Di Francesca Picone per ComeDonChisciotte.org
Già la vita degli attivisti per la Pace residenti in Israele era resa difficile, oltre che dal lutto, dall’incomprensione di un’ortodossia che non ammettendo una pacifica convivenza fra palestinesi ed israeliani, questa Pace non la voleva (e non la vuole). Cosa accade a queste vie della pace dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023? Resistono in molte, come resiste la Comunità Navè Shalom [1]. Eppure, c’è chi queste vie come le convinzioni di queste persone le dice in agonia.
La CNN, il 3 dicembre, a pochi mesi da quel 7 ottobre 2023, con il titolone (tradotto in italiano): “Perché gli attivisti della pace israeliani stanno rivalutando la loro posizione sulla guerra“ vorrebbe farci credere che la pace ha fatto due passi indietro, e così non è. Sotto il titolo ingannatore leggiamo l’intervista fatta a Ziv Stahl, direttrice esecutiva di Yesh Din, che pur avendo perso una sorella in questo attacco afferma: “Non parlo di cessate il fuoco ad ogni costo. Israele ha il diritto di difendersi e proteggere i propri cittadini, ma non indiscriminatamente o al costo della vita di migliaia di Palestinesi” [2].
Mentre quasi si applaude all’indietreggiamento di Ziv Sthal dal pubblico dibattito sul ‘cessate il fuoco’, si riportano invece i pericoli cui vanno incontro questi attivisti della pace che persistono nelle loro idee: “Nei primi di novembre quattro leaders politici palestinesi di alto profilo sono stati arrestati per aver preso parte ad una silenziosa protesta contro la guerra”.
Il movimento per la Pace in Israele non torna indietro (go back), ma combatte ancora (fight back) [3].
Alon-Green, il coordinatore nazionale di Standing Together, un movimento per la pace israeliano che mette insieme palestinesi ed israeliani, alla domanda su cosa sia importante da dire riguardo ai fatti del 7 ottobre, afferma: “Penso sia importante ricordare che nella maniera più cruda possibile noi siamo tutti vittime di questa realtà“.
Attivista per la pace e contro l’occupazione, continua parlandoci della delegittimazione della pace per cui agli attivisti non è permesso parlare di pace, dei palestinesi rinchiusi tra i bombardamenti, continua affermando che questa violenza non viene solo da Hamas ma dall’estabilishement, affermando inoltre: “Io comprendo la rabbia, comprendo anche i sentimenti di vendetta, è una risposta naturale, ma se agisci a partire da questi sentimenti di vendetta o di rabbia, è qualcosa che crea più problemi e più violenza e non abbiamo bisogno di questo adesso”. Insiste ancora dicendo che considerare perfino tutti i bambini palestinesi come terroristi “non è una buona strategia per raggiungere una vita quieta e la fine della guerra“.
Oggi più che mai resistono i movimenti per la pace, come quello delle donne [4] di Women Wage Peace che per quanto, come tutti, abbiano vissuto lo shock, per quanto abbia trovato la morte quel 7 ottobre la loro fondatrice, Vivian Silver [5], vedono ancora e sempre questa battaglia per la pace in luogo dell’obbligo militare, come l’unica e sola risposta.
Di Francesca Picone per ComeDonChisciotte.org
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NOTE:
[3] https://www.youtube.com/watch?v=R3Fq6gGcd4s
[4] https://www.vita.it/lattivista-israeliana-la-difesa-migliore-e-la-costruzione-della-pace/
[5] https://www.quotidiano.net/esteri/morta-vivian-silver-attacco-hamas-ts3zrrdv