DI NICK TURSE
TomDispatch
Intrdoduzione di Tom Engelhardt
“Secondo l’opinione di esperti, le forme di attacco aereo impiegate in Iraq da Stati Uniti e coalizione, benché poco riportate dai nostri media, possono essere responsabili della maggior parte delle morti civili irachene dall’invasione del 2003. Malgrado che alcuni aspetti della guerra aerea restino un mistero, i responsabili delle Forze Aeree riconoscono effettivamente che gli aerei dell’esercito USA e della coalizione hanno sganciato almeno 50.000 tonnellate di bombe su bersagli iracheni nel 2006.”
Durante un attacco aereo condotto nel corso della guerra in Iraq, una settimana fa, due missili sono stati sganciati su bersagli situati nella città di Ramadi, capitale della provincia di al-Anbar, nel cuore della rivolta sunnita, nel corso dei combattimenti condotti con le forze americane di stanza. Secondo il resoconto di un giornale, “18 ribelli” sono stati uccisi.
Utilizzare la potenza aerea è, dalla seconda guerra mondiale, il modo americano di condurre una guerra. Anche l’invasione dell’Iraq è cominciata con una dimostrazione di forza aerea allo scopo di suscitare “shock e terrore” , cioè intimidire, non solo il regime di Saddam Hussein, ma l’intero “asse del male” e altri paesi che l’amministrazione Bush aveva davanti al mirino del suo fucile mentale. Tra le più grandi megabasi “permanenti” degli USA in Iraq vi è la base aerea di Balad con un traffico aereo giornaliero di intensità pari a quello dell’aeroporto O’Hare di Chicago. Malgrado ciò, come è stato scritto diverse volte negli ultimi anni sul sito di Tomdispatch.com, i giornalisti in Iraq rifiutano quasi con determinazione di indagare cioè di effettuare dei rapporti di qualunque genere sull’uso regolare o intermittente della potenza aerea americana, specialmente sui quartieri densamente abitati delle città dell’Iraq.Ora, “l’intensificazione” di Bush comincia ufficialmente. Sono poche le cose che colpiscono per la loro novità o che non sono state ancora tentate, eccetto che la possibilità non detta di intensificare l’utilizzazione della potenza aerea in Iraq, la sola cosa che il Pentagono, le cui forze di terra sono disperatamente ipertese, possa realmente impegnare in questa porta aperta all’escalation (così come in questi ultimi mesi ha drasticamente aumentato l’utilizzazione della potenza aerea in Afghanistan). Pepe Escobar, il corrispondente giramondo per Asia Times(quotidiano con una versione on line), ha recentemente avvertito che il nuovo “piano” dell’amministrazione Bush è il segnale di una “prospettiva tenebrosa… di una guerra aerea devastatrice su Bagdad” nel corso della quale “l’irachizzazione con l’intensificazione” si mostrerà essere “un disastro specialmente per tutti gli abitanti di Bagdad che cadono sotto il tiro incrociato.”
Julian E. Barnes del Los Angeles Times ha giustamente scritto la settimana scorsa che le Forze Aeree USA hanno il prurito iracheno che si appresta a sfregare. I comandanti delle Forze Aeree ad un “intensificato ruolo in una regione volubile” . Esse “si stanno già preparando» riportato il giornalista, «a tale ruolo nel quadro dell’aumento di truppe pianificato da Bush” – un’espansione della potenza aerea che “potrebbe includere nuove tattiche aggressive concepite per dissuadere l’aiuto iraniano ai militanti iracheni…. [e] più sorveglianza energica da parte dei caccia delle Forze Aeree e della Marina lungo la frontiera Iran-Iraq per impedire gli approvvigionamenti di bombe provenienti dall’Iran” .
Sino ad ora, la potenza aerea americana in Iraq è una storia del tutto sconosciuta, se non siete un iracheno. Nei prossimi mesi, può imporsi sulle copertine dei nostri giornali e nei notiziari serali della TV – non però se il Pentagono ha qualche cosa da ridire a proposito. Compiendo un lavoro di giornalista investigatore, Nick Nurse ha scoperto sino a qual punto il Pentagono aveva mantenuto segrete le informazioni significative concernenti l’ampiezza, l’estensione ed i danni causati nel quadro delle sue operazioni aeree sull’Iraq. La storia di questa guerra aerea segreta americana è ora raccontata per la prima volta sul sito di Tom Dispatch.com. — Tom
BOMBE SU BAGHDAD
La guerra segreta del Pentagono in Iraq
Una guerra segreta viene condotta in Iraq – spesso dentro e nei dintorni dei centri residenziali del paese – su cui si trovano poche notizie. L’esercito statunitense conserva segrete le informazioni concernenti le munizioni utilizzate durante le sue operazioni aeree e rifiuta di fornire dettagli sull’ampiezza del loro utilizzo, minimizzando l’importanza della potenza aerea utilizzata in Iraq. Ma secondo l’opinione di esperti, le forme di attacco aeree impiegate in questo paese da Stati Uniti e coalizione, benché poco riportate dai nostri media, possono essere responsabili della maggior parte delle vittime civili irachene dall’invasione del 2003.
Malgrado alcuni aspetti della guerra aerea restino un mistero, i responsabili delle Forze Aeree riconoscono in realtà che gli aerei dell’esercito statunitense e della coalizione hanno sganciato almeno 50.000 tonnellate di bombe su obiettivi in Iraq nel 2006. Questa cifra, in totale 177 bombe, non include i missili guidati e razzi non guidati sparati, o i proiettili d’artiglieria. Essa non include nemmeno, secondo il portavoce del Comando Centrale delle Forze Aeree USA (CENTAF), le munizioni utilizzate da certi Corpi di Marine e da altri aerei della coalizione o dagli elicotteri da guerra dell’Esercito. Inoltre, non include neppure le munizioni utilizzate dagli elicotteri armati impiegati dalle numerose compagnie private di sicurezza che svolgono le loro missioni in Iraq.
Guerra aerea, Iraq: 2006
Secondo le statistiche fornite a Tomdispatch, CENTAF riporta un totale di 10.519 “missioni di sostegno aereo ravvicinato” in Iraq per il 2006, nel corso delle quali i suoi aerei hanno sganciato 177 bombe e lanciato 52 “missili HellFire/Maverick”. Questi attacchi aerei si presumono includere numerose missioni rese ampiamente pubbliche e che vanno dall’attacco aereo di gennaio all’esterno della città di Baiji che ha ucciso, secondo quanto riportato, una famiglia di 12 membri, di cui almeno 3 donne e 3 bambini, a quello di dicembre su un rifugio di insorti nella regione di Garma, presso Fallujah, che ha ucciso secondo quanto riportato, 2 donne ed un bambino più cinque guerriglieri. Poi sono accaduti degli avvenimenti di cui non ci si ricorda più, come quello del 28 luglio, quando, secondo i resoconti ufficiali, un aereo Predator senza pilota delle Forze Aeree ha distrutto con missili Hellfire un veicolo delle “forze anti-irachene”, mentre caccia Falcon F-16 delle Forze Aeree hanno “allungato una bomba GBU-12 distruggendo un rifugio delle forze anti-irachene”, in entrambi i casi nelle vicinanze di Ramadi.
L’ultima arma menzionata, la GBU-12 [Guided Bomb Unit-12], una bomba laser-guidata con testata convenzionale da 250 kg, è la bomba più usata in Iraq nel 2006 secondo le statistiche del CENTAF fornite a Tomdispatch. Oltre alle 95 bombe GBU-12 “consumate”, 67 bombe a guida satellitare GBU-38s da 250 Kg e 15 bombe-31/32 da 1000 kg sono state sganciate su obiettivi iracheni lo scorso anno, secondo le cifre officiali delle Forze Aeree.
Un’arma sospettosamente non menzionata, nel totale di questi missili, sono i razzi, quali l’Hydra-70 (2,75 pollici), che può essere equipaggiato con diverse testate ed essere lanciato da postazioni sulle ali dei caccia e dalla maggior parte degli elicotteri. Il numero di razzi lanciati non è comunicato alla stampa, secondo un portavoce della CENTAF, per non “falsare i numeri e presentare un’immagine inesatta della campagna aerea”. Il numero dei razzi lanciati può essere piuttosto significativo secondo una conferenza stampa del 2005 del senatore Patrick Leahy (D-VT) che ha aiutato la General Dynamics ad ottenere un contratto dall’esercito da 900 milioni di dollari per gli Hydra, “Abbiamo visto l’utilizzazione estensiva in Afganistan ed in Iraq del razzo Hydra-70… (e) è diventato il sistema più diffuso d’arma lanciata dall’elicottero”. All’inizio dello scorso anno, Sandra I. Erwin del National Defence Magazine scriveva che l’esercito USA si interessava all’Hydra come arma a buon mercato per le zone urbane in Iraq. “L’esercito acquista già partite di migliaia di razzi Hydra (2,75 pollici) e cerca di equipaggiarne almeno 73.000 con dispositivi laser nel quadro di un programma chiamato ‘sistema avanzato di arma di precisione per uccidere’ o APKWS [advanced precision kill weapon system]. La Marina ne acquisterà 8000 per gli elicotteri dei Corpi di Marine”, scriveva ancora.
Il numero di colpi di artiglieria sparati – certi modelli dell’elicottero da combattimento AC-130, ad esempio, hanno un cannone Gatling che può sparare sino a 1800 colpi al minuto – è anch’esso un segreto ben custodito. La ragione ufficiale è che le “forze speciali utilizzano spesso gli apparecchi di volo come l’AC-130” e poiché “le loro missioni ed operazioni sono coperte da segreto, queste cifre non vengono divulgate” .
Ripetute richieste riguardanti statistiche di un altro reporter sulle salve di mortaio lanciate dagli aerei del CENTAF hanno provocato una risposta rapida dello stesso ufficiale che ha scritto enfaticamente in una email: “NON DICHIARIAMO LE SALVE DI CANNONE”. Il suo ufficiale superiore, il Tenente Colonnello John Kennedy, direttore aggiunto degli affari pubblici del CENTAF, ha aggiunto:
“Felice di vedervi apprezzare gli enormi sforzi che (il mio subordinato) vi ha già dedicato. Credetemi, questo è molto più significativo della ricerca incessante del numero di salve di canone sparati”
Ma il numero di salve di cannone e di missili sparati dagli aerei USA non è un problema privo di significato, secondo Les Roberts, anziano epidemiologo dell’OMS nel Ruanda durante la guerra civile ed esperto sui costi umani della guerra in Iraq. Secondo Les Roberts, che è stato in Iraq l’ultima volta nel 2004 (dove ha detto di essere stato personalmente testimone della distruzione di interi immobili in Sadr City a Bagdad da parte di lanci da cannoni su aerei), “i missili ed i lanci di cannone potrebbero essere responsabili della maggior parte dei morti civili attribuiti alla coalizione”. E aggiunge: “trovo inquietante che non vogliano pubblicare queste cifre, ma ancor più che essi non abbiano rilasciato tali informazioni ai SEnatoriche ne hanno fatto richiesta”.
Ho fatto notare che proprio lo scorso mese, nel National Defense Magazine, il colonnello Robert A. Fitzgerard, capo del piano e progetto dell’aviazione per il Corpo dei Marine, è stato citato per aver sostenuto che, nel 2006, “gli elicotteri ad ali rotatorie dei Marine hanno effettuato più di 60.000 ore di volo di combattimento e quelli equipaggiati di piattaforme fisse ne hanno compiute 31.000 . Hanno sganciato 80 tonnellate di bombe e lanciato 80 missili, 3532 razzi e più di 2 milioni di salve di munizioni più piccole”.
Quando interrogato sul fatto che divulgare questi dati aveva messo in pericolo la sicurezza operativa, il portavoce ha risposto: “non posso effettuare commenti sulle politiche o sul diritto di pubblicazione di un colonnello dei Marine”.
Mentre le statistiche dei Corpi dei Marine comprendono in principio la totalità delle munizioni utilizzate in Afghanistan, in cui la potenza aerea ha giocato un ruolo importante nei combattimenti, esse ci ricordano che le cifre minime consegnate dal CENTAF non danno un’immagine precisa della guerra aerea in Iraq. Queste cifre totali sono, secondo il CENTAF, “separate dai dati forniti” a Tomdispatch sulle spese in bombe e missili per il 2006 in Iraq.
“Attività incessante”
Dall’invasione USA dell’Iraq nel 2003, la guerra aerea americana in Iraq, che ha colpito spesso zone urbane, ha ricevuto di per sé poca attenzione da parte dei media. Nel 2004, Tom Engelhardt, scrivendo su TomDispatch, ha attirato l’attenzione su questa impressionante mancanza. Un articolo fondamentale di Seymour Hersh, “Up In The Air”, pubblicato nel New Yorker alla fine del 2005, ha suscitato una certa attenzione mediatica sull’argomento. Alcuni articoli di Dahr Jamail, un giornalista indipendente che si è dedicato al tema dell’occupazione USA e della guerra in Iraq, prima e dopo il testo di Hersh, costituiscono parte dei testi fondamentali che offrono descrizioni della campagna aerea e del suo impatto. Da allora, malgrado ciò, i media non si sono, per utilizzare le parole del tenente colonnello Kennedy, “impegnati in una ricerca instancabile del numero di salve di cannone” sparate e di nessun altro aspetto di questa guerra aerea o delle sue conseguenze sul popolo dell’Iraq.
Sebbene non conosceremo certamente mai l’entità dei costi umani della campagna aerea USA, molto semplicemente alcuni giornalisti ostinati, assegnati a questa campagna aerea, avrebbero potuto offrire almeno una spiegazione di questa guerra aerea unilaterale. Poiché questo non è accaduto, dobbiamo appoggiarci sulle migliori prove disponibili. Una fonte valida è uno studio nazionale della mortalità in Iraq dall’invasione del 2003. Condotto da epidemiologi della scuola di salute pubblica di Bloomberg dell’Università John Hopkins e da medici iracheni organizzati dall’Università Mustansiriya a Bagdad, questo studio ha stimato in più di 655.000 “i morti iracheni, come conseguenza della guerra”. Lo studio, pubblicato sul giornale medico britannico The Lancet nell’ottobre 2006, ha stimato che da marzo a giugno 2006, il 13% delle morti violenti in Iraq erano causate dagli attacchi aerei della coalizione. Se la cifra di 655.000, comprese più di 601.000 morti violente, sembra essere prossima alla realtà – e lo studio offre una scala di morti civili che va da 392.979 a 942.636 – ciò significa che approssimativamente 78.133 iracheni sono stati uccisi da bombe, missili, razzi, o salve di cannone da apparecchi in volo della coalizione tra il marzo 2003 quando l’invasione dell’Iraq è cominciata, e lo scorso giugno quando lo studio è terminato.
Esistono indicazioni che la guerra aerea USA ha avuto un effetto soprattutto disumano sui bambini iracheni. Secondo statistiche fornite a Tomdispatch dagli autori dello studio pubblicato da The Lancet il 50% delle morti violenti dei bambini iracheni di meno di 15 anni tra marzo 2003 e giugno 2006 erano dovute ad attacchi aerei della coalizione.
Lo studio di Lancet utilizza dei metodi statistici ben collaudati, utilizzati in zone di conflitto come il Kosovo, il Congo, e gli intervistatori hanno effettivamente esaminato i certificati di decesso del 92% delle famiglie incluse in questo studio là dove essi lo richiedevano (il che è stato fatto nel 87% dei casi). Il Progetto Iraq Body Count (conteggio dei morti iracheni), un gruppo di ricercatori residenti in Gran Bretagna che gestisce un database pubblico di morti civili iracheni causati dalla guerra, si limita prudentemente ai rapporti poco numerosi rintracciabili sui media sulle vittime civili in Iraq. Benché le cifre siano molto più basse dei risultati di Lancet (attualmente la scala delle morti riportate dai media è compresa tra 55.441 e 61.133), un’analisi dei loro dati accuratamente limitati offre ugualmente uno visione dei costi umani della guerra aerea.
Statistiche fornite a Tomdispatch dal Progetto Iraq Body Count mostrano che dopo l’invasione USA nel 2003, gli attacchi aerei della coalizione hanno, secondo le sole fonti mediatiche, che come sappiamo si sono occupate poco di questa guerra aerea, causato tra i 15.593 e 17.067 vittime civili irachene, di cui 3.625 o 4.093 morti. L’anno scorso, i media hanno riportato 169-200 iracheni uccisi e 111-112 feriti in 28 separati attacchi aerei della coalizione, secondo il Progetto IBC.
Queste cifre sembrano essere anche in aumento. In un messaggio email a Tomdispatch del mese scorso, John Sloboda, cofondatore e portavoce del progetto IBC, scrive che “la maggior parte (degli attacchi aerei mortali) ha avuto luogo nell’ultima metà dello scorso anno”.
Quando gli abbiamo posto la domanda sulle cifre modeste riguardanti le vittime degli attacchi aerei forniti dal Progetto IBC e se CENTAF le accettava, il tenente colonello Kennedy ha eluso la domanda dicendo a Tomdispatch: “Non conserviamo tracce di tali cifre e non possiamo commentare gli sforzi e la validità del Progetto”. E una risposta identica l’ha fornita per quanto concerne i risultati di The Lancet.
Quando lo abbiamo interrogato sulla stima che la seconda metà del 2006 è stata molto più mortale per gli iracheni a causa degli attacchi aerei USA, e le ragioni possibili di ciò, Kennedy ha risposto in modo eloquente: “La guerra per sua natura ha degli alti e dei bassi, rivediamo costantemente l’applicazione della potenza aerea per sostenere al meglio le forze sul teatro delle operazioni al suolo. Vediamo ciò semplicemente come parte del nostro contratto nei confronti dei combattenti. Poiché non discutiamo gli aspetti operativi delle missioni, rifiuto di fare ogni ulteriore commento” .
Kennedy ha proseguito dicendo che gli USA compiono “tutti gli sforzi” per “minimizzare i danni collaterali sia che il nemico si trovi allo scoperto che all’interno di una città”. Soltanto pochi giorni fa, nel Los Angeles Times, il Tenente Generale Carroll H. “Howie” Chandler, capo di stato maggiore aggiunto del gruppo operazioni, piani e richieste, si è attestato su questa linea di ragionamento e notava: “non escluderei sistematicamente l’uso della potenza aerea in ambiente urbano per timore di danni collaterali… Abbiamo la capacità di colpire con precisione e nuove armi per condurre delle operazioni in un ambiente urbano” .
Sarah Sewall, che ha servito come assistente aggiunto al segretario della difesa dal 1993 al 1996 ed è attualmente direttrice per la politica del Carr Center for Human Rights Policy [Centro Carr per i Diritti Umani] ad Harvard, è d’accordo che la potenza aerea ha un ruolo da svolgere nel quadro delle operazioni urbane e può a volte limitare gli attentati ai civili in alcuni casi. Ciò nonostante avverte che “sono molto scettica sull’applicabilità della potenza aerea per tutti i tipi di problemi e particolarmente per i tipi di problemi che vediamo comunemente, su base quotidiana, in Iraq oggi” . Come ha detto a Tomdispatch: “il problema sorge quando si pensa che è l’equivalente funzionale delle forze di terra”.
Il ritmo aumenta
Nel 2005, il CENTAF ha riportato di aver utilizzato 404 bombe e missili in Iraq. Nel 2006, un rallentamento apparente (o di attacchi mortali o semplicemente nella loro registrazione) nella prima metà dell’anno sembra aver lasciato il posto ad un aumento di attacchi mortali durante la seconda metà. Nei primi giorni del 2007, l’esercito USA aveva già condotto degli attacchi aerei su tre nazioni: Afghanistan, Iraq e Somalia. E in Iraq, la guerra aerea sembra aumentare in frequenza e ferocità. Ad esempio, il 9 gennaio, gli Usa hanno lanciato la loro potenza aerea su Haifa Street a Bagdad, una “zona franca in maggioranza araba sunnita composta di edifici residenziali e di negozi”. Secondo il Washington Post “caccia F-15 hanno mitragliato i tetti e gli elicotteri Apache hanno lanciato missili Hellfire” . Altrove in Iraq quel giorno, secondo i rapporti delle Forze Aeree, F-16 hanno mitragliato bersagli vicino a Batji, mentre altri sganciavano dei GBU-28 su obiettivi vicino al villaggio di Turki e degli F-15 fornivano “un sostegno aereo ravvicinato” a truppe a terra vicino Basrah.
Quella stessa sera, negli USA, una trasmissione della rete TV Fox News, “servizio speciale con Brit Hume”, offriva un breve resoconto della guerra aerea del giornalista David Macdougall che, secondo Hume, “accompagnava le forze aeree in un luogo che non possiamo identificare, dove non solo caccia ma anche bombardieri ruggivano nell’aria dirigendosi verso altri obiettivi in Iraq”.
Macdougall ha scritto che il B-1B Lancer, il bombardiere a lungo raggio che trasporta la più grande quantità di armi della Forza Aerea era stato di nuovo utilizzato, per la prima volta da più di un anno, per la guerra in Iraq.
“Questi bombardieri B-1 sono fondamentali per condurre queste incursioni. Ci hanno detto che volavano per missioni di 10 ore e, dall’aspetto vuoto degli alloggiamenti per le bombe, hanno sganciato centinaia di tonnellate di munizioni. Hanno bombardato 25 obiettivi in profondità in Iraq” ha detto. In uno di questi luoghi, ha scritto, le truppe dell’esercito inviato sul posto dopo l’attacco aereo hanno trovato un “centro di comando e di controllo, un ospedale per i ribelli e una stanza della grandezza di un bagno piena di sangue”. Non sapremo mai se questa “stanza piena di sangue” fosse un centro di tortura, facente parte dell’ospedale o se si è “riempita” di sangue per la stessa causa di ciò che ha provocato 280 vittime irachene durante gli attacchi aerei riportati dai media e molti altri che non sono stati divulgati. È un altro aspetto della guerra che resta un mistero.
La guerra segreta aerea
Spesso raccontare la guerra aerea non è stato semplice, tranne che attraverso spezzoni di informazioni quotidiane concernenti i combattimenti in Iraq (che si appoggiano principalmente sui dati dell’esercito o conferenze stampa) e le lacune della nostra conoscenza della guerra aerea sono state facilitate dalla incapacità dell’esercito USA di essere onesto e disposto a fornire allo stesso tempo dati e spiegazione. Da questo punto di vista, l’esercito è stato un sostegno all’inattività dei media.
Data la conoscenza del CENTAF, che, per quanto “eleganti” possano essere le loro munizioni e precisi i loro obiettivi, persone non combattenti, specialmente nei quartieri urbani, sono sicure di morire durante gli attacchi aerei, ho posto una domanda al tenente colonnello Kennedy: poteva spiegare come il CENTAF decideva il tasso accettabile di vittime civili che era pronto a sacrificare per obiettivi militari? La sua risposta: “Non in un modo che possa darvi soddisfazione”.
La risposta di Kennedy echeggia un tema ricorrente nelle sue repliche alle domande. Ad un dato momento durante le nostre conversazioni ha di fatto suggerito che un articolo sulla guerra aerea in Iraq non era “una storia idonea” e mi ha detto di non ricontattarlo più fin quando non fossi stato sotto contratto per produrre un articolo che rispondesse ai suoi criteri. Ha più tardi affermato che il suo commento sulla idoneità era dovuto “al mio status apparentemente di indipendente” e al fatto che non ho fornito una “copia di un qualunque contratto né di un contatto con un editore”.
“Quando fornirete una tale informazione, sarò felice di rispondere alle vostre domande” ha scritto. Dopo aver fornito delle prove che ero in effetti un giornalista, ha di nuovo rifiutato di rispondere concludendo: “è l’ultima email proveniente da voi a cui risponderò”:
Kennedy è solo uno di un numero di ufficiali dell’esercito USA che hanno silurato tentativi per scoprire la natura reale e l’estensione della guerra aerea americana ed il suo impatto sui civili iracheni. Messi da parte i comunicati quotidiani delle Forze Aeree del tipo “riassunto sulla potenza aerea” di dubbia qualità, l’esercito si è sforzato nel mantenere segreti agli occhi degli americani tutti gli aspetti sostanziali della guerra aerea.
Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti hanno condotto una guerra clandestina aerea in Cambogia, mentendo alla stampa e nascondendolo all’opinione pubblica americana. In Iraq, l’esercito durante gli ultimi anni si è impegnato in un altro tipo di guerra aerea segreta ma i loro metodi per mantenerlo segreto sembra avere delle similitudini. Alcuni anni or sono, durante un incontro ad un evento organizzato dalla Fondazione Carnegie per la Pace Internazionale, Les Roberts, coautore dello studio di The Lancet ed attualmente alla facoltà di Colombia nel quadro di un programma dell’Università sulle migrazioni forzate e l’igiene, ricorda una dichiarazione del portavoce del Pentagono che, al di fuori di alcuni siti in Najaf e nella provincia di al Anbar, l’esercito si era astenuto dall’attaccare delle moschee in Iraq. Roberts ha detto che la retorica del portavoce differiva visibilmente dai fatti reali, ricordando che “alcune settimane prima avevo visto i cannoni di un elicottero distruggere una splendida moschea a circa un’ora da Bagdad”.
Quando ho domandato al tenente colonnello Kennedy perché CENTAF non registrava le cifre concernenti le vittime civili della guerra aerea, ha respinto la critica verso i gradi superiori, cioè l’ufficio del segretario alla difesa. “Andate a chiederglielo perché non decidiamo la politica da seguire qui” ha scritto.
“Credo che si mettano al riparo” ha detto a Tomdispatch l’anziana funzionaria del Pentagono Sewall. “Spendono una grande energia utilizzando dei modelli informatici per sapere dove le schegge di vetro andranno a spargersi e poi non si preoccupano in effetti se questo sforzo per controllare la direzione delle schegge di vetro ha per risultato quello di uccidere meno persone perché non si daranno mai la pena di cercare se, effettivamente, ciò ha permesso di uccidere meno persone”. Come ha rimarcato durante un’intervista telefonica è “una posizione assurda”.
“Se volessero, potrebbero certamente farlo, includendolo nelle loro procedure interne”, ha detto Sewall a proposito del fatto di registrare le vittime. “Penso che sia inscusabile che non facciano un lavoro migliore”.
Nick Turse è curatore associato e direttore di ricerca di Tomdispatch.com. Ha scritto per il Los Angeles Times, il San Francisco Chronicle, The Nation, Village Voice, e regolarmente per Tomdispatch.
Versione originale (inglese)
Nick Turse + Tom Engelhardt
Fonte: http://www.tomdispatch.com/
Link: http://www.tomdispatch.com/index.mhtml?pid=163152
07.02.2007
Versione francese
Fonte: http://www.mondialisation.ca
Link
Versione italiana
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MASSIMO CARDELLINI