ISRAELE IN AFRICA

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DI GALAL NASSAR
Al Ahram Weekly

Le promesse di Tel Aviv agli stati africani sono la chiosa ad un esercizio di cinismo estremo, scrive Galal Nassar.

Il Ministro dell’Estero israeliano Avigdor Lieberman, a capo di un enorme convoglio di consiglieri politici, militari e addetti alla sicurezza, nonché un treno di commercianti e rappresentanti delle maggiori compagnie israeliane, è andato a bussare alle porte di cinque nazioni dell’Africa subsahariana. Le 54 nazioni africane hanno respinto le aperture diplomatiche di Israele per decadi. Oggi l’amministrazione Netanyahu ritiene di avere l’opportunità di aprire una breccia in quel muro. Dopotutto, alcuni paesi arabi ora riconoscono Israele. Non ultimo tra questi l’Egitto, lo scoglio contro cui si sono infranti per lungo tempo i sogni di Golda Meir e del suo successore, che speravano di poter saccheggiare l’Africa e nutrirsi delle sue abbondanti risorse.

Ora, non solo molte nazioni africane sono pronte a sbloccare i propri rapporti con Israele, ma alcune hanno già iniziato ad esplorare la possibilità di collaborazioni strategiche. Tel Aviv conosce perfettamente il valore del vasto potenziale offerto dall’Africa. Oltre a disporre di numerose risorse naturali, l’Africa rappresenta una base strategica per il mondo arabo, ragion per cui Israele ha dato un forte contributo negll’armare alcuni regimi africani, e in altri casi ha aggravato crisi in atto, includendo Somalia, Sudan, Eritrea e Sud Africa. Israele ha anche fatto uso di parti del continente per esperimenti militari e scientifici, nel corso dei quali ha danneggiato terreni agricoli, diffuso corruzione e seminato miseria.

Se i popoli dei paesi in cui Lieberman si recherà in visita pensano che lui sia interessato a rilanciare la loro economia, aumentando la produzione agricola, ottimizzando le vaste risorse d’acqua e mettendo a disposizione le conoscenze tecnologiche di Israele, hanno frainteso. Sono ancor più gravemente indotti in errore se credono che Israele si preoccupi delle vite e del benessere degli Africani, che sia impaziente di migliorare i loro standard di vita, liberarli dalle piaghe di povertà, disoccupazione, malattie e siccità, e di reprimere i focolai di guerra civile, insurrezioni e conflittualià interne. Senza dubbio Israele non li aiuterà nemmeno a superare la discriminazione e il complesso di inferiorità, dato che sostiene siano stati perpetrati e nutriti dagli arabi. Qualunque cosa voglia fargli credere Tel Aviv, Israele non è un paradiso di sicurezza per il loro benessere e il loro futuro. Le preoccupazioni di Israele sono modellate sui suoi stessi affari. Non potrebbe essere meno interessato alla stabilità, al benessere o alla sicurezza del popolo africano. Il Sudan offre la prova più schiacciante di questo. Dopo essere stato accusato da ufficiali israeliani di fornire armi e supportare la resistenta palestinese, Tel Aviv sta lavorando tenacemente per circondare ed isolare il Sudan dall’esterno, e per alimentare le insurrezioni al suo interno.

Israele ha sempre desiderato ardentemente di poter capitalizzare le ricchezze minerarie dell’Africa. Il progetto è di appropriarsi dei diamanti africani e di raffinarli in Israele, che è già il secondo maggior raffinatore di diamanti nel mondo. E, a giudicare dalla composizione dell’entourage di Lieberman, Israele è anche interessato all’uranio, al torio e ad altri elementi radioattivi presenti sul suolo africano, usati per produrre industrialmente combustibile nucleare. Inoltre sta cercando nuovi mercati per la sua gamma di armi leggere. Sembra poi che non pochi militari israeliani in pensione siano alla ricerca di opportunità di lavoro come addestratori di milizie africane, mentre altri membri della delegazione di Lieberman stanno agevolando contratti per israeliani che intendano addestrare varie truppe. Anche le immense riserve di petrolio presenti in alcuni paesi africani sono tra i primi punti del programma di Israele, con Tel Aviv che cerca di prendere parte nelle operazioni di esplorazione, estrazione ed esportazione.

Fin dagli anni ’50 Israele ha cercato di compromettere la sicurezza ai rifornimenti d’acqua dell’Egitto consolidando la sua influenza sui paesi che si trovano ai lati delle sorgenti del Nilo, nei grandi laghi dell’Africa centrale e nelle zone montuose dell’Etiopia. Mantenendo l’Egitto sulle spine per i propri rifornimenti d’acqua, Israele pensa di poter attenuare il ruolo del Cairo nel conflitto arabo israliano. A questo scopo, il Ministro israeliano per la scienza e la tecnologia ha condotto lunghi esperimenti al termine dei quali ha creato un tipo di pianta che fiorisce sulla superficie o sulle sponde del Nilo, in grado di assorbire quantità d’acqua talmente grandi da ridurre significativamente il volume di quella che raggiunge l’Egitto.

Anche i rapporti tra Israele e Iran sono tra gli argomenti di primario interesse nel tour africano di Lieberman. Israele ha chiuso un occhio sulla campagna iraniana in Africa, nella quale Teheran, seguendo i passi di Pechino, si è fatta coinvolgere in alcuni tra i più importanti progetti di sviluppo. Tel Aviv è molto diffidente riguardo alle mire di Teheran in un continente così ricco di materie prime per la produzione di combustibile nucleare. Spera di creare una rete di relazioni strategiche per poter controllare lo sviluppo dell’influenza iraniana in Africa. Gli stretti legami con Washington giocano a suo favore, poiché può sfruttarne la vasta influenza in Africa allo scopo di appianare molti degli ostacoli che altrimenti intralcerebbero la campagna africana di Israele.

Il ministro degli esteri israeliano di estrema destra ritiene di poter entrare furtivamente dal cortile posteriore del mondo arabo e islamico per privarlo delle sue basi strategiche. È quindi essenziale smascherare la vera natura dei piani economici e militari di Israele e svelare le loro ragioni. Il fatto che Israele sia fisicamente presente nella Palestina occupata non significa che il pericolo sionista minacci soltanto la Palestina e i palestinesi. Il disegno sionista punta a tutti gli angoli del mondo arabo ed islamico, nei quali alimentano la crisi, ordiscono complotti, sfruttano le risorse, indeboliscono le abilità delle persone e in generale complottano contro i popoli. La mano sionista può essere individuata dietro ai conflitti che si scatenano tra i regimi arabi. La sua rete di spionaggio tenta di infiltrarsi nelle società arabe e musulmane. Gli scienziati e gli esperti israeliani trafugano la nostra acqua sotterranea e i loro commercianti percorrono le terre arabe ed islamiche per rubare o acquistare uranio. Ora più che mai, i tentacoli militari, economici, politici e di sicurezza israeliani hanno raggiunto ogni angolo dell’Africa, travestendosi con nobili intenzioni filantropiche, per poi sfruttare la fame e la disperazione dell’Africa allo scopo di scacciare arabi e musulmani da un continente in cui sono sempre stati ben accolti. Il mondo arabo e musulmano deve agire in fretta per poter mantenere aperte le porte dell’Africa. Questo richiede una nuova strategia, che sia in grado di fermare Israele dal circondare il mondo arabo e di guadagnare il controllo sulle sue fonti di prosperità e benessere.

Titolo originale: “Israel in Africa”

Fonte: http://weekly.ahram.org.eg
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11.09.2009

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ELISA NICHELLI

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