DI JOHN PILGER
The Guardian
C’e’ un uomo per bene e coraggioso rinchiuso in una cella in un paese dove ebbe inizio l’impero britannico, un paese di poeti, cantanti, artisti, liberi pensatori e tiranni da operetta.
Lo conobbi in una notte senza luna nel 1971 quando mi condusse clandestinamente in quello che era allora Pakistan orientale e oggi è Bangladesh, attraverso villaggi che l’esercito pakistano aveva saccheggiato e raso al suolo.
Il suo nome è Moudud Ahmed e a quei tempi era un giovane avvocato che aveva difeso il leader della lotta per l’indipendenza Sheikh Mujibur Rahman.
“Perché sei venuto quando anche i corvi hanno paura di volare sopra la nostra casa?” gli disse Begum Mujib, la moglie dello sceicco.
Questo era tipico di Moudud, la cui vita tumultuosa ricorda da vicino quella di Tom Paine*.
Quando era ancora uno scolaro, Moudud bagnò la sua maglietta nel sangue di un giovane, ucciso mentre manifestava contro l’imposizione dell’ “Urdu e solo Urdu” come unico idioma consentito nel Pakistan orientale, di lingua bengalese.
Quando gli inglesi attaccarono l’Egitto nel ’56, provò a tirar giù la UnionJack dal consolato britannico a Dacca e fu colpito da una baionetta della polizia: una ferita che ancora oggi lo fa soffrire.
Quando il Bangladesh – Bengala libero – fu dichiarato indipendente nel ’71, Moudud attirò una gran folla ai suoi piedi reggendo in alto la prima pagina del Daily Mirror con il mio articolo posto sotto il titolo “NASCITA DI UNA NAZIONE”.
“Siamo vivi ma non siamo ancora liberi” disse, profeticamente.
Una volta al potere, Sheikh Mujib iniziò le “purghe” e diede il via a processi spettacolo contro i suoi stessi alleati democratici , dei quali Moudud fu l’infaticabile difensore finché non fu egli stesso arrestato.
Un omicidio, un colpo di stato, un contro-golpe portarono ad un periodo di democrazia parlamentare retto da Ziaur Rhaman un generale eroe della liberazione con cui Moudud accettò di collaborare come vice primo ministro a condizione che Ziaur si dimettesse dall’esercito.
Insieme formarono un partito popolare ma quando Moudud pretese che fosse democratico, fu licenziato.
Ogni volta che veniva a Londra, chiamava chi di noi aveva documentato la liberazione del Bangladesh e andavamo a farci un curry. Il suo vestito gessato e le sue maniere da Inns of Court** mal riflettevano la sua incessante vita di lotta e quella del suo paese: alluvioni periodiche e il conflitto tra feudalesimo e democrazia e più tardi, il fondamentalismo.
“Sono il primo ministro, ora” ci disse una volta, come se non l’avessimo saputo.
Troppo esplicito per quanto riguarda il “diritto alla giustizia sociale ed economica” del suo popolo, specialmente delle donne, fu arrestato ancora e conquistò il suo seggio parlamentare dalla prigione.
Il 12 aprile dello scorso anno, a notte fonda, 25 soldati fecero irruzione a casa di Moudud a Dacca. Senza mandato. Gli svuotarono la casa e lo trasportarono bendato in un posto conosciuto solo come “il buco nero”, dove fu interrogato, torturato e obbligato a firmare una confessione. Alla fine fu accusato di detenzione di alcolici – erano state rinvenute alcune bottiglie di vino e lattine di birra.
La corte suprema dichiarò il suo processo nullo e la sua detenzione illegale. La sentenza è stata ignorata da un governo che chiama se stesso un’amministrazione fiduciaria ma è la facciata di una dittatura militare.
Moudud ha un tumore all’ipofisi e da 6 mesi gli è negata l’assistenza medica.
“E’ molto malato” dice sua moglie, la poetessa Hasna Jasimuddin Moudud. “Migliaia di persone sono state arrestate perché attivisti o anche solo sostenitori” ha detto. “Il paese è una prigione e il mondo lo deve sapere”.
Ci sono impressionanti similitudini tra il caso di Moudud e quello del leader dell’opposizione malese Anwar Ibrahim che questa settimana non e’ mai stato cosi’ lontano dal riuscire a rovesciare il vecchio e autocratico regime del suo paese. Entrambi sono stati incastrati per essere zittiti. La differenza e’ che quello di Anwar Ibrahim è diventato un celebre caso internazionale, mentre c’è solo silenzio per Moudud, rinchiuso nella sua cella, malato, senza imputazione, né un processo.
Nei prossimi giorni il Dr. Fakhruddin, il consigliere capo dell’”amministrazione fiduciaria”, in realtà il capo del governo del Bangladesh, visiterà Londra. Pare ci sia un incontro organizzato al nr 10 di Downing Street. Io e altri gli abbiamo scritto una lettera chiedendogli di ottemperare alla sentenza della Corte Suprema e di liberare Moudud. Non ci ha risposto.
Se i recenti pronunciamenti di Gordon Brown in materia di libertà hanno un minimo di significato, quella è la domanda che deve fare.
* Scrittore e rivoluzionario inglese
** Collegio degli avvocati di Londra.
N.d.r.: Immagine a lato del titolo: una manifestazione contro la brutalità della polizia a Dacca, Bangladesh
Titolo originale: “The quiet rendition of Moudud Ahmed”
Fonte: http://www.johnpilger.com
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12.03.2008
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da MAURO MORELLINI