LA BRIGATA LEGGERA AUSTRALIANA VA ALLA CARICA IN IRAQ

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Nella Valle della Morte cavalcarono i cinquecento australiani (1), ai diretti ordini di New York. Poi sarà la volta dei cavalleggeri statunitensi, alla carica nella Palestina occupata, per salvare gli ebrei.

DI JOE VIALLS

Come molti lettori avranno notato, tutte le nazioni della terra (a eccezione di America e Gran bretagna) stanno ritirando le loro forze di invasione illegale dall’Iraq sovrano, e rifiutano ogni ulteriore appoggio alla criminale “Coalizione dei Volenterosi” di Wall Street. Be’, QUASI tutte le nazioni della terra… a parte la servile Australia. Il 17 aprile 2005, su ordine di New York, il Primo Ministro australiano John Howard e il suo governo hanno ordinato ad altri 500 soldati di andare in Iraq, per unirsi a un’invasione illegale di cui conoscono già il fallimento, mettendo quindi le vite di questi uomini e queste donne in grave pericolo, perdipiù agli ordini di una potenza straniera.

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Lo spiegamento di altri 500 militari in Iraq fatto questa settimana, si è realizzato tanto sotto tono che la nazione non si è nemmeno accorta della loro partenza. La tradizione richiede normalmente che il personale militare destinato oltremare debba prima essere bombardato da lunghi e noiosi discorsi da politici appollaiati su un podio, con di solito una scenografia di cacciabombardieri o mezzi corazzati, che si spera possa proiettare una luce più maschia sull’immagine di scamorze dei politici in questione.

Siamo onesti, i politici hanno davvero bisogno di questa luce, perché senza di essa non sono nulla. Anche se nel lontano passato i nostri leader venivano scelti dal loro stesso popolo a seconda del loro carisma e del loro coraggio in battaglia, oggigiorno vengono scelti in base alla loro personale volontà di prostituirsi a una manica di prestatori di denaro di New York City.

Vedete un po’ voi: l’America è governata da George W. Bush, figlio di ricchi e dalle dubbie capacità intellettuali, che è riuscito a evitare di morire in Vietnam arruolandosi (e poi imboscandosi) nella Air National Guard. La Gran Bretagna è governata da Tony Blair, uno strabico traditore che si adopera incessantemente per abolire la monarchia, perché è lui che vuole diventare re e vivere a Buckingham Palace. E l’Australia? Be’, ora come ora l’Australia è governata da John Winston Howard (“Presidente Winston” per gli amici più intimi), il quale, nel suo permanente stato allucinatorio, è già convinto di essere il Re dell’Emisfero Meridionale.

Dopo che tutti e tre questi dittatori saranno stati appesi alla forca per alto tradimento e crimini di guerra, gli storici riconosceranno l’Iraq come la definitiva e fatale trappola, sia militare sia politica, costruita per condurli nella linea di fuoco di coloro che hanno continuamente oppresso, torturato e ucciso sin dal 1990. O anche da prima, se si include l’utilizzo del gas mostarda contro gli iracheni negli anni 20, che fu il primo uso di Armi di Distruzione di Massa per scopi di “polizia internazionale”.

“La RAF fu dislocata in Iraq per reprimere le ribellioni di arabi e curdi, per proteggere i giacimenti di petrolio scoperti da poco, per difendere gli insediamenti ebraici in Palestina e per tenere a bada la Turchia. Una cosa grossa, ma la RAF aveva già dimostrato di essere un’efficiente forza di polizia imperiale sia in Afghanistan sia nel Somaliland (l’odierna Somalia) tra il 1919 e il 1920. Le forse iglesi e americane da allora tornano regolarmente a bombardare questi focolai di ribellione…

In Iraq i bombardamenti “si intensificarono dopo il 1923, quando il capo squadriglia Arthur Harris (il futuro distruttore di Amburgo e Dresda: la sua statua oggi svetta in Fleet Street, a Londra) prese il comando della 45a Squadriglia. Aggiungendo rastrelliere per bombe ai Vickers Vernon per trasporto truppe, Harris in pratica inventò il bombardiere pesante, e anche i “terroristici” bombardamenti notturni. Harris non fece uso di gas letali, per quanto la RAF avesse impiegato il gas mostarda contro le truppe bolsceviche nel 1919, mentre l’esercito aveva gassato i ribelli iracheni nel 1920 “con un eccellente effetto morale”.

Churchill era particolarmente interessato alle armi chimiche, suggerendo di usarle ‘in via sperimentale contro gli arabi recalcitranti’. Respinse ogni obiezione come ‘irragionevole’. ‘Sono fortemente favorevole all’uso di gas venefici contro tribù non civillizzate, per diffondere un intenso terrore.’ In termini odierni, gli ‘arabi’ dovevano essere colpiti e spaventati [shocked and awed]. E per farlo il buon gas era perfetto.

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Il Vickers Vernon del caposquadriglia Harris, l’equivalente negli anni 20 del bombardiere stealth, usato in Iraq per assassinare migliaia di abitanti disarmati di piccoli villagi e cittadine, diffondendo quindi un “intenso terrore” tra le “tribù non civilizzate”, nella stessa culla della civiltà.

Tornando al 2005, per chiunque abbia una minima conoscenza del Medioriente è assolutamente ovvio che l’Iraq è oggi una trappola mortale per gli invasori (illegali da ogni punto di vista), non importa se siano armati pesantemente o stiano “proteggendo gli ingegneri giapponesi intenti alla ricostruzione”, che è la benintenzionata ma completamente illegale scusa dell’Australia per il suo intervento.

Inviare quei “digger” australiani a difendere i discendenti di quei giapponesi che torturarono brutalmente i soldati australiani durante la costruzione della Burma Railway (2), non è solo ironico ma francamente insultante. In Australia ci sono ancora centinaia di sopravvissuti a quei crimini di guerra giapponesi, ma la lega dei reduci, l’Australian Returned Services League (simile grosso modo all’American Veterans Alliance) non ha detto una sola parola sull’argomento.

Il silenzio della ARSL è dovuto per lo più al fatto che i suoi dirigenti non sono più in grado di fare un’obbietitiva analisi militare, avendo subìto un vero e proprio lavaggio del cervello da parte dei politici dementi di Canberra, e dei loro capi di New York. Oggigiorno la posizione politicamente corretta è che i giapponesi siano “onorevoli partner commerciali”, invece che un branco di barbari che soltanto pochi anni fa picchiavano a morte i nostri soldati disarmati.

Allo stesso modo, gli spin doctor mediatici di New York hanno preso il paese più avanzato e laico del Medioriente (l’Iraq), e lo hanno reinventato secondo una propaganda stile anni 20, la preferita di Churcill e degli invasori ebrei della Palestina. Ancora una volta, “‘Sono fortemente favorevole all’uso di gas venefici contro tribù non civillizzate, per diffondere un intenso terrore.”

Sbagliereste a pensare che questa guerra psicologica in due fasi sia un errore, o il risultato di scarsa memoria storica, niente di tutto questo. La manipolazione dei media e il controllo politico sui soldati ha un solo obbietivo: indebolire la volontà, sia individuale sia collettiva, del corpo militare, affinché questi uomini altamente addestrati non rappresentino più un pericolo per i loro dirigenti politici traditori, o diventino cadaveri abbandonati in qualche campo di battaglia

straniero.

Pensate a quanto sono scaltri, pensateci. Credete davvero che altri 500 soldati possano fare la minima differenza, per un’invasione illegale in cui, dal 2003, la Guardia Repubblicana e l’esercito del Mehdi sono riusciti a liberare più di trenta città irachene, medie e grandi, e a costringere più di 120.000 soldati americani e britannici a restare nelle loro basi fortificate? Naturalmente no, è ovvio.

Questi 500 australiani sono pedine sacrificabili, inviate con lo scopo deliberato di saggiare le reazioni, positive o negative, del popolo australiano, in vista del tentativo da parte di New York di inviare più di 20.000 soldati per coprire il ritiro tattico degli ebrei dalla Palestina. Per cui i lettori americani che staranno borbottando “Che c’entro io con questi soldati australiani?” farebbero meglio a darsi una svegliata e ascoltare.

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Sopra, i soldati australiani che vengono intenzionalmente umiliati e costretti a sedere su scomodi sedili di tela, in un aereo “prestato” dalla RAF britannica, per tutte le 17 ore del viaggio verso l’Iraq. Sotto, il Boeing Business Jet nuovo di zecca da 70 milioni di dollari del Primo Ministro australiano “Presidente Wilson”. Infatti Winston e i suoi amichetti ne hanno comprati due, più quattro executive jet Challenger 604, dando così fondo ai soldi che sarebbero serviti all’aviazione australiana per gli adeguati trasporto truppe.

Finora questo esperimento di manipolazione psicologica ha funzionato molto bene per New York, con appena un mormorio di dissenso tra i militari australiani e tra la popolazione. Lo si è ottenuto in parte con un’attenta rappresentazione mediatica, in parte sviando altrove l’attenzione del pubblico.

Un primo esempio di quest’ultima parte del piano lo ha dato Schapelle Corby, la giovane donna australiana deliberatamente incastrata nel ruolo di corriere della droga da funzionari australiani, che le hanno piazzato 4,1 chilogrammi di marijuana del Queensland di bassa qualità nel bagaglio a mano, mentre la donna stava cambiando aereo a Sidney, così da farla arrestare in Indonesia. Tratterò in un apposito articolo dell’orchestrata rovina della signorina Corby: qui è sufficiente rievocare le scene di grande impatto emotivo che sono giunte dal tribunale di Bali, tenendo gli australiani attaccati al televisore per settimane, abbastanza a lungo da distogliere qualsiasi attenzione dalla situazione di quei cinquecento soldati.

Allo stesso tempo, la manovra del governo australiano è servita ad alimentare il risentimento del pubblico nei confronti di una generica “Indonesia musulmana”. Poco importa che la religione principale dell’isola sia l’Hindu Dharma [un’induismo trascolorato di buddismo], che giunse a Bali con la diffusione dell’induismo attraverso Sumatra e Giava durante l’XI secolo. La maggior parte degli australiani non lo sa, e così si accoda alla disinformazione dei media, secondo la quale tutti i cittadini indonesiani sono “terroristi islamici”, una disinformazione derivata dalle folli strategie semireligiose di New York per la fittizia “Guerra al terrorismo”.

La modesta copertura data dai media alla notizia dei 500 militari ha limitato l’esposizione mediatica di personaggi politici nell’atto del dispiegamento, il che vuol dire semplicemente che le foto che mostrano politici insieme al 2° Cavalleria in partenza potrebbero essere state scattate a qualsiasi truppa, in un luogo qualsiasi e in un periodo qualsiasi.

Un ottimo esempio di questo classico approccio è la fuggevolissima apparizione del Primo Ministro-Presidente Winston, obbligato dalla tradizione a pronunciare un addio ai soldati in partenza. Normalmente tutto si svolge con una pompa e una cerimoniosità quasi regali, col minuscolo Winston che agita un fazzoletto di seta ai piedi dell’aereo o sulla banchina del porto.

Non questa volta, però. In questa occasione di potenziale e strumentale sacrificio di massa, i PR di Winston si sono assicurati che il suo “addio” fosse dato molto sotto tono, riducendosi al Primo Ministro che si mescola coi soldati e le loro famiglie, nel corso di un informale barbecue. La scena potrebbe essersi svolta dovunque, e in vista non c’erano né navi né aerei.

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Sopra, il Primo Ministro-Presidente Winston saluta le truppe australiane durante un ben sceneggiato barbecue informale. Vedete qualche nave, qualche aereo? Neanche uno, così che in futuro non ci siano prove a suo carico davanti a un tribunale per i crimini di guerra. Sotto, neanche l’ombra di un politico di qualsiasi partito si è reso disponibile per salutare la nave Tobruk, in partenza per l’Iraq con l’equipaggiamento della Brigata Leggera a bordo. Inspiegabilmente, dal punto di vista di alcuni soldati, questo compito normalmente di alto rango è stato lasciato a una manciata di genitori di marinai australiani.

Cosa accadrà in seguito è nelle mani del fato, ma non c’è dubbio che questo processo di manipolazione sarà seguito ansiosamente da New York, passo per passo. Lo stato ebraico sta ormai agonizzando, e bisognerà dispiegare truppe americane per salvare gli occupanti illegali della Palestina da un “destino peggiore della morte”. E’ una situazione politicamente delicata, e nessuno può dirsi sicuro che le sacrificabili truppe di “interposizione” vadano, secondo gli ordini, in Palestina a salvare i poveri ebrei, o che invece non rivolgano le armi contro il Campidoglio.

Dati i precedenti, e visto il quasi clandestino dispiegamentoi del 2o Cavalleria, sembra probabile che i soldati americani obbediscano a questo ultimo ordine illegale, quando arriverà, e si getteranno contro le armi irachene e siriane, allo stesso modo in cui agli agenti del Servizio Segreto si richiede di dare la vita per salvare quella “più importante” del Presidente americano.

Naturalmente il dispiegamento americano in Palestina renderà necessario un diversivo per deviare l’attenzione del pubblico, così come è stato fatto col dispiegamento del 2o Cavalleria usando la sfortunata Schapelle Corby a Bali. Ma, sia straordinaria preveggenza oppure pura disperazione, New York il suo diversivo ce l’ha già pronto: l’Iran.

Per mesi e mesi, senza sosta, i media hanno blaterato di un'”attacco” di Israele e America contro l’Iran, mentre la realtà è che nessuna nazione possiede gli uomini e l’equipaggiamento necessari per un’impresa del genere. Non solo, ma ci sono anche almeno cinque potenze regionali ormai dotate degli inarrestabili missili anti-nave russi “Onix”, o dei loro gemelli indiani, i “BrahMos”.

Nel giro di due anni questi missili, apparentemente insignificanti, hanno ridotto l’effettiva forza imperiale della Marina degli Stati Uniti a zero. Ora come ora, qualsiasi portaerei americana da 91.000 tonnellate può venire affondata da solo due di queste armi convenzionali, che a quanto si sa non hanno mai mancato un bersaglio.

Mettiamola così: una portaerei americana, per attaccare l’Iran, dovrebbe per forza portarsi a portata di volo, ma gli iraniani avrebbero bisogno solo di arrivare a 220 chilometri da essa, per lanciare i loro missili Onyx e affondarla. Nessun ammiraglio affronterà un rischio simile, qualsiasi ordine gli diano George W. Bush e i banchieri di Wall Street.


“Un 10 tondo tondo – Un BrahMos, missile da crociera supersonico, lanciato dal vascello Rajput la mattina di venerdì, nel Mare Arabico, verso una nave in disarmo, il suo obbiettivo.” (Foto della Defence Research and Developement Organisation indiana, dal giornale “The Hindu”, sabato 16 aprile 2005) Questo decimo, perfetto lancio, che ha distrutto una nave bersaglio da 7000 tonnellate, è stato fatto nel mare Arabico, sotto il naso della flotta americana.

Quindi, perché usare l’Iran come diversivo, se non si ha nessuna intenzione di attaccarlo? La risposta è piuttosto semplice. Nel momento dell'”attacco all’Iran”, Ariel Sharon probabilmente proporrà all’esercito americano di utilizzare le piste di decollo e le basi navali ebraiche in Palestina come campo base.

Ebbene, sarà forse colpa dei poveri ebrei se (diciamo) 20.000 soldati americani diretti in Iran si troveranno a passare per la Palestina, proprio quando Ariel e i suoi compari hanno un improvviso bisogno di sgombrare il campo? Santo cielo, no. Insinuare una cosa del genere sarebbe “antisemitismo” della peggior specie, come tale magari punibile da qualche legge americana. Quelli che trovano impossibile questo scenario, dovrebbe riesaminare accuratamente il caso della USS Liberty (3).

Ma fino ad allora, possiamo soltanto seguire le vicende del 2o Cavalleria in Iraq, tenendo a mente l’ossessione del Nuovo Ordine Mondiale per la perpetrazione di atrocità (o almeno per dare loro l’impulso) durante particolari ricorrenze. Nella misura in cui è possibile spigolare qualche informazione dietro il soffocante velo di segretezza qui in Australia, il 2o Cavalleria dovrebbe attraversare il confine tra Kuwait e Iraq il 25 aprile, che è anche il più importante anniversario bellico dell’Australia, conosciuto come l’ANZAC Day.

Il 25 aprile del 1915, esattamente novanta anni fa, agli ordini dell’allora Impero Britannico, truppe australiane e neozelandesi presero terra ad Anzac Cove, nella penisola di Gallipoli. La Gran Bretagna aveva selezionato il punto di approdo più pericoloso, l’ANZAC, e il 25 aprile segna così l’inizio della più grave sconfitta militare subita dall’Australia in qualsiasi guerra, anche se non per propria responsabilità.

Oggi l’Australia è indiscutibilmente al servizio del potere imperiale dell’America, e posso solo sperare sinceramente che non si permetta alla storia dell’ANZAC di ripetersi in Iraq.

I SOLDATI

Sul freddo campo di un mondo muto

i giovani uomini marciano insieme, alti e snelli,

e anche se si scambiano risate, il silenzio è intatto;

il loro richiamo più limpido non ha suono.

Parlare di ciò che amavano qui è vano,

l’aria è troppo sottile per portare le loro parole.

Erano giovani e dorati, ma qui il dolore li ha raggiunti,

la loro gioventù è canizie, il loro oro grigio.

Eppure i loro cuori sono intatti, e si gridano:

“Cosa avranno fatto con le vite che gli lasciammo?

Sono giovani della nostra gioventù, splendenti del nostro oro?

Sorridono in faccia alla morte, perché noi siamo morti?”

Sul freddo campo di un mondo inesplorato

i giovani si interrogano l’un l’altro cogli occhi:

Si interrogano l’un l’altro, il giovane e l’anima nobile,

sul mondo che gli hanno rubato,

nel loro placido paradiso.

Humbert Wolfe, Requiem: The Soldier (1916)

Joe Vialls
Fonte:http://www.joevialls.co.uk/

20.04.05

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DOMENICO D’AMICO

 

 

Note del traduttore

(1) Vialls parafrasa una celebre poesia di Tennyson, “Charge of the Light Brigade”, che rievoca in tono eroico il massacro di un reggimento di ussari inglesi, durante la guerra di Crimea, a Balaklava. Celebre il film con Errol Fynn del 1936 (La Carica dei 600). La foto con John Gielgud è invece la locandina di un altro film ispirato a quei fatti, I 600 di Balaklava, del ’68.

(2) La linea ferroviaria che dalla Birmania, attraverso la Thailandia, portava in Cina, costruita dai giapponesi tra il 1942 e il 1943 per il trasporto di rifornimenti. Furono impiegati prigionieri di guerra e manodopera locale. Le condizioni disumane di lavoro, le malattie, l’estrema brutalità dei giapponesi portarono alla morte di più di 13.000 prigionieri e, si stima, circa 100.000 lavoratori locali.

(3) Si tratta della nave statunitense attaccata da Israele nel 1967, durante la Guerra dei Sei Giorni. Morirono 34 americani.

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