Di Lea Ghisalberti per ComeDonChischiotte.org
Com’è possibile che tutti i governi italiani, tanto di sinistra quanto di destra, abbiano perseguito le stesse politiche economiche negli ultimi 30 anni?
Per rispondere al meglio a questa domanda, andiamo un attimo in Grecia: anno 2015. Proprio qui è dove si è votato un referendum consultivo riguardante l’accettazione, o meno, del piano economico d’austerità proposto dai creditori per parte della Commissione europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Nonostante il secco NO del popolo all’accordo, con il 61,31% dei voti, tempo una settimana e il piano economico “europeo” è stato comunque adottato assicurando così ai creditori internazionali il ritorno dei loro investimenti, e aprendone di nuovi [1].
La firma del memorandum ha comportato una continuazione delle politiche di austerità e allo stesso tempo l’apertura di settori al mercato globale con implacabili privatizzazioni dei servizi e dei beni pubblici, svendita di territori e tagli delle pensioni [2]. Forse, parlare di un saccheggio legalizzato non è troppo lontano dalla verità.
Se ci pensiamo bene, la cosa più allarmante è stato proprio l’atto in sé di forzare, per la prima volta in maniera tanto eloquente in Europa, uno Stato democratico ad implementare una politica economica volta a favorire principalmente gli interessi della finanza internazionale. Mi piacerebbe molto credere che ciò sia stato fatto realmente per supportare la Grecia, e via via le altre nazioni in crisi come Italia, Spagna e Portogallo; ma sfortunatamente è proprio difficile crederlo. Le possibilità sono due: o i rinomati paladini ed esperti di “stabilità economica” si sono dimenticati di rimanere aggiornati sugli imprevisti del libero mercato o le politiche di libero mercato imposte alla Grecia sono state un saccheggio premeditato.
In questo articolo, non potrò descrivere in dettaglio gli effetti catastrofici che gli “aggiustamenti strutturali” propedeutici al libero mercato hanno provocato su innumerevoli paesi economicamente instabili tra gli anni ’80 e ‘90, ma raccomando caldamente di leggere al riguardo il libro “The Divide” di Jason Hickel. In esso è spiegato con precisione e trasparenza quanto l’ideologia del libero mercato, e la sua messa in pratica attraverso le pressioni del Fondo Monetario Internazionale (si, lo stesso FMI che collabora con l’Unione Europea..) e della Banca Mondiale, abbiano permesso di creare un silenzioso neo-colonialismo che mantiene tutt’ora in ginocchio gran parte del Sud Globale. Tanto la libera circolazione del capitale quanto la libera circolazione delle imprese hanno permesso di vanificare tutti i progressi “socialdemocratici” ottenuti negli anni ‘60-70 in Africa, Medio Oriente e America Latina. Invece di salvaguardare salari minimi o servizi pubblici, il libero mercato ha permesso ai grandi imprenditori internazionali di spostarsi liberamente su scala mondiale alla ricerca delle popolazioni più disperate, disposte a tutto pur di sopravvivere. Si è quindi creata una sorta di asta al ribasso tra i paesi più poveri che ha provocato una cancellazione quasi totale dei progressi precedenti [3]. Ma tutto ciò sembra essere passato in sordina, permettendo quindi alle istituzioni internazionali di riproporre ai nuovi “paesi bisognosi”, la trappola del libero mercato stesso come soluzione ai loro mali.
Ma come mai non si è sentito parlare dell’inefficacia del libero mercato? Secondo me è perché dal punto di vista dei sistemi capitalistici e della finanza internazionale, il libero mercato non è stato per nulla inefficace, anzi. Innanzitutto il boom economico che ha portato alla finanziarizzazione dell’economia del Nord Globale, con conseguente de-industrializzazione, è avvenuto proprio sulle spalle di questa nuova forma di colonialismo che ha schiavizzato il Sud Globale. Tale neo-colonialismo economico ha permesso l’afflusso continuo di materie prime forzatamente tenute a basso prezzo grazie all’imposizione di “aggiustamenti strutturali” in cambio di prestiti o grazie ad accordi commerciali internazionali asimmetrici ed ingiusti quali NAFTA (rinegoziato nel 2017), CAFTA e TPP. È da notare inoltre che le istituzioni internazionali che sovraintendono e regolano la maggior parte degli accordi internazionali, quali il Fondo Monetario Internazionale (IMF), l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e la Banca Mondiale (WB), sono istituzioni plutocratiche che tengono sistematicamente più conto degli interessi delle comunità finanziarie ed imprenditoriali dei paesi più ricchi e potenti, e non certo degli interessi dei popoli.
In tali istituzioni non vi è infatti una rappresentazione giusta ed equa: i paesi del Sud Globale non possono contribuire alla formulazione delle politiche che li riguardano e il potere di veto degli Stati Uniti, tanto nella Banca Mondiale che nell’FMI, blocca qualsiasi opportunità di veri e propri cambiamenti in politica economica internazionale. Anche la selezione dei vertici istituzionali di tali istituzioni (sia della Banca Mondiale che dell’FMI) dovrebbe avvenire in maniera più democratica senza vincolare la scelta ai soli candidati Statunitensi ed Europei. Persino l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che tecnicamente sembrerebbe democratica dal punto di vista della rappresentanza, in realtà nasconde delle dinamiche in cui i paesi più ricchi, avendo più potere contrattuale e potendo permettersi migliori negoziatori, tendono sempre ad avere la meglio. Anche la mancanza di trasparenza nelle corti di giustizia internazionali non permette di progredire verso una maggiore democrazia a livello di politica internazionale: i paesi accusati di rompere gli accordi commerciali sono giudicati in tribunali segreti senza permettere di verificare le procedure e gli standard considerati nel processo decisionale [4].
Ma non è finita qui: oltre ad essere intrinsecamente anti-democratiche, tali istituzioni godono anche dell’immunità internazionale, concessa loro dagli Stati Uniti grazie all’International Organizations Immunity Act (1945) e al Foreign Sovereign Immunities Act (1975). Come molte organizzazioni non governative che agiscono a livello internazionale, la Banca Mondiale, l’FMI e il WTO non possono essere ritenute responsabili a livello penale per le conseguenze delle loro politiche nemmeno quando esse provocano danni reali ad economie nazionali e a milioni, se non miliardi, di persone in carne ed ossa [5]. Perché non adeguare il sistema di responsabilità penale del medico, a cui ogni dottore professionista è legato (vaccinazioni anti Covid escluse), anche ai finanzieri ed economisti che prendono parte alle manovre economiche internazionali? In fin dei conti, almeno sulla carta, essi tentano di svolgere un lavoro molto simile a quello dei medici, cercando di supportare e curare sistemi economici malfunzionanti. Perché non possono essere quindi ritenuti responsabili delle lesioni inferte alle nazioni e alle persone a causa delle loro prestazioni professionali?
Ma torniamo ora alla Grecia e all’Unione Europea. In apparenza potrebbe infatti sembrare che qui in Europa, culla della democrazia e dei diritti, le istituzioni governative sovranazionali mantengano come capisaldi delle loro politiche sociali ed economiche valori quali solidarietà, prosperità ed integrazione. Sfortunatamente, gli ultimi 15 anni di storia ci hanno dimostrato come l’esperimento economico dell’Unione Europea, sia stato in realtà lo spartiacque che ha permesso all’ideologia di libero mercato di farsi strada ed imporsi anche al di sopra delle costituzioni nazionali dei paesi europei.
Nel libro “L’Euro e la sua minaccia al futuro dell’Europa”, scritto da Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia 2001, viene spiegato come l’intera struttura dell’Unione Europea, e in particolare il modo in cui la moneta europea è stata pianificata, si basa su ideologie neoliberiste che risalgono agli anni ’90. Non solo i paesi più poveri appartenenti al Sud Europa si sono trovati a competere con prodotti e servizi più a buon mercato senza poter usufruire di protezioni doganali, ma allo stesso tempo è venuta a meno quella flessibilità monetaria a livello nazionale essenziale per far fronte a periodi di crisi e recessioni. La rigidità della moneta Euro, ha causato stagnazione e depressioni per periodi ancora più lunghi di quanto sarebbe stato necessario e ha comportato una forte svalutazione della forza lavoro e dei prodotti per poter riguadagnare competitività [6].
Secondo Stiglitz, tutti questi problemi erano già inscritti nella struttura stessa dell’Unione Europea, soprattutto nell’assenza di una rete di istituzioni che assicurasse la protezione degli interessi delle nazioni per le quali le comuni politiche economiche non andavano bene. Inoltre, l’Unione Europea ha sempre evitato ogni responsabilità riguardo alle politiche pubbliche, anche se poi mantiene il controllo assoluto delle politiche monetarie, le quali sono essenziali per gestire tassi di occupazione e dei mezzi di sussistenza. E non solo le politiche monetarie sono state centralizzate impedendo quindi la flessibilità nazionale necessaria a salvaguardare le diverse economie nazionali, ma tale potere è stato affidato alla Banca Centrale Europea che come unico mandato ha il controllo dell’inflazione. In poche parole, “[..] non solo l’Eurozona non è stata creata per tenere conto della sua intrinseca diversità economica, ma la struttura stessa dell’Eurozona, con le sue leggi e regolamentazioni, non è mai stata ideata per promuovere crescita, occupazione e stabilità” [7]. Allora viene da chiedersi: cosa si sta davvero promuovendo?
Mentre nella maggior parte del mondo, il fondamentalismo del “mercato libero” è stato già ormai discreditato (specialmente dopo la crisi del 2008), tali credenze sopravvivono e fioriscono tanto nel mondo della finanza quanto all’interno della potenza dominante dell’Eurozona: la Germania [8]. E l’Unione Europea, nonostante la sua parvenza democratica, sembra anch’essa integrarsi perfettamente al mandato plutocratico delle altre istituzioni internazionali che promuovono sistematicamente gli interessi delle comunità finanziarie ed imprenditoriali internazionali.
E proprio ora, come se la ricaduta economica dovuta al COVID-19 e alla guerra russa all’Ucraina non fosse già abbastanza difficile da superare, ci si deve preoccupare persino dell’aumento dei tassi di interessi imposto per contrastare l’inflazione globale che ha caratterizzato la fine del 2022. E al riguardo, Stiglitz afferma senza mezzi termini: “Le banche centrali stanno usando le armi sbagliate e finiranno per provocare una recessione o per accentuare il rallentamento delle economie” [9]. Ma alla fine dei conti, per le banche, la situazione va bene così com’è … perché per loro un maggior tasso d’interesse altro non è che un maggior guadagno.
Non possiamo continuare a giocare ai paesi democratici quando gli accordi economici e finanziari internazionali seguono con tale insistenza un’agenda anti-democratica su scala globale e nazionale. È necessario chiedere sovranità: ossia una democratizzazione delle istituzioni internazionali, Unione Europea inclusa, e bisogna poterle considerare responsabili per le conseguenze delle loro azioni e decisioni, soprattutto quando esse salvaguardano gli interessi di pochi contro gli interessi dei più.
Di Lea Ghisalberti per ComeDonChischiotte.org
14.01.2023
Lea Ghisalberti. Ricercatrice per passione e professione. Stanca del monopolio ideologico che la mentalità del profitto sta creando grazie ad ipocrisie, ingiustizie e distrazioni.
NOTE
[1] https://www.bbc.com/news/world-europe-33492387
[2] https://www.dw.com/en/greek-parliament-prepares-to-vote-on-new-austerity-package/a-19242501
[3] Jason Hickel, “The Divide. A Brief Guide to Global Inequality and its Solutions”, Part 3: The New Colonialism.
[4] Jason Hickel, “The Divide. A Brief Guide to Global Inequality and its Solutions”, Part 8: From Charity to Justice – Global Democracy.
[5] Jason Hickel, “The Divide. A Brief Guide to Global Inequality and its Solutions”, Part 5: Debt and the Economics of Planned Misery – An Adjusted World.
[6] Joseph Stiglitz, “ The Euro and its Threat to the Future of Europe”, Part 1: The Euro Crisis – Structural Reforms.
[7] Joseph Stiglitz, “ The Euro and its Threat to the Future of Europe”, Part 1: The Euro Crisis – Flawed at Birth.
[8] Joseph Stiglitz, “ The Euro and its Threat to the Future of Europe”, Part 1: The Euro Crisis – Digging Deeper: Why the Flawed Structure and Policies?.
[9] Eugenio Occorsio, “Il Nobel Stiglitz contro Fed e Bce: “Questa inflazione non si combatte con la loro cura da cavallo“”, La Repubblica – Economia (7 Gennaio 2023)