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LA FINZIONE POLITICA – Parte Prima – CONDIZIONARE LE EMOZIONI

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A cura di Davide
Il 26 Febbraio 2008
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DI ANTONELLA RANDAZZO

In seguito alla caduta del governo Prodi, è stata aperta la campagna elettorale, a cui i telegiornali stanno dando molto spazio. Ogni giorno ci viene offerta un’ampia varietà del panorama elettorale: invettive, stoccate, secessioni, accuse, o l’alterco di turno.

Molte persone credono che l’attuale sistema sia rappresentativo, nel senso che i cittadini, tramite il voto, eleggono alcuni delegati. In realtà ciò non avviene, poiché sono i Partiti a scegliere i candidati e la scelta elettorale avviene all’interno di un sistema che manipola le emozioni, le informazioni e molti altri aspetti della realtà. Di conseguenza, la maggior parte della popolazione crede di essere libera di scegliere, mentre di fatto soltanto chi controlla il sistema sceglierà una certa quantità di persone, che faranno la campagna elettorale, e che potranno avere ruoli politici. Tutto ciò avviene senza alcuna considerazione delle reali capacità dei candidati di risolvere i problemi del paese, poiché al centro dell’attenzione non c’è l’interesse collettivo ma la salvaguardia e il rafforzamento del sistema stesso.

Esistono molti legami fra mass media e politica, e per comprendere appieno l’attuale sistema politico occorre analizzare il sistema dei mass media. Non soltanto perché i politici veicolano i loro messaggi attraverso i mass media, ma anche perché gli eventi socio-culturali promossi dai media di massa hanno sempre più importanza nel creare la realtà collettiva e nell’orientare il consenso.
Oggi la “cultura” non è più fatta dagli intellettuali indipendenti, ma dai gossip e da programmi televisivi altamente involutivi. Molti non conoscono nemmeno più la differenza fra la situazione mediatica attuale e la cultura propriamente detta. Ciò ha un grande peso nel peggiorare la politica, poiché l’elettore poco informato e che non coltiva la propria mente si aspetta sempre meno competenza e coerenza, limitandosi a seguire, più o meno passivamente, le beghe e le risse dei vari personaggi politici.
Secondo una ricerca condotta dallo psicologo Richard Wiseman, pubblicata sulla rivista “Nature”, la televisione è più adatta degli altri mass media a far credere alle menzogne dette dai politici. Spiega lo scrittore e giornalista Klaus Davi: “La televisione… funzionando attraverso immagini che rimangono impresse nella mente degli elettori, sarebbe non tanto da sfruttare per raccontare false promesse, quanto per diffondere false percezioni della realtà e dell’avversario… Attraverso immagini che rimangono sedimentate nella mente degli elettori… è possibile condizionarli su quanto sta accadendo intorno a loro… Per questo motivo la televisione si presta perfettamente a rivestire il ruolo di media più bugiardo… Se in passato i politici ci facevano sognare, oggi, al contrario, ci promettono di proteggerci dai nostri incubi peggiori con i toni pericolosamente paternalistici”.(1)
I mass media, soppiantando nella vita di molti le attività sociali e culturali, hanno acquisito un enorme potere di condizionare le emozioni, favorendo oltremodo la suggestione e l’illusione. Basi su cui viene posto l’attuale potere politico.
Il sistema politico attuale può esistere soltanto all’interno di una realtà mediatica che crea una determinata condizione psicologica, idonea a rendere “normale” tale sistema. I mass media (specie i telegiornali, la pubblicità e la televisione), presentano alcune caratteristiche atte a destabilizzare il senso di sé, a indurre l’individuo a formare una determinata versione del mondo (materialistica, superficiale, istintuale, egoistica, ecc.) e a sperimentare un senso di impotenza sugli eventi, come se essi fossero difficilmente modificabili. Diversi programmi trattano problemi come il precariato lavorativo, la povertà, la disoccupazione o i disservizi, argomentandoli senza far comprendere le vere cause, e dunque rendendo difficile una chiarezza circa la loro definitiva risoluzione. Ciò produce un senso di impotenza e di disagio, che sarà assai utile all’attuale sistema politico, basato proprio sulla mancata soluzione dei problemi collettivi.
Tale sistema deve, per continuare a sopravvivere, creare un assetto cognitivamente “chiuso”, in cui vigila una struttura autoritaria che non permette a nessuno di avere reazioni che possano squarciare il muro che protegge il potere del gruppo dominante.
La ripetizione ossessiva degli spot pubblicitari non serve soltanto a vendere il prodotto, ma anche e destabilizzare mentalmente le persone, facendo subire loro una ripetitività che terrà occupata la mente su aspetti non importanti dell’esistenza.
Per rendere il sistema più efficace, vengono creati contrasti e opposizioni.
Specie negli ultimi decenni, il sistema di valori professato dai media è sempre più rigidamente impostato su polarizzazioni estreme: buono/cattivo, bene/male, noi/loro, ecc. Le guerre statunitensi vengono raccontate come buono (occidentale) e cattivo (terrorista), nascondendo la verità (vedi http://www.disinformazione.it/significato_terrorismo.htm).

La distinzione destra/sinistra, presente all’interno del sistema partitico, poteva avere un senso fino agli anni Settanta, quando la classe proletaria (o dei lavoratori) si riuniva nelle associazioni politiche o sindacali, e aveva le sue pubblicazioni e iniziative mediatiche. All’epoca i lavoratori esistevano mediaticamente e politicamente, anche se il sistema dei partiti cercava di limitarne il più possibile il potere. Gradualmente, il gruppo dominante ha tagliato fuori le classi popolari dalla politica, assumendo il possesso della quasi totalità dei mass media e il controllo di tutti i partiti parlamentari. Oggi gli operai esistono soltanto nelle cronache mortuarie, quando avvengono incidenti terribili, causati dai tagli alla sicurezza e favoriti dalla sostanziale impunità di cui gode il gruppo dominante.
I media hanno il potere di manipolare le emozioni per garantire che il sistema, nonostante i paradossi, continui a sopravvivere. Spiega il sociologo Italo De Sandre:

“Sicuramente si è ampliato – non soltanto in chiave esplicitamente pubblicitaria – lo sfruttamento delle emozioni per una loro riproduzione di massa… Nella vastissima produzione dell’industria culturale si possono intravedere in azione – ben al di fuori della pubblicità – i meccanismi psicologici profondi… i mass media stimolano ambiguità, contraddizioni e spaccature rispetto agli “oggetti d’amore”, creando ansie, sollecitando sentimenti e contemporaneamente offrendo al pubblico strumenti e simboli per la risoluzione a proprio modo di quelle ansie attraverso il distanziamento (separazione, estraniazione) dalla responsabilità del dolore mostrato (guerre, atrocità, disgrazie). Offrendo mediazioni soprattutto rispetto alla responsabilità di coinvolgimento diretto delle persone, anche nella pratica dell’altruismo, spettacolarizzato esso stesso (ad esempio nella raccolta fondi di alcuni programmi televisivi nda)… La cultura di massa ridisegna lo stile di sé attraverso gli stili di vita… con strategie più moderne e polverizzate, affidate al bricolage dei singoli. Emozioni da gestire e godere in uno stile di sé il cui set coincide sempre di più con l’agenda dei mass media sostenuta dai mercati connessi, con stili di vita in cui aggressività ed ostilità in questi anni stanno crescendo, giustificate da valori di solidarietà spesso angusti, a loro volta legittimati dalla propria ricerca di identità”.(2)

I mass media tendono dunque a creare una dipendenza degli individui dai contenuti che essi propugnano, agendo sull’emotività, in modo tale che le persone perdano i criteri interiori di riferimento, che indichino loro ciò che è “giusto”, “bene”, “male”, “vero”, “falso”, “accettabile” o “inaccettabile”.
La dipendenza emotiva dal giudizio mediatico è sempre più significativa. Ad esempio, mentre nel periodo di “mani pulite” i mass media condannavano gli incriminati e non la magistratura, inducendo i cittadini al crollo della fiducia e alla condanna morale dei politici corrotti, oggi i media di massa, condannando o mettendo in dubbio l’operato della magistratura, producono effetti assai diversi. Mastella oggi può tranquillamente fare la sua campagna elettorale come se non vi fossero contro di lui gravi accuse di corruzione; e addirittura presentarsi come una vittima della magistratura. Questo esempio può dare l’idea di cosa si intenda per “manipolazione emotiva dai mass media”. Ovvero, le reazioni dei cittadini dipendono sempre più dalle pulsioni emotive stimolate dai media. Essi non si accorgono di agire come robot, sulla base di ciò che il sistema vuole, e contro i propri interessi.
Il legame emotivo creato dal sistema è talmente forte che secondo l’Associazione Europea attacchi di panico, una crisi di governo aumenta i casi di ansia fra i cittadini, proprio come avviene ai bambini nei casi in cui vedono i genitori litigare. Avere fiducia nelle attuali istituzioni può significare cadere in una depressione latente.
Alcuni individui, sommersi di informazioni e discorsi politici ingannevoli, invadenti e manipolanti, possono provare un senso di disagio e un nascosto risentimento. Spiega la sociologa Francesca Ursula Bitetto:

“Viviamo in una società “vanitosa” che rende inessenziali i rapporti fra gli uomini sottolineando l’esteriorità, l’appartenenza, il possesso… Siamo continuamente sottoposti ai messaggi di una comunicazione paradossale ancor prima che inessenziale. Il risentimento… è frutto dei paradossi del sistema in cui viviamo, delle sue asserzioni contraddittorie o impossibili da realizzare, e delle frustrazioni che da questa impossibilità derivano. Il successo, la felicità, l’uguaglianza, la democrazia, sono solo alcune delle promesse sistematicamente propagandate e deluse… L’infelicità dell’uomo è frutto di una promessa non mantenuta… In una società di schiavi le rivendicazioni di uguaglianza non sono ancora un contenuto fatto proprio del sistema… è lo stesso sistema (a creare) nei fatti barriere tali da impedirne la realizzazione”.(3)

Difendersi dal coinvolgimento emozionale mediatico sta diventando sempre più difficile. Subiamo una montagna di stimoli emozionali di vario genere, anche quando cerchiamo di sottrarci.
Le nostre emozioni vengono stimolate, ma anche canalizzate all’interno di un contesto ben preciso. Il sociologo Arlie Russell Hochschild parla di “riciclaggio delle emozioni”: “Riciclano le nostre emozioni e i nostri sentimenti per rivenderceli in forma diversa e paradossalmente come celebrazione di sentimenti incontrollati”.(4)

Per accrescere il potere del sistema sulle nostre emozioni, vengono utilizzate tecniche assai sottili, che tendono a dare alle emozioni un significato sociale che in precedenza non avevano. Vengono utilizzati “esperti” pronti a dare significato alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti, condizionandoci a ritenere un significato piuttosto che un altro.
Oggi, dunque, la nostra vita emotiva non è poi così spontanea e autentica come si può comunemente intendere, poiché sono numerosi gli stimoli mediatici e sociali che tendono a controllare le nostre emozioni. Per spazzare via l’attuale sistema, le persone dovrebbero riappropriarsi della propria vita emotiva, prendendo le distanze dalle manipolazioni mediatiche. Occorre ritornare a riconoscere autonomamente ciò che è accettabile da ciò che non lo è.
I politici dell’attuale sistema si impegnano soprattutto a capire come poter meglio persuadere le “masse”. Per “massa” si intende una “grande quantità indistinta di persone che agisce in maniera uniforme”, che iniziò ad essere creata dal sistema alla fine del XIX secolo.
Per gli intellettuali accreditati dal regime e per i dittatori del passato, le “masse” non sono un effetto del potere sui popoli, ottenuto stimolando l’area più involuta del cervello (quella detta cervello R, che presiede allo spirito gregario), ma l’essenza delle persone riunite in una folla. Scrive Hitler nel Mein Kampf: “Le masse non sanno cosa farsene della libertà e, dovendone portare il peso, si sentono come abbandonate… Pertanto la propaganda efficace deve limitarsi a poche parole d’ordine martellate ininterrottamente finché entrino in quelle teste e vi si fissano saldamente”.
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Mussolini scriveva: “Regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l’illusione di essere sovrano”.(5)

“Massificare” significa creare un’entità conforme nelle reazioni emotive e nel comportamento verso il potere. Il sistema oggi ha molti strumenti efficacissimi per massificare e per annullare l’individuo, sottraendogli la sua originalità creativa e di pensiero. L’effetto della massificazione diventa, nelle argomentazioni degli esperti e dei dittatori del passato, la “natura” di un’entità (il popolo) da non definire. Scriveva Mussolini:

“Il popolo non fu mai definito. È una entità meramente astratta, come entità politica. Non si sa dove cominci esattamente, né dove finisca. L’aggettivo di sovrano applicato al popolo è una tragica burla… La sovranità gli viene lasciata solo quando è innocua o è reputata tale, cioè nei momenti di ordinaria amministrazione. Vi immaginate voi una guerra proclamata per referendum? Il referendum va benissimo quando si tratta di scegliere il luogo più acconcio per collocare la fontana del villaggio, ma quando gli interessi supremi di un popolo sono in gioco, anche i Governi ultrademocratici si guardano bene dal rimetterli al giudizio del popolo stesso”.(6)

I politici di oggi professano le stesse idee, soltanto che non lo dicono. Ciò risulta evidente nel loro modo di gestire il potere, e nel loro rifiuto categorico di dare reale sovranità al popolo nelle questioni importanti, come la moneta o il diritto di sovranità sul proprio territorio.
Mussolini diceva “”Quando mancasse il consenso, c’è la forza” .(7) Le autorità di oggi non lo dicono ma lo mettono in pratica. Ad esempio, in Campania e in Val di Susa sono stati usati manganelli e la repressione dell’esercito; e nei paesi esteri la repressione dei popoli viene chiamata “missione di pace”. Oggi i metodi repressivi vengono giustificati dal pretesto che viene a crearsi una situazione violenta, e non si dice che tale situazione è spesso organizzata dalle stesse forze che reprimono, attraverso squadre appositamente addestrate (vedi http://antonellarandazzo.blogspot.com/2007/09/la-dissidenza-e-il-g8.html)

Secondo la Psicologia delle folle, spesso il comportamento di gruppi umani è altamente condizionato da persone che stimolano i comportamenti più involuti, attraverso paure, o anche attraverso stimoli emotivi che spingono all’entusiasmo, al coinvolgimento emotivo, o a manifestare aggressività verso altri gruppi o persone. Se si stimolano gli aspetti irrazionali si possono produrre folle che si comporteranno in modo irragionevole, contro i loro stessi interessi.
L’irrazionalità può essere stimolata attraverso una sorta di induzione “ipnotica”, ripetendo slogan, frasi ad effetto, sventolando bandiere, attraverso simboli, oppure semplicemente evocando emozioni o rassicurando.
Talvolta le corde toccate sono inconsce, ovvero si stimolano desideri, speranze e illusioni, inducendo in tal modo il comportamento desiderato, irrazionale perché non in linea con la ragionevolezza che il soggetto dovrebbe avere per creare una realtà consona ai suoi interessi.
La creazione di Partiti stimola l’aggregazione ideologica delle masse, e rende dunque attivi i meccanismi emotivi che possono portare al condizionamento. L’uomo è un essere sociale, e dunque, all’interno di una cultura di massa, che stimola l’appartenenza sociale senza un vero sviluppo della personalità individuale, è indotto ad aggregarsi ad un gruppo o ad un partito. Talvolta si abbraccia la fede ideologica della famiglia di appartenenza, o si continua a votare un Partito per abitudine o affezione, tralasciando le aspettative deluse.
Utilizzando le conoscenze acquisite sulla “massa”, il politico (o l’esperto per lui) prepara i suoi discorsi, scegliendo con cura, e sulla base degli effetti emotivi, parole, concetti, nomi, ecc. L’oratore politico deve evocare le immagini ad effetto (famiglia, casa, lavoro, sicurezza, stabilità, sviluppo, ecc.) che la seducono. Deve creare un clima emotivo positivo, in cui le sue parole appariranno vere e i suoi propositi come i migliori. I politici tengono conto che:

1) Gli elettori sono delusi dal governo precedente, che non ha mantenuto le promesse.
2) Ci sono diverse aspettative di novità, specie nei settori in cui c’è stata la delusione.
3) Gli elettori non voteranno le stesse persone che li hanno delusi, dunque i partiti dovranno sostituire i loro candidati oppure fare nuove promesse.
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Di conseguenza tutti i candidati tratteranno gli stessi argomenti: cambiamento, costi della politica e trasparenza, sviluppo economico, combattere l’impoverimento del paese, lavoro, ecc. Ogni partito accuserà l’avversario di non rinnovarsi, di non essere all’altezza dei cambiamenti o di non porsi a servizio dei cittadini.
Il politico tende talvolta ad utilizzare frasi ambigue, per evitare di dire evidenti bugie o verità scomode. Dovendo fondare il suo operato sull’inganno e sulla finzione, egli fa largo uso di mezze verità e di mistificazioni. Le menzogne del politico talvolta sono evidenti, eppure, se in ambito sociale o giuridico la menzogna è condannata, in ambito politico sembra essere considerata “normale”.
Nella politica attuale la sincerità non può essere prevista poiché se i politici svelassero ciò che sanno sulla verità del sistema farebbero crollare tutta l’impalcatura che lo regge.
Il politico deve saper cogliere i desideri, le speranze e le aspirazioni della massa e far credere di essere l’unico capace di realizzare tutte le aspirazioni. Quello che conta non è ciò che intende fare, ma quello che appare che egli farà. E anche quando sarà evidente lo scarto fra ciò che ha detto di fare e ciò che ha fatto, egli si ripresenterà con le stesse tecniche persuasive, facendo credere di poter ancora realizzare ciò che il popolo vuole. Nella comunicazione emotiva, l’illusione risulta essere assai più importante della realtà. Come asseriva Gustave Le Bon: “Nella storia l’apparenza ha sempre avuto un ruolo più importante della realtà”.(8)

I gruppi umani ridotti in “masse”, dalla manipolazione mentale attuata dal sistema, diventano fortemente influenzabili non dai ragionamenti ma dall’immagine che il “leader” offre loro.
All’interno della massa, le persone sono indotte a non conoscere se stesse, e a preferire la scelta del percorso di minore resistenza, attuando una moralità più bassa rispetto a quella presente nella coscienza dei singoli individui.
Il gruppo di potere sa assai bene che “i grandi cambiamenti di incivilimento sono la conseguenza di cambiamenti nel pensiero dei popoli… Gli unici mutamenti importanti, quelli da cui scaturiscono rinnovamenti di civiltà, si operano nelle opinioni, nelle concezioni e credenze.”(9)
Per questo l’attuale sistema tiene strettamente sotto controllo il pensiero, le opinioni e le idee, riservandosi di creare esso stesso idee e concetti da divulgare, e impedendo in vari modi che possano giungere ai mass media opinioni e idee completamente indipendenti.
L’ascesa delle classi popolari, iniziata nel secolo XVIII, avrebbe dovuto portare a sistemi di sovranità popolare, e invece, a causa del controllo attuato dal gruppo egemone, sono state create “masse” popolari quanto più simili nella mentalità al gruppo di potere (nell’egoismo, nel materialismo, nella superficialità, ecc.), ma depotenziate per ciò che riguarda l’effetto sulla realtà. In tal modo tutto è rimasto invariato nei fatti, ma con parole e tecniche politiche (fra queste c’è il sistema partitico) è stato fatto credere il contrario.
La fiducia ha un ruolo fondamentale nel mantenere inalterato un sistema politico-economico. Essa risulta una risorsa potentissima, senza la quale i cambiamenti sarebbero inevitabili. Per questo motivo viene alimentata in vari modi la fiducia nel sistema, e quando ciò non risulta possibile, si alimenta la sfiducia in se stessi, in modo tale da far apparire la realtà come immodificabile.
Un’altra risorsa importantissima per il mantenimento del sistema è la paura, che spesso è complementare alla sfiducia. Il sistema alimenta la paura del cambiamento, facendo intendere che se si tenta di cambiare si può andare incontro all’insicurezza, allo sfacelo, alla dittatura o alle divisioni “etniche”.
Vengono alimentate anche molte altre paure, come la paura della povertà, la paura di ammalarsi e la paura dello straniero.
L’uso elettorale della paura deriva dal modello anglosassone, che da sempre ha utilizzato l’insicurezza, il “nemico”, o le possibili catastrofi ambientali per far percepire il politico come colui che deve proteggere la società civile. Per risultare più efficaci, nelle campagne politiche anglosassoni si amplifica ogni possibile pericolo, facendo così diventare la paura un importante fattore per il consenso. Il mondo viene descritto come un luogo oscuro, pieno di nemici e di pericoli, e la politica diventa l’ala protettrice che salva dal pericolo. Gli argomenti per suscitare paura non mancano: c’è il “terrorismo”, c’è il disastro ambientale, c’è l’avversario che delude, c’è lo straniero che minaccia la sicurezza, ecc. Come osserva Davi: “La paura è… la risorsa politica di coloro che hanno rinunciato a perseguire la giustizia, la libertà e l’uguaglianza”.(10)

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LA FINZIONE POLITICA – Parte Seconda – VOLGARI IMBROGLIONI COME CAPI DI GOVERNO

Il sistema politico attuale del nostro paese è stato creato dagli anglo-americani, e ad oggi procede imitando ogni aspetto della propaganda statunitense. Le tribune elettorali sono state inserite a partire dagli anni Sessanta, in seguito alle presidenziali americane in cui si ebbe il noto dibattito fra Kennedy e Nixon.
Negli anni Settanta il nostro paese ebbe la particolarità di vivere una stagione di grande attivismo politico delle classi lavoratrici, che, com’è noto, è stato duramente spezzato nel periodo dello “stragismo di Stato”. In quegli anni i cittadini italiani non erano ancora stati a sufficienza passivizzati dalla televisione spazzatura e condizionati dalla pubblicità involutiva. Ciò preoccupava non poco le autorità statunitensi, e grazie all’introduzione delle televisioni private si iniziò un percorso massiccio di “rimbecillimento” .
Il sistema politico creato dalle autorità statunitensi è sempre più dominato dall’inganno, dalla menzogna e dall’intento di ridurre gli elettori a semplici partecipanti all’allegro teatrino elettorale. Spiega Klaus Davi:

“La menzogna non è certo un fenomeno nuovo nella politica americana. Tuttavia, molti osservatori notano come essa sia divenuta dominante nell’ultimo cinquantennio. Il più frequente ricorso alle bugie, così come ai raggiri, ai segreti e al cosiddetto “spinning”, cresce di pari passo con l’aumentato degrado della classe politica, ubriacatasi dal potere e dalla ricchezza che da esso ne deriva… (Negli anni Sessanta) I programmi elettorali di entrambi i candidati furono così simili che era quasi impossibile distinguere le promesse dell’uno da quelle dell’altro… (i candidati o i presidenti) fanno ampio ricorso ai sondaggi, diventati di cruciale importanza nella conquista dell’opinione pubblica… I risultati dei sondaggi servono per creare e modellare l’immagine e i programmi di un candidato verso il target di elettori che si intende colpire”.(11)

Oggi tutti i partiti promettono tutto quello che gli elettori vorrebbero. Addirittura Veltroni promette mille euro al mese ai precari. Una promessa che ricorda molto quella di Berlusconi, fatta nel 2001, di dare un milione di vecchie lire al mese a tutti i pensionati. Si tratta di strategie per garantirsi il voto delle categorie sociali coinvolte, ma una volta al potere si fa in modo che soltanto una minima parte di persone ne abbia realmente diritto, escludendo, attraverso clausole, tutti gli altri. Ad esempio, Berlusconi alzò la pensione soltanto ad una minima parte di pensionati, lasciando tutti gli altri a bocca asciutta. Ovviamente, in campagna elettorale fanno credere di estendere a tutti le promesse, tenendo conto che dopo aver preso il potere basterà dimostrare di aver mantenuto la promessa a qualcuno per potersi vantare di essere “di parola”.
Nessun politico vi dirà mai che dovrà per forza promuovere l’impoverimento dei cittadini, in linea con la volontà dei suoi “padroni”. Ormai da alcuni decenni è questa la “politica” voluta dal sistema, e i grandi partiti vi si adattano a perfezione. Ad esempio, con l’introduzione dell’euro, i politici non hanno affatto vegliato sui prezzi, scatenando un aumento del costo della vita pari a quasi il 100%, mentre, a causa delle leggi che legalizzano lo sfruttamento lavorativo, i salari sono diminuiti (dimezzando il potere di acquisto). Inoltre, a partire dagli anni Novanta, quasi tutti gli attuali personaggi politici hanno appoggiato la svendita dei beni pubblici, a favore dei grandi gruppi, controllati dalle banche d’affari. Questo aveva l’obiettivo di accrescere il controllo anglo-americano sull’economia del nostro paese. .
Dobbiamo ricordare che le persone che stanno facendo discorsi di “rinnovamento e crescita economica”, nei comizi elettorali di questo periodo, sono esattamente le stesse persone che hanno causato il disastro economico nel paese, e che hanno fatto finanziarie devastanti per accondiscendere alle richieste del debito-truffa dei banchieri. Qualsiasi promessa facciano nell’attuale campagna elettorale, i fatti confermeranno la loro corruzione.
Di pari passo col peggioramento della politica, si è avuto il fenomeno della sua spettacolarizzazione. Oggi i politici appaiono ovunque: nei talk show, nelle riviste di moda o di gossip, e in molti spettacoli di intrattenimento. Tutto sembra essere diventato “politica”, ma si tratta di una politica “personalizzata”, che ci informa sui rapporti sentimentali dei politici, o sui rapporti coi figli o coi parenti. Ci rivela i loro gusti nel vestire o nel mangiare, o se amano viaggiare. Nessun mass media ci dice dettagliatamente quale sarà il loro programma economico, né come vorrebbero far diventare più alti gli stipendi degli italiani. Ci si trova ad avere una valanga di informazioni, che però non aiuta affatto a capire meglio la realtà. Spiega Davi:

“Più aumenta) l’overdose di informazione politica, e (più) i parlamentari si sentono onnipotenti, indistruttibili, affetti da machismo cronico. Eppure questa loro continua esposizione non fa altro che confermarci il loro lato oscuro: l’impressione, se non la certezza che quando comunicano non fanno altro che raccontare ‘balle’. Usando tecniche retoriche per omettere, smentire quanto detto prima, sviare”.(12)

Oggi le campagne politiche sono definite “campagne di marketing”, poiché si tratta di “vendere un prodotto” (l’immagine del politico) con metodi tipici della pubblicità e dello spettacolo. Spesso i politici copiano addirittura gli stessi contenuti delle pubblicizzazioni dei marchi. Anche i prodotti pubblicizzati inneggiano al “nuovo”, oppure sostengono di offrire ciò che altri non possono offrire. Ad esempio, una campagna promossa per vendere orologi Swatch aveva come slogan “Sempre nuovo, sempre diverso”, oppure viene in mente la pubblicità della Coop: “Coop chi può darti di più”.
Durante le campagne politiche, dunque, vengono messi in pratica gli stessi linguaggi persuasivi del marketing, e la vera politica, come luogo in cui si affrontano problemi collettivi e si migliora l’esistenza di tutti, viene cancellata dalla realtà, con tutti i disastri che ne deriveranno.
I politici oggi puntano alla suggestione e all’emotività più che al ragionamento, e spesso si contraddicono, ma nessuno può farglielo notare. Infatti, la realtà politica del mondo attuale, essendo quasi completamente asservita al gruppo dominante, che controlla i media, non presenta un reale contraddittorio da parte della gente comune o di giornalisti indipendenti. Spesso la situazione di contraddittorio è costruita “ad oc”, con personaggi di partiti diversi e giornalisti che fanno parte del sistema. In tal modo i politici sanno che nessuno farà loro domande come “cosa pensate del potere di signoraggio delle banche?”, oppure “credete che il nostro paese possa essere liberato dall’occupazione militare americana?”, o ancora “Se non siete riusciti a risolvere i problemi del paese in quanto sottomessi al gruppo di potere, qual’è il motivo per cui vi siete ricandidati?”.
Senza rischiare alcuna domanda che sveli la vera realtà, il politico a servizio del sistema punta a far credere a tutti di essere dalla loro parte: se si troverà a parlare con gli operai dirà di essere interessato a difendere i diritti lavorativi, se invece si troverà con i commercianti o gli imprenditori dirà che sosterrà i loro interessi. Lo stesso dirà se si dovesse trovare con qualsiasi altra categoria sociale ed economica. La sua bravura consisterà nell’impressionare positivamente, convincendo che effettivamente egli avrà a cuore ciò che professa essere importante. Ma per il semplice fatto che egli ha promesso tutto a tutti, è evidente che sta truffando qualcuno, ed è ragionevole ritenere che questo qualcuno sia il soggetto più debole del sistema (i cittadini comuni).
Il politico stabilisce i temi che saranno al centro dei suoi discorsi o delle sue strategie. Tale scelta è fatta in seguito ad alcune indagini statistiche da cui emergeranno importanti informazioni su ciò che l’elettorato vorrebbe. Ad esempio, Veltroni è stato informato delle critiche rivolte alla “sinistra”, dovute all’immagine che i media davano di uno schieramento “ostaggio” della sinistra radicale, che facevano emergere il problema di avere un unico schieramento compatto. Per questo motivo egli avanzò la scelta di candidare da solo il Partito Democratico. Non si trattava dunque di una scelta “coraggiosa”, come scrissero i media, ma di una scelta dettata dalla necessità di ispirare maggiore fiducia.
C’è un duplice scenario nelle campagne elettorali: da un lato i personaggi in scena cercano di convincere quanto più possibile gli elettori, dall’altro essi sono costantemente controllati e osservati dal gruppo di potere, che è l’unico ad “eleggere” realmente qualcuno (dato che decide la candidatura di quasi tutti i personaggi).
I personaggi politici, per far colpo sul gruppo dominante, devono riuscire a suscitare fiducia negli elettori, facendo discorsi convincenti, in cui utilizzeranno con generosità parole come “democrazia”, “proteggere”, “diritti”, “trasparenza”, “rinnovamento” o “risolvere”, ossia parole che suscitano immagini positive e rassicuranti.
In realtà a quasi tutti i politici non interessa nulla se i lavoratori soffrono per il precariato, se ci sono sempre più poveri, o se muoiono sempre più persone in seguito ai danni provocati dallo smaltimento “mafioso” dei rifiuti, poiché il loro unico obiettivo è quello di fare “carriera” all’interno di un sistema che non ha come scopo il benessere di tutti.
Spesso l’uso delle parole nei comizi politici è tendenzioso o mistificatorio. Ad esempio, alcune parole tuonano come una terribile accusa, senza nemmeno argomentare il motivo che ha spinto ad usarle. E’ il caso della parola “demagogia” oppure della parola “ideologico”. Mentre, al contrario, alcune parole o concetti qualificano in modo splendido, senza bisogno di giustificarle coi fatti, ad esempio, “responsabile”, “impegno”, “meno tasse”, “sostegno alle famiglie” o “sviluppo economico”. I politici tendono dunque ad utilizzare termini precisi per affossare gli avversari o per suscitare consenso, e spesso tali termini non sono a sufficienza argomentati per far comprendere cosa esattamente intendono sostenere.
Addirittura alcuni personaggi dicono cose insensate o promettono riforme azzardate. Ad esempio, Gianfranco Fini ha sostenuto che la faccenda dei rifiuti in Campania era il segno evidente del fallimento del governo Prodi, senza però tener conto che il problema va avanti almeno da 14 anni. Di Pietro, invece, propone addirittura la soppressione di due reti Fininvest, senza ricordare che il governo di cui faceva parte non era riuscito nemmeno a sopprimerne una. I piccoli partiti possono permettersi di propagandare grandi cambiamenti (anche se adesso lo fanno persino i grandi partiti), tanto poi i loro deputati saranno talmente pochi da non incidere affatto sull’operato del Parlamento, e nel caso raro in cui potessero incidere sarebbero messi sotto ricatto (“se non voti così fai cadere il governo”).
Gli stessi programmi dei Partiti sono una forma di propaganda, e saranno puntualmente disattesi. I discorsi dei politici abbondano di luoghi comuni, di riferimenti ai valori comuni della società e di termini altisonanti, con scarsi riferimenti concreti. L’effetto emotivo non esige una concettualizzazione compiuta. Come disse il filosofo inglese Henry Maine: “Sarà sempre facile far accettare a una folla delle idee generali presentate con parole impressionanti, anche se queste idee non siano mai state verificate e forse non sia possibile verificarle”.(13)

Veltroni riprende addirittura la questione dei diritti/doveri, tanto cara a Mussolini, che spesso parlava di “diritti ma anche doveri.” Ad esempio, in un discorso pronunciato al senato il 27 novembre del 1922, disse: “La libertà non è solo un diritto, ma è un dovere”.

Negli ultimi decenni alcuni studiosi utilizzano il termine “campagna permanente”, ad indicare che la campagna elettorale tende a sussistere anche durante il governo, poiché quest’ultimo deve poter continuamente giustificare il proprio operato, utilizzando le medesime tecniche di propaganda usate nella campagna politica.
I personaggi politici recitano discorsi preparati da persone che hanno una notevole conoscenza dei meccanismi di manipolazione mentale, ed è per questo che molti, pur essendo scettici poiché percepiscono la finzione politica, ascoltando un discorso politico possono convincersi e sentire simpatia per quel personaggio. I meccanismi attivati impediscono (a meno che non si abbiano grandi conoscenze della realtà o di se stessi) di ricordare che tutti i politici fanno discorsi in cui fanno credere di voler difendere gli interessi della gente comune e che tutti i politici hanno lo scopo principale di essere eletti.
Veltroni ha iniziato ufficialmente la sua campagna politica a Spello (Perugia), dicendo una serie di castronerie e di inesattezze. Ad esempio, ha detto: “Loro sono sempre gli stessi, noi il cambiamento”. Ma se poco tempo prima egli sosteneva il governo Prodi, e tutti sanno che egli si propone come sostituto di Prodi, cosa mai rappresenterebbe di “nuovo”? Egli aggiunge:

“Grazie al risanamento portato avanti dal governo Prodi oggi è possibile venire incontro agli italiani con la riduzione delle tasse e l’aumento dei salari… Quelli del centrodestra sono sempre gli stessi… Hanno già governato l’Italia per sette anni e propongono di tornare a farlo esattamente con gli stessi di prima… È la politica che deve rialzarsi, non l’Italia… (la politica) è solo un mezzo e non un fine… Mi candido a guidare questo Paese, non per ricoprire una carica, ma per cambiarlo”.(14)

Prodi non ha attuato alcun “risanamento” dato che il paese ha continuato ad impoverirsi e sono andati avanti i tagli alla spesa pubblica. Se per “risanamento” Veltroni intende i pagamenti ingenti dati alle banche per la truffa del debito pubblico allora in effetti ciò è avvenuto, mettendo in ginocchio il paese ancora di più.
Veltroni critica lo slogan del centrodestra “Rialzati Italia”, dicendo che si deve rialzare la politica. Ma per rialzare la politica si dovrebbero spazzare dalla scena tutti gli imbroglioni come lui.
Veltroni propone lo slogan “Yes, we can” (Si può fare), ispirato dallo slogan utilizzato nel 2004 da Bush (“Yes, America can”) e da quello attuale di Barak Obama (“Change we can”). Veltroni copia tutto dai politici statunitensi: slogan, cartelloni rettangolari di propaganda mostrati dalle folle, uso di termini, ecc. Nei suoi comizi manca soltanto la bandiera a stelle e a strisce.
Egli illude gli italiani di voler attuare un “cambiamento”, ma ci dovrebbe spiegare in cosa consista concretamente questo cambiamento, e come avverrà, se non si sfida il gruppo di potere che ha l’obiettivo di far rimanere tutto così com’è. C’è da immaginare, dato che il Partito Democratico è costituito dalle stesse persone del governo Prodi, che l’unico cambiamento consiste nel nome del partito e nel nuovo simbolo.
Il cambiamento facile di nomi e simboli dei partiti, tipico dei nostri giorni, è un chiaro segno di come la politica non sia più agganciata al sistema dei valori della società civile. Persino Clemente Mastella, nel 2004, ebbe a dire sarcasticamente: “Scusate, come ci chiamiamo oggi?”.(15)

Veltroni esalta i risultati della “lotta all’evasione”, ma i cittadini comuni sono già vessati da un’altissima pressione fiscale (per pagare le banche e alimentare il sistema corrotto) e dunque, dato che i grandi gruppi imprenditoriali hanno la sede nei paradisi fiscali, a chi vuol far pagare altre tasse? Ai “soliti noti”? Molto di quello che Veltroni dice nei suoi discorsi non è altro che una presa in giro delle persone comuni, e molti non se ne accorgono nemmeno, credendo alla sua aria di persona tanto “per bene”.
I personaggi degli altri schieramenti non sono certo da meno di Veltroni in fatto di castronerie e truffe. Berlusconi e Fini, a San Babila parlano addirittura di “un grande sogno”, senza specificare che per loro il potere è un grande sogno, ma per gli italiani corrisponde ad un incubo.
Una delle preoccupazioni principali di Berlusconi, in preparazione dell’incontro al Teatro Nuovo di San Babila (Milano), era la scelta del look, e si era consigliato con più persone circa la scelta dell’abbigliamento. Egli, da persona attenta al mondo propagandistico occidentale, trainato dagli “esperti” statunitensi, sa che durante i comizi non si deve apparire troppo diversi dagli elettori (né troppo eleganti né troppo sciatti) e che occorre apparire dinamici, ottimisti, sicuri di sé e scattanti. Berlusconi ha gettato critiche a valanga sul governo Prodi, come se loro negli anni precedenti avessero fatto meglio, e ha utilizzato varie tecniche persuasive per attirare l’elettore, come la strategia del “non votare al di fuori del bipolarismo… (perché) è pericoloso, sprecato e inutile perché i piccoli partiti hanno la forza di ostacolare i progetti”.
Berlusconi utilizza persino la morte della propria madre e di quella di Fini per la sua propaganda. “Sono in paradiso, ci guardano e ci sostengono” ha detto durante il comizio a San Babila. E approfitta per apparire devoto agli affetti familiari dicendo, rivolgendosi ai giovani: “a voi giovani dico di avvicinarvi ancora di più alla vostra mamma che è la persona che vi vuole in assoluto più bene al mondo”.(16) Sarebbe davvero molto commovente se non si trattasse strumentalizzazione di ciò che è davvero importante per raccattare qualche voto in più.
Gli attuali personaggi che stanno facendo campagna politica, almeno per il 90%, sono motivati da un concetto strumentale di potere, ovvero si impegnano per giungere ad ottenere un “posto” (o poltrona) nel panorama politico italiano, potendo così acquisire privilegi materiali e sociali. Nel sistema attuale le persone sono state indotte a dare per scontato che esista una sorta di politica-spettacolo, fatta di feste, entusiasmi manifestati con scritte su striscioni, bandiere, cartelloni, ecc., sul modello della politica statunitense. Ma in realtà spendere milioni di euro (che pagheremo noi attraverso i “rimborso ai partiti”) per mettere in atto spettacoli atti a far scegliere Tizio o Caio non serve affatto al popolo, anzi lo danneggia.
Lo spettacolo della politica è osceno se visto come un modo per saccheggiare le casse pubbliche, ed è doppiamente osceno se si considera l’inganno che sta alla base, e che permette di creare un “Parlamento”, che costerà ai cittadini altri milioni di euro. Tutto questo per produrre un assetto funzionale al gruppo dominante che, attraverso quel più del 90% dei politici (alcuni sono ignari delle vere caratteristiche del sistema, o credono ingenuamente di poter fare qualcosa per “cambiare la realtà”), potranno impunemente agire per i propri interessi, e contro gli interessi collettivi.
Le tecniche per indurre il popolo a non accorgersi di questa drammatica realtà sono tanti. Innanzitutto la formazione di Partiti e l’uso di simboli che evocano emozioni importanti (famiglia, lavoro, società, nazione, ecc.). Poi troviamo anche l’uso di parole, slogan e discorsi convincenti. Alcuni personaggi utilizzano anche eventi festosi (cene, feste, commemorazioni, ecc.).
In tutti i casi c’è un alto grado di finzione e una netta discordanza fra ciò che si dice o si fa credere attraverso slogan o simboli, e ciò che è l’obiettivo del personaggio politico.
I Partiti politici oggi sono ideologicamente tutti uguali, in quanto le persone che vengono candidate sono tutte a servizio dello stesso gruppo dominante. Dunque, quasi tutti i candidati politici sono assai più vicini fra loro di quanto facciano apparire. Potrebbero essere considerati come funzionari di uno stesso istituto (il gruppo egemone), che lottano fra loro per la “carriera”, ma quando si tratta di far valere gli interessi dell’istituto si troveranno tutti uniti. Infatti, essi sono a servizio del gruppo egemone, e vogliono farsi strada nella loro carriera politica, ma quando i cittadini rivendicano il diritto alla sovranità (ad esempio nel caso di Vicenza o della Val di Susa), ecco che diventano compatti nell’avversare quello che è percepito come “nemico”, ovvero la popolazione che rivendica una vera sovranità.
Pur essendo un popolo incline a criticare il potere, il popolo italiano, disconoscendo le tecniche di manipolazione della mente, cade (nella stragrande maggioranza dei casi) nelle trappole dei personaggi “leader” di turno. Pochi italiani sanno che il “leader” spesso non è colui che possiede qualità eccezionali, ma un personaggio che assume un ruolo, all’interno delle dinamiche emotive del momento. Essi sanno (secondo le statistiche almeno per il 70%) che il Parlamento creato dal sistema dei Partiti non sarà a servizio della popolazione, eppure vanno a votare, magari il “male minore”. Finché gli italiani non osserveranno la realtà attuale e loro stessi, non potranno evitare di cadere nelle stesse truffe in cui sono caduti in passato.
Secondo la Psicologia delle folle, il più delle volte il leader che condiziona per avere il potere non è la persona migliore o più competente, ma un “capobranco con effetto trainante”, che non può camminare troppo avanti rispetto al gregge. Le sue qualità riguardano la capacità di fingere per far credere di stare dalla parte del popolo, e di attivare le giuste emozioni per stimolare la fiducia e la sottomissione. Egli stimola l’empatia e l’identificazione facendo credere di essere “uno di voi”. Già nel 1957, l’allora politico di fede monarchica, Achille Lauro, diceva: “Io sono uno come voi… estraneo agli intrighi della politica”.(17) In realtà egli era a capo di un impero finanziario, ed era anche presidente di una squadra calcistica. Vi ricorda qualcuno? All’epoca le beghe politiche erano assai simili a quelle di oggi.
Non bisogna sorprendersi: il sistema è sempre uguale, anche se cambiano i personaggi.
Negli ultimi decenni le cose sono persino peggiorate, a causa del controllo sulla stampa che in precedenza era schierata con i lavoratori. Ad esempio, “L’Unità” del 24 dicembre del 1958, scriveva:
“Anche a Napoli, il fanfanismo è prepotenza, è sostituzione della ‘autorità’ alla volontà e al funzionamento degli organismi democratici eletti dal popolo, è visione burocratica dall’alto, di tipo coloniale dei metodi di governo e di amministrazione, è subordinazione agli indirizzi della grande industria monopolistica settentrionale, è corruzione. Dove la Dc non ha ottenuto i voti sufficienti a costituire delle maggioranze, là interviene l’autorità dello Stato”.
Oggi nessun giornale di “sinistra” osa chiamare “coloniale” l’operato dei politici di oggi, eppure nulla è cambiato, anzi.
Il costo delle campagne elettorali non è un fatto secondario, dato che si tratta di parecchi milioni di euro che tutti noi dobbiamo sborsare. Ricordiamo che nelle scorse elezioni abbiamo dato a Berlusconi 41 milioni di euro per Forza Italia, la Margherita ne ha presi 20 milioni, l’Udc 15 milioni, i Ds 35 milioni, An 23 milioni, Rifondazione 10 milioni (18) ecc. Dato l’ingente costo pubblico, si dovrebbe proporre l’abrogazione della legge n. 156 del 26 luglio 2002, che titola “Disposizioni in materia di Rimborsi Elettorali”. Questa legge permette a quasi tutti i partiti di ricevere somme molto alte di denaro pubblico. Chissà come mai nessun partito ne propone l’abrogazione.
All’interno di questa tragica situazione c’è una buona notizia: la finzione e il notevole utilizzo dei mass media rivelano quanto i governi dipendano dall’opinione pubblica. Il consenso pubblico al sistema è necessario per la sopravvivenza del sistema stesso.
La politica come truffa esisterà fino a quando le persone non saranno in grado di smascherarla e non riusciranno a liberarsi dal bisogno di illudersi e di credere alle favolette che i politici corrotti raccontano. I cittadini saranno truffati finché non prenderanno coscienza della realtà e non si renderanno conto della necessità di gestire direttamente la politica, come la finanza, e ogni altro settore pubblico.
Illudersi che deresponsabilizzarsi e affidarsi all’attuale sistema possa essere ragionevole è insensato, e avrà conseguenze disastrose. Il sistema attuale non è l’unico possibile, come siamo stati abituati a pensare ormai da troppo tempo. L’unica scelta non è quella fra partiti manipolati dalle stesse persone, ma quella di diventare sempre più consapevoli della realtà e di se stessi, per poter recuperare quelle responsabilità che in passato abbiamo delegato a corrotti e mafiosi.
Non siamo una “massa” o un branco, come vorrebbero farci credere, e siamo dotati di intelligenza e di capacità necessarie a valutare correttamente la realtà “politica” attuale. Sappiamo che gli attuali personaggi sono già stati al governo, e non hanno risolto i nostri problemi. Non soltanto: hanno ulteriormente saccheggiato il paese e hanno continuato ad alimentare il sistema di corruzione e di mafia. Dunque è paradossale che si ripresentino con nuove maschere e nuovi partiti. Chi non appartiene alla “massa” deciderà di comportarsi nel modo più ragionevole e intelligente, rigettando categoricamente ogni truffatore che affolla l’attuale panorama politico.

Antonella Randazzo
Fonte: http://antonellarandazzo.blogspot.com/
Link: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/02/la-finzione-politica-parte-prima.html (parte prima)
Link: http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/02/la-finzione-politica-parte-seconda.html (parte seconda)
25.02.08

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PER APPROFONDIRE:

Cattarinussi Bernardo (a cura di), “Emozioni e sentimenti nella vita sociale”, Franco Angeli Editore, Milano 2000
Davi Klaus, “I contaballe. Le menzogne per vincere in politica”, Marsilio, Venezia 2006.
Krugman Paul, “La deriva americana”, Laterza, Roma-Bari 2004.
Packard Vance, “I persuasori occulti”, Einaudi, Torino 1989.
Sartori Giovanni, “Homo videns. Televisione e post pensiero”, Laterza, Roma-Bari 1997.
Swift Jonathan, “L’arte della menzogna politica”, Ibis, Como 2004.

NOTE

1) Davi Klaus, I contaballe. Le menzogne per vincere in politica, Marsilio, Venezia 2006, pp. 157-159.
2) De Sandre Italo, “Il colore delle esperienze e delle azioni. Le emozioni nell’analisi sociologica della vita quotidiana”, in Cattarinussi Bernardo (a cura di), Emozioni e sentimenti nella vita sociale, Franco Angeli Editore, Milano 2000, pp. 52-53.
3) Bitetto Francesca Ursula, “‘Uva acerba’. Lo sguardo traverso del risentimento”, in Cattarinussi Bernardo (a cura di), Emozioni e sentimenti nella vita sociale, Franco Angeli Editore, Milano 2000, pp. 283-287.
4) Hochschild Arlie Russell, “Ideologia e controllo delle emozioni: prospettive e indicazioni per la ricerca futura”, in Cattarinussi Bernardo (a cura di), “Emozioni e sentimenti nella vita sociale”, op. cit., p. 105.
5) Mussolini Benito, “Dottrina del fascismo”, vol. VIII, pp. 79-80.
6) Mussolini Benito, “Preludio al Machiavelli”, in “Gerarchia” , aprile 1924, vol. IV, p.109.
7) Mussolini Benito, “Risposta al Ministero delle Finanze”, 7 marzo 1923.
8) Le Bon Gustave, “La psicologia delle folle” (1895), TEA, Milano 2004.
9) Le Bon Gustave, “La psicologia delle folle” (1895), TEA, Milano 2004.
10) Davi Klaus, op. cit., p. 161.
11) Davi Klaus, op. cit., pp. 37-119.
12) Davi Klaus, op. cit., p. 108.
13) Le Bon Gustave, op. cit.
14) Discorso di Walter Veltroni A Spello (Perugia), 10 febbraio 2008.
15) Cit. in Davi Klaus, op. cit., p. 137.
16) Discorso di Silvio Berlusconi a San Babila (Milano), 9 febbraio 2008.
17) “Altra Storia”, La7, 13 gennaio 2008.
18) “Report”, 1 ottobre 2006.

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