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La Redazione

 

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La brillante strategia di Trump per distruggere l’egemonia del dollaro americano

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A cura di Markus
Il 5 Febbraio 2019
1659 Views

 

MICHAEL HUDSON
unz.com

La fine dell’incontrastato dominio economico globale dell’America è arrivata prima del previsto, grazie agli stessi Neoconservatori che avevano regalato al mondo l’Iraq, la Siria e tutte le sporche guerre in America Latina. Proprio come la guerra del Vietnam aveva costretto gli Stati Uniti a rinunciare, nel 1971, al gold-standard, così la sponsorizzazione e il finanziamento delle guerre per il cambio violento di regime in Venezuela e in Siria (e l’aver minacciato altri paesi con sanzioni se non si fossero uniti a questa crociata) sta spingendo l’Europa ed altre nazioni a creare le proprie istituzioni finanziarie alternative.

Questa frattura era già in atto da qualche tempo e doveva accadere. Ma chi avrebbe mai pensato che sarebbe stato Donald Trump l’agente catalizzatore? Nessun partito di sinistra, nessun capo di stato straniero socialista, anarchico o nazionalista in nessun’altra parte del mondo avrebbe potuto realizzare ciò che [Trump] sta facendo per distruggere l’Impero Americano. Il Deep State sta reagendo con stupore al modo in cui questo truffatore immobiliare di destra è stato in grado di indurre numerosi altri paesi a difendersi, smantellando l’ordine mondiale incentrato sugli Stati Uniti. Per arrivare a questo risultato [Trump] ha usato i piromani neoconservatori dell’era Bush/Reagan, John Bolton ed ora Elliott Abrams, per appiccare l’incendio al Venezuela. È quasi una commedia nera della politica. Il mondo della diplomazia internazionale è stato ribaltato. Un mondo in cui non c’è più nemmeno la pretesa di aderire alle norme internazionali, per non parlare di leggi o trattati.

I Neoconservatori nominati da Trump stanno realizzando ciò che fino a non molto tempo fa sembrava impensabile: l’alleanza fra Cina e Russia, il grande incubo di Henry Kissinger e Zbigniew Brzezinski. Stanno anche spingendo la Germania e gli altri paesi europei nell’orbita eurasiatica, quell’“Heartland” che era diventata l’ossessione di Halford Mackinder, un secolo fa.

La causa di fondo è chiara: dopo il crescendo di finzioni e di inganni sull’Iraq, la Libia e la Siria, insieme alla nostra assoluzione del regime fuorilegge dell’Arabia Saudita, i leader politici stranieri stanno iniziando a capire quello che i vari sondaggi di opinione pubblica a livello mondiale avevano riportato anche prima che i ragazzi dell’Iraq/Iran-Contra iniziassero ad interessarsi delle più grandi riserve petrolifere del mondo in Venezuela: gli Stati Uniti sono attualmente la più grande minaccia mondiale alla pace.

Chiamare il colpo di stato in Venezuela sponsorizzato dagli USA, una difesa della democrazia rivela il doppio standard alla base della politica estera degli Stati Uniti. Per “democrazia” si intende sostenere la politica estera degli Stati Uniti, perseguire la privatizzazione neoliberale delle infrastrutture pubbliche, smantellare le regolamentazioni governative e seguire le direttive delle istituzioni globali dominate dagli Stati Uniti: Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale e NATO. Per interi decenni, i risultati di questa politica: i conflitti nei paesi stranieri, i programmi di austerità interna e gli interventi militari hanno portato sempre più violenza, non democrazia.

Nel dizionario del diavolo, che i diplomatici statunitensi imparano ad usare come linea guida per le “componenti stilistiche” del doppio standard, il paese “democratico” è quello che obbedisce alla leadership americana e che apre la propria economia agli investimenti statunitensi e alle privatizzazioni sponsorizzate dal FMI e dalla Banca Mondiale. L’Ucraina è considerata democratica, insieme all’Arabia Saudita, a Israele e a tutti gli altri paesi che agiscono come protettorati finanziari e militari degli Stati Uniti e che sono anche disposti a considerare come propri i nemici dell’America.

Si è arrivati così al punto in cui questa politica è entrata in collisione con gli interessi nazionali degli altri paesi, smascherando finalmente la retorica dell’Impero sulle relazioni internazionali. Le altre nazioni stanno andando avanti con la dedollarizzazione e sostituiscono quello che la diplomazia americana chiama “internazionalismo” (ovvero il nazionalismo statunitense imposto al resto del mondo) con il proprio interesse nazionale.

Questa traiettoria si poteva già intravedere 50 anni fa (l’avevo descritta in Super Imperialism [1972] e in Global Fracture [1978]). Doveva succedere. Ma nessuno aveva pensato che la fine sarebbe arrivata proprio nel modo in cui sta accadendo. La storia, durante il suo percorso dialettico, si è trasformata in commedia, o almeno in ironia.

Negli ultimi cinquant’anni, gli strateghi statunitensi, il Dipartimento di Stato e il National Endowment for Democracy (NED) avevano sempre temuto che l’opposizione all’imperialismo finanziario degli Stati Uniti sarebbe arrivata dai partiti di sinistra. Avevano quindi dilapidato enormi risorse per manipolare quei partiti che si definiscono socialisti (il Partito Laburista britannico di Tony Blair, il Partito Socialista francese, i Socialdemocratici tedeschi, ecc.) per indurli ad abbracciare politiche neoliberiste che erano la precisa antitesi di quello che la socialdemocrazia intendeva un secolo fa. Ma i pianificatori politici degli Stati Uniti e gli organisti del Grande Wurlitzer non avevano preso in considerazione l’ala destra, immaginando che avrebbe istintivamente sostenuto la politica aggressiva degli Stati Uniti.

La realtà è che i partiti di destra vogliono essere eletti e il nazionalismo populista è la strada che, attualmente, porta alla vittoria elettorale in Europa e in altri paesi, proprio come era successo a Donald Trump nel 2016.

L’agenda di Trump potrebbe davvero essere quella di frantumare l’Impero Americano, usando la vecchia retorica isolazionista dello Zio Sucker [coglione], vecchia di mezzo secolo. E’ evidente che ha preso di mira gli organi vitali dell’Impero. Ma è consapevole di essere un agente anti-americano? Potrebbe anche non rendersene conto e sarebbe un salto mentale sbagliato usare qui il principio del “cui bono” e dare per scontato che [Trump] sappia quello che fa.

Dopotutto, se nessun imprenditore, fornitore, sindacato o banca statunitense vuole trattare con lui, perchè Vladimir Putin, la Cina o l’Iran dovrebbero essere più ingenui? Forse il problema è scoppiato a causa delle dinamiche interne del globalismo made in USA, che diventano impossibili da imporre quando i risultati sono l’austerità finanziaria, le ondate migratorie di popolazioni in fuga dalle guerre sponsorizzate dall’America e, soprattutto, il rifiuto degli Stati Uniti di aderire alle regole e alle leggi internazionali che loro stessi avevano sostenuto settant’anni fa, al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Lo smantellamento della legislazione internazionale e dei suoi tribunali

Qualsiasi sistema internazionale di controllo richiede uno stato di diritto. Potrebbe anche trattarsi di un atto di potere spietato, moralmente fuorilegge, che impone uno sfruttamento predatorio, ma è comunque la Legge. E [la legge] ha bisogno di tribunali che la applichino (insieme alle forze di polizia per farla rispettare e punire i trasgressori).

Ed ecco la prima contraddizione legale nella diplomazia globale degli Stati Uniti: hanno sempre impedito che qualsiasi altro paese potesse avere voce in capitolo su tutto ciò che riguarda la politica interna, il processo legislativo e la diplomazia degli Stati Uniti. Questo è ciò che rende l’America “la nazione eccezionale”. Per settant’anni i suoi diplomatici hanno fatto finta di credere che il loro giudizio moralmente superiore potesse promuovere un mondo pacifico (come pretendeva di fare l’Impero Romano), che consentisse agli altri paesi di condividere la prosperità dell’America e di migliorare il proprio tenore di vita.

Alle Nazioni Unite, i diplomatici degli Stati Uniti hanno sempre fatto uso del potere di veto. Alla Banca Mondiale e al Fondo monetario internazionale si sono anche assicurati che la loro quota azionaria fosse abbastanza ampia da conferire loro potere di veto su qualsiasi tipo di prestito o di politica economica. Se non disponessero di un simile potere, gli Stati Uniti non aderirebbero a nessuna organizzazione internazionale. Eppure, allo stesso tempo, hanno sempre fatto passare il loro nazionalismo come una difesa della globalizzazione e dell’internazionalismo. E’ solo un eufemismo per quello che in realtà è un processo decisionale unilaterale da parte degli Stati Uniti.

Inevitabilmente, il nazionalismo degli Stati Uniti ha finito con il rompere il miraggio dell’internazionalismo globale e con esso l’idea di un tribunale internazionale. Senza diritto di veto sui giudici, gli Stati Uniti non hanno mai accettato l’autorità di nessun tribunale, in particolare quella del Tribunale Internazionale delle Nazioni Unite dell’Aia. Di recente, questo tribunale ha avviato un’indagine sui crimini di guerra degli Stati Uniti in Afghanistan, dall’uso della tortura al bombardamento di obbiettivi civili, come ospedali, cerimonie di matrimonio e infrastrutture. “Quell’indagine alla fine ha trovato ‘una base ragionevole per ritenere che siano stati commessi crimini di guerra e contro l’umanità'”.[1]

Il Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Donald Trump, John Bolton, era andato su tutte le furie quando, a settembre, aveva avvertito che: “Gli Stati Uniti useranno tutti i mezzi necessari per proteggere i propri concittadini e quelli dei loro alleati da ogni ingiusta azione giudiziaria proveniente da questo illegittimo tribunale,” aggiungendo che il Tribunale Internazionale delle Nazioni Unite non avrebbe dovuto essere così sfrontato da investigare su “Israele o su altri alleati degli Stati Uniti”.

Tutto questo aveva spinto un giudice anziano, il tedesco Christoph Flügge, a dimettersi in segno di protesta. In effetti, Bolton aveva detto alla corte di tenersi fuori da ogni questione riguardante gli Stati Uniti, promettendo che avrebbe impedito “ai giudici e ai pubblici ministeri della Corte di entrare negli Stati Uniti.” Ecco come Bolton aveva chiarito la minaccia degli Stati Uniti: “Sanzioneremo i loro fondi nel sistema finanziario degli Stati Uniti e li incrimineremo nel sistema penale statunitense. Non collaboreremo con l’ICC [International Criminal Court – Corte Penale Internazionale]. Non forniremo assistenza all’ICC. Non aderiremo all’ICC. Lasceremo che l’ICC muoia da sola. Dopotutto, a tutti gli effetti, l’ICC per noi è già morta.”

Che cosa questo significasse veramente, lo aveva precisato il giudice tedesco: “Se questi giudici dovessero mai interferire negli affari interni degli Stati Uniti o indagare su un cittadino americano, [Bolton] ha dichiarato che il governo americano farà tutto il possibile per garantire che a questi giudici non sia permesso viaggiare negli Stati Uniti e che potrebbero persino essere perseguiti penalmente.”

L’intento originale della Corte, usare le Leggi di Norimberga applicate contro i nazisti tedeschi per arrivare ad un processo analogo contro qualsiasi paese o funzionario ritenuto colpevole di crimini di guerra, era già caduto in disuso con l’impossibilità di mettere sotto accusa per crimini di guerra gli autori del colpo di stato in Cile, i protagonisti dell’affare Iran-Contra e dell’invasione americana dell’Iraq.

Lo smantellamento dell’egemonia del dollaro dal FMI e dallo SWIFT

Di tutti i campi della politica odierna del potere mondiale, la finanza internazionale e gli investimenti esteri sono diventati quelli di maggior importanza. Le riserve monetarie internazionali avrebbero dovuto essere il tesoro più sacro e il controllo del debito internazionale strettamente correlato.

Le banche centrali detengono da tempo il loro oro e le altre riserve valutarie negli Stati Uniti e a Londra. Nel 1945 questa era sembrata una decisione ragionevole, perché la Federal Reserve di New York (nel cui seminterrato era custodito l’oro delle banche centrali straniere) era militarmente sicura, e perché il pool aureo londinese permetteva al Tesoro degli Stati Uniti di mantenere il dollaro “saldo come l’oro” a 35 dollari l’oncia. Le riserve estere diverse dall’oro venivano conservate sotto forma di Buoni del Tesoro statunitensi, che venivano acquistati e venduti sui mercati valutari di New York e Londra per stabilizzare i tassi di cambio. La maggior parte dei prestiti ai governi esteri erano denominati in dollari statunitensi e le banche di Wall Street erano normalmente considerate agenti pagatori.

Questo era stato il caso dell’Iran sotto lo Shah, che gli Stati Uniti avevano insediato al potere dopo aver sponsorizzato il colpo di stato del 1953 contro Mohammed Mosaddegh, reo di aver cercato di nazionalizzare il petrolio anglo-iraniano (ora British Petroleum) o almeno di averlo tassato. Dopo il rovesciamento dello Shah, il regime di Khomeini aveva chiesto al suo agente pagatore, la Chase Manhattan Bank, di poter usare i propri depositi per pagare i detentori delle sue obbligazioni. Su ordine del governo degli Stati Uniti, la Chase si era rifiutata di farlo. I tribunali statunitensi avevano quindi dichiarato l’Iran inadempiente e avevano congelato tutti i suoi beni negli Stati Uniti e ovunque fossero stati in grado di farlo.

Questo aveva fatto capire che la finanza internazionale era un braccio del Dipartimento di Stato e del Pentagono degli Stati Uniti. Ma era successo una generazione fa e solo di recente i paesi stranieri hanno iniziato a provare un senso di nausea nel dover lasciare le loro riserve auree negli Stati Uniti, dove possono essere sequestrate in qualunque momento per punire qualsiasi paese che agisca con modalità ritenute offensive dalla diplomazia degli Stati Uniti. Così, l’anno scorso, la Germania aveva finalmente trovato il coraggio e aveva chiesto di poter rimpatriare un po’ del suo oro. I funzionari degli Stati Uniti avevano finto di essere scioccati dall’insulto (che avrebbero potuto fare ad un paese cristiano civilizzato quello che avevano fatto all’Iran) e la Germania aveva accettato di dilazionare il trasferimento.

Ma poi è arrivato il Venezuela. Dovendo per forza utilizzare le proprie riserve auree per pagare le importazioni in un’economia devastata dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti (una crisi che i diplomatici statunitensi attribuiscono al “socialismo,” non ai tentativi politici degli Stati Uniti di “far piangere l’economia,” come avevano affermato i funzionari di Nixon parlando del Cile di Salvador Allende) il Venezuela aveva ordinato alla Banca d’Inghilterra, nel dicembre 2018, il trasferimento di una parte dei suoi 11 miliardi di dollari in oro detenuti nei suoi caveau e in quelli di altre banche centrali. Proprio come un correntista che aspettasse dalla propria banca il pagamento di un assegno che lui stesso aveva firmato.

L’Inghilterra si era rifiutata di onorare la richiesta ufficiale, obbedendo agli ordini di Bolton e del Segretario di Stato americano Michael Pompeo. Come aveva riferito Bloomberg: “I funzionari degli Stati Uniti stanno cercando di dirottare i beni del Venezuela detenuti all’estero verso il [Chicago Boy] Juan Guaido per incrementare le sue possibilità di assumere effettivamente il controllo del governo. Questi 1,2 miliardi di dollari in oro sono una grossa porzione degli 8 miliardi di dollari in riserve estere detenute dalla banca centrale venezuelana.[2]

La Turchia sembrava essere una destinazione probabile [del trasferimento delle riserve auree], e la cosa aveva spinto Bolton e Pompeo ad ammonire il paese affinchè desistesse dal collaborare con il Venezuela, minacciando sanzioni contro di esso o contro qualsiasi altra nazione che avesse aiutato il Venezuela a far fronte alla sua crisi economica. Per quanto riguarda la Banca d’Inghilterra e gli altri paesi europei, il rapporto di Bloomberg concludeva: “Ai funzionari della banca centrale di Caracas è stato ordinato di non provare più a contattare la Banca d’Inghilterra.  A questi banchieri centrali è stato detto che i funzionari della Banca d’Inghilterra non risponderanno a loro.”

Questo aveva fatto nascere voci secondo cui il Venezuela avrebbe venduto 20 tonnellate di oro (circa 840 milioni di dollari) [esportandole su] un Boeing 777 russo. Il denaro probabilmente sarebbe servito per pagare gli obbligazionisti russi e cinesi e per l’acquisto di generi alimentari per alleviare la carestia locale. [3] La Russia ha negato questo rapporto, ma la Reuters ha confermato che il Venezuela ha venduto 3 tonnellate d’oro, su un totale previsto di 29, agli Emirati Arabi Uniti, e che altre 15 tonnellate verranno spedite venerdì 1 febbraio [4]. Rubio, l’estremista Batista-cubano del Senato degli Stati Uniti, ha definito il fatto “un furto,” come se nutrire la propria popolazione per alleviare una crisi sponsorizzata dagli Stati Uniti fosse un crimine contro il potere della diplomazia americana.

Se c’è una nazione che i diplomatici degli Stati Uniti odiano più di un recalcitrante paese dell’America Latina, questa è l’Iran. La rottura da parte del presidente Trump degli accordi sul nucleare del 2015, siglati dai diplomatici europei e dell’amministrazione Obama, è arrivata al punto di minacciare la Germania e gli altri paesi europei di sanzioni punitive se non avessero violato gli accordi che essi stessi avevano firmato. Aggiungendosi all’opposizione americana alla Germania e ad altre nazioni europee sulle importazioni di gas russo, [questa ulteriore] minaccia da parte degli Stati Uniti ha infine spinto l’Europa a trovare un modo per difendersi.

Le minacce imperiali non sono più di tipo militare. Nessuna nazione (inclusa la Russia o la Cina) può organizzare un’invasione militare di un altro grande paese. Dal Vietnam in poi, l’unico tipo di guerra che un paese che si autodefinisce democratico può condurre è un bombardamento atomico, o almeno pesante, come quelli che gli Stati Uniti hanno inflitto a Iraq, Libia e Siria. Ma ora la guerra informatica è diventata il modo per eliminare le connessioni [internazionali] di qualsiasi economia. E le principali connessioni informatiche sono quelle che riguardano i trasferimenti di denaro sui mercati finanziari  gestite dallo SWIFT, l’acronimo della Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication, con sede in Belgio.

Russia e Cina si sono già attivate per creare un sistema di trasferimento bancario ombra, nel caso in cui gli Stati Uniti le isolassero dallo SWIFT. Ma ora i paesi europei hanno capito che le minacce di Bolton e Pompeo possono portare a multe pesanti e a sequestri di risorse se continueranno a commerciare con l’Iran, come richiesto dai trattati che avevano firmato.

Il 31 gennaio è crollata la diga, con l’annuncio che l’Europa aveva creato un proprio sistema alternativo di pagamenti, da utilizzarsi con l’Iran e con gli altri paesi presi di mira dalla diplomazia statunitense. La Germania, la Francia e persino il cagnolino degli Americani, la Gran Bretagna, si erano unite per dar vita all’INSTEX, Instrument in Support of Trade Exchanges. La promessa è che questo strumento sarà usato solo per aiuti “umanitari” e per salvare l’Iran da una devastazione sponsorizzata dagli Stati Uniti simile a quella in Venezuela. Ma, vista la sempre maggiore opposizione degli Stati Uniti al gasdotto Nord Stream2 che farà arrivare [in Germania] il gas russo, questo sistema alternativo di compensazione bancaria sarà pronto e potrà diventare operativo se gli Stati Uniti tentassero di imporre sanzioni contro l’Europa.

Sono appena ritornato dalla Germania e ho notato che esiste una grossa divisione tra gli industriali di quella nazione e la loro leadership politica. Per anni, le grandi aziende hanno considerato la Russia un mercato naturale, un’economia complementare bisognosa di modernizzare il proprio apparato industriale e in grado di fornire all’Europa gas naturale ed altre materie prime. La strategia americana in questa Nuova Guerra Fredda è quella di cercare di bloccare questa complementarietà commerciale. Dopo aver messo in guardia l’Europa contro la “dipendenza” dal gas russo a basso prezzo, [l’America] si è offerta di vendere il proprio costosissimo gas liquefatto (attraverso strutture portuali in grado di soddisfare i volumi richiesti che ancora non esistono). Il presidente Trump insiste anche sul fatto che i membri della NATO dovrebbero spendere il 2% del loro PIL in armi, preferibilmente acquistate dagli Stati Uniti, non dai mercanti di morte tedeschi o francesi.

Il fatto che gli Stati Uniti abbiano abusato della loro posizione sta portando all’incubo eurasiatico di Mackinder-Kissinger-Brzezinski che avevo menzionato sopra. Oltre all’alleanza fra Russia e Cina, la diplomazia degli Stati Uniti sta facendo confluire verso l’Herthland anche l’Europa, nonostante i tentativi degli Stati Uniti di costringerla a quella condizione di dipendenza che la diplomazia americana sta cercando di ottenere fin dal 1945.

La Banca Mondiale, per esempio, tradizionalmente è sempre stata guidata da un Segretario alla Difesa degli Stati Uniti. La sua politica costante, fin dagli inizi, è stata quella di fornire prestiti ai vari paesi affinché destinassero il loro territorio alle esportazioni dei prodotti agricoli, invece di dare la priorità al consumo interno. Questo è il motivo per cui i suoi prestiti sono solo in divisa estera, non in valuta locale, necessaria per fornire supporto ai prezzi e ai servizi collegati all’agricoltura, come quelli che hanno reso l’agricoltura americana così produttiva. Seguendo i consigli degli Stati Uniti, questi paesi si sono esposti al ricatto alimentare, alle sanzioni e al blocco delle forniture di grano e di altri generi alimentari nel caso di un mancato adeguamento alle richieste diplomatiche degli Stati Uniti.

Vale la pena notare che la nostra imposizione planetaria della mitica “efficienza,” il costringere i paesi latinoamericani a trasformarsi in piantagioni per colture da esportazione, come il caffè e le banane, piuttosto che coltivare il proprio grano e il proprio mais, ha fallito in modo catastrofico l’obbiettivo di offrire una vita migliore, specialmente alle popolazioni che vivono in America Centrale. La “crescita parallela” tra le colture esportate e le importazioni di generi alimentari a basso prezzo dagli Stati Uniti, che si supponeva avvenisse nei  paesi che seguivano il nostro copione, è miseramente fallita, lo testimoniano le carovane e i rifugiati in tutto il Messico. Naturalmente, il nostro sostegno ai dittatori militari e ai signori del crimine più brutali non è certo stato d’aiuto.

Allo stesso modo, il FMI è stato costretto ad ammettere che le sue linee guida di base erano fittizie fin dall’inizio. La normativa centrale era quella di imporre il pagamento del debito ufficiale intergovernativo trattenendo il credito del FMI dai paesi in default. Questa regola era stata istituita nel periodo in cui la maggior parte dei debiti ufficiali intergovernativi era dovuta agli Stati Uniti. Ma, alcuni anni fa, l’Ucraina era stata dichiarata insolvente per un debito 3 miliardi di dollari dovuti alla Russia. L’FMI aveva dichiarato, in effetti, che l’Ucraina e gli altri paesi non avrebbero dovuto rimborsare la Russia o qualsiasi altro paese che avesse deciso di agire in modo troppo indipendente dagli Stati Uniti. Il Fondo Monetario Internazionale ha continuato a far credito ad una Ucraina corrotta fino al midollo e ad incoraggiare la sua politica anti-russa, piuttosto che difendere il principio secondo cui i debiti intergovernativi devono essere pagati.

È come se il FMI avesse gli uffici una stanzetta nel seminterrato del Pentagono a Washington. L’Europa ha preso atto che le sue trasazioni internazionali monetarie e i suoi collegamenti finanziari rischiano di attirare l’ira degli Stati Uniti. Questo era diventato evidente lo scorso autunno, al funerale di George H. W. Bush, quando il rappresentante dell’UE si era ritrovato declassato alla fine della lista al momento dell’assegnazione dei posti. Gli era stato detto che gli Stati Uniti non considerano più l’UE un’entità con buone credenziali. A dicembre, Mike Pompeo aveva tenuto a Brussels il suo primo ed atteso discorso sull’Europa, in cui aveva esaltato le virtù del nazionalismo, criticato il multilateralismo e l’UE, e affermato che gli organismi internazionali che limitano la sovranità nazionale “devono essere riformati o eliminati.”[5]

La maggior parte degli eventi di cui sopra ha fatto notizia per un solo giorno, il 31 gennaio 2019. Vista la congiunzione delle mosse statunitensi su così tanti fronti, Venezuela, Iran, Europa (per non parlare della Cina e delle minacce commerciali e degli attacchi contro Huawei che sono all’ordine del giorno) sembra che questo sarà l’anno della frattura globale.

Naturalmente, non è tutta opera del presidente Trump. Vediamo il Partito Democratico fare la stessa cosa. Invece di applaudire alla democrazia quando i paesi stranieri non eleggono un leader approvato dalla diplomazia degli Stati Uniti (che si tratti di Allende o di Maduro), hanno gettato la maschera e hanno dimostrato di essere i principali imperialisti della Nuova Guerra Fredda. Adesso la verità è davanti a tutti. Farebbero del Venezuela un nuovo Cile dell’era Pinochet. Trump non è il solo a sostenere l’Arabia Saudita e i suoi terroristi wahabiti che sono, come aveva detto Lyndon Johnson, “dei bastardi, ma sono i nostri bastardi.”

Dov’è la sinistra in tutto ciò? Questa è la domanda con cui ho aperto l’articolo. È straordinario il fatto che siano rimasti solo i partiti di destra, Alternative for Deutschland (AFD), i nazionalisti francesi di Marine le Pen e quelli degli altri paesi ad opporsi alla militarizzazione della NATO e a cercare di rilanciare i legami commerciali ed economici con il resto dell’Eurasia.

La fine del nostro imperialismo monetario, di cui avevo parlato per la prima volta nel 1972 in Super Imperialism, stordisce persino un osservatore informato come il sottoscritto. C’è voluto un enorme livello di arroganza, miopia e illegalità per accelerare il suo declino, una cosa che solo dei Neoconservatori impazziti come John Bolton, Eliot Abrams e Mike Pompeo potevano realizzare per Donald Trump.

Michael Hudson

Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/mhudson/trumps-brilliant-strategy-to-dismember-u-s-dollar-hegemony/
01.02.2019
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

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