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La Redazione

 

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ITALIA E SPAGNA DEVONO SPERARE IN UN MIRACOLO

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A cura di supervice
Il 11 Luglio 2011
61 Views

DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk

Ancora una volta la crisi del debito in Europa è andata in metastasi, e ancora una volta le autorità finanziarie affrontano un contagio sistemico senza prendere iniziative immediate e radicali.

Anche se Jean-Claude Trichet della BCE ha ragione nel dire che l’Europa è sull’orlo di un cataclisma finanziario stile anni ’30 – e anche io lo credo – è difficile capire perché questa minaccia non venga presa seriamente.
Le ricadute dalla Grecia

hanno coinvolto il Portogallo e l’Irlanda nella scorsa settimana.

Stanno ingolfando la Spagna e l’Italia, paesi che hanno un debito

pubblico e privato pari a 6,3 triliardi di dollari messi assieme.

Venerdì gli interessi

sui titoli di stato italiani a dieci anni hanno raggiunto il massimo

post-UEM pari al 5,3 per cento. Non si tratta di un prezzo teorico:

il Tesoro italiano deve racimolare 69 miliardi di euro in agosto e settembre;

deve spillare ai mercato 500 miliardi di euro prima della fine del 2013.

Lo stock di 1,84 triliardi di debito pubblico sulle spalle degli italiani

aumenterà molto velocemente.

I rendimenti sui titoli

spagnoli sono schizzati ancora più in alto, oltre la linea di

pericolo del 5,7 per cento. I mercati delle obbligazioni di entrambi

i paesi stanno ricalcando il modello visto in Grecia, Portogallo e Irlanda

prima che siano precipitati nell’insolvenza. E il virus potrebbe spostare

sulla cartina europea. Solo le banche francesi hanno 472 miliardi di

dollari di esposizione con l’Italia e 175 miliardi con la Spagna,

secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali.

“Crediamo che

la crisi europea del debito pubblico possa entrare in una nuova fase

con un contagio che toccherà le economie maggiori”, ha detto

Jacques Cailloux, capo economista per l’Europa alla RBS.

“Non ci è

chiaro come questa ultima crisi di fiducia venga risolta in assenza

di una risposta politica ‘impressionante’.”

Il Primo Ministro italiano,

Silvio Berlusconi, ha scelto questo momento di pericolo acuto per mettere

in difficoltà il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, l’unica

figura del suo governo rispettata dai controllori globali dei bond.

“Non riesce a giocare di gruppo, crede di essere un genio e che

tutti gli altri siano dei cretini”, ha detto Berlusconi.

Intanto, Tremonti risiede

gratuitamente nella sua casa di Roma di un alleato politico arrestato

per corruzione. Le voci delle sue dimissioni sono in circolo a tutte

le ore. Si sentono affilare i coltelli.

C’è

un governo che non esiste più da mesi“,

ha scritto Massimo Giannini su La Repubblica: “In

un’Eurozona destabilizzata dal debito sovrano della Grecia e impaurita

dallo spettro del «contagio», quale altro Paese può permettersi il

lusso suicida di offrire al cinico giudizio dei mercati un simile spettacolo

di delegittimazione istituzionale e di disgregazione politica? […]

In Italia c’è un manipolo di irresponsabili che danza sotto il vulcano.

E il vulcano sta già cominciando ad esplodere.”

Cosa può fare

l’eurozona per giocarsi l’ultima mossa “impressionante”? Altri

prestiti non risolverebbero niente. Credere che questa sia una crisi

di liquidità è uno specchietto per le allodole.

Quello che servirebbe

adesso è un tardivo riconoscimento della Germania che questa crisi

non è una fiaba morale che oppone i virtuosi, oculati Teutoni

agli inetti greco-latini e ai celti confusi dalle Guinness, quanto una

crisi strutturale Nord-Sud causata dal funzionamento dell’unione monetaria.

Le implicazioni sono

vaste. La Germania dovrà ora voler acquistare o garantire il debito

spagnolo e tedesco, e nel fare questo attraversare il Rubicone per un’unione

politica e fiscale, oppure accettare che l’UEM si rompa con conseguenze

calamitose per la politica estera tedesca. Questioni complesse, che

vanno oltre le capacità intellettive degli odierni leader della

Germania.

Ci vorrà anche

un’epurazione totale della leadership della BCE, che si affida

alle folli dottrine per cui la politica monetaria possa essere separata

dalle altre iniziative di emergenza, e che ha scelto proprio la scorsa

settimana per alzare ancora i tassi di interesse e spaccare i denti

alla Spagna. Lo ha fatto sapendo che il tasso Euribor a un anno, che

aveva un prezzo superiore del 90 per cento rispetto ai mutui spagnoli,

dovesse andare di pari passo. Come ha rilevato un commentatore spagnolo,

l’Eurotower a Francoforte dovrebbe essere abbattuta e poi sparso

il sale sul terreno.

Se il governatore della

Banca di Spagna appoggiasse questo innalzamento (si suppone in modo

“unanime”) dovrebbe essere trascinato in tribunale per spiegare

l’origine di tale locura: se le autorità europee obbiettassero,

dovrebbero sentirsi dire in modo duro che la Spagna è un paese grande

e antico che sta affrontando un’emergenza nazionale e farà quello

che reputa giusto.

Dove è la minaccia

inflazionistica? La dotazione di M1 nell’eurozona si è contratta

negli ultimi due mesi, con un declino ancora più pronunciato nella

periferia. La crescita annuale dell’M1 sta diminuendo, non salendo:

era il 2,9 per cento a marzo, l’1,6 in aprile e l’1,2 a maggio.

L’M3 è cresciuto al tasso del 2,3 per cento negli ultimi tre mesi.

I dati sul PMI di Italia

e Spagna sono calati solo la linea della recessione. L’indice globale

PMI di Goldman Sachs mostra che l’80 per cento del mondo sta andando

verso un rallentamento, India e Cina comprese. Le esportazioni di punta

di Taiwan verso la Cina in giugno sono calate del 12 per cento rispetto

al mese precedente.

I dati catastrofici

del lavoro negli USA pubblicati lo scorso venerdì non lasciano

dubbi che gli Stati Uniti sono ancora intrappolati nella recessione.

La disoccupazione U6 in giugno è salita dal 15,8 al 16,2 per cento;

le persone occupate sono diminuite di un quarto di milione arrivando

a 153,4 milioni; il tempo medio senza riuscire a trovare un nuovo impiego

ha raggiunto il nuovo record di 39,8 settimane; la paga oraria

è diminuita; le ore lavorate idem; il rapporto tra occupati e popolazione

è arrivato al nuovo minino del 58,2 per cento.

Non è il momento

che la BCE alzi i tassi. Sta ripetendo l’errore fatto alla metà del

2008 quando stava cercando di far fronte alla fase finale di uno

shock petrolifero, mentre metà dell’eurozona era ancora in recessione.

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico.

Finora l’Italia è

riuscita a schivare il vortice, malgrado la perdita del 30 per cento

della competitività per posto di lavoro nei confronti della Germania

sotto l’UEM. Ha un debito privato più basso degli altri membri del

G7. Le sue banche hanno evitato le bolle del mercato immobiliare degli

USA e del Club Med. Comunque, hanno concesso prestiti allo stato italiano,

il terzo più grande debitore al mondo per una somma pari al 120 per

cento del PIL, e ora ne stanno pagando le conseguenze. Anche se il

deficit italiano del 4,7% del PIL sembra poca cosa, non è piccolo

quando si ha a che fare con un’economia moribonda, con gli interessi

che salgono e un aumento dello stock del debito.

Il PIL italiano non

cresce da un decennio. Le previsioni ufficiali sono dell’1,1% quest’anno,

l’1,3% nel 2012 e l’1,5% nel 2013, ma gli analisti esteri sono pessimisti.

David Owen di Jefferies

Fixed Income ha detto che si fa finta di non vedere che i pagamenti

degli interessi sul debito dell’Italia esploderanno entro tre o quattro

anni se il costo medio del prestito si aggirerà tra i 200 e i 300 punti

percentuali. La traiettoria apparentemente stabile potrebbe prendere

una ben differente forma. Questa è la paura che sta attanagliando i

mercati.

Non ha granché

senso cercare di stabilire esattamente il perché sia scoppiato

questo periodo di contagio. Si può incolpare Moody’s per il suo

downgrade al Portogallo, o condannare la Krieg tedesca dichiarata

contro gli investitori privati che ha poi costretto Moody’s a prendere

questa iniziativa. La causa più profonda è da attribuire all’intero

apparato demolitore creato dal processo di Maastricht nella metà degli

anni ’90.

Un recupero totale

a vele spiegate potrebbe mitigare tutto questo; cinque anni di denaro

facile dalla BCE per indebolire il sopravvalutato euro e anche il prevenire

la deflazione del debito sarebbe un buon segno. Senza le due cose, Italia

e Spagna possono solo sperare in un miracolo.

***************************************

Fonte: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/8628939/Italia-and-Spagna-must-pray-for-a-miracle.html

10.07.2011

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE

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