DI WAYNE MADSEN
Strategic Culture
Il Pentagono e i suoi partner della NATO sono occupati in una delle più smaccate e intense manovre di propaganda delle loro operazioni militari dal tempo in cui si stavano preparando per l’attacco della “Coalizione
dei Volenterosi ”
contro l’Iraq. Le indicazioni secondo cui il governo di Muammar Gheddafi
stia per cadere e che la vita di Tripoli è in una fase di stallo per
via della campagna dei bombardamenti NATO non corrispondono alla realtà,
come qualsiasi osservatore non tendenzioso che di recente è stato a
Tripoli potrebbe testimoniare.
Per partecipare alla “guerra dell’informazione”
della NATO contro la Libia, lo schieramento della stampa della grande
finanza si è riunito a Tripoli, con la presenza dei corrispondenti
di guerra del Pentagono per il New York Times, il Washington
Post e il Los Angeles Times, ed è riuscito a dar voce alla
propaganda del Pentagono e della NATO con la fabbricazione di report
fasulli.
In un articolo da Tripoli, Simon Denyer
del Post ha suggerito che il governo libico stia simulando che
le vittime siano dovute alle missioni aeree della NATO sugli obbiettivi
civili invece che a cause non inerenti ai combattimenti. La stessa idea
è stata ripetuta da John Burns, impegnato a far salire il conto che
il New York Times dovrà pagare col suo soggorno a Tripoli, che
ha riportato la stessa linea di propaganda del Pentagono. Siccome sono
stato all’ospedale El Khadra a Tripoli, posso testimoniare che molti
individui sono stati feriti dai bombardamenti NATO, e molti avevano
ferite dovute alle scheggie delle granate nelle gambe, nelle braccia
e nel torso.
Mentre il Cancelliere tedesco, Angela
Merkel, è stata incensata dal Presidente Barack Obama a Washington
per aver impiegato le forze militare del suo paese della campagna della
NATO contro la Libia, la Deutsche Presse-Agentur, un’agenzia
di stampa tedesca, ha scorrettamente riportato che la vita a Tripoli,
una città di 1,3 milioni di abitanti, è in una fase di immobilismo,
che le scuole sono chiuse e i negozi sbarrati, e che le forze fedeli
a Gheddafi sono sempre più sotto pressione, con alcuni reparti in ammutinamento.
Il mio racconto da Tripoli narra che
il 6 giugno gli studenti di tutte le età andavano ancora a scuola,
che i negozi erano aperti, anche se alcuni mercati alimentari più grandi
hanno un orario di apertura limitato a causa delle sanzioni della NATO
sulle merci importate in Libia per aereo o per nave, e che la vita a
Tripoli continua normalmente. Le sanzioni della NATO hanno provocato
lunghe file di auto, camion e taxi incolonnate per fare rifornimento
nel momento in cui le stazioni di servizio ricevono la benzina dalla
Tunisia o dalle raffinerie locali.
Le sanzioni della NATO e i loro effetti
della vita dei libici che vivono nella regione occidentale, controllata
dal governo centrale, sono una forma di “punizione collettiva”
progettata per indebolire il popolo libico che in questa parte del paese
ha sinora sostenuto il governo legittimo. Comunque, le sanzioni stanno
avendo l’effetto opposto e anche le persone che prima erano favorevoli
a un cambiamento di regime, ora stanno avvicinandosi ai leader
del governo vedendo come la NATO cerchi di introdurre un’amministrazione
neo-coloniale. Dato che l’Italia è un membro della coalizione NATO,
i libici ricordano le atrocità commesse in Libia dagli italiani durante
l’occupazione coloniale fascista e per questa ragione i libici sosterrano
Gheddafi contro gli italiani, i francesi e i britannici che, assieme
agli americani e ai canadesi, cercano di imporre un regime fantoccio
a Tripoli.
La NATO ha adottato
la tattica della “punizione collettiva”
di stampo israeliano da infliggere sulla popolazione che vive nella
zone controllate dal governo.
Le sanzioni sui
carburanti hanno provocato lunghe file per il rifornimento a Tripoli,
come si può notare da questi taxi (sulla destra) incolonnati dopo la
consegna della benzina alle stazioni di servizio.
I libici occidentali che hanno contatti
con i loro parenti a Benghazi, la città orientale sotto il controllo
del Consiglio di Transizione Nazionale, hanno parlato della presenza
dei gruppi dell’opposizione esiliati – da tempo supportati dalla CIA,
dall’MI-6 britannico e dalla Direction General de la Securite Exterieure
(DGSE) francese -, dei recenti transfughi dal governo di Gheddafi
e dagli estremisti wahabiti salafiti incoraggiati e finanziati dall’Arabia
Saudita, dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti, e ci parlano di come
la vita sia cambiata sotto i ribelli. Le donne nelle città come Derna,
che è sotto il controllo dei veterani salafiti delle operazioni di
“Al Qaeda” in Afghanistan e in Iraq, nelle cui fila
ci sono anche alcuni detenuti liberati da Guantanamo, hanno paura di
lasciare le loro abitazioni perché i salafiti hanno imposto codici
di comportamento radicali alle donne che appaiono in pubblico senza
velo. Sotto Gheddafi, non c’erano restrizioni su quello che le donne
o gli uomini potessero indossare in pubblico. Comunque, gli uomini non
possono avere la barba nelle foto dei loro passaporti. L’esistenza
di passaporti libici con le foto dei barbuti leader salafiti
nel movimento dei ribelli indica che le autorità ribelli di Benghazi
hanno stampato passaporti falsi.
Gli impiegati del settore pubblico,
tra cui gli insegnanti, che vivono nella regione orientale tenuta dai
ribelli non sono stati pagati dal momento che i capi della ribellione
hanno saccheggiato 900 milioni di dinari libici e di 500,5 milioni di
dollari di contanti che erano nei forzieri della Banca Centrale Libica
di Benghazi. Anche se il governo centrale di Tripoli volesse aiutare
i cittadini libici che vivono nell’oriente, non c’è modo di trasferire
il denaro agli impiegati pubblici disoccupati, così come ai pensionati
e a quelle famiglie che ricevevano 500 dollari al mese grazie al programma
di redistribuzione delle entrate petrolifere. Il “Ministro delle Finanze”
dei ribelli libici, Ali Tarhouni, è ritenuto un agente di lungo corso
della CIA ed è la persona che ha pianificato il furto dalle casseforti
della Banca Centrale di Benghazi, grazie all’assistenza degli scassinatori,
addestrati dalla CIA, degli Emirati Arabi Uniti.
Alcuni dei ministri libici che sono
usciti dal governo per entrare nelle fila dei ribelli erano già noti
per essersi opposti alle politiche redistributive di Gheddafi e erano
già al tempo interessati a ingrassare i loro conti correnti bancari
e i portafogli degli investimenti. Non è una coincidenza che uno dei
primi obbiettivi degli attacchi aerei della NATO a Tripoli è stato
condotto contro l’ufficio a cui erano attribuite le indagini sulle
accuse di frode rivolte contro alcuni funzionari governativi. Molti
degli ufficiali sotto indagine per frode e corruzione, tra cui alcuni
ministri del governo Gheddafi, sono ora funzionari di alto livello nel
Consiglio di Transizione Nazionale, che è già stato riconosciuto da
Francia, Italia, Regno Unito e da altri paesi della NATO come il governo
“legittimo” in Libia. Le nazioni occidentali stanno intavolando
trattative con i leader ribelli per le nuove concessioni petrolifere
che permetteranno di soddisfare gli interessi di Big Oil invece
di quelli del popolo libico.
La buona notizia è che gli archivi
delle frodi e delle corruzioni presenti nell’edificio colpito dalla
NATO erano stati spostati in un posto sicuro e che questi documenti
verranno utilizzati come prova per incriminare i transfughi che ora
sono al servizio del Consiglio Temporaneo. Tra i ministri e i consiglieri
implicati nella corruzione ci sono l’ex Ministro della Giustizia Mustafa
Abdel Jalil, adesso capo nominale dei ribelli ad interim ma senza alcun
potere; Mahmoud Jibril, il Ministro per la Pianificazione addestrato
dagli USA e direttore del Tavolo dello Sviluppo Economico, che ha ora
l’incarico di Primo Ministro della “Repubblica Libica” dei ribelli,
il dottor Ali el-Essawi, il Ministro del Commercio e dell’Industria
e ex ambasciatore in India che è anche membro della Fratellanza Musulmana,
il Ministro degli Interni Abdul Fatah Yunis e un amico stretto di Gheddafi
ed ex capo dell’intelligence libica e Ministro degli Esteri,
Musa Kusa, un altro amico intimo di Gheddafi che era il punto di riferimento
della CIA nelle sue “extraordinary
rendition” e nel
programma di rapimenti in Libia.
Ironicamente, alcuni degli estremi
jihadisti e musulmani che erano nel mirino dei programmi di tortura
e di sequestro della CIA ora stanno combattendo con i ribelli nell’est
libico e, nel caso di Derna, hanno installato un “emirato islamico”
di stampo talebano.
Per quanto riguarda il supporto francese
ai ribelli libici, c’è la prova che il presidente Nicolas Sarkozy
e Bernard-Henri Levy, il filosofo amico del presunto predatore sessuale
e ex presidente del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn,
hanno sostenuto i ribelli per permettere ad Israele di estendere la
sua influenza per compensare le perdite che Tel Aviv ha avuto in Egitto.
Ci sono stati dei report credibili secondo cui Levy, che ha appoggiato
le rivolte fin dall’inizio, durante una recente visita a Benghazi
ha convinto i ribelli di permettere a Israele di attivare una base militare
dell’est Cirenaica con un contratto di affitto di trenta anni. Per
ottenere la base, Israele avrebbe esercitato ala sua influenza su Washington,
Londra, Parigi, Berlino e Roma per far sì che la NATO innalzasse il
livello del conflitto in Libia e che Israele potesse fornire un aiuto
segreto ai ribelli con l’invio di reparti scelti e con l’assistenza
dell’intelligence. Dopo questo andirivieni diplomatico di Levy
tra Benghazi e Gerusalemme dove ha incontrato il Primo Ministro Binyamin
Netanyahu, la NATO ha utilizzato per la prima volta gli elicotteri d’assalto
nella campagna libica.
Non c’è stato alcun accenno al coinvolgimento
di Israele in Libia nelle pagine del New York Times,
del Washington Post o del Los Angeles Times, fatto non
sorprendente considerando le inclinazioni pro-Israele della proprietà
di questi giornali.
Non c’è stata neppure una citazione
nei media occidentali, dopo tutto lo zelo applicato alla promozione
della linea del Pentagono e della NATO, che alcuni ribelli libici avrebbero
accettato un’amnistia offerta dal governo se avessero restituito le
armi. Dopo che i ribelli hanno reso le armi a Misurata e nelle montagne
occidentali, la NATO ha incrementato i suoi bombardamenti nelle due
regioni.
I “corrispondenti di guerra”
dei media di regime viaggiano tutti assieme e anche se sono americani,
britannici, francesi, tedeschi, canadesi o italiani scimmiottano la
linea delle forze occidentali. Nel caso della Libia, i cronisti di guerra
delle multinazionali esaltano i successi dei ribelli mentre i loro colleghi
al Rixos Hotel di Tripoli sfruttano ogni possibilità per descrivere
come sia falso il governo libico e come amplifichi la portata dei danni
collaterali della NATO. Comunque, questo giornalista ha testimoniato
il risultato del bombardamento NATO nel quartiere residenziale di Tripoli
che ha ucciso cinque persone, tra cui il figlio di Gheddafi, Seif al-Arab
Gheddafi, e tre suoi nipoti. Le case dei vicini, che sono solo a un
isolato di distanza dall’ambasciata della Costa d’Avorio, sono anch’esse
state seriamente danneggiate dall’attacco della NATO.
Il salotto del
vicino di Saif al Arab Gheddafi dopo il bombardamento
La NATO afferma
di aver bombardato solo obbiettivi militari e i media occidentali hanno
ripetuto la loro propaganda con i loro dispacci da Tripoli.
Altri articoli dei media di regime
a Benghazi hanno parlato delle vittorie dei ribelli nella parte occidentale
della Libia, in città lungo la strada principale che collega Tripoli
al confine tunisino. Avendo viaggiato su questa strada il 6 di giugno,
questo giornalista può testimoniare che non c’era segno della presenza
dei ribelli, e che in ogni città da Tripoli alla frontiera sventolava
la bandiera verde della Jamahiriyah. Non c’erano bandiere del precedente
regime monarchico feudale, quelle usate dalle forze ribelli, da Tripoli
alla Tunisia. L’unico sparo sentito in questa regione è stato quello
delle truppe tunisine per cercare di spaventare i lavoratori africani
in fuga per i combattimenti in Libia che oltrepassavano il confine non
sorvegliato nei pressi delle stazioni della dogana.
Il governo libico ha istituito un numero
telefonico della Tunisia che promette ai lavoratori profughi un alloggio
e un sostegno finanziario se ritorneranno in Libia. I ribelli hanno
attaccato molti lavoratori di colore dei paesi sub-sahariani e del Sahel
solo per il colore della pelle. Alcuni di questi lavoratori sono stati
uccisi e feriti e molte donne africane di colore, comprese le mogli
e le figlie dei lavoratori ospitati, sono state violentate dai ribelli.
E ancora sono state diffuse bel poche notizie sulla violenza degli arabi
sui neri nei media mainstream, sempre ansiosi di aggiornarci
sulle iniziative del Pentagono, della CIA, della Casa Bianca e del quartier
generale della NATO a Bruxelles.
Non c’è nemmeno una menzione del
modo in cui vengono smaltiti i corpi delle vittime della violenza dei
ribelli, ossia con un ammasso di corpi che vengono incendiati per eliminare
le tracce dei crimini contro l’umanità commessi dalle forze ribelli
appoggiate dagli Stati Uniti e dalla NATO.
È già stato detto che, in guerra,
la prima vittima è la verità. Comunque, i giornalisti hanno il dovere
di riportare la realtà dei fatti indipendentemente dalle fisime dei
loro governi. Così come abbiamo visto in Libia e prima in Iraq, in
Afghanistan, Pakistan, Libano, a Gaza e nei Territori Occupati, in Darfur,
in Rwanda, Somalia e Yemen, i giornalisti moderni che operano in questi
giorni sono solo gli stenografi dei loro padroni delle aziende multinazionali
che, a turno, tirano le corde delle marionette che sono a Washington,
Bruxelles, Londra, Parigi, Roma e Berlino.
Fonte: http://www.strategic-culture.org/news/2011/06/08/natos-alternate-universe-in-libya.html
08.06.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE