La Battaglia del secolo : Protezionismo e Trumponomics contro Neoliberismo

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DI PEPE ESCOBAR
rt.com

L’onda rossa portata da Donald Trump il giorno delle elezioni è stata un duro colpo, senza precedenti, contro il neoliberismo. Quella stupida previsione dei primi anni 1990 sulla “fine della storia” si è trasformata in una – possibile – batosta.
Un nuovo primitivismo globale? Forse una nuova spinta verso un socialismo democratico? E’ troppo presto per dirlo.

Di nuovo. E’ stato un colpo duro, non un colpo mortale. Come tra i protagonisti di  The Walking Dead, questa élite neoliberista di zombi, semplicemente non se ne andrà via. Per i Poteri, quelli forti, l’ asse più profondo dello stato – Wall Street –  c’è un solo gioco che si può giocare ed è quello di vincere, vincere  a tutti i costi.  E se non ci si riesce, allora si rovescia tutta la scacchiera, come in  una guerra calda.

Una guerra calda  che è stata rinviata, almeno per alcuni anni. Nel frattempo, è illuminante osservare la disperazione di tutti, sia degli Americani  che degli Eurocrati di un mondo che non possono più comprendere in nessun modo. La Brexit, il Terremoto-Trump, l’alzata di penne di tutta l’estrema destra in Occidente.  Per queste élite isolate della finanza, della tecnica, dei think-tank di tutta questa modernità fluida, di questo criticismo, di questo neoliberalismo – con le loro invenzioni della deregulation, delle privatizzazioni a go-go  e quell’ossessione dell’ austerity  – questo è un vero anatema.

La rivolta dei colletti blu, di bianchi occidentali arrabbiati è l’ultima mossa del gioco contro il neoliberismo – una reazione istintiva contro il gioco di una economia truccata di un capitalismo da casinò con le lunghe mani che arrivano fino ai politici, che hanno messo al loro servizio. Questo è quanto sta alla base della vittoria, per 28 punti, che Trump ha riportato in Wisconsin tra gli elettori bianchi, quelli che non hanno fatto l’università. Il dare la colpa a un   “rigurgito” di razzismo, a Wikileaks o alla Russia è un comportamento che può ingannare solo i bambini.

La domanda giusta da fare è se questo “rigurgito” potrà dar vita a una nuova unità occidentale che porti ad un  socialismo democratico – leggete i libri di David Harvey per visualizzare il percorso – oppure guardate la furia che fanno vedere tutte le nostalgie nazionaliste contro il neoliberismo di Washington, contro il NAFTA, contro la macchina della UE, contro la globalizzazione.

Leggete le mie labbra : molto meno tasse

Trump propone di rivoltare il tavolo del neoliberismo. Per tutta la sua campagna ha criminalizzato il libero commercio – l’essenza della globalizzazione – per aver decimato la classe operaia americana, anche se le imprese USA accusavano il libero scambio di averli costretti a strizzare gli stipendi dei lavoratori.

E allora vediamo come Trump sarà in grado di imporre le proprie priorità. Insieme ad affrontare lo spaventoso calo strutturale USA nel settore manifatturiero, vuole attirare  (l’interesse del) la Cina:  con un enorme progetto di infrastrutture per mille miliardi di dollari in  10 anni da realizzarsi con partnership pubblico-private e con investimenti privati spinti dalla riduzione delle imposte. Che dovrebbero creare un gran numero di posti di lavoro.

Minori imposte sulle società, che in questo caso si traducono in un enorme 3 mila miliardi di dollari in 10 anni, qualcosa come 1,6% del PIL. Questo sarebbe il modo per spingere le grandi multinazionali a far rimpatriare centinaia di miliardi di dollari di profitti parcheggiati all’estero. Questo shock fiscale creerebbe 25 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti nei prossimi 10 anni, e spingerebbe la crescita al 4%.

E poi c’è  tutto il sistema protezionistico da  rinegoziare: il  NAFTA prima e ammazzare per bene il  TPP poi. Per non parlare dell’aumento delle tasse sulle importazioni dei prodotti fabbricati (molti dei quali dalle multinazionali USA de-localizzate) e importati dalla Cina e dal Messico.

E’ aperto un dibattito feroce su come le Trumponomics riusciranno a far quadrare il cerchio; con una maggiore crescita economica alimentata da minori tasse, le importazioni saliranno per soddisfare la domanda interna. Ma se questi prodotti saranno soggetti a tasse più rigide, diventeranno più cari  e l’inflazione inevitabilmente aumenterà.

In ogni caso, il punto di arrivo delle misure protezionistiche delle Trumponomics dovrebbe essere un colpo enorme contro il commercio globale. De-globalizzazione, o qualcosa del genere?

L’Asia si prepara per l’impatto

Com’era prevedibile, il cuore della de-globalizzazione sarà il rapporto Trump-Cina. Per tutta la sua campagna, Trump ha accusato la Cina di manipolare la valuta e ha proposto una tassa del 45 % sulle importazioni cinesi.

A Hong Kong, negli ambienti bancari non ci ha mai creduto nessuno. Motivo principale: il già ridotto basket delle “déplorables”[1] semplicemente non ha i mezzi per pagare di più le importazioni cinesi.

Tutt’altra cosa sarebbe per le  Trumponomics trovare i meccanismi per contrastare le aziende che hanno de-localizzato in Asia dagli Stati Uniti, ma questo si tradurrebbe in gravi problemi per quelle  Mecca delle outsourcing come l’India e le Filippine. L’outsourcing nelle Filippine, per esempio, serve, oltre che alle aziende USA, anche per attirare entrate cruciali per la stessa nazione come il totale delle rimesse dei lavoratori filippini dall’estero, qualcosa come il 9% del PIL.

E’ abbastanza illuminante in questo contesto considerare quello che ha detto Narayana Murthy – fondatore di Indian IT, il maggior importatore di Infosys – alla rete CNBC TV 18: “Tutto quello che va fatto nell’interesse dell’ America è che le sue aziende abbiano successo e che  le sue imprese creino più posti di lavoro … per esportare di più … per questo io sono molto ottimista.

Quattro mesi fa la  Nomura Holdings Inc. ha pubblicato un rapporto intitolato “Trumping Asia“. Non meno del 77 % degli intervistati prevedeva che Trump avrebbe bollato la Cina come un paese manipolatore della valuta e il 75% aveva predetto che metterà delle tasse sulle esportazioni dalla Cina, Corea del Sud e Giappone.
Quindi non c’è da meravigliarsi  che tutta l’Asia nei prossimi mesi sarà piuttosto nervosa. L’ Asia – e non solo la Cina – è la fabbrica del mondo. Qualsiasi restrizione che  Trump metterà sui  commerci con la Cina si riverbererà su tutta l’Asia.

Prepariamoci all’atterraggio: Le  Trumponomics  de-globalizzate contro il Neoliberismo sarà la battaglia del secolo.

NOTA

[1] “Basket of deplorables”, solitamente tradotto dai giornali  italiani come “branco di miserabili” è il termine con il quale la Clinton etichettò i sostenitori di Trump durante la campagna elettorale (NdT).

Pepe Escobar  è un analista geopolitico indipendente. Scrive su  RT, Sputnik e TomDispatch,  spesso manda commenti a websites e programmi  radio/ TV che vanno dagli USA all’Asia orientale. Ex  corrispondente itinerante per Asia Times Online. Nato in Brasile, è corrispondente estero dal 1985, ha vissuto a Londra, Parigi, Milano, Los Angeles, Washington, Bangkok e Hong Kong. Già prima del 9/11  seguiva gli eventi dal Medio Oriente all’Asia centrale e orientale, con particolare attenzione alla geopolitica delle Grandi Potenze  e alle guerre energetiche. E’ autore di “Globalistan” (2007), “Red Zone Blues” (2007), “Obama does Globalistan” (2009) e “L’impero del Caos” (2014), tutti editi da Nimble Books. Il suo ultimo libro è “2030”, pubblicato sempre da Nimble Books a dicembre 2015.

Fonte: https://www.rt.com

Link : https://www.rt.com/op-edge/366330-protectionist-trumponomics-neoliberalism-battle/

10.11.2016

Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione  Bosque Primario

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