KASNYA D’ALMEIDA
Immaginate di dovervi avventurare in una zona di guerra in cerca d’acqua, perché gruppi di ribelli e forze governative hanno preso di mira le condotte idriche. Immaginate di dover camminare per miglia e miglia nell’asfissiante calura estiva, oppure di dover restare in attesa per ore ed ore davanti ad un rubinetto pubblico, per poter riempire i vostri recipienti. Ed ora immaginate di doverveli caricare sulle spalle e portarveli a casa.
Questa scena, testimoniata da un Ingegnere dell’Unicef [United Nations Children’s Fund], sta diventando fin troppo comune nella Siria sotto attacco. Nel caso specifico, la persona mandata a prendere l’acqua era una bambina che, quando fu chiaro che non poteva ottenerla, si mise semplicemente a sedere e cominciò a piangere, prima di tornare dalla sua famiglia.
Mercoledì, un portavoce delle Nazioni Unite ha detto che in Siria la carenza d’acqua – giunta ad una forte ondata di calore, con temperature che nella città settentrionale di Aleppo hanno toccato i 40 gradi – sta raggiungendo livelli critici.
Il 26 Agosto, attraverso un comunicato-stampa [http://www.unicef.org/media/media_82980.html], l’Unicef si è scagliata contro le parti in conflitto, perché stanno deliberatamente prendendo di mira gli approvvigionamenti idrici – aggiungendo di aver registrato, ad Aleppo, ben 18 intenzionali interruzioni delle forniture d’acqua nel solo 2015.
Una tale mossa – vietata dal diritto internazionale – sta riducendo ancor più in miseria milioni di civili stanchi della guerra, con circa cinque milioni di persone che negli ultimi mesi hanno dovuto sopportare l’impatto delle lunghe interruzioni delle forniture d’acqua.
“L’acqua pulita è insieme una necessità ed un diritto fondamentale, in Siria come altrove. Negare l’accesso all’acqua è una flagrante violazione delle ‘leggi di guerra’ ed è una cosa che deve assolutamente finire”, ha oggi dichiarato Peter Salama, Direttore Regionale dell’Unicef per il Medio Oriente ed il Nord Africa.
In alcune comunità i rubinetti sono rimasti a secco per 17 giorni consecutivi. In altri luoghi la mancanza d’acqua è durata per più di un mese.
Spesso, il compito di andare a prendere l’acqua, nei punti di raccolta o nelle fontane pubbliche, ricade sui bambini. Non solo è un lavoro faticoso, ma è anche estremamente pericoloso nella situazione conflittuale in cui si trova il paese. L’Unicef afferma che solo nelle ultime settimane tre bambini sono morti, ad Aleppo, mentre erano alla ricerca dell’acqua.
In città come Aleppo e Damasco, così come nella città sud-occidentale di Dera’a, le famiglie sono costrette a bere l’acqua proveniente da fonti sotterranee, non protette e non regolamentate. Molto probabilmente queste fonti sono contaminate e mettono i bambini a rischio di malattie trasmesse dall’acqua, come ad esempio il tifo e la diarrea.
Il prezzo dell’acqua, con delle forniture così ridotte e con una domanda che aumenta di giorno in giorno, è salito notevolmente – in luoghi come Aleppo anche del 3000% [tremilapercento] – rendendo ancor più difficile, alle famiglie, di approvvigionarsi di questa risorsa indispensabile per la vita.
La guerra sul terreno e i raids aerei hanno devastato gran parte delle infrastrutture idriche del paese, distruggendo le stazioni di pompaggio e recidendo le condotte d’acqua in un momento in cui i lavoratori comunali non possono intervenire per effettuare le necessarie riparazioni.
Non solo, le fin troppe frequenti interruzioni di energia elettrica impediscono ai tecnici e agli ingegneri di pompare l’acqua nelle zone residenziali.
L’Unicef ha trasportato in questi luoghi acqua sufficiente per più di mezzo milione di persone, 400.000 delle quali solo ad Aleppo. Inoltre, ha riaperto 94 pozzi che servono 470.000 persone e ha distribuito 300.000 litri di carburante per rinforzare i sistemi di distribuzione di acqua pubblica. Ad Aleppo e a Damasco la carenza riguarda rispettivamente 2,3 e 2,5 milioni di persone, mentre le persone che ne soffrono a Dera’a sono 250.000.
Un deficit di finanziamento di 40 miliardi di dollari impedisce all’Unicef di accelerare le sue operazioni per l’approvvigionamento d’acqua e per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie in Siria.
Per poter affrontare la crisi finanche nelle sole Aleppo e Damasco l’Unicef ha urgentemente bisogno di 20 milioni di dollari – una richiesta che è improbabile che venga soddisfatta, vista la mancanza di fondi per le operazioni umanitarie di cui soffre tutto il sistema delle Nazioni Unite.
In generale, la disponibilità d’acqua, in Siria, è circa la metà di quella che c’era prima del 2011, anno in cui un movimento di protesta di massa contro il Presidente Bashar al-Assad si trasformò rapidamente in una violenta insurrezione che ancora oggi coinvolge più di quattro diversi gruppi armati, tra cui l’ISIS [Stato Islamico in Iraq e Siria].
Ma, arrivata al suo quinto anno, la guerra non mostra ancora alcun segno di cedimento.
In occasione della “Settimana Mondiale dell’Acqua” [Ago 23-28] l’ONU, che organizza l’evento, ha puntato il dito contro le parti in conflitto [in Siria], ritenendole responsabili di aver utilizzato l’acqua per poter raggiungere i loro obiettivi militari e politici.
Kanya D’Almeida
Fonte: www.truth-out.org
31.09.2015
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO