DI JIM KUNSTLER
Clusterfuck Nation
Dietro tutte le insulsaggini e cazzate sulle manovre di salvataggio della Federal Reserve e le macchinazioni delle agenzie di rating ed i raggiri sulla ricchezza straniera sovrana e gli incomprensibili misteri dei mercati e le svariate previsioni di una “recessione” che si affaccia all’orizzonte c’è il puro e semplice fatto che gli USA sono una nazione più povera di quanto ci immaginavamo sei mesi fa. L’economia americana per anni ha funzionato sulle fumosità della finanza “creativa” (cioè una “nuova-e-migliore” truffa) ed ora questi inganni si stanno sbrogliando. Le loro conseguenze lasciano portafogli vuoti, conti bancari prosciugati, fondi pensione saccheggiati, riserve di capitali bollite, azioni senza valore, aziende in fallimento, distese di case vandalizzate, famiglie rovinate e dirigenti di Wall Street che stanno ancora guadagnando paghe multimilionarie nonostante stiano mettendo a terra le loro aziende.
Stiamo lasciando andare a fuoco casa nostra e ci stiamo illudendo che ci sia un rimedio. Tutti i tagli dei tassi ed i prestiti alle grandi banche ed agli organismi corporativi simili a banche ed agli assicuratori di obbligazioni “monolineari” e le migliaia di ipoteche valgono poco più di un ultimo disperato gioco delle tre carte [in America detto “Three shells and a Pea”, ndt] per nascondere il pisello radioattivo della perdita aggregata. Le perdite sono dappertutto e quando ci aggiungete sette miliardi di qua ed undici miliardi di là, probabilmente ammonteranno a qualcosa come un trilione di dollari di puro capitale evaporato – senza contare “le posizioni” astratte a cui il capitale è stato innalzato dai Boys che si sono sbagliati sugli algoritmi dell’attività produttiva.
Il gioco delle tre carte può funzionare ancora qualche settimana ma personalmente ritengo che ormai le travi [della casa, ndt] stiano andando a fuoco. Le perdite non sono più “contenute” o accettabili. Ora si sta formando un consenso sul fatto che siamo entrati in una “recessione.” L’idea è che, sì, sembra che siamo nella curva bassa di un ciclo congiunturale. Nel frattempo saranno restaurate meno ville ad Hampton. Ci rimboccheremo le maniche e riusciremo ad attraversare il maltempo e quando il sole splenderà di nuovo, saremo pronti con nuovi algoritmi per nuovo “sport-con-il-capitale”.
Uh-uh. Riflettiamoci su. Questo non è tanto un maltempo finanziario quanto un cambiamento climatico finanziario. Qualcosa sta accadendo sig. Jones e non sai cosa sia, vero? C’è stata troppa indisciplina e non si può più mitigare la situazione. Non ci stiamo dirigendo verso una recessione ma verso un’importante depressione, peggiore del leggendario trauma degli anni 30. Quello si presentò sullo sfondo di una società che aveva abbondanza di tutto tranne che di soldi. Allora infatti, avevamo abbondanza di risorse minerarie, forza lavoro addestrata ed inquadrata in gran quantità, milioni di fattorie a conduzione familiare produttive, fabbriche che erano praticamente nuove ed oltre il 90% rimanente della più grande riserva di petrolio al mondo. Ci volle una guerra mondiale per far si che tutta quella roba pulsasse di nuovo in sincrono ed una volta che lo fece, dedicammo la sua capacità produttiva a costruire un impero di felice svago automobilistico. (Scelta tragica quella)
Questa nuova depressione, che io chiamo La Lunga Emergenza, si svolgerà sullo sfondo di una società che ha sprecato la sua dotazione di petrolio, demolito le sue fabbriche, vessato il suo lavoro produttivo, distrutto sia le fattorie familiari che l’infrastruttura commerciale delle “main street” ed addestrato la sua popolazione a diventare ipernutriti diabetici zombie “consumatori” televisivi di produzione altrui, pagati con “soldi” che non hanno guadagnato.
C’è una teoria (vedete il blog di Nouriel Roubini) secondo cui ora seguirà un processo di riforma nel reame della finanza, una nuova regolazione e vigilanza sulle solite vecchie familiari attività. Anche questo, temo, risulterà essere un bel sogno. Il sistema finanziario non sarà riformato finchè non si ritroverà in macerie fumanti e quando quella “riforma” avverrà, la struttura di quella riorganizzata società assomiglierà a malapena a quello che la precedente casa demolita era progettata ad ospitare. Tra l’altro, non sosterrà il capitale d’impresa nemmeno lontanamente nella misura in cui siamo stati abituati ultimamente. La globalizzazione sarà finita. Le grandi nazioni mondiali sgomiteranno disperatamente per le rimanenti scorte di petrolio mondiali. Non sarà una gara amichevole e chiunque pensi che gli attuali rapporti commerciali ed i movimenti di capitale continueranno nonostante ciò è destinato a rimanere deluso. (Mi stai leggendo, Tom Friedman?)
Molto prima che le proiezioni matematiche dell’esaurimento del petrolio si realizzino, i mercati petroliferi stessi – e tutte le complesse operazioni che includono come la perforazione, l’esplorazione e la movimentazione delle cisterne in tutto il pianeta – si destabilizzeranno ed incepperanno. Non saremo più “cliente privilegiato” di alcun esportatore di petrolio. Molti degli esportatori godranno a guardarci soffrire. Contrariamente alla platitude-du-jour [affermazione banale, ndt] politica, gli USA non diventeranno mai “indipendenti a livello energetico” nel senso che immaginiamo attualmente. Piuttosto diventeremo indipendenti a livello energetico perchè saremo privati del petrolio importato e saremo costretti a servirci delle nostre proprie scorte in calo – il che significa che non faremo funzionare il nostro sistema di vita quotidiana nel modo in cui l’avevamo programmato. Quando gli Americani non potranno più usare le loro auto secondo capriccio, andranno semplicemente in bestia e potrete dire addio alla normale politica.
Il sistema finanziario che emerge da questo cataclisma e l’economia che serve (che si suppone sia padrona del suo “braccio”, lo spiegamento di capitale, e non la sua schiava) probabilmente sarà modesto ad un livello tale che scuoterà ed imbarazzerà chiunque sia attualmente connesso a ciò che ultimamente abbiamo definito finanza. Se anche commercerà in titoli, quei titoli di carta dovranno avere alle spalle qualcosa di reale, un’attività produttiva o un bene genuino. Potranno servire decenni prima che questa società riesca soltanto a riguadagnare la necessaria capacità di far funzionare un sistema così elementare — o potrebbe non riuscirci affatto, almeno osservando il panorama che ci troviamo di fronte. Di tale gravità sono stati il danno e l’indisciplina.
Non è difficile capire perchè i vari Bernanke, Paulson, Lawrence Kudlow ed altri rappresentanti pubblici del capitale continuino a fingere che sia tutto sotto controllo. Dall’altro lato delle loro affermazioni ci sono disordine e difficoltà. Uno si chiede, naturalmente, cosa vedano davvero con i loro occhi in privato. Credono davvero che le statistiche pubblicate dalle loro servili agenzie restituiscano un’immagine plausibile della realtà? Sono così persi nelle loro fantasie di “management” che pensano di riuscire a controllare gli eventi?
La mia opinione è che la loro credibilità sia persa. Nelle settimane future, nessuno saprà a chi o a cosa credere. Possiamo persino finire di porci domande mentre tutti assieme stiamo lì alla mercé dello stupore e della nausea, guardando la casa finanziaria nazionale che va a fuoco.
Titolo originale: “Burning Down the House”
Fonte: http://jameshowardkunstler.typepad.com/
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11.02.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FILMARI