DI HARA KOUKI E ANTONIS VRADIS
Guardian.co.uk
Il rifiuto della società
civile nel sopportare le austerità
prende rapidamente piede, man mano che la gente rinuncia alla politica
mainstream
Nei primi di ottobre un articolo all’ultima
pagina della stampa nazionale greca quasi non fece notizia: a nord della città di Veria un piccolo gruppo di persone decise di ricollegarsi
alla corrente elettrica interrotta dal circuito di fornitura nazionale
a causa dei mancati pagamenti.Allora tale comportamento “solidale”
venne considerato fuori dal normale.
Ma al giorno d’oggi è difficile
dare una definizione di quello che è conforme alla normalità,
e anche i piani più alti della politica si trovano in una situazione
di disordine senza precedenti: l’annuncio del referendum popolare di
martedì scorso da parte del primo ministro George Papandreou, seguito
dalla sua volontà
di dimettersi, ha messo
in scacco sia la sua alleanza politica che la stessa opposizione.
I partiti dell’opposizione richiedono
sia il governo di unità nazionale che le elezioni anticipate.
L’intero quadro politico nazionale sembra essere entrato nel panico. In una situazione di sbalordimento surreale,
i dirigenti dell’eurozona e i mercati internazionali sono in trepida
attesa dell’esito del referendum.
Nonostante tutto i greci si sono accorti
di essere ritornati al punto di partenza, ovvero quello di non dover
più riporre le proprie speranze nella politica.
Take Yannis, 43 anni, banchiere ad
Atene, a causa del freddo ha il terrore di tornarsene a casa. Il riscaldamento
è spento, nessuno nel quartiere può permettersi di pagare i costi
della fornitura. Sua figlia di 16 anni, Sophia, non trovando più alcun
senso per prepararsi agli esami, non vuole andare a scuola: che motivo
avrebbe di iscriversi all’università, considerando il fatto che in
Grecia non troverà alcun posto di lavoro al termine degli studi?
Oppure il padre di Eleftheria, un pensionato
di 72 anni che abita a Kymi, è costretto nell’imbarazzo a chiedere
i soldi alla figlia per permettersi i costi dei farmaci che lo Stato
non può più sostenere. La sua pensione è stata recentemente
decurtata del 50%.“Ma, ti prego, non dirlo alla mamma”, dice
alla figlia. Mentre fuori le strade sono costeggiate da cumuli di spazzatura
non raccolta da più di tre settimane.
Ogni giorno migliaia di lavoratori
sono destinati alla cassa integrazione e altre centinaia vengono licenziati
dalle aziende. Il governo da una parte aumenta le tasse e ne introduce
di nuove in tutti i settori e, allo stesso tempo, dimezza salari e pensioni
sia nel settore pubblico che nel privato. Il tasso di disoccupazione, cresciuto di anno in anno del 35%, è appena
al di sotto del 20%; si registra un enorme incremento del numero dei
senzatetto e le imposte sui consumi alimentari sono aumentate dal 13
al 23%. Nello stesso tempo i trasporti pubblici vengono smantellati
e gli ospedali in tutto il paese funzionano a stento. È la prima volta
che i libri nelle scuole pubbliche non vengono distribuiti, mentre le
università sono allo sbando totale. È alla “saturazione” del settore
pubblico che si vuole imputare
la colpa della miseria in cui versa il popolo. I servizi sociali sono
stati intenzionalmente abbandonati, favorendo così l’adozione da parte
dei cittadini in collera del sistema
di privatizzazione a discapito
del pubblico.
La gente qui sente che il paese affonda
a poco a poco, trascinandosi in un percorso scavato dall’ingiustizia
e dall’arbitrarietà. Eppure in questo momento, quando non sono le regole
del gioco ad essere sfidate ma il gioco stesso, la gente sembra essere
autorizzata ad agire in modi che in passato non avrebbe mai ritenuto
possibili: inveire
fisicamente contro i politici,
schernire e sabotare fino all’annullamento
le parate militari pubbliche
umiliando gli stessi ufficiali che ne prendono parte, partecipare a
riunioni di quartiere e manifestazioni (non curanti delle quantità di gas lacrimogeno usati dalle forze dell’ordine), creare sindacati
di base per rivendicare i propri diritti sul lavoro, occupare luoghi
di lavoro, interrompere servizi pubblici e protestare in modi impulsivi,
imprevedibili e violenti.
In questi momenti, quando per molti
non c’è più nulla da perdere, tutto diventa possibile. Nella
periferia nord ateniese di Nea
Ionia, il comune si è
attivato nel sostegno per evitare il pagamento della nuova imposta tramite
il proprio sito ufficiale, promettendo, oltre al supporto legale, anche
l’invio di volontari che possano garantire agli utenti la connessione
alla rete Internet. Il rifiuto popolare di sopportare le austerità
prende sempre più piede, a prescindere dalla quotidiana politica del
terrore e dell’emergenza o dagli infiniti crolli delle borse. Di contro,
la consapevolezza che può portare una possibilità di cambiamento sostanziale
risiede nelle persone che hanno deciso di cambiare idee, abitudini,
modi di fare politica. Quando verrà chiamata ad esprimersi attraverso
il voto, la Grecia saprà di assumere un ruolo importante.
Fonte: Ordinary Greeks are taking matters into their own hands
03.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di FM
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