DI STUART JEANNE BRAMHALL
dissidentvoice.org
Un nuovo studio dell’Università Farleigh Dickinson rivela che il 29 % dei cittadini degli USA crede che nei prossimi anni potrebbe essere necessaria una rivoluzione armata per “proteggere le libertà”.
Condividevano questa visione il 18% dei democratici che hanno risposto, il 27% degli indipendenti e il 44% dei repubblicani.
Un decennio fa, era impensabile l’idea che qualcun altro al di fuori di pochi migliaia di estremisti avrebbe contemplato una rivoluzione violenta. Perlomeno questi risultati suggeriscono che una minoranza significativa degli americani è profondamente disillusa riguardo l’apparente indifferenza del governo per i loro bisogni e le loro aspettative.LA FINE DELLA CRESCITA: UNA REALTÀ SCOMODA
Anche se il governo sostiene il contrario, la ripresa dalla spirale di deflazione che è iniziata nel 2008 (conosciuta anche come La Recessione) è stata elusiva. Nonostante le quotazioni continuino ad aumentare, la produttività, l’occupazione e le spese dei consumatori hanno ostinatamente rifiutato di tornare ai livelli precedenti al 2008. Alcuni economisti odierni (non di Wall street) credono che l’era della crescita economica sia finita – per sempre- a causa della crescita dei costi dei combustibili fossili. Secondo loro, il mondo è tornato a un regime stazionario di economia. Quasi tutte le culture umane hanno agito come regimi di economia stazionari prima dell’esplosione dell’uso di combustibili fossili nel tardo XIX secolo. Considerando il collegamento storico fra la crescita e l’occupazione “piena” (livelli di disoccupazione sotto al 10%), essi prevedono che il mondo industrializzato stia andando verso uno scenario nel quale circa la metà della popolazione adulta è disoccupata. Il lavoro pagato che rimane sarà sottopagato, part time, con contratti a termine, non protetti dai sindacati, da diritti dei lavoratori o da regolamenti per la salute e la sicurezza.
Per comprendere che la crescita economica americana è a un blocco, è essenziale guardare dati economici veri. Per esempio, quando Obama e la corporazione dei media hanno divulgato un tasso di disoccupazione al 7.5% per il mese di Aprile, hanno evitato di menzionare che questo valore riflette soltanto il numero di lavoratori recentemente rimasti disoccupati negli ultimi sei mesi (cioè il numero che sta ancora ricevendo i sussidi di disoccupazione basilari). Al contrario di altre nazioni, il dato ufficiale dei disoccupati americani non include i lavoratori i cui benefici sono esauriti. Uno sguardo da vicino ai dati del Ministero del Lavoro rivela che l’ U-6, che include i lavoratori che sono usciti dalla forza lavoro e i lavoratori part time che cercano un lavoro a tempo pieno, indica che la vera disoccupazione in verità è cresciuta dell’1% in Aprile, arrivando al 13.9%. L’amministrazione Obama ha anche omesso di riportare che su 296.000 nuovi posti di lavoro creati il mese scorso, 278.000 erano part time.
Secondo John Williams, fondatore di shadowstats.com, il governo ha anche manipolato le cifre della crescita economica per far sembrare che l’economia americana stia continuando a crescere, quando l’aumento annuale della crescita economica negli ultimi 5 anni è virtualmente nullo.
IL CROLLO ECONOMICO DEL 2008 ERA PREVEDIBILE
Membri prominenti del movimento Peak Oil, i più noti Michael Ruppert e Richard Heinberg, avevano previsto la crisi del 2008. Hanno basato le loro previsioni sulle riserve di petrolio in esaurimento, l’insufficiente produzione di petrolio per stare dietro alla crescente domanda dalle nazioni in via di sviluppo e la ripida crescita dei prezzi del petrolio che iniziò nel 2005*. Basandosi sui loro calcoli, a novembre 2005 l’umanità aveva estratto metà delle riserve di petrolio disponibili nel mondo. Ciò era ufficialmente conosciuto come Peak Oil. Abbiamo raggiunto il Peak Natural Gas (Picco del gas naturale, ndt) diversi anni prima di ciò, anche se non raggiungeremo il Peak Coal (Picco del carbone, ndt) per circa un altro decennio.
Anche se rimangono ancora tonnellate di petrolio, gas e carbone rimasti nel suolo affinché noi li estraiamo e bruciamo, ora sono in discesa. Non solo la produzione continua a eccedere la domanda, ma la maggior parte del rimanente petrolio, gas naturale e carbone, è difficile da raggiungere, costosa da estrarre e fa affidamento su tecnologie pericolose, costose, distruttive per l’ambiente e controverse, come il trivellamento del mare, l’estrazione tramite la fratturazione di sabbie catramate e la rimozione di cime di montagne.
CAPITALISMO E PRODUTTIVITÀ
L’espansione dell’economia statica che chiamiamo crescita è un fenomeno relativamente nuovo nella storia dell’uomo. Prima del XIX secolo, le maggiori nazioni del mondo operavano un regime stazionario di economia. Di fatto l’ipotesi che fanno Heinberg e gli altri è che l’esplosione della produttività che la maggior parte del mondo attribuisce al capitalismo non avesse niente a che vedere con il modello economico capitalista in sé. Era invece basata sull’ampia abbondanza di combustibili fossili economici. Gli economisti britannici al Fiesta Institute forniscono abbondanti dati che giustificano questa ipotesi in Fleeing Vesuvius: Overcoming the Risks of Economic and Environmental Collapse (“Fuggendo dal Vesuvio: come superare i rischi di collasso economico e ambientale”). Essi sottolineano che anche ai prezzi attuali del petrolio, costa molto meno usare una macchina per svolgere un lavoro che impiegare un essere umano o addirittura un abbozzo di animale.
La nascita del capitalismo non riguardava solo l’esplosione dei combustibili fossili. Essa riguardava lo sfruttamento di tutte le risorse naturali –abbattimento di foreste, miniere dalle gallerie aperte ampiamente per estrarre acciaio, rame, oro, bauxite (per l’alluminio), diamanti d’oro e minerali rari della terra, bonificare paludi e sradicare acquitrini. Quando il petrolio è iniziato a diventare più costoso (negli anni ’70), (il capitalismo) era anche riguardo il muovere le industrie occidentali verso nazioni del terzo mondo per consentire lo sfruttamento per intero del lavoro umano. Il governo ha incoraggiato questa estrazione e sfruttamento su vasta scala perché per molti decenni ha prodotto un’enorme prosperità per la maggior parte della società occidentale.
Allo stesso tempo c’erano immensi costi umani e ambientali. Il capitalismo occidentale ha prodotto una sofferenza incalcolabile nel terzo mondo, dal momento che le popolazioni indigene venivano mandate via dalla terra che dava loro i beni per la sussistenza, con i fortunati che ottenevano lavori in brutali fabbriche sfruttatrici che pagavano stipendi da fame. La sofferenza nel primo mondo era meno visibile fino all’ultimo decennio, quando i residenti del mondo industrializzato hanno iniziato a capire che erano sistematicamente avvelenati da sostanze chimiche industriali tossiche, livelli in aumento sia delle radiazioni nucleari sia delle radiazioni delle microonde e organismi nocivi che hanno contaminato la nostra aria, acqua e catena alimentare.
LA PROBABILITÀ DI UNA RIVOLUZIONE
Da questo punto di vantaggio, è impossibile prevedere se l’austerità e la repressione condurranno alla rivoluzione armata. Con molta Europa meridionale che protesta nelle strade, tutti gli occhi sono sugli USA, l’economia maggiore del mondo e la cosiddetta culla della democrazia. Gli Americani accetteranno passivamente e si adatteranno all’essere sistematicamente privati dei loro mezzi di sostentamento, dignità, salute e guadagni. O resisteranno. Se così sarà, come sarà questa resistenza?
Le risposte a queste domande dipenderanno da quattro grandi incognite:
1. Se i miliardari e milionari che controllano le leve del governo rappresentativo possono essere spinti a condividere una parte della loro immensa ricchezza. O se l’avarizia che li guida così perniciosamente e il loro controllo sul governo così assoluto può essere conquistato solo con la forza?
2. Se l’attuale guerra fredda con Iran e Cina compie un’ escalation in un conflitto militare di vasta scala. Una guerra nucleare con la Cina può provocare il collasso totale dell’esistente infrastruttura corporativa americana.
3. L’immensa portata del movimento di resistenza che ultimamente cerca di mettere fine alle regole corporative. La storia insegna che le rivoluzioni “pacifiche” sono possibili quando almeno il 10% della popolazione si mobilita attivamente per un cambiamento e che le insurrezioni più piccole è più probabile che vengano accompagnate da violenza.
4. Se i governi controllati dalle corporazioni continueranno a permettere la proliferazione di alternative non corporative a livello locale e regionale- o se cercheranno di bandire e smantellarle con la forza
Mentre i governi di tutto il mondo lottano con il debito, la produttività ridotta e la disoccupazione immensa, stanno avvenendo cambiamenti drammatici a livello locale e regionale nel mondo in cui le persone si relazionano al lavoro pagato, al denaro, e incontrano i loro bisogni basilari di sopravvivenza. “Localizzazione” e “design” sono temi comuni in questo movimento. Il primo si riferisce a persone che optano per merci prodotte da piccoli affari locali – come opposti a prodotti manifatturati migliaia di miglia lontani dalle corporazioni che non hanno conoscenza né interesse dei bisogni locali o sopravvivenza a lungo termine della propria comunità. L’ultimo si riferisce all’applicazione coscienziosa di design principles (principi di progettazione, presumibilmente da intendere come strategie di progetto orientate al riuso, ndt) alle decisioni di produzione, invece di permettere loro di venire guidati da considerazioni sul profitto a breve termine.
Questo nuovo cambiamento nella presa di coscienza è visto in diversi settori. Sotto ci sono solo alcuni esempi:
– Lavoro: nei suoi ultimi due libri, America Beyond Capitalism e What Then Must We Do, Guy Alperowitz scrive di milioni di lavoratori americani che hanno optato per uscire dalla vita del lavoro aziendale per formare delle cooperative gestite e di proprietà dei lavoratori.
-Gestione delle banche e del denaro: decine di migliaia di Americani continuano a trasferire i loro soldi fuori dalle grandi banche aziendali verso le banche locali, cooperative di credito e banche cooperative. C’è anche un’esplosione di movimenti in valute locali e sistemi di baratto come Freecycle e finanze alternative locali non-bancarie, inclusi gruppi di salvataggio, finanziamenti di gruppo, affitti “alla pari”, contatti pre-vendita, cooperative di consumatori e reti di opportunità di investimenti comuni.
-Energia: le comunità e le piccole imprese, spesso con il supporto dello stato e del governo locale, stanno lavorando collettivamente per progettare e implementare la profusione di alternative di energia rinnovabile “distribuita” (cioè locale).
-Architettura e produzione: nel suo terzo libro, The Upcycle: Beyond Sustainability — Designing for Abundance (Il ciclo superiore, oltre la sostenibilità – progettare per l’abbondanza), l’architetto biologico Bill McDonough incapsula diversi decenni di esperienze di architetti, fabbricanti e progettisti urbani tentando di incorporare i principi progettuali della natura nei progetti di architettura, produttivi e urbani.
-Cibo: secondo Michael Ableman, autore di Fields of Plenty: A Farmer’s Journey in Search of Real Food and the People Who Grow It (I campi dell’abbondanza: viaggio di un agricoltore alla ricerca del vero cibo e di chi l’ha prodottto), il 25% degli Americani al momento (fra breve) mangiano cibo biologico prodotto localmente. Questo grande cambio nella domanda del consumatore è stato accompagnato da una grande presa della permacultura e della agricoltura biointensiva, che utilizza i principi di “design” per triplicare i raccolti agricoli prodotti dall’agricoltura industriale.
Ciò che è al momento sconosciuto è se le elites corporative che controllano i nostri governi apparentemente rappresentativi permetteranno che questi movimenti locali e regionali crescano e si espandano senza ostacoli. O se decideranno che costituiscono una minaccia troppo grande per gli interessi di profitto e faranno pressione sul governo per bandirli e smantellarli con la forza. In altre parole potremmo stare assistendo a un nuovo tipo di rivoluzione che avviene in buona parte attraverso l’evoluzione, con la violenza riservata per le minacce che lo stato corporativo pone alle nuove strutture che le persone hanno già creato.
Stuart Jeanne Bramhall
Fonte: http://dissidentvoice.org
Link: http://dissidentvoice.org/2013/05/the-economic-and-political-turmoil-ahead/
7.05.2013
Traduzione per www.comedoncisciotte.org a cura di ILARIA GROPPI
* Storicamente il prezzo del petrolio oscillava fra 2-4 dollari al barile prima della crisi del petrolio del 1973. È rimasto tra 10-20 dollari al barile fino al 1979. Dal 79 all’ 86 è fluttuato dai 20 ai 38 dollari al barile fino al 1986 quando è crollato sotto i 20 dollari al barile fino all’89. È sceso sotto i 20 dollari al barile molto brevemente nel 1999. Non è stato sotto ai 40 dollari al barile dal 2004.