DI PEPE ESCOBAR
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Potreste aver sentito parlare dell’N-11. Sì, un altro intruglio di Goldman Sachs, per il beneficio di quegli eletti – gli “investitori globali”. Questi sono i prossimi BRICS, il nuovo potere emergente.
L’N-11 è composto da: Bangladesh, Egitto, Indonesia, Iran, Corea del Sud, Messico, Nigeria, Pakistan, Filippine, Turchia e Vietnam. Alcune di esse potrebbero addirittura entrare a far parte del gruppo dei BRICS.
Nel momento in cui il regime delle sanzioni svanisse, probabilmente verso l’inizio del 2016, l’Iran diventerà il più figo degli N-11. È difficile competere con il suo spessore: un mercato da 80 milioni di persone, principalmente con una buona educazione, un capitale umano misto più attrattivo di quello turco e sul fronte più importante, quello energetico, una combo di petrolio in quantità pari all’Arabia Saudita, di gas pari alla Russia e presumibilmente più risorse minerarie dell’Australia.
A breve sarà di nuovo sui mercati internazionali smanioso di vendetta. Si tratta di una scossa economica di portata mondiale.
Salta sulla carovana
Nonostante il duro pacchetto di sanzioni ONU/USA/UE – che Teheran ha sempre definito illegali ed ingiuste – l’Iran ha costruito una solida base industriale nel Sudovest Asiatico. Fa parte, ad esempio, dei maggiori 15 produttori di acciaio e di automobili. È il maggior esportatore al mondo di cemento, pistacchi, zafferano e caviale.
PER SAPERNE DI PIU’: https://www.rt.com/news/310276-un-resolution-iran-deal/
L’Iran è ben posizionato tra i leader mondiali in nanotecnologie e nella ricerca sulle cellule staminali. È ufficialmente la potenza scientifica del Sudovest Asiatico: il 17° al mondo per divulgazione di articoli scientifici – davanti a Turchia ed Israele. Per non menzionare l’Arabia Saudita, leader mondiale di, beh, decapitazioni.
Quando verranno tolte le sanzioni l’Iran sarà in grado di spingere la sua già diffusa industria e le infrastrutture scientifiche. Sarà una bella incognita per l’alta tecnologia occidentale. Al momento, le scoperte tecnologiche vengono da membri dei BRICS come Cina, Russia e India.
Le firme sull’accordo di Losanna si stavano ancora asciugando quando una carovana di multinazionali – europee ed asiatiche – ha iniziato a bussare alla porta dei Persiani, per prendere i posti migliori alla (ri)apertura del bazar iraniano.
Per quanto riguarda l’energia ci sono i giganti europei Royal Dutch Shell e Eni, l’ambasciatore francese negli USA Gerard Araud è stato costretto a placare i falchi al Consiglio Atlantico con un fatto piuttosto ovvio “sul serio, noi abbiamo perso un sacco di soldi, non gli Stati Uniti”, Araud ha fatto notare come le aziende europee siano state costrette a rispettare delle sanzioni imposte dagli USA. Ha aggiunto “per cui smettete di fare la parte dei moralisti”.
Gli inviati russi, dal canto loro, stanno esplorando l’Iran da mesi, scambiando dati politici, economici e militari. Le relazioni tra Iran e Russia, molto cordiali, sono basate sul pragmatismo.
PER SAPERNE DI PIU’: http://www.rt.com/news/273553-iran-nuclear-deal-highlights/
La possibilità concreta che l’Iran cominci a vendere enormi quantità di gas all’UE è ovviamente un argomento molto delicato per Mosca – specialmente dato che questo nuovo corso è sostenuto direttamente da Washington. Per la Russia dovrebbe essere un rischio relativamente a breve termine, al massimo fino al 2020, perchè a lungo termine la Gazprom avrà il suo miglior partner commerciale nella Cina – e nel resto dell’Asia. Cinque anni sono quello che serve per espandere la rete del “Gasdottistan” attraverso la Siberia verso la Cina.
C’è sempre a portata di mano il win-win cinese: man mano che l’embargo sulle armi convenzionali verrà sollevato, Teheran comprerà sempre più armi russe, non solo i sistemi missilistici S-400.
Boeing o Airbus?
Dopo le sanzioni, l’Iran guadagnerà il massimo vantaggio di uno dei suoi punti forti: la posizione. L’Iran è il fulcro di connessione tra Europa, Asia Centrale, Caucaso e Sudovest Asiatico – ciò che l’occidente chiama Medio Oriente. È proprio in mezzo alle nuove vie della seta che la Cina vuole implementare e un candidato ideale a far parte dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE) – aumentando i commerci con l’Asia Centrale, con Kazakistan e Kyrgyzistan.
Iran, Afghanistan e Tagikistan condividono addirittura la stessa lingua – il Persiano e i suoi derivati, Dari e Tagico. Le nazioni attorno all’Iran – dall’Afghanistan all’Armenia, alla Turchia, al Turkmenistan – vedranno un’immediata crescita degli scambi commerciali, dopo che le sanzioni non erano comunque state in grado di fermare i commerci al confine.
PER SAPERNE DI PIU’: http://www.rt.com/business/273814-iran-oil-contracts-production/
Un boom dell’industria turistica iraniana è inevitabile – che attrarrà clienti dall’Europa, dall’Asia e da tutti i paesi che ci sono nel mezzo. L’industria navale – già in buono stato – prospererà. Ovviamente serviranno anche molti aerei passeggeri.
Una delle più folli conseguenze delle sanzioni volute dagli USA è che per decenni, le compagnie di volo iraniane sono state costrette ad acquistare e far riparare i propri velivoli al mercato nero. Un paio di mesi prima che l’accordo di Vienna fosse siglato, c’è stato il caso della Mahan Air, la seconda compagnia iraniana, che ha dovuto comprare nove velivoli appoggiandosi ad una società di facciata irachena.
L’Iran avrà bisogno di almeno 400 velivoli nei prossimi dieci anni. Il capo dell’aeronautica iraniana, Farhad Parvaresh, non è solo interessato ai Boeing 777 e 787, ma anche all’Airbus A321 e non scarta nemmeno il nuovo 747-8, che la Boeing fatica a vendere.
Ora immaginatevi le compagnie iraniane che estendono le loro tratte alle capitali europee ed asiatiche. Ciò creerà forte competizione alla Turkish Airlines, Emirates, Etihad e Qatar Airways, attirando tutti quelli che vivono e lavorano tra l’Asia Centrale e il Caucaso.
Gas Gas Gas
L’Iran a breve ritornerà ai livelli di esportazioni di greggio di prima del 2012, 2.5 milioni di barili al giorno. Al momento è circa a 1.5 milioni di barili al giorno – a causa dell’inarrestabile campagna di Washington di perseguire i clienti dell’energia iraniana come Corea del Sud, Giappone ed UE. La Cina, ancora in crescita del 7% annuo, resta la prima scelta. Entro il 2018, con le altre economie asiatiche come India ed Indonesia in crescita, le esportazioni iraniane aumenteranno sicuramente.
PER SAPERNE DI PIU’: http://www.rt.com/news/273751-iran-deal-implementation-critics/
Secondo le stime dell’Ente Nazionale Petrolifero Iraniano (NIOC), Teheran sarebbe già pronta ad aggiungere da 600.000 a 1 milione di barili al giorno al mercato globale. Ciò significa un’ulteriore discesa dei prezzi nel prossimo futuro – della quale beneficeranno i non produttori di petrolio con alta popolazione, come Egitto e Pakistan. Dal punto di vista pakistano, ciò si concretizza nella fine di una delle telenovele del “Gasdottistan”: il gasdotto IP (Iran-Pakistan). La tratta pakistana è finanziata dalla Cina. Dal punto di vista Egiziano, ciò si traduce in minori costi di trasporto e un aumento del traffico nel canale di Suez.
Gli Emirati Arabi Uniti sono un argomento più complesso. Dubai ne avrà grande beneficio, essendo già un centro commerciale/bancario iraniano dove sono depositati miliardi di dollari di fondi in dollari USA. Però l’obiettivo dell’Iran è di riguadagnare fette di mercato a discapito dei suoi competitor del Golfo, tra cui gli Emirati. Aggiungiamo il fatto che le riserve saudite stanno calando lentamente – dato che vengono investite per bombardare lo Yemen.
Ovunque si guardi l’integrazione eurasiatica – con l’Iran come protagonista – procede a spron battuto.
Il Presidente iraniano Hassan Rouhani si è incontrato con il Primo Ministro indiano Narendra Modi al termine del summit dei BRICS/SCO ad Ufa. Rouhani si aspetta che l’India investa 8 miliardi di dollari in progetti di infrastrutture – incentrati sullo sviluppo del porto strategico di Chabahar nel Golfo di Oman. L’india sta già affittando due attracchi al porto, usandoli come terminal cargo multifunzione. Il prossimo passo è aiutare a costruire il secondo ed il terzo terminal, insieme ad una ferrovia che li colleghi al resto dell’Iran.
Chabahar non sarà l’unico sbocco iraniano sull’Asia Centrale, ma aprirà anche una via d’accesso all’Afghanistan, difficilmente raggiungibile via terra. Sia l’India sia l’Iran sono molto attivi in Afghanistan – sul fronte commerciale e su quello della sicurezza.
Il problema siriano
Uno dei più grossi “segreti” a Bruxelles è sempre stato il bruciante desiderio dell’UE di fare affari energetici con l’Iran. Secondo i numeri del Parlamento Europeo, l’Iran potrebbe presto esportare più di 150 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Paragonateli ai 140 che oggi la Gazprom esporta in UE.
Le riserve dell’Iran sono le seconde a livello mondiale per dimensione dopo la Russia, il 15.8% del totale. L’Iran detiene il più grande giacimento marino di gas al mondo: il South Pars/North Dome nel Golfo Persico, in parte condiviso con il Qatar. Quindi il “Gasdottistan” è necessario. Per ovvie ragioni, non c’è un condotto iraniano diretto verso l’UE – per ora. Esiste il gasdotto Tabriz-Ankara, dall’Iran alla Turchia, che dovrebbe essere prolungato, creando un “gasdotto persiano” di 3.000 Km attraverso la Turchia da est ad ovest, con una connessione marina con l’Italia, dove si suddividerebbe in due sezioni: nord e sud, per alimentare Francia, Germania, Austria, Svizzera e Spagna.
Questo è il sogno erotico principale non solo di Bruxelles, ma anche di Washington, perchè implicherebbe l’esclusione della Russia. Completando il gasdotto persiano, l’UE potrebbe presto importare 30 miliardi di metri cubi all’anno, ovvero l’esportazione della Gazprom verso Italia e Germania del 2013.
Ciò che accadrà in Iran d’ora in poi influenzerà pesantemente, in contemporanea, la Siria e l’Ucraina. La Gazprom sta già pianificando di saltare in toto l’Ucraina per esportare il gas verso l’UE. Quindi l’Ucraina, dal punto di vista del traffico energetico, è un pollo morto per l’UE – in aggiunta al fatto che ormai è in pratica uno stato fallito.
Il caso della Siria è molto più complesso. Il gasdotto Iran-Iraq-Siria del valore di 10 miliardi di dollari resta ancora in gioco. È, ovviamente, una delle ragioni per cui Turchia e Qatar sono ossessionati dal cambio di regime a Damasco, e coinvolti nella distruzione della Siria. Perchè il gasdotto rivale sarebbe qatariota, passando attraverso la fantasiosa “amica dei Sunniti”, Siria, dominata dalla Fratellanza Musulmana.
Quindi tutto dipende da una scelta strategica dell’UE e dei suoi colossi dell’energia. Investiranno nel gasdotto Iran-Iraq-Siria, supportando l’attuale regime di Damasco? Comporterebbe il dover combattere – per davvero – la minaccia dell’ISIS/ISIL/Daesh, le cui conquiste in “Siriaq”hanno molto a che fare con il mantenere i due stati disuniti e incapaci di pianificare e coordinare un progetto tanto strategico quanto un cordone ombelicale di acciaio.
È compito dell’UE dirimere questa politica energetica, discussa da sempre, ma mai portata ad una vera definizione. Se verrà presa una decisione strategica, l’Iran è ciò di cui l’UE ha bisogno. Di conseguenza i colossi energetici dell’UE si impegnerebbero nell’investire pesantemente per migliorare la capacità iraniana di raffinare e per accelerare la costruzione del condotto persiano.
Ci sono già importanti movimenti in atto. Le società iraniane hanno appena siglato un accordo da 2.3 miliardi di dollari per costruire 1.300 Km dell’Iran Gas Trunkline-6 (IGAT-6), che si collega al South Pars. Questa sarà fondamentale per aumentare le esportazioni di gas iraniano attraverso l’Iraq.
Il mantra iniziale della Rivoluzione Islamica in Iran era “nè ad Est nè ad Ovest”. Secondo la mia osservazione dei diplomatici iraniani alle prese con le negoziazioni sul nucleare a Vienna, è ragionevole pensare che l’Iran del dopo-sanzioni metterà in atto quel mantra alla lettera. E lo farà con un mix persiano unico di aggressiva – o eroica – difesa e un’offesa intrigante.
Pepe Escobar è autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007), Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge (Nimble Books, 2007), e Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009). Può essere contattato a [email protected].
Fonte: http://rt.com/
Link: http://www.rt.com/op-edge/310475-apparoaching-persian-gold-rush/
22.07.2015
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