L’ OPZIONE NUCLEARE DELLA CINA: SCARICARE IL DOLLARO

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DI PAUL CRAIG ROBERTS
Online Journal

A 24 ore da quando ho riferito dell’annuncio da parte della Cina che è la Cina, e non la Federal Reserve, a controllare i tassi di interesse Usa tramite la sua decisione di acquistare, detenere o abbandonare le obbligazioni del Tesoro Usa, la notizia è apparsa in forma sterilizzata e non minacciosa in poche fonti giornalistiche Usa.

Lo Washington Post ha trovato un professore di economia della University of Wisconsin che fornisse rassicurazioni sul fatto che “non è realmente credibile la minaccia” che la Cina sarebbe intervenuta nel mercato valutario o delle obbligazioni in qualche modo che potesse danneggiare il valore del dollaro o alzare i tassi di interesse Usa, perché tramite tali azioni la Cina danneggerebbe il suo stesso portafoglio di investimenti.

Il segretario al Tesoro Usa Henry Paulson, appena tornato da Pechino, dove ha dato ordini alla Cina di alzare il valore dello yuan cinese “senza ritardi”, ha ignorato l’annuncio cinese definendolo “francamente assurdo”. [Another Shot in Currency Fight Chinese Threaten Divestment, di Krissah Williams, 9 Agosto 2007]Tanto il professore che il segretario al Tesoro si sbagliano di grosso.

Come prima cosa sappiate che l’annuncio non è stato fatto da un ministro o un vice ministro del governo. Il governo cinese preferisce solitamente dare importanti annunci tramite organizzazioni di ricerca che lavorano strettamente con il governo. Questo annuncio è venuto da due simili organizzazioni. Un alto funzionario del Development Research Center, un’organizzazione a livello del gabinetto di governo, ha fatto sapere che la stabilità finanziaria Usa era troppo dipendente dal finanziamento cinese del deficit statunitense perché gli Usa potessero dare ordini alla Cina. Un funzionario della Chinese Academy of Social Sciences ha fatto notare che lo stato delle riserve di valuta del dollaro Usa sono dipendenti dalla buona volontà della Cina come creditore Usa.

Ciò che i due funzionari hanno detto è assolutamente vero. E’ qualcosa che alcuni di noi sanno da molto tempo. Ciò che è diverso è che la Cina ha richiamato pubblicamente l’attenzione sulla dipendenza di Washington dalla buona volontà cinese. Facendo ciò la Cina ha segnalato che non si sarebbe fatta mettere da parte e non avrebbe accettato intimidazioni.

I cinesi non fanno minacce. Al contrario uno dei funzionari ha detto: “la Cina non vuole nessun fenomeno indesiderabile nell’ordine finanziario globale”. Il messaggio cinese è differente. Il messaggio è che Washington non ha l’egemonia sulla politica cinese e che se la questione passasse da spinte a forti pressioni Washington si dovrebbe aspettare il caos finanziario.

Paulson può parlare duramente, ma il Tesoro non ha valute straniere con cui riscattare il suo debito. Il modo in cui il Tesoro paga le obbligazioni in scadenza è tramite la vendita di nuove obbligazioni, una vendita che diverrebbe difficile in un mercato in caduta e abbandonato dal maggior compratore.

Paulson ha trovato conforto nella sua osservazione che le grandi riserve cinesi di buoni del Tesoro Usa ammontano “a un solo giorno di volume di commercio dei buoni del Tesoro”. Questo è un paragone senza senso. Se la scorta raddoppiasse improvvisamente, Paulson penserebbe che il prezzo delle obbligazioni non cadrebbe e i tassi di interesse non crescerebbero? Se Paulson crede davvero che i tassi di interesse Usa sono indipendenti dall’acquisto e dalla detenzione da parte della Cina delle obbligazioni del Tesoro, Bush farebbe meglio a cercarsi rapidamente un nuovo segretario al Tesoro.

Esaminiamo ora l’opinione dell’economista della University of Wisconsin che la Cina non potrebbe esercitare il suo potere perché ne risulterebbe una perdita nelle sue riserve in dollari. È vero che se la Cina mettesse sul mercato una percentuale significativa delle sue riserve, o solo smettesse di acquistare nuove emissioni obbligazionarie del Tesoro, i prezzi delle obbligazioni cadrebbero e le restanti riserve cinesi varrebbero meno. La domanda però è se ciò avrebbe una qualche conseguenza per la Cina e, se la avesse, ciò sarebbe un prezzo maggiore o minore dell’evitare i costi che Washington sta cercando di imporre alla Cina.

Gli economisti americani sbagliano nel loro ragionamento quando assumono che la Cina ha bisogno di grandi riserve di valuta straniera. La Cina non ha bisogno di riserve di valuta estera per le usuali ragioni di appoggiare la propria valuta e pagare gli scambi commerciali. La Cina non permette che la sua moneta sia scambiata sul mercato valutario. Infatti non ci sono abbastanza yuan disponibili da scambiare. Gli speculatori, nello scommettere su un eventuale crescita del valore dello yuan, stanno cercando di catturare i futuri guadagni commerciando lo “yuan virtuale”. L’altra ragione è che la Cina non ha deficit commerciali con l’estero e non ha bisogno di riserve in altre valute con cui pagare i suoi debiti. Infatti, se la Cina avesse dei creditori, i creditori sarebbero contenti di essere pagati in yuan dal momento che tale valuta viene considerata sottovalutata.

Nonostante l’appoggio cinese al mercato delle obbligazioni del Tesoro, le grandi riserve cinesi di strumenti finanziari valutati in dollari sono andate deprezzandosi per un certo periodo dal momento che il dollaro perde valore rispetto ad altre valute, a causa del fatto che la gente e le banche centrali di altri paesi stanno riducendo le loro riserve in dollari o smettendo di accrescerle. Le riserve in dollari della Cina riflettono lo status di creditore che la Cina ha acquisito quando le aziende Usa hanno trasferito in Cina la loro produzione. La Cina ha ottenuto tecnologia e abilità commerciali dalle aziende Usa che hanno spostato i loro impianti in Cina. La Cina ha grandi città costiere così intasate di attività economica e commerci da far sembrare le grandi città americane come paesi di campagna. La Cina ha portato circa 300 milioni dei suoi cittadini a migliori standard di vita e si sta impegnando ora a sviluppare un grosso mercato interno che è quattro o cinque volte più grosso di quello dell’America.

L’idea che la Cina non possa esercitare il suo potere senza perdere il suo mercato USA è sbagliata. I consumatori americani sono tanto dipendenti dall’importazione di beni fabbricati in Cina quanto lo sono dall’importazione di petrolio. Inoltre i profitti dei marchi Usa sono dipendenti dalla vendita agli americani di prodotti che fabbricano in Cina. Gli Usa non possono, come rappresaglia, bloccare le importazioni di beni e servizi dalla Cina senza dare un colpo da ko alle aziende e ai consumatori americani. La Cina ha molti mercati e può permettersi di perdere il mercato Usa più facilmente di quanto gli Usa possono permettersi di perdere dagli scaffali di Wal-Mart i prodotti di marca Usa fabbricati in Cina. Infatti gli Usa sono dipendenti dalla Cina persino per i prodotti di tecnologia avanzata. A dire la verità una così grande parte della produzione Usa è stata spostata in Cina che molti beni da cui i consumatori dipendono non sono più prodotti in America.

Ora considerate il costo che la Cina pagherebbe nello scaricare i dollari o i buoni del Tesoro e paragoniamolo al costo che gli Usa stanno cercando di imporre alla Cina. Se il secondo è maggiore del primo alla Cina converrebbe esercitare l’ “opzione nucleare” di scaricare il dollaro.

Gli USA vogliono che la Cina rivaluti lo yuan, cioè che renda più alto il valore in dollari dello yuan. Ad esempio Washington vuole che il dollaro valga 5,5 yuan anziché otto yuan. Washington pensa che ciò farebbe aumentare le esportazioni Usa in Cina dal momento che sarebbero più economiche per i cinesi e farebbe diminuire le esportazioni cinesi negli Usa dal momento che queste sarebbero più costose. Ciò porrebbe fine, pensano a Washington, al grosso deficit commerciale che gli Usa hanno con la Cina.

Questo è un modo di pensare che risale ai giorni precedenti allo offshoring [trasferimento della produzione in Stati esteri, come è accaduto per le aziende americane con la Cina n.d.t.]. Nei vecchi tempi le aziende nazionali e straniere erano in competizione l’una per il mercato delle altre e un paese con una moneta svalutata avrebbe acquisito un vantaggio. Oggi, però, circa metà delle cosiddette importazioni in Usa dalla Cina non sono altro che la produzione di aziende americane destinata al mercato americano, e che è stata trasferita all’estero. Le aziende Usa producono in Cina, non a causa del cambio, ma perché il lavoro, la legislazione e i costi di sfruttamento sono molto più bassi in Cina. Inoltre molte aziende Usa si sono semplicemente trasferite in Cina e il costo dell’abbandonare i loro nuovi stabilimenti cinesi e riportare la produzione negli Usa sarebbe molto alto.

Una volta che vengono considerati tutti i costi non è chiaro quanto la Cina dovrebbe rivalutare la sua moneta in modo da cancellare i suoi vantaggi nei prezzi e far riportare alle aziende americane in Usa una parte della loro produzione sufficiente a chiudere il gap commerciale.

Per capire gli errori nelle affermazioni del professore dello Wisconsin e del segretario al Tesoro Paulson, considerate che se la Cina dovesse aumentare il valore dello yuan del 30%, il valore delle riserve cinesi in dollari diminuirebbe del 30%. Ciò avrebbe nel portafoglio di investimenti cinese lo stesso effetto dello scaricare sui mercati dollari e buoni del Tesoro.

Considerate anche, che se la rivalutazione fa crescere verso l’alto lo yuan rispetto al dollaro (la moneta di riserva), ciò fa crescere lo yuan anche rispetto a ogni altra valuta scambiata. Perciò i cinesi non possono rivalutare lo yuan come ha ordinato Paulson senza rendere le merci cinesi più costose, non solamente per gli americani ma dappertutto.

Paragonate questo risultato all’ipotesi che la Cina scarichi di dollari. Se lo yuan è fissato al dollaro, la Cina può scaricare dollari senza alterare il tasso di cambio tra lo yuan e il dollaro. Se il dollaro cade lo yuan cade con esso. Beni e servizi prodotti in Cina non diventerebbero più costosi per gli americani e diventerebbero più convenienti altrove. Scaricando i dollari la Cina espanderebbe il suo ingresso in altri mercati e accomulerebbe ulteriori riserve in valuta straniera dal surplus commerciale.

Ora considerate i costi non finanziari per l’immagine interna e la attuale crescita di prestigio della Cina del permettere al governo Usa di stabilire il valore della propria moneta. I problemi dell’America sono autoprodotti, non sono causati dalla Cina. Una potenza in crescita come la Cina è probabile che si dimostri un riluttante capro espiatorio per il decennale abuso americano del suo status di produttore delle riserve monetarie.

Gli economisti e i funzionari del governo credono che una crescita nei prezzi al consumo del 30% sia buona se risulta da una rivalutazione dello yuan, ma sarebbe terribile, e inaccettabile, se la stessa crescita del 30% nei prezzi al consumo risultasse da una tariffa apposta sui beni prodotti in Cina. I sovraccarichi consumatori americani sarebbero colpiti in modo egualmente duro in entrambi i modi. È paradossale che Washington stia facendo pressioni sulla Cina per alzare i prezzi al consumo negli Usa mentre accusa la Cina di danneggiare gli americani. Come al solito il danno che subiamo ci viene inflitto da Washington.

Paul Craig Roberts [email : [email protected]] è stato Assistante Secretario al Tesoro dell’amministrazione Reagan. E’ autore di “Supply-Side Revolution : An Insider’s Account of Policymaking in Washington”; “Alienation and the Soviet Economy” e “Meltdown: Inside the Soviet Economy”, ed è coautore con Lawrence M. Stratton di “The Tyranny of Good Intentions : How Prosecutors and Bureaucrats Are Trampling the Constitution in the Name of Justice”. Clickate qui per leggere l’intervista a Roberts di Peter Brimelow del Forbes Magazine sulla recente epidemia di cattiva condotta dei procuratori.

Titolo originale: “China’s “nuclear option” to dump the dollar is real”

Copyright © 1998-2007 Online Journal


Fonte: http://onlinejournal.com
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13.08.2007

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da ALCENERO

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