Il vero problema dell’incriminazione di Trump

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Michael Lesher
brownstone.org

“La prima cosa da fare”, dice Dick il Macellaio nell’opera di Shakespeare Enrico VI, Parte II, “è uccidere tutti gli avvocati”.

Nel racconto di Shakespeare, Dick il Macellaio è un noto bullo e quando chiede l’uccisione degli avvocati svolge un ruolo di primo piano in una rivolta contro il re legittimo. Quindi, il giudice John Paul Stevens aveva probabilmente colto nel segno quando, in un parere del 1985, aveva interpretato la frase come una difesa indiretta della professione legale: “Shakespeare aveva intuito che eliminare gli avvocati è un passo verso una forma di governo totalitaria”.

Ebbene, è proprio così e Stevens aveva anche capito che non è necessario “uccidere tutti gli avvocati” per “eliminarli”, soprattutto quando la maggior parte degli appartenenti a questa professione sembra più che felice di auto-eliminarsi.

Ma dubito che Stevens o chiunque altro avesse previsto l’insensatezza del procuratore distrettuale della Georgia-attivista totalitaria che, incriminando questo mese Donald Trump e almeno quattro dei suoi avvocati con l’accusa di racket, ha escogitato un modo incredibilmente semplice per far sparire gli avvocati: basta mandarli in prigione (insieme ai loro clienti) per aver sostenuto una teoria legale disapprovata dal Partito Democratico.

E sì: questo è il “racket” ipotizzato in questo cosiddetto atto d’accusa. I reati di cui Trump e i suoi collaboratori sono accusati nella contea di Fulton, in Georgia, sono le contestazioni dei risultati delle elezioni presidenziali del 2020. Niente tangenti, niente truffe occulte, niente usurpazioni di cariche politiche a fini privati. No, la presunta “cospirazione” riguarda solo gli sforzi infruttuosi di Trump per convincere i funzionari che i risultati delle elezioni erano inficiati da irregolarità e, di conseguenza, non dovevano essere certificati per legge. Tutto qui.

Dimenticate la frenesia dei media sui dettagli: chi ha parlato con chi e quando, quale consigliere di Trump è stato accusato per quale affermazione “confutata”, e così via. Il punto importante di questa incriminazione è che gli avvocati sono accusati di reati per aver fatto il loro lavoro di legali. Un procuratore americano sta criminalizzando la professione legale – un’attività che può sparire solo con una “forma di governo totalitaria”, i cui primi passi il giudice Stevens aveva identificato con l’eliminazione degli avvocati.

Vorrei davvero che qualcuno del settore dicesse alla signora Fani Willis (che attualmente si sta crogiolando nei suoi quindici minuti di gloria mediatica come accusatrice di Trump, quasi una ripetizione della storia di Giaele e Sisara) che, se si trasforma in reato l’offrire argomentazioni legali infruttuose, si rende virtualmente impossibile offrire argomentazioni legali originali.

D’altra parte, ho spesso desiderato che i media mainstream avessero la spina dorsale di esprimersi contro l’incriminazione di Julian Assange, sulla base del fatto che se Assange viene rinchiuso per aver fatto ciò che fanno tutti i giornalisti investigativi, allora non ci sarà più giornalismo investigativo. Eppure, ai nostri famosi “giornalisti” non importa nulla della distruzione del giornalismo, purché sia fatta al servizio del potere. E, a quanto pare, sono dello stesso parere sul perseguire degli avvocati rei di aver fatto ciò che gli avvocati hanno sempre fatto (basti pensare all’argomentazione di Clarence DarrowNietzsche li ha costretti a farlo” per conto di Leopold e Loeb), purché si tratti della testa di Donald Trump. Il New York Times ha appena pubblicato un articolo che definisce “brillante” la farsa di 98 pagine della signora Willis. Anche tu, Bruto?

Ma la vera notizia è la codardia degli avvocati della nazione. Dovrebbero insorgere in massa per denunciare l’incriminazione, così come tutti i giornalisti e i loro editori dovrebbero gridare dai tetti a sostegno di Assange. Dopo tutto, ogni avvocato ha il dovere di proteggere dalla sovversione il sistema legale. E qualunque cosa si pensi di Trump (personalmente lo stimo poco), questa incriminazione è un tentativo inconcepibile di privare il processo elettorale della supervisione giudiziaria, criminalizzando le sfide legali ai risultati elettorali. Se si toglie tutta la roboante retorica e la noiosa ripetizione di dettagli, ciò che rimane dell’accusa [della Willis] è l’affermazione che Trump e i suoi avvocati sono criminali perché – e solo perché – avrebbero offerto al governo e ai tribunali una teoria legale poco convincente per contestare l’esito delle elezioni presidenziali del 2020.

Se possono essere condannati per questo, lo Stato di diritto nel sistema politico statunitense è finito. È così semplice, ed altrettanto grave.

Badate, non ho alcuna intenzione di sostenere le argomentazioni specifiche presentate da questi avvocati – Kenneth Chesebro, John Eastman, Rudy Giuliani e altri -. Il loro caso è stato un assemblaggio improvvisato di dubbie teorie legali e fatti sommari, e non mi sorprende che sia fallito. Infatti, non mi sarei stupito se Trump e compagnia fossero stati obbligati dal tribunale a pagare le spese legali dei loro avversari – una pena prevista dalla legge quando le argomentazioni degli avvocati sono più creative che credibili.

Una cosa è che un giudice respinga l’ultimo tentativo di alcuni avvocati di proteggere la posizione del loro cliente. Ma è una cosa completamente diversa accusarli di aver dato vita ad un racket e cercare di condannarli solo perché hanno offeso una potente organizzazione politica, in questo caso il Partito Democratico. I dibattiti legali – e le sconfitte – fanno parte di una sana società democratica. Criminalizzare le sfide legali ai processi politici è un’arma dei nemici giurati del governo costituzionale, che si chiamino Dick il Macellaio, Adolf Hitler, Joe Biden o Fani Willis.

Sembra una critica troppo severa? Beh, considerate i paragrafi dell’accusa della Willis sul tentativo degli avvocati di Trump di convincere il vicepresidente Mike Pence a rifiutare di certificare i voti espressi per Biden dai membri del Collegio Elettorale. Secondo l’accusa, questo tentativo – poiché andava contro alcuni punti della cosiddetta legge sul conteggio dei voti – altro non era stato che un’impresa criminale a favore di un’associazione a delinquere.

Ma che ne sarebbe dei membri del Congresso che nel gennaio 2001 avevano cercato di persuadere il vicepresidente Al Gore a rifiutare i voti del Collegio Elettorale a favore di George W. Bush? Anche questo tentativo era illegale, perché le petizioni presentate dai rappresentanti del Congresso mancavano della firma di un senatore degli Stati Uniti.

Una deputata aveva allora dichiarato che non le importava se la sua petizione portava o meno la firma necessaria, e il Vicepresidente aveva risposto in modo piccato: “Beh, alla legge importa”. Ma nessuno sulla stampa aveva definito le petizioni dei Democratici “false” o “contraffatte”; nessuno aveva accusato i rappresentanti democratici di aver tentato di “rubare” le elezioni; e nessuno si era sognato di accusare qualcuno di loro per aver inscenato un’ultima, inutile resistenza contro un’elezione che ritenevano fosse stata decisa ingiustamente.

Non si possono avere entrambe le cose. Se Trump, Giuliani, Eastman e Chesebro sono criminali perché hanno esortato Mike Pence a non rispettare le formalità della legge nel 2021, allora erano criminali anche tutti quei Democratici che nel 2001 avevano presentato al Congresso petizioni anti-Bush. E il prossimo avvocato che prenderà in considerazione un’obiezione legale ad un futuro risultato elettorale saprà che potrebbe rischiare l’arresto e un’incriminazione, se i poteri dominanti dichiareranno in seguito che le sue argomentazioni sono state “confutate”. Può un processo elettorale democratico sopravvivere in un ambiente che punisce le sfide legali alle irregolarità percepite? Non conosco un solo commentatore che abbia sostenuto che le elezioni possano essere affidabili e autogovernarsi senza alcun tipo di supervisione giudiziaria. E il controllo giudiziario dipende, necessariamente, dalla disponibilità di azioni legali private.

Dove sono le folle di avvocati arrabbiati che denunciano l’incriminazione della Willis? Dove sono i presidenti degli ordini degli avvocati, che finora hanno avuto da dire su quasi tutti gli argomenti? Dove sono i professori di diritto che pubblicano articoli sui principali periodici per avvertirci della minaccia che questa incriminazione rappresenta per la struttura costituzionale della Repubblica?

Un indizio del loro silenzio può essere trovato nell’articolo del Times che ho già menzionato – quello che è riuscito a trasformare le 98 pagine di un noioso testo politico in una “brillante” argomentazione legale. L’articolo collega l’imminente battaglia legale nella Contea di Fulton al processo-farsa inscenato dal cosiddetto “Comitato del 6 gennaio” – una farsa di cui avevo già scritto in precedenza. Il confronto è istruttivo. Il Comitato del 6 gennaio aveva reso pubbliche le sue conclusioni ancor prima dell’inizio ufficiale del procedimento – e tra queste conclusioni c’era la demonizzazione di ogni tentativo di mettere in discussione le elezioni presidenziali del 2020, da considerarsi come attacchi alla nazione stessa. Probabilmente la signora Willis intende condurre il suo processo-show in modo analogo e la stampa liberale è chiaramente pronta ad assecondarla. Non sono molti gli avvocati desiderosi di essere messi alla gogna dai media mainstream come traditori o sovversivi.

Ma credo che ci sia un’altra ragione, e per capirla bisogna comprendere l’indottrinamento politico della professione legale statunitense, un processo che si è intensificato negli ultimi due decenni. Quando l’abbondanza di avvocati ha reso sempre più difficile la ricerca di un posto di lavoro, gli ordini degli avvocati e le altre organizzazioni forensi (quasi tutte orientate a sinistra) hanno colto l’opportunità di imporre test ideologici per eliminare, o almeno emarginare, gli avvocati con opinioni indesiderate.

Gli effetti sono fin troppo evidenti. Per esempio, una recente “tavola rotonda” sponsorizzata dall’Ordine degli Avvocati di New York su “autoritarismo e avvocati” non ha mai menzionato la distruzione della democrazia rappresentativa durante il colpo di Stato COVID o le flagranti violazioni del Codice di Norimberga da parte del Presidente Biden. Gli oratori hanno invece lamentato il fatto che alcuni avvocati newyorkesi abbiano sostenuto la campagna di rielezione di Trump. Questa settimana, la stessa organizzazione pubblicizza un evento “basato sull’idea che gli avvocati possano e debbano svolgere un ruolo maggiore nella lotta al cambiamento climatico”.

In altre parole, ovunque prevalga il liberalismo mainstream, ci si aspetta che gli avvocati facciano parte degli ingranaggi della macchina che ci sta costantemente avvicinando al totalitarismo. E l’indottrinamento sembra funzionare: pochi avvocati si sono opposti al processo show del Comitato del 6 gennaio e, finora, si possono contare sulle dita di una mano gli avvocati che hanno definito l’accusa della Willis per quello che è: un palese attacco al governo costituzionale.

Forse alcuni di questi avvocati silenziosi sono privatamente dispiaciuti di ciò che sta accadendo e sperano che, aspettando un po’, l’intera faccenda sparisca. Ma temo che questa speranza sia pericolosamente sbagliata. I totalitaristi non stanno indietreggiando; al contrario, negli ultimi tre anni hanno acquisito fiducia e slancio. Tutte le tattiche di terrore e la distruzione della democrazia a cui abbiamo assistito dal 2020 probabilmente non faranno che accelerare con una serie di nuovi pretesti: un altro virus, il “cambiamento climatico”, un presunto aumento dell'”incitamento all’odio”, il “suprematismo bianco” – l’elenco può essere esteso quasi all’infinito.

Non ci sarà quindi un momento migliore per sollevare un’obiezione. Se vi sta a cuore l’integrità del sistema legale statunitense, e soprattutto se siete avvocati (come me), è il momento di far sentire la vostra voce. Se aspettiamo che gli avvocati di Trump siano tutti in prigione, potremmo scoprire di aver aspettato troppo a lungo. Sì, oggi è la testa arancione di Trump ad essere in pericolo. Ma domani potremmo ritrovarci tutti minacciati di essere perseguiti per aver detto la cosa sbagliata, per aver sostenuto la causa sbagliata o anche solo per aver pensato la cosa sbagliata.

E quando il nostro equivalente moderno di Dick il Macellaio tuonerà: “Uccidiamo tutti gli avvocati!”. – dove saremo se il futuro dittatore che sta consigliando potrà guardarlo e dire: “Avvocati? Quali avvocati?

Michel Lesher

Fonte: brownstone.org
Link: https://brownstone.org/articles/the-real-trouble-with-trump-indictment/
28.08.2023
Scelto e tradotto da Markus per comedonchisciotte.org

Michael Lesher è un autore, poeta e avvocato la cui attività legale è dedicata principalmente a questioni legate all’abuso domestico e all’abuso sessuale sui minori. Un libro di memorie sulla sua scoperta dell’ebraismo ortodosso da adulto – Turning Back: The Personal Journey of a “Born-Again” Jew – è stato pubblicato nel settembre 2020 da Lincoln Square Books. Ha inoltre pubblicato articoli di opinione in sedi diverse come Forward, ZNet, New York Post e Off-Guardian.

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