DI CARLO LANIA
ilmanifesto.it
“Troppo turismo, zero tutela”. Intervista a Maurizio Maggiani
«Cosa provo? Niente. Ho già provato tutto due anni fa, ho provato tutto tre anni fa, cinque anni fa, sei anni fa, sette anni fa, otto anni fa. D’accordo? Adesso non provo più niente. Oggi c’è qualche morto in più, già c’è qualche morto in più e allora sì, provo qualcosa di intensamente particolare per quei morti in più». Lo senti da come ne parla che Maurizio Maggiani la Liguria la porta nel cuore. Scrittore e giornalista, è nato 60 anni fa a Castelnuovo di Magra, in provincia di La Spezia, e le scene di questi giorni le ha già viste altre volte. Troppe volte, al punto che, dice, ormai non prova più niente.
Maggiani neanche un po’ di indignazione o di rabbia?
L’indignazione è gratis, guardi, lasciamola perdere. Le racconto una cosa: stamattina mi ha chiamato un giornale per chiedermi un’intervista su quanto sta accadendo. Il giornalista mi ha detto: ‘Guardi ci ha rilasciato un’intervista l’anno scorso sullo stesso tema, ne possiamo fare un’altra?’ Gli ho detto di no: se volete ripubblicate quella. Mi ha risposto: ‘Ha ragione, lo sa che va benissimo?’ Allora, ci si vuole indignare ancora?
Sta dicendo che la storia si ripete e le cause si conoscono.
Ma certo che le cause si conoscono. Qui la gente pensa di poter vivere gratis, ma non è così.
Cosa intende?
Prendiamo le Cinque Terre: sono quello che sono perché nel corso degli ultimi 500-600 anni si è costruito un miracoloso equilibrio tra lavoro e territorio. Un lavoro straordinariamente pesante. Fare un quintale di vino qui costa la stessa fatica che farne cento in Romagna. Perché è il posto meno adatto al mondo per il lavoro agricolo. Negli ultimi 30 anni è nata l’industria turistica delle Cinque Terre in forma massiva. Si è scelto scentemente di arraffare più milioni possibili costruendo un turismo mordi e fuggi che porta ogni anno milioni di presenze nel punto più delicato del territorio italiano, in un’estensione che è paragonabile alla Garbatella. Allora chiedo: quanto di quelle decine, centinaia di milioni guadagnati con il turismo, tutti soldi esentasse, perché lì c’è un’evasione che oscilla tra il 50 e il 70%, quanti di quei soldi portati via spolpando il territorio sono stati reinvestiti in tutela del territorio? Andate a vedere lungo la Magra, come faccio io, e poi mi dite.
Cosa c’è?
Glielo dico io: l’agricoltura è stata largamente abbandonata. Sono pochi quelli che rimangono lì a lavorare la terra perché si fanno un culo così. La manutenzione delle Cinque Terre è minuto per minuto. Se stai un mese fermo l’equilibrio già comincia a rompersi. Ma voglio chiederle una cosa: secondo lei c’è una qualche possibile relazione tra quanto è successo e il fatto che il vertice del parco delle Cinque Terre sia finito in galera? La mia è una domanda.
E la risposta qual è?
La darà il lettore o la magistratura. Io so che il parco delle Cinque Terre è portato in palmo di mano da tutti i politici come sistema straordinariamente efficace di mettere insieme tutela ambientale e affari.
Sì ma 30 anni fa quegli stessi paesi che sono allagati rischiavano di restare vuoti perché la gente emigrava. E l’abbandono che lei denuncia ci sarebbe stato lo stesso.
Ma certo, ma io non ho niente contro il turismo nelle Cinque Terre ma c’è turismo e turismo. Non ho niente contro gli abitanti delle Cinque Terre, ovvio che se lasci una vita da fame e vedi la possibilità di star bene vai a star bene. E non è detto che tu debba avere gli strumenti culturali per capire cosa è bene fare, giusto? Però ci sono gli organi preposti a farti capire le cose o no?
La responsabilità quindi è come al solito delle istituzioni?
Ma a cosa servono se non a questo? Le istituzioni territoriali, la politica territoriale, non dovrebbero servire a questo?
E qui tocchiamo un tasto dolente: la regione Liguria da sempre è in mano alla sinistra, ulteriore dimostrazione di come la cultura del cemento non sia un patrimonio esclusivo della destra.
Ma ci mancherebbe altro. Intervistate Ferruccio Sansa che su questo ha scritto libri straordinari. Va bene il turismo, ma c’è modo e modo. C’è un modo che ti fa guadagnare tantissimo e subito e un modo che ti fa guadagnare di meno nel tempo. Io ci metto la mano sul fuoco: in una generazione le Cinque Terre sprofondano.
Nel senso che la generazione precedente ha approfittato della situazione?
C’è una generazione che si è consumata fino all’osso un territorio che ci ha messo alcuni milioni di anni a conformarsi e alcuni secoli per diventare quello che è.
E non lascerà niente in eredità?
Un po’ di milioni e di case ai figli, ma niente dal punto di vista del territorio.
Come se ne esce?
Io ce l’ho una proposta. Se ne esce con Fanfani, se lo ricorda? Negli anni 50 lanciò una campagna di opere in tutta Italia per il ripristino del territorio mandando a progetto, come si direbbe oggi, decine di migliaia di giovani ovunque. In Romagna addirittura lavorarono ai ripristini delle bonifiche, alle trebbiature, alle costruzione di strade. Siamo un paese in cui oggi ci sono disponibili decine di migliaia di giovani uomini e donne per ripristinare il territorio? Non lo so chiedo, forse no.
Forse non ci sono neanche i soldi
Sì, forse mancano anche i soldi, forse le persone ci sarebbero, magari facendo entrare più immigrati.
Carlo Lania
Fonte: www.ilmanifesto.it
27.10.2011