IL RUOLO DELLA GRAN BRETAGNA NELLA GUERRA TRA ISRAELE E GLI HEZBOLLAH

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DI DAVID WEARING
Information Clearing House

E’ nota l’esistenza di un rapporto privilegiato tra Israele e Stati Uniti, oggetto spesso di dibattito, ben poco invece si sa del ruolo svolto dal governo britannico nella guerra tra Israele e gli Hezbollah. Londra durante il conflitto è stata accusata di “esser rimasta nell’ombra senza muovere un dito”. Al contrario, essa ha svolto un ruolo attivo nel sostenere le azioni d’Israele, fornendo un sostanziale supporto militare, diplomatico e politico.(1)Aiuto Militare

Sebbene gli Stati Uniti siano il principale alleato militare d’Israele, anche la Gran Bretagna fornisce aiuti alle forze di difesa israeliane (FDI). Dalla firma degli accordi di Oslo, la Gran Bretagna ha venduto ad Israele sottomarini, elicotteri e velivoli da combattimento, carri armati, bombe, siluri, razzi, missili, mine, mitragliatrici, munizioni ed equipaggiamento elettronico secondo alla Campaign Against the Arms Trade [Campagna Contro il Commercio delle Armi].

Tra il 2004 ed il 2005, le esportazioni di armi verso Israele, approvate dal governo, sono duplicate fino ad arrivare a 22,5 milioni di sterline. La Gran Bretagna, contravvenendo alle proprie linee guida che proibivano la vendita di armi per uso “aggressivo contro un altro paese” o “per alimentare tensioni regionali”, ha fornito ad Israele i componenti principali degli elicotteri Apache, dei jet F-15 e F-16 impiegati in Libano, a Gaza e in Cisgiordania”.(2)

La Gran Bretagna ha inoltre fornito un attivo sostegno militare ad Israele per gli attacchi in Libano, permettendo il rifornimento, negli aeroporti inglesi di voli americani carichi di armi destinati al fronte, dopo il rifiuto del governo irlandese di concedere tali permessi. A fine Giugno, mentre il conflitto si allargava, indiscrezioni provenienti da questi aeroporti riferirono al The Times che fino a quel momento il numero delle soste per rifornimenti di combustile stava divenendo “assolutamente sproporzionato”.(3)

E’ ben chiaro come Israele utilizzi queste armi.

Dopo l’incursione al confine israeliano degli Hezbollah il 12 luglio, quando tre soldati israeliani furono uccisi e due catturati, il comandante delle forze armate israeliane, il Generale di divisione Dan Halutz, dichiarò in un’intervista alla tv israeliana che “se i soldati non saranno rilasciati, in Libano sposteremo indietro di venti anni le lancette dell’orologio”
Halutz aggiunse “La situazione è semplice, niente è sicuro in Libano”.

Un altro quotidiano, il Washington Post riportò che “secondo il Colonnello dell’esercito in pensione, Gal Luft, l’obiettivo della campagna militare israeliana è ‘creare una spaccatura tra la popolazione libanese e i sostenitori degli Hezbollah. Il messaggio, diretto all’elite libanese, proseguiva con il seguente avvertimento: “Se volete continuare ad usare il condizionatore e volare a Parigi a fare shopping, dovete tirar fuori la testa dalla sabbia, prendere dei provvedimenti e impedire il controllo territoriale degli Hezbollah’.”(4)

L’intenzione di inviare un messaggio alla popolazione del Libano, attraverso un mezzo estremamente violento, può essere illustrata dalla campagna di propaganda esercitata nei confronti di quella stessa popolazione della quale si andava distruggendo il paese.

Nei volantini lanciati dagli aerei israeliani si chiedeva alla popolazione di “cancellare dal cuore del Libano la piaga conosciuta come Hezbollah”.

Proprio nell’ultimo giorno di guerra, con più di 1.100 libanesi uccisi, 3.600 feriti e con circa un quinto della popolazione profuga, negli stessi volantini si affermava che gli Hezbollah e i suoi sostenitori siriani ed iraniani avevano portato la distruzione in Libano e, senza mezzi termini ponevano loro la domanda “sarete in grado di pagare nuovamente questo prezzo?” (5)

L’Enciclopedia Britannica definisce terrorismo “l’uso sistematico di violenza destinata a generare nella popolazione un clima generale di terrore al fine di raggiungere un particolare obiettivo politico”, precisamente quanto descritto sopra.

Noi non abbiamo bisogno perciò di sprecare parole inutili per sostenere la tesi di come Israele abbia intrapreso un’azione militare a scopo difensivo, poiché, fin dall’inizio, era sua intenzione dichiarata, intraprendere una guerra terroristica nei confronti dell’intera nazione libanese.

Il governo britannico non può negare la vera natura delle azioni dei suoi
alleati, dei quali si è reso totalmente complice.(6)

Durante una visita a Beirut, il 23 Luglio, il Sottosegretario Generale per le Emergenze Umanitarie dell’Onu, Jan Egeland, qualificava “spaventosa” l’opera di distruzione compiuta dalle forze aeree israeliane e “in violazione delle leggi umanitarie” denunciava l’abbattimento di “interi isolati”.

Patrick McGreevy dell’Università Americana di Beirut descriveva i distretti residenziali della parte meridionale di Beirut, andati completamenti distrutti, “un paesaggio come non si era più visto dal bombardamento di Dresda del 1945” nel momento stesso in cui le forze aeree israeliane stavano mettendo in atto le minacce di Halutz. (7)

Gli spaventosi terroristi, bersagli neutralizzati dal cliente privilegiato dell’industria bellica inglese, includevano, tra le altre cose, varie industrie produttrici di materiali quali vetro, latte, operai che stavano scaricando verdure da camion frigoriferi e una chiesa greca ortodossa.

Alla fine del conflitto, l’agenzia Reuters riportava una stima del governo libanese secondo la quale “più di 15.000 case, 900 tra uffici ed impianti industriali, 630 strade, 77 ponti, 25 stazioni di benzina e 31 centrali elettriche” erano andati distrutti.
Lo studioso del Medio Oriente, Juan Cole ha definito la campagna militare israeliana “una guerra totale compiuta su civili libanesi”. (8)

Il 25 Luglio, il Guardian comunicò la notizia di un attacco aereo israeliano su “due ambulanze chiaramente contraddistinte con il simbolo della Croce Rossa”. Il 26 Luglio fu sferrato un attacco, nonostante lo sventolio di bandiere bianche, contro un convoglio di rifugiati in fuga dal Libano meridionale su ordine degli stessi israeliani. Il 28 Luglio, il Ministro della Giustizia israeliano, Haim Ramon, affermò che chiunque si fosse opposto a tali ordini – cosa che avrebbe richiesto una notevole abilità per destreggiarsi tra bombardamenti aerei e circumnavigare strade e ponti distrutti – sarebbe stato considerato un obiettivo legittimo, rendendo, di fatto, la parte meridionale del Libano, una zona in cui si poteva sparare liberamente. Nel contempo, in un’altra sua dichiarazione, Ramon affermava che “tutti quelli che ora si trovano nel Libano del sud sono terroristi”. (9)

Un rapporto dell’Agenzia France Press ha riferito come Israele si è comportato con i cosiddetti terroristi. Il 7 Agosto, le forze aeree israeliane hanno ucciso quattordici civili nel corso di in un attacco aereo nel villaggio di Ghaziyah nel Libano del sud. Quando le famiglie delle vittime e i loro amici il giorno seguente celebrarono i funerali, Israele colpì ancora una volta, uccidendo altri sei innocenti. Chi ha avuto modo di osservare i metodi delle fazioni terroristiche irachene negli scorsi anni, riconoscerà istantaneamente questa strategia di dare un seguito agli attentati colpendo nuovamente durante i funerali. (10)

Il deliberato messaggio rivolto ai libanesi fu precisato dal primo ministro israeliano Ehud Olmert, il quale ai primi d’agosto in un’intervista con la Reuters si vantò orgogliosamente che “tutta la popolazione libanese, base d’appoggio del potere degli Hezbollah. è stata costretta ad andarsene. Essi hanno perso le loro proprietà e i possedimenti, sono amareggiati, infuriati con gli Hezbollah e la struttura di potere del Libano è stata divisa. Ora gli Hezbollah sono isolati”. (11)

Un importante esempio del tanto proclamato “attacco mirato” si è avuto con il ripetuto bombardamento del 25 Luglio sul personale inerme delle forze di pace ONU, il quale trovandosi sotto tiro, chiese ripetutamente ad Israele di fermare gli attacchi.

Secondo l’Onu, dopo ogni richiesta, veniva loro assicurato che avrebbero cessato il fuoco. Invece, i bombardamenti arrivarono fino alle loro postazioni – chiaramente segnalate e note a tutti da lungo tempo – infine le postazioni furono distrutte da una bomba intelligente.

Successivamente i compagni degli uccisi, intervenuti per recuperare i corpi, si trovarono sotto il fuoco delle forze israeliane. Il governo israeliano, mai preoccupato di rendersi ridicolo, definì l’incidente come “non intenzionale”. (12)

Ai primi di agosto, l’Osservatorio sui Diritti Umani ha reso noto un rapporto dettagliato relativo “a serie violazioni alle leggi di guerra” da parte delle forze armate israeliane. Evidenziando come, “in una dozzina di attacchi, le forze israeliane abbiano colpito un’area non propriamente importante dal punto di vista militare.

In alcuni casi, la tempistica, l’intensità dell’attacco, l’assenza di un target militare, così come gli attacchi sui soccorritori, suggeriscono come le forze israeliane abbiano deliberatamente colpito obiettivi civili.

L’Osservatorio ha descritto “l’impiego indiscriminato su vasta scala di forza militare” affermando che in nessuno dei casi documentati c’era “prova della vicinanza degli Hezbollah”; “il modello degli attacchi suggerisce che l’incapacità di distinguere tra combattenti e civili, non può essere spiegata o liquidata come semplice incidente”; Israele aveva “ripetutamente attaccato sia veicoli individuali che interi convogli di civili i quali, a seguito degli avvertimenti di Israele stavano abbandonando i loro villaggi” così come ha fatto nei confronti di “ convogli umanitari e di ambulanze” “chiaramente riconoscibili. Dopo la proclamazione di un cessate il fuoco ordinato dall’ONU, Amnesty International documentò, con proprie ricerche, di aver riscontrato da parte di Israele, “una politica deliberata di distruzione delle infrastrutture civili libanesi che comportava crimini di guerra” e per questo richiese l’immediata apertura di un’inchiesta da parte dell’ONU. (13)

Il rapporto dell’Osservatorio era diretto a fare attente considerazioni al “Regno Unito e agli altri paesi su cui armi, o altro materiale, possano essere transitate verso Israele”.

Facendo notare i loro obblighi nei confronti della Convenzione di Ginevra, esso richiedeva che questi stati non “dovessero permettere l’uso del loro territorio nazionale per il transito o il trasporto verso Israele di armi che, come è documentato o come si ha ragione di ritenere, sono state usate in violazione delle leggi umanitarie internazionali”.

Si dovrebbe notare che in nessun momento l’Inghilterra ha dato alcun’indicazione che il coinvolgimento di Israele nei crimini di guerra avrebbe poi causato un ripensamento del sostegno militare che stava fornendo a quel paese. In effetti, il Regno Unito è andato ben oltre alla semplice fornitura di mezzi tecnologici di
distruzione nella campagna di terrore di Tel Aviv.

Sostegno Diplomatico

Mentre il Libano veniva “fatto a brandelli”, “a pezzettini” e sottoposto a “distruzione barbarica”, secondo le parole del Primo Ministro libanese Fuad Siniora, i diplomatici britannici si sono dati da fare per distogliere qualsiasi pressione da parte della comunità internazionale su Israele.

In occasione della riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU del 14 luglio, del G8 del 16 luglio e a Bruxelles nell’incontro del 17 luglio, tra i ministri degli esteri dei paesi appartenenti all’Unione Europea, gli sforzi britannici hanno contribuito a bloccare le richieste internazionali per un immediato cessate il fuoco.

Il 21 luglio, in un ospedale sito nella parte meridionale del Libano, non potendo fare fronte al numero elevato di morti, si è iniziato a seppellirli in una temporanea fossa comune. Il 25 luglio, una coalizione delle principali agenzie umanitarie ha domandato, in una lettera aperta diretta al Primo Ministro Blair, “di rivedere con urgenza la propria condotta politica e fare il possibile per ridurre il tremendo tributo di morti che questo conflitto sta provocando nelle popolazioni della regione”.

Il giorno dopo, ad un summit tenutosi a Roma, la Gran Bretagna si è associata nuovamente agli Stati Uniti per frenare le richieste di un immediato armistizio.

Il 1 agosto, in un’altra riunione, i ministri degli esteri europei non sono riusciti ad ottenere la fine dei bombardamenti per l’insistenza della Gran Bretagna, ignorando di fatto le ulteriori richieste dell’Oxfam, la quale aveva definito “catastrofici i livelli di distruzione delle infrastrutture civili”.(14)

Il 3 agosto, le principali agenzie umanitarie si sono fatte sentire nuovamente, quando il Christian Aid chiese al Primo Ministro Blair “di avere il coraggio morale di invertire la rotta e, richiedere senza tanti ripensamenti, un immediato cessate il fuoco”. Al riguardo, un dipendente dell’Oxfam, Shaista Aziz descriveva la posizione britannica “un autentico disonore”.

Le conseguenze del non aver tenuto conto delle richieste delle agenzie umanitarie sono illustrate dai bombardamenti israeliani dei ponti nelle aree cristiane a nord di Beirut, tagliando quello che l’Onu aveva definiva “il cordone ombelicale” degli aiuti umanitari in Libano. Il 7 agosto l’esercito israeliano avvisava le truppe Onu che qualora avessero tentato di riparare i ponti danneggiati a sud, esse sarebbero state attaccate.(15)

Nel corso della sua conferenza stampa del 3 Agosto, il Primo Ministro illustrò la posizione del Regno Unito dichiarando che egli avrebbe voluto vedere un cessate il fuoco “al più presto possibile”, ma non prima di aver ottenuto “un accordo duraturo” – affermando, in altre parole, che la violenza avrebbe potuto continuare fino a quel momento. Se da una parte Winston Churchill era solito affermare che “chiacchierare è sempre meglio che guerreggiare”, Tony Blair apparentemente non lo credeva necessariamente vero.

Un esperto di sicurezza dell’Università di Bradford, Paul Rogers, riferiva come “da segnali provenienti da Washington e Downing Street” “più che la fine del conflitto, la cosa più importante sembra essere il disarmo degli Hezbollah, qualunque forza internazionale sia coinvolta. In altre parole, la guerra doveva finire facendola passare per una chiara vittoria di Israele”.

Senza dubbio anche Israele desiderava porre fine al conflitto prima possibile. Israele, una volta ottenuta la vittoria, avrebbe cessato le ostilità, perché nessuno generalmente continua una guerra dopo una vittoria. L’ostentata preoccupazione di Blair per gli alti costi in termini di vite umane e, il suo desiderio dichiarato per una tregua, era quindi semplicemente un’altra dimostrazione del suo cinismo sofista. (16)

In poche parole, parafrasando leggermente John Lennon, la condotta politica britannica era quella, di ‘dare una chance alla Guerra’.

Il Regno Unito ha lottato sul fronte diplomatico, accanto ad Israele nella campagna militare, per assicurare al suo alleato un accordo vincente ed evitare che un qualsiasi ente internazionale potesse porre fine al massacro finché non si fosse giunti alla vittoria.

Mentre ai primi di agosto stava diventando evidente come la sottovalutazione degli Hezbollah da parte di Israele avrebbe rischiato di far fallire i suoi stessi obiettivi militari, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti finalmente diedero il loro assenso ad una proposta di risoluzione Onu che chiedeva il cessate il fuoco, ma con un tipo di accordo i cui termini avrebbero garantito, attraverso la diplomazia, ciò che l’esercito israeliano non era riuscito a raggiungere per mezzo della violenza.

La bozza di risoluzione implicitamente permetteva ad Israele di occupare la parte meridionale del Libano, e dava ad Israele il diritto di intraprendere azioni militari per difendersi, cosa cui senza dubbio Tel Aviv avrebbe fatto ricorso, coprendo tutti gli atti di violenza sopra descritti. Ma se nella bozza di risoluzione Israele veniva istruito a far cessare “le operazioni militari offensive” , agli Hezbollah veniva chiesto di cessare “indistintamente tutti gli attacchi”. Che poi di fatto la definitiva Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’11 agosto sia stata annacquata lo si deve essenzialmente, alla debole posizione di Israele e dei suoi sostenitori (e d’altra parte che il Libano fosse preparato a firmare una risoluzione a lui sfavorevole era dovuto essenzialmente al fatto di trovarsi in una condizione disperata causata dall’offensiva paralizzante di Israele).(17)

Osservatori esasperati potrebbero chiedersi quanto difficile sarebbe stato raggiungere tra i due belligeranti, nelle primissime fasi dopo il 12 luglio, la cessazione delle azioni militari e l’accettazione della legge internazionale. Ciò sarebbe dipeso, così sembrerebbe, dal principale risultato che si stava cercando: una fine alle uccisioni o una vittoria di una delle due parti.

Sostegno Politico

Accanto all’assistenza militare e diplomatica, specificata in dettaglio sopra, la Gran Bretagna ha anche fornito supporto politico ad Israele facendosi portavoce della campagna di propaganda diretta all’audience occidentale, descrivendo il conflitto in termini lusinghieri per Israele oscurando la realtà di quel che stava realmente avvenendo.

O, per dirla in modo meno gentile, potremmo citare le parole di Sir Rodric Braithwaite, ex ambasciatore del Regno Unito a Mosca nel periodo 1988-92 ed ex segretario del Comitato Congiunto dei Servizi Segreti. Braithwaiteh ha descritto gli atteggiamenti di Blair come quelli di “uno zombie logoro e cadaverico … che usciva fuori da una scatola di trucchi tecnici della CIA, programmato a scimmiottare, in un artificiale accento inglese, il linguaggio della Casa Bianca”. (18)

Così, in una conferenza stampa del 3 Agosto 2006, Blair ha riferito ai giornalisti che “la ragione per la quale questo problema è sorto è che gli Hezbollah, sfidando una precedente risoluzione Onu, hanno continuato ad operare con la loro milizia al di fuori del controllo del governo libanese nel sud del Libano. Ecco perché quando essi hanno iniziato questi attacchi missilistici su soldati israeliani, oltrepassando la Linea Blu tracciata dall’Onu, Israele è ricorso alle ritorsioni”. (19)

Secondo questa rappresentazione, Israele si sarebbe trovata in balia degli eventi, senza nessuno scopo o obiettivo se non quello di reagire alle minacce alla sua sicurezza (e lasciando aperta la domanda di come questa reazione dovesse essere messa in pratica).

Comunque, la realtà tralasciata nella versione Blair era che non si trattava di una guerra alla quale Israele era stata costretta, ma di una sua scelta.

L’incursione del 12 luglio degli Hezbollah non è stata la prima violazione della ‘linea blu’ Onu tra i due paesi dalla fine dell’occupazione nel 2000 da parte delle forze israeliane della parte meridionale del Libano.

Secondo l’Onu, da allora si sono avute centinaia di violazioni, incluse quelle commesse “quasi quotidianamente” da parte dall’aviazione israeliana tra il 2001 ed il 2003 e “ostinatamente” continuate fino al 2006.

Altre ostilità al confine hanno visto nell’ottobre del 2000, l’uccisione di dimostranti palestinesi inermi e, gli Hezbollah superare il confine e rapire per rappresaglia tre soldati israeliani. Nel corso degli ultimi sei anni sempre stando ai rapporti Onu, si sono avuti scontri a fuoco tra gli Hezbollah e le forze israeliane, “ma nessuno degli incidenti è sfociato in un’escalation militare”. Sebbene l’atmosfera al confine “sia rimasta tesa e incerta”, essa, fino al 12 luglio, è rimasta “generalmente tranquilla”. (20)

L’intento degli Hezbollah era scambiare i soldati catturati il 12 luglio con quindici prigionieri di guerra arrestati dagli israeliani durante l’occupazione del Libano. Già in passato, per ben tre volte, Israele aveva scambiato prigionieri con gli Hezbollah: nel luglio 1996, nel giugno 1998 e nel gennaio 2004. Israele aveva, in alcune occasioni, barattato prigionieri anche con l’Olp (21).

Perché allora, avendo in diversi occasioni negoziato scambi di prigionieri e avendo causato e reagito a molti incidenti alla frontiera fin dal 2000, Israele ha scelto in questa occasione di muoversi diversamente, alzando ad un livello così esacerbato la sua violenza?

Il 21 luglio, Matthew Kalman del San Francisco Chronicle rivelò che Israele aveva spiegato proprio l’anno prima il suo piano di guerra per il Libano a diplomatici di Washington, giornalisti ed analisti.

Kalman citava Gerald Steinberg, professore di scienze politiche all’Università di Vbar-Ilan, il quale diceva che “Già nel 2004, la campagna militare che stiamo vedendo ora, e che si pensava potesse durare circa tre settimane era stata congelata e, nell’ultimo anno o due, si è proceduto alla sua simulazione e preparazione a tavolino”.

Le rivelazioni di Kalman furono successivamente comprovate dall’esperto in inchieste giornalistiche, Seymour Hersh, collaboratore del New Yorker, il quale disse che Washington era stata coinvolta da vicino nel processo di pianificazione della guerra.

Nonostante i suoi sforzi a presentare le azioni di Israele come una risposta spontanea agli eventi del 12 luglio, appare chiaro che Blair fosse bene a conoscenza di questi piani; del resto date le recenti relazioni tra il n. 10 di Downing Street e la Casa Bianca non si sarebbe potuto immaginare altrimenti. (22)

In effetti non c’era bisogno di indiscrezioni di discorsi pubblici per comprendere quel che stava accadendo, i dati pubblici erano più che sufficienti. Il contesto politico e il modo nel quale la guerra è stata condotta, indica fortemente che Israele ha reagito in modo diverso nel corso delle recenti schermaglie di confine e alla cattura dei prigionieri perché cercava la scusa per lanciare una guerra aggressiva e strategica contro gli Hezbollah.

Per Israele, gli Hezbollah sono un alleato chiave del popolo palestinese posto di fronte all’annientamento operato da Tel Aviv e una delle opzioni di contrattacco in un’eventuale futura guerra con Teheran (guerra perorata per qualche tempo da alcuni ufficiali israeliani) ed essi sono inoltre una delle principali opposizioni al dominio occidentale nella regione mediorientale.

La stessa Condoleeza Rice il 21 luglio, ha parlato della natura strategica della guerra, nella “nascita dolorosa di un nuovo Medio Oriente” (affermazione involontariamente ironica, perché solo un giorno prima, le Nazioni Unite avevano affermato che quasi un terzo tra morti e feriti erano bambini). Cionondimeno, il governo britannico ha tentato di spacciare le azioni israeliane all’opinione pubblica come niente altro che una spiacevole necessità dovuta ad autodifesa. (23)

Conclusioni

In breve, Israele ha perseguito deliberatamente una guerra strategica e non di difesa. Il Libano è “stato fatto a pezzi” dalla guerra israeliana, in un tentativo deliberato di terrorizzare la sua popolazione, nonostante Israele sia stata condannata all’unanimità dalle agenzie e dai gruppi per la salvaguardia dei diritti umanitari. E benché le tragiche conseguenze fossero note a tutti, il terrorismo e i crimini di guerra israeliani sono continuati con il sostanziale sostegno militare, diplomatico e politico del governo britannico.

In un famoso memorandum interno, divulgato involontariamente, Tony Blair parlava di porre in atto iniziative “in grado di attirare l’attenzione” alle quali egli avrebbe dovuto essere personalmente associato. La guerra tra Israele ed Hezbollah ricade senza dubbio comodamente in questa categoria. Ma se le voci di dimissioni del Primo Ministro Blair continuano, nessuno dovrebbe pensare che alcun sostanziale cambiamento rispetto alle politiche messe qui in evidenza sarà messo in atto dopo la partenza di Blair. Mentre dei sondaggi rivelano una forte opposizione popolare alla maniera in cui la Gran Bretagna ha trattato il conflitto, i media hanno parlato di “disagio” e addirittura di “serie preoccupazioni” registrate tra i membri del governo Blair. Eppure, in nessun momento durante o dopo questo bagno di sangue durato trentaquattro giorni, questo presunto “disagio” ha spinto alle dimissioni alcun membro del governo, piuttosto, essi hanno continuato a rendersi complici nei crimini di guerra e negli atti di terrorismo. Per loro, nessuno degli orrori compiuti dall’alleato della Gran Bretagna su incolpevoli civili libanesi rappresentava una preoccupazione morale di maggior portata rispetto a quella di mantenere il proprio posto di lavoro. (24)

Questi eventi dovrebbe essere resi noti al pubblico inglese, me compreso, poiché ognuno di noi condivide indirettamente la responsabilità della condotta governativa. Al di fuori del paese, coloro che non lo hanno ancora fatto, ora debbono riconoscere la Gran Bretagna – e non soltanto il suo attuale Primo Ministro – come niente più che un membro attivo del progetto imperiale
neo-conservatore e giudicarlo su queste basi.

David Wearing
Fonte: http://www.informationclearinghouse.info/
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article14938.htm
12.09.2006

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di A.G.

Note

(1) Per esempio, in un recente dibattito sulla presunta influenza della “Lobby di Israele” sulle scelte politiche di Washington, vedere “The Israel Lobby”, di John Mearsheimer and Stephen Walt, London Review of Books, 23 Marzo 2006 e, “The Israel Lobby? di Noam Chomsky, Znet, 28 Marzo 2006. Sulle critiche rivolte a Londra per la sua presa di posizione di “rimanere nell’ombra inerte” vedere “Got the Message Yet, Mr Blair?”, di Bob Roberts e Oonagh Blackman, Daily Mirror, 31 Luglio 2006.(2)

(2) “Arming the Occupation”, Campagna Contro il Commercio delle Armi, M Turner, 2002, citato nel “Israel’s Weapons of Mass Destruction: Cause for Concern”, Campagna per il Disarmo Nucleare, 13 Luglio 2005; “British arms exports to Israel double in a year”, di Richard Norton-Taylor, The Guardian, 25 Luglio 2006; “Made in the UK, bringing devastation to Lebanon – the British parts in Israel’s deadly attack helicopters”, di Benjamin Joffe-Walt, The Guardian, 29 Luglio 2006

(3) “Irish refused bombs sent to Prestwick airport”, di Eddie Barnes e Murdo MacLeoad, pubblicato nel supplemento Scotland domenica 30 Luglio 2006; “Britain lets more US arms flights land in Scotland”, di Philip Webster, The Times, 28 Luglio 2006

(4) “Israel authorizes ‘severe’ response to abductions”, CNN, 13 Luglio 2006; “Our aim is to win – nothing is safe, Israeli chiefs declare”, di Stephen Farrell, The Times, 14 Luglio 2006; “Air Power Won’t Do It”, di Philip H. Gordon, The Washington Post, 25 Luglio 2006

(5) “Israel steps up “psy-ops” in Lebanon”, di Peter Feuilherade, BBC Monitoring, 26 Luglio 2006; “The Cost of War”, The Guardian (print edition), 16 Agosto 2006; “Ceasefire holds as Olmert admits tactical deficiencies”, di Julian Borger e Conal Urquhart, 15 Agosto 2006, The Guardian

(6) “Terrorism”, definizione di terrorismo tratto dall’Encyclopaedia Britannica Online

(7) “Rice finally sets out in search of ceasefire formula”, di Ewen MacAskill, e Brian Whitaker, The Guardian, 24 Luglio 2006; “The Descent into Hell is Optional”, di Patrick McGreevy, Informed Comment, 24 Luglio 2006

(8) “Lebanon: Factories come under fire”, IRIN News, 4 Agosto 2006; “Israel accused of ‘intentional’ attack”, Agenzia France Presse, 6 Agosto 2006; “Israel Targets Milk, Medicine Factories. Hizbullah Kills One in Nahariyah”, di Juan Cole, Informed Comment, 19 Luglio 2006; “Lebanon: Reconstruction effort begins”, IRIN News, 25 Agosto 2006; “Israelis Kill UN Peacekeepers. Halutz Commits to War Crimes. Israeli Airstrikes Kill Nabatiyeh Family. $150 Million Damage to Factories”, di Juan Cole, Informed Comment, 26 Luglio 2006

(9) “Red Cross ambulances destroyed in Israeli air strike on rescue mission”, di Suzanne Goldenberg, The Guardian, 25 Luglio 2006; “Blasted by a missile on the road to safety”, di Suzanne Goldenberg, The Guardian, 24 Luglio 2006; “Diplomats argue as all of south Lebanon is targeted”, di Patrick Bishop, Daily Telegraph, 28 Luglio 2006

(10) “Israel in new deadly strike on grieving Lebanon village”, agenzia France Presse, 9 Agosto 2006

(11) “Reuters interview with Israeli PM Olmert”, di Matthew Tostevin, Reuters, 2 Agosto 2006

(12) “Purity of Arms”, Wikipedia; “How UN Lebanon post was bombed”, BBC News, 27 Luglio 2006; “UN observers begged Israelis to stop shelling their position”, di Steve Farrell e Nicholas Blanford, The Times, 27 Luglio 2006

(13) “Fatal Strikes: Israel’s Indiscriminate Attacks Against Civilians in Lebanon”, Osservatorio dei Diritti Umani, Agosto 2006; “Lebanon: Destruction of civilian infrastructure”, Amnesty International, Agosto 2006

(14) “Lebanon ‘has been torn to shreds'”, BBC News, 20 Luglio 2006; “Mideast talks fail to reach cease-fire agreement”, CNN, 26 Luglio 2006; “Diplomatic timeline: Lebanon and Israel, July 2006”, di David Fickling, Guardian Unlimited, 2 Agosto 2006; “South Lebanon hospital puts war dead in mass grave”, Reuters, 21 Luglio 2006; “Open Letter to the Prime Minister”, varie agenzie di
aiuto, 25 Luglio 2006; “Britain blocks EU’s ceasefire call”, The Press Association, 1 Agosto 2006; “EU Foreign Ministers must call for an immediate ceasefire in the run up to an expected UN Security Council resolution”, Oxfam Press Release, 31 Luglio 2006

(15) “Aid groups urge Blair to back ceasefire”, di David Fickling and agencies, 3 Agosto 2006, Guardian Unlimited; “Lebanon bombings cut off umbilical cord for aid: UN”, Agenzia France Presse, 4 Agosto 2006; “Bloody night in Beirut as Israel intensifies aerial bombardment”, di Clancy Chassay, Conal Urquhart e Jonathan Steele, The Guardian , 8 Agosto 2006

(16) “PM’s monthly press conference”, 10 Downing Street, 3 Agosto 2006; “After Qana: a false dawn?”, di Paul Rogers, Open Democracy, 31 Luglio 2006

(17) “Israel’s strategic impasse”, di Paul Rogers, Open Democracy, 1 Agosto 2006; “Lebanese officials reject Security Council resolution”, staff writers, The Daily Star, 7 Agosto 2006; “Text: Draft UN Security Council resolution on ‘cessation of violence'”, via Reuters, 6 Agosto 2006; “Lebanon: The 33-Day War and UNSC Resolution 1701”, di Gilbert Achcar, ZNet, 16 Agosto 2006

(18) “Mr Blair should recognise his errors and go”, di Rodric Braithwaite, Financial Times, 2 Agosto 2006

(19) “PM’s monthly press conference”, 10 Downing Street, 3 Agosto 2006

(20) Vedere “Israel’s Attack Was Premeditated”, di George Monbiot, 8 Agosto 2006, e le fonti citate nell’articolo

(21) “Political Prisoners and Arbitrary Arrests: A History of Israeli-Palestinian Prisoner Exchanges”, di Samar Assad, Counterpunch, 14-17 Luglio 2006

(22) “Israel set war plan more than a year ago”, di Matthew Kalman, San Francisco Chronicle, 21 Luglio 2006; “Watching Lebanon: Washington’s interests in Israel’s war”, di Seymour M. Hersh, 14 Agosto 2006; “Blood on his hands”, di John Kampfner,THe New Statesman, 7 Agosto 2006

(23) “On the US-Israeli Invasion of Lebanon”, di Noam Chomsky, Al-Adab, 19 Agosto 2006; Sulla distruzione completa della Palestina operata attraverso “il piano di convergenza” di Israele, vedere il mio articolo “Colonialism in the 21st Century: our ally the state of Israel (part 2)”, The Democrat’s Diary, 2 Settembre 2005 e fonti citate nell’articolo, vedere inoltre “Palestine: Hamas besieged”, “Palestina:Hamas Assediata”, di Wendy Kristianasen, Le Monde Diplomatique, Giugno 2006; “Iran: Consequences of a War”, di Paul Rogers, Oxford Research Group, Febbraio 2006; “Israel pushes
U.S. on Iran nuke solution”, di Rowan Scarborough, Washington Times, 21 Febbraio 2005; “Hizballah: A Primer”, di Lara Deeb, Middle East Report Online, 31 Luglio 2006; “One Ring to Rule Them All”, di Juan Cole, Informed Comment, 6 Agosto 2006; “Special Briefing on Travel to the Middle East and Europe”, del Segretario di Stato degli S.U. Condoleezza Rice, U.S. Dipartimento di Stato, 21 Luglio 2006; “Fighting inside Lebanese border”, BBC News, 20
Luglio 2006

(24) “Full text of Blair memo”, via BBC News, 17 Luglio, 2000; “Stand up to US, voters tell Blair: 63% say PM has tied Britain
too close to White House”, di Julian Glover e Ewen MacAskill, The Guardian 25 Luglio 2006; “Pressure on Blair to push for ceasefire in Lebanon”, di George Jones, Malcolm Moore e Patrick Bishop, Daily Telegraph, 27 Luglio 2006; “Straw comments reflect
Cabinet unease”, di Mark Sanders, BBC News, 30
Luglio 2006; “Straw hits No 10 in Israel revolt”, di
David Cracknell e Uzi Mahnaimi, The Times, 30 Luglio
2006

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