La crescente presenza militare NATO in America Latina e nei Caraibi

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Di Sergio Rodríguez Gelfenstein, pressenza.com

Caracas, Venezuela

Oggi è diventato consueto parlare dell’espansione della NATO “verso l’Europa dell’Est” che, per quanto valido, è un concetto semplicistico. La verità è che dalla fine del mondo bipolare, gli Stati Uniti, sentendosi padroni del mondo, hanno usato la NATO per espandersi in tutto il mondo.

Ne sono prova la firma del Trattato AUKUS (Australia, Regno Unito e Stati Uniti), la creazione del Dialogo Quadrilaterale sulla Sicurezza (QUAD) formato da Australia, India, Giappone e Stati Uniti e l’Alleanza di Intelligence Five Eyes (Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Nuova Zelanda e Australia) come strumenti d’espansione militare della NATO in Asia e Oceania.

Lo stesso vale per l’America Latina e i Caraibi, dove gli Stati Uniti stanno avviando un piano di espansione aggressivo a tutte le latitudini e longitudini della regione. In tre puntate, vorremmo fornire alcuni dati a conferma di questa affermazione.

Alla fine dello scorso anno, gli Stati Uniti avevano installato 12 basi militari a Panama, 12 a Porto Rico, 9 in Colombia, 8 in Perù, 3 in Honduras, 2 in Paraguay, oltre a installazioni simili ad Aruba, Costa Rica, El Salvador, Cuba (Guantanamo) e Perù, orientando al contempo la propria ricerca verso una copertura totale della superficie terrestre e marina della regione.

Nelle acque territoriali argentine e nelle Isole Falkland, usurpate dal Regno Unito, la NATO è presente con un sistema di basi sulle isole di Ascensión, Santa Elena e Tristán da Acuña, che “sorveglia” l’intero Atlantico dal nord alla zona antartica.

Secondo un rapporto del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, citato dal sito web venezuelano Misión Verdad, dal maggio 2022 il Regno Unito sta formando un “triangolo strategico di controllo” della punta meridionale del Sud America. A sud delle Falkland operano sottomarini nucleari. Inoltre, “Francia e Stati Uniti organizzano regolarmente manovre militari congiunte nella regione”.

Negli ultimi anni, e soprattutto dopo l’arrivo del generale Laura Richardson a capo del Comando meridionale dell’esercito statunitense nell’ottobre 2021, i livelli di interferenza aggressiva di Washington nella regione sono aumentati notevolmente. Ciò ha coinciso con l’arrivo al potere di Joe Biden, che ha attuato una politica attiva di sostituzione del tradizionale (e naturale) ruolo di guida del Dipartimento di Stato nell’attività diplomatica con quello del Pentagono, del Consiglio di Sicurezza Nazionale e persino della CIA. Un numero crescente di funzionari di questi organismi occupa posti di ambasciatore in America Latina e nei Caraibi.

La strategia statunitense mira a rafforzare la propria presenza nella regione. In prospettiva, l’Atlantico meridionale è diventato particolarmente importante per la sua vicinanza all’Antartide, regolato da un trattato terminato nel 1941, all’Amazzonia, la principale riserva di ossigeno e biodiversità del pianeta, e alla triplice frontiera dove si trova la falda acquifera del Guaraní, la più grande riserva d’acqua del mondo.

Questo è il senso dei tentativi degli Stati Uniti di ripristinare la guerra fredda nella regione, ora contro Cina e Russia. Questa logica spiega la decisione di sollecitare sei Paesi dell’America Latina a donare all’Ucraina le loro attrezzature militari russe, escludendo ovviamente Cuba, Nicaragua e Venezuela da questa richiesta. Richardson ha avvertito che, dopo la Cina, la Russia è il secondo avversario degli Stati Uniti nella regione, sottolineando il grande valore strategico di questa per gli Stati Uniti.

Il generale statunitense ha definito la Cina un “attore statale maligno” dopo che 21 dei 31 Paesi della regione hanno aderito all’iniziativa cinese della Nuova via della seta, mentre sono aumentati gli investimenti di Pechino in infrastrutture critiche come porti in acque profonde, ricerca spaziale e telecomunicazioni, con reti 5G e Huawei.

Richardson ha sottolineato il ruolo “protettivo” che gli Stati Uniti svolgeranno nella regione, perché essere buoni vicini significa “prendersi cura l’uno dell’altro”, il che “obbliga” Washington a farsi carico della lotta alle reti della criminalità organizzata coinvolte nel traffico di esseri umani, nel contrabbando di droga, nel disboscamento non regolamentato e nell’estrazione mineraria illegale, e soprattutto “perché si tratta di una regione ricca di risorse e di terre rare, con il cosiddetto Triangolo del Litio che ha il 60% delle riserve mondiali (in Argentina, Bolivia e Cile), un metallo molto necessario per la tecnologia”.

Allo stesso tempo, Richardson ha affermato che gli Stati Uniti sono interessati al petrolio (date le grandi riserve trovate in Guyana e le più grandi riserve mondiali in Venezuela), al rame e all’oro nella regione. Gli Stati Uniti inoltre sono spinti in quest’area anche dal fatto che l’ossigeno e il 31% dell’acqua dolce della Terra si trovano in Amazzonia. Per tali motivi – secondo il generale – la Cina, che è diventata il principale partner commerciale di diversi Paesi latinoamericani, va tenuta a distanza.

Questa logica rientra nella strategia statunitense della “deterrenza integrata”, una forma rinnovata della Dottrina di sicurezza nazionale che mira a riunire sotto la guida del Pentagono “tutte le capacità civili e militari del governo, delle imprese, della società civile e del mondo accademico degli Stati Uniti e di tutti i suoi alleati”.

Alla XV Conferenza dei ministri della Difesa delle Americhe, tenutasi in Brasile nel luglio 2022, il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha presentato questa strategia ai suoi colleghi della regione. Due mesi dopo, a settembre, Richardson l’ha sottolineata a 14 capi militari in occasione della Conferenza sulla Difesa del Sud America. L’interesse degli Stati Uniti ha una prospettiva regionale sostenuta dalla necessità di controllo degli Stati Uniti, che va avanti dall’enunciazione della Dottrina Monroe, circa 200 anni fa.

Ma nella prospettiva globale, le forze armate latinoamericane costituiscono un potenziale combattivo che non può essere sottovalutato. Nel 2018, il Brasile aveva 334.000 militari attivi, la Colombia 200.000 e l’Argentina 51.000. La NATO ha 3,5 milioni di personale militare e civile attivo. Secondo il think tank CELAG, il Brasile e la Colombia da soli contribuirebbero alla NATO con un numero di mezzi superiore a quello dei membri europei annessi negli anni Novanta. In tal senso infatti, va considerato che l’Argentina, ad esempio, ha risorse simili a quelle della Bulgaria (24.800) e della Repubblica Ceca (25.000) messe insieme.

Per comprendere meglio questa situazione e l’intensa attività imperiale di controllo dello spazio latinoamericano e caraibico, vale la pena di esaminare il modo in cui si è concretizzato l’intervento statunitense e della NATO in alcuni Paesi della regione:

Paraguay

Il Master Plan per la navigabilità del fiume Paraguay è un’iniziativa del governo paraguaiano per “massimizzare l’uso di questo corso d’acqua navigabile”, ma l’annuncio veniva fatto dall’ambasciatore statunitense Marc Ostfield. L’opera è sostenuta da capitali statunitensi e sarà realizzata grazie ai servizi dell’US Army Corps of Engineers, il che ha suscitato grande preoccupazione in Argentina, che ritiene che una tale decisione significhi il controllo del territorio da parte di forze straniere. Inutile dire che l’area è una parte importante del bacino di La Plata, la quinta riserva d’acqua dolce più grande del mondo.

Allo stesso modo, Washington non smette di avere l’intenzione di installare una base militare nella Triplice Frontiera (Argentina-Paraguay-Brasile), con il pretesto di combattere il terrorismo internazionale e il traffico di droga. In questo contesto, i tentativi di militarizzare la regione e di cambiare le “regole del gioco” in modo che gli Stati Uniti possano portare territori sotto il loro controllo permanente sono considerati estremamente pericolosi in Argentina. Allo stesso modo, alcuni leader politici locali hanno espresso la preoccupazione che la loro regione venga trascinata in una logica di confronto tra Stati Uniti e Cina.

Sebbene il governo paraguaiano abbia affermato che il progetto prevede una “cooperazione con specialisti statunitensi” che include lo studio dei fiumi, ma non la cooperazione militare, la totale subordinazione di Asunción agli Stati Uniti mette in dubbio questa affermazione. In termini geopolitici, c’è anche il fatto che il Paraguay è l’unico Paese del Sud America a non avere relazioni con la Cina.

Argentina

Dal punto di vista argentino, la decisione di Asunción di attirare le forze armate statunitensi per far progredire la navigabilità del fiume Paraguay è ora legata al crescente commercio alimentare che, nel contesto della guerra in Ucraina, è diventato strategico.

Lo scopo della via d’acqua è quello di consentire la navigazione di grandi navi con giganteschi volumi di carico tutto l’anno, rettificando il percorso ed eliminando isole e altri ostacoli. La presenza di specialisti dell’esercito statunitense conferisce al progetto un carattere molto diverso da quello che era stato originariamente presentato come un progetto civile.

D’altra parte, gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per il fatto che lo Stato argentino stia proponendo una nuova gara d’appalto per il dragaggio del fiume Paraná (che riceve acqua dal Paraguay) e che alcune delle aziende che cercheranno di aggiudicarsi la gara siano di origine cinese.

Per gli Stati Uniti, la triplice frontaliera tra Argentina, Brasile e Paraguay è di fondamentale importanza. Il Comando Sud ha individuato delle fonti di finanziamento di “organizzazioni terroristiche” basate in Asia occidentale, citando gli Hezbollah libanesi e Hamas palestinesi. Per contrastare questa presunta minaccia, è stato creato un meccanismo multilaterale chiamato 3+1 con i tre Paesi sudamericani e gli Stati Uniti.

Washington ha inoltre mostrato grande interesse per la Patagonia argentina. In questo contesto, l’8 agosto l’ambasciatore statunitense in Argentina ha partecipato a un incontro con i rappresentanti delle più potenti compagnie petrolifere del mondo nella città di Neuquén (situata circa 1.140 km a sud-ovest di Buenos Aires).

Quattro anni prima, nel 2018, era stata annunciata la costruzione di diversi impianti in una proprietà fiscale sotto la direzione e il finanziamento del Comando meridionale degli Stati Uniti. Sebbene l’ambasciata argentina si sia affrettata a informare che i lavori facevano parte di un progetto di “aiuto umanitario” il cui obiettivo era migliorare la capacità di Neuquén di rispondere ai disastri naturali, la società civile di Neuquén ha respinto questa idea, dato che è stata caratterizzata da segretezza, mancanza di informazioni e di comunicazione riguardo a ciò che l’Argentina ha ottenuto in cambio della cessione di questo territorio in un’area considerata di alto valore strategico.

Secondo un reportage del giornalista Ariel Noyola Rodríguez pubblicato sul portale RT (Russia Today), il progetto è una “base militare camuffata”, che fa parte di una strategia a livello continentale caratterizzata come un’inedita forma di intervento militare nella regione: il programma “Assistenza umanitaria e risposta ai disastri naturali”, sponsorizzato dal Comando meridionale degli Stati Uniti.

D’altra parte, non si può trascurare in questa analisi che parte del territorio argentino è occupato dalle forze NATO. Nelle Malvine stazionano tra i 1.500 e i 2.000 militari britannici, alcuni dei quali in modo permanente, oltre a cacciabombardieri di ultima generazione.

Colombia

In quanto “partner globale” della NATO, la Colombia gode di un’attenzione privilegiata da parte dell’alleanza guerrafondaia. Come sua espressione, in tempi recenti, gli Stati Uniti stanno compiendo grandi sforzi per insediare una base navale nell’isola Gorgona nell’Oceano Pacifico colombiano e non si fermano nonostante la grande opposizione degli scienziati e delle organizzazioni civili della regione, che hanno l’obiettivo di salvaguardare un insieme di diritti altrimenti violati.

Secondo queste organizzazioni i finanziatori dei lavori della base (Ufficio internazionale per i servizi antidroga e Procura della giustizia degli Stati Uniti) genererebbero una perdita di sovranità, poiché l’isola sarebbe sotto il potere di un altro Stato.

In accordo con il Dipartimento di Stato, l’amministrazione Biden contempla inoltre l’acquisto di motori navali per un ammontare di 2,6 milioni di dollari allo scopo di migliorare la capacità operativa della Guardia Costiera nell’isola.

Piedad Córdoba, senatrice del partito di coalizione “Pacto Histórico”, si è pronunciata all’inizio di dicembre contro qualunque ingerenza degli Stati Uniti in Colombia, tramite l’insediamento di basi militari o lo spiegamento delle sue forze armate e ha sollecitato il presidente Petro a cancellare il progetto. Secondo Córdoba, la grande attenzione degli Stati Uniti per un’opera come questa sarebbe strana, se non si considerasse l’importanza strategica per gli Stati Uniti della regione del bacino del Pacifico, cosa che si «esprime attraverso lo spiegamento della Quarta Flotta e del Comando Sud con l’insediamento di basi militari, fra le altre, nell’isola Gorgona»,

Contemporaneamente, secondo la senatrice l’insediamento alla Gorgona della nona base militare degli Stati Uniti in Colombia potrebbe provocare danni simili a quelli avvenuti nelle Filippine, a Panama e Porto Rico, dove Washington è riuscita a stabilire basi militari.

Inoltre, all’inizio del mese di dicembre, il presidente colombiano ha invitato le forze armate degli Stati Uniti e della NATO in Amazzonia a cooperare nella salvaguardia del territorio e nella lotta al narcotraffico. I macchinari, le attrezzature e il personale da introdurre per realizzare i lavori potrebbero essere riutilizzati come “polizia per proteggere” l’ambiente cambiando la logica tradizionale di lotta alle droghe. Così ha proposto l’utilizzo dell’elicottero statunitense Black Hawk per spegnere gli incendi, argomentando che tale azione sarebbe il simbolo di un «cambiamento completo di ciò che è sempre stato l’aiuto militare degli Stati Uniti».

Già durante il governo di Gustavo Petro alla fine di agosto dell’anno scorso, le forze armate degli Stati Uniti e della Colombia avevano compiuto esercitazioni congiunte nell’ambito della NATO. In tale contesto, Petro aveva ricevuto la generale Richardson, la quale aveva visitato il Paese per cinque giorni. Richardson si è profusa in lodi, dicendo addirittura: «E’ il nostro partner numero uno in tema di sicurezza nella regione», descrivendo la Colombia come «il fulcro di tutto l’emisfero sud», che secondo lei era «libero e sicuro grazie agli sforzi di stabilizzazione della Colombia».

A tal riguardo Petro ha affermato (non si sa se con ingenuità o finta ignoranza) di aver «ottenuto alcune cose: il dialogo con la NATO – di cui siamo membri, non so, è uno status rarissimo, però comunque è così, credo siamo l’unico Paese latinoamericano – per portare quest’alleanza verso la cura della foresta amazzonica, offrendo una collaborazione tecnologica».

La lotta per la difesa dell’Amazzonia come motivazione di un intervento militare

L’idea di utilizzare la lotta per l’ambiente come strumento di intervento militare è abbastanza vecchia. Già nel 1989 Al Gore aveva sentenziato: «L’Amazzonia non è di vostra proprietà. Appartiene a tutti».

Nel 2019 nel bel mezzo degli incendi in Amazzonia, il presidente francese Emmanuel Macron aveva sollecitato l’intervento dei Paesi del G7: «È una crisi internazionale». Queste parole echeggiarono fino al Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, richiamando alla memoria la sua epoca di leader di un Paese membro della NATO. La piattaforma forum di domande e risposte “Quora” chiese retoricamente «Perché la NATO non invade il Brasile per salvare l’Amazzonia?»

Però il presidente Petro non è tanto ingenuo da supporre che gli Stati Uniti e la NATO abbiano buone intenzioni in Amazzonia. Ha criticato pubblicamente la politica di guerra contro le droghe degli Stati Uniti, indicando i loro obblighi in quanto maggiore consumatore al mondo. Petro ha affermato: «Cerco di portare il dialogo con gli Stati Uniti in una direzione differente, ovvero la questione della crisi climatica e da lì, all’importanza della foresta amazzonica. Con gli Stati Uniti siamo già riusciti a creare la prima unità militare con elicotteri Black Hawk».

La visita di Richardson in Colombia ha fatto parte di un tour per vari Paesi della regione, con il fine esplicito di fronteggiare l’influenza della Cina e della Russia e di promuovere l’isolamento di Nicaragua, Cuba e Venezuela.

In novembre, Petro ha annunciato che il presidente francese Emmanuel Macron gli aveva offerto “aiuti” per conservare l’Amazzonia. Va ricordato che la Francia possiede un dipartimento d’oltremare confinante con il Brasile (la Guyana Francese), a meno di 500 chilometri dalla foce del Rio delle Amazzoni. In questo territorio è ubicata la base di lancio delle navi spaziali usata da Francia ed Europa. Senza conoscere il contenuto dell’offerta né le prestazioni che la Colombia avrebbe dovuto concedere in cambio, l’accordo tra i due Paesi pone la Francia in una posizione d’influenza su entrambi gli estremi dello strategico bacino.

Ecuador

Lo scorso dicembre gli Stati Uniti hanno approvato una legge orientata a rafforzare la cooperazione con l’Ecuador in materia di difesa. Tale strumento, denominato Legge di Associazione Ecuador-Stati Uniti 2022, fa parte della Legge di autorizzazione delle Spese per la difesa nazionale degli Stati Uniti e arriva dopo l’accordo approvato recentemente riguardo ai cieli aperti, con l’obiettivo di ridurre tariffe, aumentare viaggi e commerci e stimolare la creazione di impieghi collegati ai ponti aerei tra i due Paesi.

Tutto questo vuole essere inteso come una strategia di stimolo commerciale, ma le risorse promesse dagli Stati Uniti (858 miliardi di dollari) saranno sotto la giurisdizione del Dipartimento della Difesa, quindi si capisce chiaramente qual è il vero orientamento.

Nel settembre dello scorso anno, la generale Richardson aveva visitato anche l’Ecuador, dove si era riunita con il presidente Lasso e per due giorni aveva diretto la Conferenza Sudamericana di Difesa Southdec 2022, al fine di coordinare «meccanismi per la lotta contro il crimine organizzato e il narcotraffico».

Uruguay

Lo scorso 3 febbraio il rinomato analista politico uruguaiano Julián González Guyer ha pubblicato nella rivista Brecha de Montevideo un articolo in cui parlava della nave US Coast Guard Cutter (USCGC) Stone, la più moderna della Guardia Costiera statunitense, che sarebbe entrata nel porto di Montevideo per 10 giorni. Secondo l’articolista, la nave sarebbe rimasta dieci giorni nelle acque uruguaiane con la scusa di «portare a termine esercitazioni di addestramento in operazioni di ricerca e soccorso in mare e di controllo delle acque territoriali con la Marina Militare». In realtà, gli obiettivi della USCGC Stone sono altri, ossia «ottenere informazioni sull’Atlantico meridionale e in particolare sull’attività dei pescherecci cinesi nella zona».

Questo è il secondo viaggio nella nave in Uruguay; il primo era avvenuto due anni fa per attività di «pattugliamento e sostegno alle attività d’interdizione della pesca illegale nelle acque della Guyana, del Brasile e dell’Uruguay», sebbene la visita programmata per l’Argentina fosse stata cancellata.

In questa occasione, come in quella precedente, la spiegazione pubblica riguardo gli obiettivi della visita è stata circondata da contraddizioni tra le informazioni diffuse dal governo nazionale e dall’ambasciata degli Stati Uniti a Montevideo.

González Guyer conclude segnalando che, mentre le conoscenze ottenute la Marina uruguayana sarebbero insignificanti, la nave statunitense avrebbe raccolto «un volume significativo di informazioni sulle nostre coste, acque territoriali e zone adiacenti e anche sulla nostra Marina e i suoi ufficiali».

Per vari decenni la Marina Militare uruguayana è stata addestrata dagli Stati Uniti per agire come forza dedicata alla protezione dello sbocco del Rio della Plata, dando uno spazio privilegiato all’esercito statunitense in questo aspetto. A questa logica si possono ascrivere le due visite della Stone in Uruguay in un periodo così breve.

Oltre a ciò, la Stone ha sviluppato missioni di pattugliamento dell’Atlantico meridionale assieme ad altre tre navi, esercitando in pratica un maggiore controllo su un triangolo strategico nella regione e nello stretto di Magellano tra Montevideo, le Malvine e la terza zona navale dell’esercito del Cile con sede a Punta Arenas.

FINE PRIMA PARTE

Di Sergio Rodríguez Gelfenstein, pressenza.com

Sergio Rodríguez Gelfenstein. Esperto venezuelano di relazioni internazionali, Gelfenstein è stato in precedenza Direttore delle Relazioni Internazionali della Presidenza della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ambasciatore del suo paese in Nicaragua e consigliere per la politica internazionale di TELESUR. Ha scritto numerosi libri, tra cui “La Cina nel XXI secolo – il risveglio di un gigante”, pubblicato in diversi paesi dell’America Latina. Potete seguirlo su Twitter: @sergioro0701

Fonti:

Prima parte: https://www.pressenza.com/it/2023/03/crescente-presenza-militare-nato-in-america-latina-1/

Traduzione dallo spagnolo di Giuseppe Marchiello. Revisione di Thomas Schmid.

06.03,2023

Seconda parte: https://www.pressenza.com/it/2023/03/la-crescente-presenza-militare-nato-in-america-latina-e-nei-caraibi-ii/

Traduzione dallo spagnolo di Mariasole Cailotto.

Revisione di Anna Polo

19.03.2023

 

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