quarant’anni. Gli studi di Stiglitz, Fitoussi, Kenneth Arrow e Brian Arthur, solo per citarne alcuni, indicano chiaramente che la festa è finita.
Per capire perché la festa è finita, bisogna capire che il mercato non può gestire beni a prezzo infinito, come la salute o l’acqua nel deserto. Né può gestire beni pubblici come la sicurezza e le infrastrutture. E neanche beni ad informazione asimmetrica, come le assicurazioni o i titoli finanziari derivati. Scientificamente, si dimostra che il mercato fallisce nel gestire questi problemi. Significa che non si trova un prezzo di equilibrio, o il prezzo è assurdo, o in costante ed erratica variazione.
Ma il colpo di grazia lo danno le economie di scala crescenti. Ossia, quei prodotti nuovi nella storia dell’umanità che possono essere prodotti all’infinito con un costo per copia via via decrescente. In tutte le teorie economiche, neoclassiche, austriache, keinesiane, marxiste, monetariste ecc. vige l’assunto che se produco un certo numero di pezzi di un prodotto, ogni copia in più mi farà guadagnare un po’ di meno della copia precedente. Scorte, invenduti, problemi di gestione, materie prime che mano a mano che le uso costano di più, maggiore disponibilità di beni sul mercato ecc. sono tutti fattori che riducono il prezzo ed aumentano il costo di produzione. Ad un certo punto produrre l’ennesimo pezzo mi frutterà zero: andare oltre diventerebbe un costo.
Ma da un po’ di tempo, per molti mercati, le cose non stanno più così. Nei mercati ad alto contenuto di tecnologia (software, hardware innovativo, strumenti finanziari negoziati elettronicamente, alcuni tipi di servizi ad alta automazione come i servizi bancari, musica, cinema, televisione) i prodotti possono essere “stampati” all’infinito. In alcuni di questi mercati, addirittura, il prezzo di un bene tende ad aumentare mano a mano che esso diventa più diffuso. Ad esempio la pubblicità su Google. Tutte le teorie economiche studiate fino oggi, tutte quante, sono finite. I (neo)classici i (neo)Keinesiani, i (neo)Monetaristi e così via sono completamente fuori rotta. La stessa idea di PIL è inutile, sia nella finanza derivata come persino nell’economia reale, per esempio con mercati come quello del software, dei servizi tecnologici (motori di ricerca, social network), oppure dei “contenuti multimediali” che da soli e in pochi anni hanno fatto ormai mezzo PIL mondiale.
Serve un cambio di paradigma, e il momento è adesso. Al di là dell’inganno dell’Euro, che crea un sistema di vasi comunicanti al contrario, permettendo a chi ha un vantaggio iniziale di crescere a dismisura a danno degli altri, e al di là delle ideologie di destra degli “uomini forti”, per le quali la troppa democrazia fa male all’economia, il giocattolo si è rotto. Lo ha rotto un prodotto che non si può limitare, non si può pesare, perché nel momento stesso in cui lo pensi, ne hai creato di nuovo: il pensiero. Nessuna ricetta tradizionale basata sulla creazione di circoli auto-alimentati di scambio fra produzione e moneta, che sia essa la follia inflazionistica Barnardiana, o la lucida demenza dell’omicidio collettivo dell’austerità Montiana, può porre rimedio a questa situazione. E allora?
E allora si studia! Si studia come possiamo vivere senza moneta, o almeno senza la possibilità di accumularla. Gli “economisti contro” (contateli: per titolo e numero: sono di gran lunga la maggioranza) propongono a gran voce teorie consolidate. Fanno bene, perché se almeno quelle fossero state seguite, se almeno il reganismo non avesse imposto al mondo l’idea assurda di sottoporre al mercato le operazioni che – era pacifico fra gli scienziati – il mercato era matematicamente incapace di gestire, almeno avremmo guadagnato un po’ di tempo. Ma anche quelle soluzioni proposte dagli “economisti contro”, che forse avrebbero potuto essere adeguate prima che la situazione fosse compromessa, ora sono inutili.
“Decrescita” è una parola che ogni tanto risuona nei media, ma come un fantasma agghiacciante dal quale tenersi lontano. “L’orto sovversivo” è un concetto che pare, in qualche modo, solo grillino. Eppure vi sono studiosi seri e teorie solide, simposi periodici, intense e ferventi attività di ricerca applicata, pura, intellettuale e filosofica. Herman Daly è uno dei primi a proporre l'”economia a stato stazionario“, ossia un’economia della non-crescita. E siamo ancora nel mondo dell’economia che ha una moneta, sebbene sia virtualmente impossibile accumularla all’infinito, dal momento che lo stock è fisso. Ma con una popolazione terrestre che si avvia a raddoppiare nell’arco dei prossimi cinquant’anni, anche le teorie economiche a stato stazionario entrano in crisi.: Infatti, il primo fattore per il mantenimento della stabilità economica è la stabilità demografica.
E allora c’è chi va oltre. C’è chi prova a pensare ad un’economia senza moneta fatta di soli scambi. Grazie alle tecnologie moderne, grazie alla possibilità di organizzare i flussi di lavoro, di produzione dei servizi, del pensiero nel modo più razionale possibile. Determinando in tempo reale di cosa c’è bisogno – e dove ce n’è bisogno – è possibile costruire un’economia che non necessita della funzione di riserva della moneta. Un mondo dove vali per quello che dai alla comunità e la comunità c’è sempre e comunque, quando tu hai bisogno.
E sapete dove si studia questa cosa? Beh, in molti posti ma, per ora, l’unico esperimento su larga scala è opera di un professore della Bocconi. Sì, la Bocconi: il pericoloso covo di squali della finanza, il tempio di Monti. E’ lì che Massimo Amato sta realizzando su vasta scala un esperimento che, senza le potenzialità dell’informatica, sarebbe stato pura utopia. A Nantes le aziende si pagano così: lavorando le une per le altre, attraverso un sistema di rete diffuso di “crediti e disponibilità” che tutti i partecipanti al sistema possono verificare, in tempo reale.
Dimenticavo; anche io sono uscito dalla Bocconi, e proprio sotto il rettorato di Monti. È lì che, per quattro anni, mi hanno ripetuto che le teorie economiche classiche fallivano miseramente alla prova dei fatti. Dei docenti che ho conosciuto, nessuno aveva una linea di pensiero che si sarebbe potuta ritenere affine a quella mostrata da Monti in questo periodo. Credo, nemmeno Monti stesso. E non credo che Monti non sappia quello che sta facendo: sono abbastanza convinto che in qualche modo creda che la sua linea di azione comporti il male minore.
Ma quello che non ho ancora capito, e credo di poter dire anche molti bocconiani insieme a me, è: il male minore “di chi”?
Giancarlo Niccolai
Fonte: www.byoblu.com
Link: http://www.byoblu.com/post/2012/05/29/La-prova-che-Monti-mente-arriva-dalla-Bocconi.aspx
29.05.2012