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La Redazione

 

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LA CARICA DEI MILLE CONSULENTI

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A cura di Davide
Il 10 Ottobre 2007
60 Views

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DI SEBASTIANO MESSINA
La Repubblica

Nei ministeri un’ invasione di esperti esterni. Pecoraro ne ha 344

C’ è chi lo fa gratis, come Carlo Rubbia, forse per il piacere di rendersi utile al suo Paese. C’ è chi lo è stato solo per un giorno, come il signor Mario Parodi che ha ricevuto 60 (diconsi sessanta) euro dal ministero dei Beni Culturali «per ripresa fotografica eseguita presso la Collezione Wolfson di Genova». E c’ è chi lo è diventato per essere compensato di una perdita: come Giovanni Kessler, ex deputato diessino che nel 2006 ha perso il seggio in Parlamento ma è stato subito nominato “Alto commissario per la lotta alla contraffazione” con un contratto da consulente esterno. Stipendio annuo 143.500 euro, 12 mila euro al mese, però lordi.

C’ è davvero tutto il catalogo aggiornato della società civile, una galleria delle arti e dei mestieri dell’ Italia di oggi, nell’ elenco dei 1253 esperti e consulenti a libro paga del governo Prodi. Giuristi e ginnasti, generali e creativi, cinefili e professoresse, ambasciatori e webmaster, giornalisti e rettori, figli della Patria e figli di papà. Milleduecentocinquantatre: una media di 48 esperti a dicastero, anche se questa – come tutte le statistiche – appiattisce una realtà dove ci sono ministri come Di Pietro e Mastella che dichiarano zero consulenti, e altri, come Rutelli, che con il loro elenco superano – da soli – un terzo del totale: 436. Ma chi c’ è, in questa lista? La maggioranza, nove su dieci, sono professionisti o studiosi ignoti alle cronache. Certo, qualche nome celebre c’ è. Per esempio quello di Renato Ruggiero, già ministro degli Esteri di Berlusconi, oggi ingaggiato da Prodi gratis (“solo rimborso spese”). O quello di Jury Chechi, messo a libro paga da Giovanna Melandri come consulente per lo sport a 19.116 euro l’ anno. E c’ è anche qualche cognome illustre.


Una Napolitano, Simona, nipote del presidente della Repubblica, è consulente del ministero dell’ Ambiente (per 2800 euro al mese), incaricata di fornire «assistenza e consulenza riguardo le problematiche del settore giuridico e nel settore del diritto informatico, amministrativo e degli appalti pubblici». Un Mastella, Pellegrino, figlio del Guardasigilli, è consulente del ministero per le Attività produttive con l’ incarico di assicurare (per 2700 euro al mese) «attività di collaborazione finalizzata all’ approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni». E un Gambescia, figlio del deputato diessino Paolo, è consulente del ministro per l’ Innovazione (1500 euro mensili) «per l’ elaborazione e la verifica delle linee programmatiche relative al rapporto tra la pubblica amministrazione e il sistema delle imprese». Non c’ è invece – non ancora, perché il decreto non è stato ancora registrato dalla Corte dei conti – il nome di Angelo Rovati, che dopo essersi dimesso da consigliere di Prodi è stato riassunto una settimana fa come “esperto per il Kazakistan” (specializzazione tanto circoscritta quanto sorprendente).

Nessuno di questi 1253 consulenti diventerà ricco, con gli assegni staccati dal governo. Ma il primo a essere convinto che queste spese siano eccessive è proprio il presidente del Consiglio, che ha appena firmato un decreto con il quale taglia di un terzo – a partire dal 2008 – la cifra destinata ai consulenti dell’ esecutivo. Certo, anche lui dovrà usare le forbici, visto che al momento la Presidenza del Consiglio conta 120 contratti di consulenza. E di questi, solo sette – oltre a Renato Ruggiero – hanno accettato di collaborare in cambio di uno spartano rimborso spese. Tutti gli altri vanno pagati, dai 6000 euro dei componenti del Comitato per la Biosicurezza ai 40 mila di Massimo La Salvia, inquadrato nel Dipartimento Risorse Umane.

I ministri Mastella e Di Pietro, che dichiarano di non avere consulenti al loro servizio, non dovranno tagliare nulla. Né si potrà chiedere un sacrificio al Viminale, dove Giuliano Amato ha firmato un unico contratto di consulenza (con il professor Francesco Raiano: 30 mila euro annui), e tantomeno alla Difesa, dove Arturo Parisi ha ingaggiato un solo esperto (il dottor Andrea Grazioso, esperto di problematiche strategiche internazionali: 36 mila euro) più due per i suoi sottosegretari. Avranno poco da risparmiare anche il ministro del Lavoro, Damiano, e quello della Pubblica Istruzione, Fioroni, che hanno due consulenti a testa. Ma agli altri, qualche rinuncia potrà essere chiesta. Prendiamo il ministero dell’ Ambiente, che nel bilancio dello Stato pesa per la metà di quello delle Politiche agricole. Eppure, mentre Paolo De Castro s’ è accontentato di otto consulenti, Alfonso Pecoraro Scanio ne ha 344. Invece di averne la metà, ne ha quarantatré volte di più. C’ è un motivo, anzi ce ne sono tre. Il primo è, diciamo così, storico: quando nacque, il ministero (che allora si chiamava “dell’ Ecologia”) non poté fare nuove assunzioni, così fece un massiccio ricorso ai contratti a termine, cioè alle consulenze: è andata avanti così, dal 1987 a oggi, con il risultato che al ministero oggi il numero dei precari (1319) supera quello degli assunti (1255). Poi c’ è una ragione politica. I ministri dell’ Ambiente hanno preso l’ abitudine, prima di lasciare la poltrona, di rinnovare i contratti ai loro consulenti per altri quattro o cinque anni, così ogni ministro si ritrova in eredità i consulenti del suo precedessore: come quel Paolo Pontoni a cui il ministro Altero Matteoli, la vigilia di Natale del 2005 ha rinnovato un contratto di consulenza per cinque anni.

Non si sa se Pecoraro sarà ancora ministro, nel 2010, ma di sicuro Pontoni sarà ancora consulente: a 78 mila euro l’ anno. Poi, certo, Pecoraro ci ha messo del suo. Ingaggiando a 100 mila euro l’ anno cinque consulenti per il suo gabinetto (tra cui il verde Sauro Turroni, trombato nel 2006). Più otto per i suoi sottosegretari. Più sette per la Direzione Generale “Qualità della vita”. Più 54 per il servizio “Protezione della natura”. Più 107 per la “Ricerca ambientale”. Più 138 per la “Difesa del suolo”. Più 14 per la “Salvaguardia ambientale”. Più cinque dirigenti di fascia alta (in media 95 mila euro a testa). Più sei consulenti – tra cui Rubbia – che, bontà loro, non vogliono un centesimo. Totale, 344. Ai quali bisogna aggiungere un’ altra infornata di consulenti i cui decreti, firmati ad agosto, non sono ancora stati registrati. Chi sono, i consulenti del ministro dell’ Ambiente? Gli ecologisti, ovviamente. E dove si trovano la maggior parte degli ecologisti? Nei Verdi, partito che Pecoraro Scanio conosce benissimo, essendone il leader. Ecco perché sono proprio dei Verdi, giusto per fare un esempio, 14 dei 20 componenti della segreteria tecnica per la Protezione della natura. Due su tre. Una scelta, come dire?, naturale. Dovrà sicuramente tagliare nomi e compensi il ministero dei Beni Culturali, che oggi con i suoi 436 incarichi guida la classifica delle consulenze (però bisogna tener conto che vengono messi a carico di Rutelli i contratti stipulati dalle Sovrintendenze di tutta Italia per mostre, convegni ed esposizioni varie).

La cifra più alta, 133.250 euro, è andata l’ anno scorso alla società Arché, per la «catalogazione dei manoscritti della biblioteca nazionale universitaria di Torino danneggiati dall’ incendio del 1904». Ovvero 103 anni fa: non è mai troppo tardi. Giusto per dare il buon esempio, un po’ di economia potrebbe farla anche il ministro dell’ Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Che oggi spende un milione 719 mila euro per i suoi 85 consulenti, una media di 20 mila euro a testa. E allo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani forse dovrà dare un’ accorciatina alla sua lenzuolata di 69 consulenti (cominciando, magari, dal figlio di Mastella). Poi, certo, anche i ministri «senza portafoglio» (cioè senza fondi propri nel bilancio dello Stato) potrebbero rinunciare a qualche esperto. Emma Bonino, per dire, alle Politiche comunitarie ne ha per nove volte e mezza di quelli su cui può contare Massimo D’ Alema. E se il ministro degli Esteri ha scelto come uno dei suoi quattro consulenti giusto il responsabile nazionale diessino degli Italiani all’ estero, Norberto Lombardi (25 mila euro annui), la Bonino ha inserito un buon numero di radicali tra i suoi 38 esperti, a cominciare dall’ avvocato del partito, Giuseppe Rossodivita, incaricato di studiare «problemi e prospettive intorno all’ ipotesi di costituzione di una Procura europea». Problemi, prospettive, ipotesi: per 4000 euro al mese, si può fare. Del resto, così fan tutti.

Neanche l’ unico ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero, ha saputo resistere alla tentazione di nominare due dei suoi tre esperti (Maria Teresa Rosito e Andrea Del Monaco, 45 mila euro l’ anno) tra i compagni di partito. Il suo collega dei Trasporti, Alessandro Bianchi (Pdci), ha invece pescato tra i colleghi dell’ università: tra i suoi 18 consulenti, ci sono sei professori e un rettore (ma il primo della lista è il responsabile nazionale Trasporti del Pdci, Eduardo Bruno). Forse, con un po’ di buona volontà, si potrebbe eliminare qualche incarico dall’ oggetto nebuloso. Il ministero per l’ Attuazione del programma, per esempio, paga 2000 euro al mese a Sortito Casali per «l’ analisi degli obiettivi del programma di governo, in relazione alla possibilità di una loro misurazione tramite indicatori di carattere quantitativo», e altri 1100 euro mensili a Simona Genovese, affinché fornisca una «analisi del programma di governo sia nei suoi aspetti giuridici sia in quelli di carattere operativo». Non si era mai visto, un governo che paga degli esperti per analizzare il suo stesso programma. Ma, come si dice, c’ è sempre una prima volta.

Sebastiano Messina
Fonte: www.repubblica.it
9.10.07

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