di TIRIVANGANI MASAW
The Southern Times
Windhoek – L’Africa meridionale
è diventata il campo di battaglia nella nuova corsa alle risorse, con gli Stati Uniti che cercano di estromettere l’influenza cinese al fine di assicurarsi l’accesso a minerali di importanza strategica, soprattutto per l’uso militare. Quel che più preoccupa è che lo stesso esercito USA potrebbe entrare in gioco direttamente, nei prossimi venti anni, per mettere le mani su questi minerali strategici.
Secondo uno studio condotto dal
dottor Stephen Burgess, originario dello Zimbabwe e professore associato presso l’US Air War College, per assicurarsi le risorse dell’Africa Meridionale Washington deve usare gli strumenti forniti da Dipartimento della Difesa, dalla National Security Agency e dall’African Command (AFRICOM). Secondo lo studio, intitolato “Sostenibilità dei Minerali Strategici nell’Africa Meridionale, potenziali conflitti e alleanze”, gli Stati Uniti devono muoversi velocemente al fine
di assicurarsi l’approvvigionamento dall’Africa Meridionale di uranio,
manganese, platino, cromo, cobalto e terre rare per coprire il fabbisogno
della propria industria civile e militare e per la manutenzione dei
sistemi bellici.
Lo studio analizza l’accessibilità a queste risorse nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), Namibia,
Sud Africa, Zambia e Zimbabwe, e delinea un parallelismo con la corsa
degli anni intorno al 1880 per l’accesso alle risorse del continente
africano. Per vincere questa corsa, nota Burgess, gli USA devono essere
pronti ad utilizzare “tutti i mezzi a disposizione”.
Durante lo studio Burgess ha visitato tutti i paesi sopra menzionati, eccetto lo Zimbabwe, e ha messo a punto una serie di consigli su come meglio riuscire ad estromettere la Cina. La sua ricerca include varie interviste a esperti del settore minerario, rappresentanti governativi e giornalisti. Sono stati consultate anche istituzioni americane come il Defence National Stock Pile Center, la Defence Logistics Agency e il comando dei Marine Corps.
Lo studio include una nota in cui si afferma che lo studio condotto
non è in relazione con lo US Air War College, da cui si evince
la possibilità che Burgess abbia svolto l’analisi come consulente di
Washington.
L’Africa
Meridionale possiede risorse minerarie strategiche, necessarie agli
Stati Uniti per i propri scopi industriali e al complesso militare per
la produzione e il sostegno di armamenti. Per gli USA e i suoi alleati
la principale minaccia alla sostenibilità in Africa Meridionale
è costituita dall’incertezza nell’accesso ai minerali strategici. La
causa di questa incertezza è l’aumento della domanda globale e la
scarsità di approvvigionamento causati da infrastrutture inadeguate,
politicizzazione dell’industria mineraria e approccio aggressivo e a
volte monopolistico della Cina nell’accaparramento delle risorse minerarie.
Questo
rischio è molto più acuto nei paesi dell’ Africa Meridionale
– Sud Africa e Repubblica Democratica del Congo (DRC) – e in aumento
in Zambia, Zimbabwe e Namibia. Particolarmente preoccupante è la possibilità
di futuri conflitti tra gli Stati Uniti, bisognosa di minerali strategici
per la difesa nazionale e l’industria, e la Cina, che richiede una crescente
quantità di risorse per la propria crescita industriale.
La corsa
verso le risorse dell’Africa, soprattutto verso i paesi ricchi di petrolio
e miniere, è costantemente in crescita. Il particolare l’interesse
USA si concentra verso quelle risorse il cui accesso è di importanza
critica per la difesa. Questo comporta un crescente interessamento verso
i paesi africani in questione, utilizzando tutti gli strumenti di potere
a disposizione e in simbiosi con le compagnie minerarie americane ed
occidentali, e il contrasto nei riguardi della Cina e delle compagnie
cinesi.
Nel peggiore
dei casi, in un futuro non troppo lontano, gli Stati Uniti potrebbero
passare a forme di diplomazia coercitiva (forse in 20-30 anni) allo
scopo di riguadagnare accesso a risorse vitali. L’avvento di “guerre
per le risorse” è stato prospettato da numerosi studiosi e esperti.
Dato la crescente domanda cinese per questo tipo di risorse, le possibilità
di un conflitto sono in aumento. La nuova corsa ai minerali (e al petrolio)
dell’Africa Meridionale ha molti tratti in comune con la corsa europea
alle risorse minerarie africane del 1800 che diede luogo a guerre tra
i vari stati e alla Prima Guerra Mondiale.
I sempre
più stretti legami tra Cina e Africa sono fonte di gravi preoccupazioni
per gli USA e se Washington non agisce al più presto un conflitto
diventa inevitabile. Gli Stati Uniti utilizzano i minerali strategici
per produrre tutta una serie di materiali necessari alla costruzione
di navi da guerra, aeromobili e apparecchi e componenti high tech.
Fino ad
oggi gli Stati Uniti e i suoi alleati si sono basati sull’accesso al
libero mercato in Africa Meridionale come altrove. Ma le industrie USA
e alleate potrebbero in futuro non avere più accesso a queste risorse
ed essere obbligate a ridurre la produzione e persino a cessarla. Un
esempio preoccupante è stato il controllo cinese della produzione di
oltre il 90% dei minerali componenti le terre rare. Di recente alcune
società cinesi li hanno negati al Giappone in occasione della disputa
sulle isole Senkaku/Daioyu e hanno minacciato di negarne la cessione
agli USA in risposta alla vendita di armi a Taiwan.
Questi
minerali sono alla base di componenti chiave nella fabbricazione di
apparati di comunicazione, satelliti e celle a combustibile elettriche
e batterie necessarie alle industrie e all’esercito USA.
Burgess afferma che i movimenti
di liberazione (ZANU-PF nello Zimbabwe, ANC in Sud Africa e SWAPO in
Namibia) stanno politicizzando il settore minerario a scapito della
liberalizzazione del mercato, e ciò porterà seri problemi agli USA. Le istanze di emancipazione economica dei neri e di nazionalizzazione delle miniere sono tra le più sensibili.
Il libero
mercato e la tassazione governativa dei profitti minerari hanno determinato
fino ad oggi le condizioni ottimali al mantenimento di un flusso costante
di minerali in grado di coprire la domanda. Ma la crescente politicizzazione
ha dato vita a forme di nazionalizzazione dell’industria mineraria e
all’entrata in gioco di compagnie votate all’emancipazione nera, rendendo
instabile il mercato e il flusso di minerali.
La RDC,
la Namibia, il Sud Africa e lo Zimbabwe hanno in corso di implementazione
politiche che prevedono una maggiore partecipazione delle popolazioni
indigene.
Sud
Africa
Il Sud
Africa possiede vaste risorse di platino, circa il 75% della produzione
mondiale, oltre ad estesi giacimenti di manganese. Il presidente sudafricano
Jacob Zuma e il Ministro per le Risorse Minerarie, Susan Shabangu, hanno
affermato che la nazionalizzazione non rientra tra le politiche del
governo. Nonostante ciò, non esiste garanzia che queste politiche non
rientrino nel programma di governo in un futuro abbastanza prossimo.
La nazionalizzazione
delle miniere sudafricane è stata una delle bandiere della Lega
Giovanile dell’African National Congress, che nel 2009 ha pubblicato
una documento-proposta per la nazionalizzazione del 60% delle miniere
del paese.
Repubblica
Democratica del Congo (RDC)
La RDC
è considerata la fonte principale in grado di coprire il fabbisogno
americano di cobalto, uranio, cotan (columbite e taltan), tungsteno,
zinco e terre rare.
Lo studio
afferma che la società mineraria nazionale, Gecamines,
detiene un controllo eccessivo dell’attività mineraria e sembra incline
a favorire la Cina rispetto all’occidente.
Zambia
I giacimenti
di cobalto dello Zambia costituiscono il 20% delle risorse mondiali,
secondi solo a quelli della RDC. Anche qui le preoccupazioni sono per
la crescente presenza cinese attraverso società integrate come il
China Railway Group, SinoHydro e Metallurgical Group Corporation.
Namibia
L’interesse
americano in Namibia risiede principalmente nell’uranio e ci sono preoccupazioni
per la recente creazione di una agenzia mineraria statale, la
Epangelo. Il governo della Namibia ha recentemente affermato che
le future attività estrattive di minerali strategici saranno portate
avanti in partnership con la Epangelo. La Namibia è il quarto
produttore mondiale di uranio, la cui domanda mondiale cresce più di
quella dell’oro. La società mineraria statale costituita di recente,
Epangelo, è virtualmente priva di capitale e guarda con interesse
ad un appoggio da parte di compagnie russe e cinesi.
Kalahari
Holdings (una società legata al partito SWAPO ) cerca sbocchi e
possibilità di joint ventures con società cinesi e russe. Sul
lungo termine la politicizzazione del settore minerario potrebbe dirottare
la produzione verso la Cina.
Raccomandazioni
Gli Stati
Uniti potrebbero intraprendere una strategia di sviluppo di valore aggiunto.
Gli USA potrebbero contribuire allo sviluppo della lavorazione locale
del minerale e della fabbricazione metallica, e assistere il Sud Africa
nello sviluppo di energia elettrica necessaria ad alimentare tali attività.
Inoltre
gli Stati Uniti potrebbero negoziare accordi derivati con il Sud Africa
per la fornitura di assistenza a beneficio delle comunità minerarie
locali. Gli Stati Uniti potrebbero incoraggiare società minerarie americane
a reinserirsi in Sud Africa e a collaborare con società australiane,
canadesi e sudafricane orientate al libero mercato.
Inoltre
il governo USA potrebbe stabilire comunicazioni strategiche volte a
denunciare abusi cinesi e a dissuadere ANC e SWAPO a spingere verso
un avvicinamento alla Cina.
Burgess continua.
Ci sono
un certo numero di azioni che gli Stati Uniti possono intraprendere
al fine del mantenimento di un libero mercato nella regione. C’è la
possibilità di una azione diplomatica finalizzata alla costruzione
di alleanze strategiche nei più importanti paesi dell’Africa Meridionale.
Nel caso dei minerali strategici una attenzione particolare meritano
il Sud Africa e la RDC.
Gli USA
e i suoi alleati potrebbero sviluppare relazioni militari bilaterali
con una serie di paesi africani strategici. Il Dipartimento della Difesa
del Consiglio Nazionale della Sicurezza USA, e l’US African Command
potrebbero sviluppare piani contingenti per fronteggiare situazioni
di mancanza di accesso alle risorse e di conflitto. Il problema è come
le istituzioni USA possono fronteggiare le sfide a venire. La costruzione
di alleanze strategiche è politicamente difficile, dato il rifiuto
di adesione all’AFRICOM da parte della RNC al tempo della sua formazione
nel 2007 e 2008.
Il Sud
Africa è la nazione egemone nella regione, e deve accettare l’adesione
ad AFRICOM prima di intraprendere qualsiasi attività di collaborazione
militare bilaterale nella regione. Gli Stati Uniti inoltre continuano
ad imporre sanzioni contro il regime del presidente Robert Mugabe dello
Zimbabwe, cosa che rende difficile la creazione di una partnership con
la Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale. Inoltre esistono resistenze
alla politica estera USA da parte del presidente Joseph Kabila nella
RDC, dello SWAPO in Namibia e del presidente Eduardo dos Santos in Angola.
Entro il
2020 potrebbe rendersi necessario un intervento USA e AFRICOM per garantire
l’accesso costante ai minerali strategici da parte degli Stati Uniti
e dei suoi alleati, il che implica la necessità di costruire alleanze
strategiche nella zona nel prossimo decennio.”
A proposito dell’Autore.
Il dottor Stephen Burgess ha sviluppato
un’attività agricola commerciale nella provincia di Masvingo in Zimbabwe,
per poi cedere la terra durante la riforma agraria del paese. Nel 2001
ha abbandonato lo Zimbabwe e lavora per l’Air War College negli
Stati Uniti. È autore di tre libri: “South Africa’s Weapons of
Mass Destruction” (con Helen Purkitt), “Smallholders and
Political Voice in Zimbabwe” e “The United Nations under
Boutros Boutros-Ghali, 1992-97”.
Burgess ha collaborato a dirigere l’organizzazione
e l’esecuzione del Simposio dell’Air Force Africa Command. È
direttore associato dell’US Air Force Counterproliferation Centre.
Ha un PhD dell’Università del Michigan ed è stato membro di facoltà
alla Vanderbilt University, alla University of Zambia,
alla University of Zimbabwe e alla Hofstra University.
* Lo studio completo “Sustainability
of Strategic Minerals in Southern Africa and Potential Conflicts and
Partnerships” può essere trovato qui.
Fonte: http://www.southerntimesafrica.com/article.php?title=The_new_scramble_for_Africa&id=5993
27.05.2011
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da PINGUS