DI JACQUES SAPIR
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La grande maggioranza dei francesi
ha identificato i danni provocati dal libero scambio sulla propria economia,
al punto che si può parlare di una forte presa di coscienza che
supera le cornici dei partiti politici e che viene espressa da quasi
tutti gli strati sociali. La vecchia opposizione tra i diplomati e i
non diplomati che era presente all’epoca del referendum del 2005 non
c’è più. Il popolo francese oscilla tra la rivolta e la rassegnazione,
questo è il primo dato del sondaggio.
- Il 48% delle risposte indica
che le persone intervistate sono “stufe” della situazione economica
della Francia, mentre il 30% afferma di essere “rassegnato”. Solo
il 14 per cento ha fiducia o è entusiasta.
- La categoria sociale dove
predomina il sentimento di rivolta è quella degli operai
(il 64%), seguiti degli artigiani e dai piccoli commercianti (il 55%) e
dagli impiegati (il 52%). Il sentimento di rivolta è più debole
nelle libere professioni e tra gli alti dirigenti, ma raggiunge comunque
il 36%.
I. Uno sguardo critico e argomentato sulla globalizzazione e il libero scambio
La domanda principale verte sulla valutazione dell’apertura delle frontiere alle merci di paesi come Cina e India e dei paesi emergenti a livello globale. I risultati manifestano di
un rigetto massiccio della globalizzazione.
Un giudizio negativo è presente
nel 73% delle risposte per ciò che riguarda il passivo di bilancio, nel 78% per ciò che riguarda il livello degli stipendi e nel 84% per ciò che riguarda il mondo del lavoro.
Notiamo anche che la percentuale di
risposte che indicano come queste conseguenze possano avere lati molto
positivi è solamente del 7%, 12 volte meno rispetto alla percentuale di quelli che considerano queste conseguenze come negative o molto negative.
Questo giudizio è senza appello.
Sulle tre grandi domande che riguardano l’economia, l’impiego, gli stipendi e il deficit, la schiacciante maggioranza dei francesi ritiene che l’apertura dell’economia ha avuto conseguenze nefaste. Evidententemente, la “globalizzazione felice” esiste solamente in certi giornali o per alcuni scrittori.
Questa apertura è comunque considerata
come negativamente per i paesi sviluppati (il 52%) e per la Francia
in particolare (il 57%). È anche una cosa negativa per la sicurezza
dei prodotti distribuiti in Francia (il 71%), per i salariati (il 72%)
e per l’ambiente naturale (il 73%). La coscienza dei risultati negativi
dovuti all’apertura non si limita quindi agli aspetti sociali. Tocca
anche la richiesta di sicurezza dei beni di consumo e quella degli alimenti,
così come dell’ambiente naturale. Appare sempre più forte la presa
di coscienza che ci sia una contraddizione radicale tra il libero scambio
e la preservazione dell’ambiente naturale.
Quando si è chiesto alle persone
intervistate di proiettarsi nel futuro, il 75% ha risposto che l’apertura
avrà conseguenze negative sull’impiego nei prossimi dieci anni.
Il 70% di è quindi opposto all’assenza o la debolezza dei dazi
doganali sui prodotti che provengono dai paesi emergenti e il 65% è
a favore del rialzo di queste tariffe. Le conseguenze di una politica
protezionistica sono percepite in modo favorevole per proteggere le
conoscenze francesi (il 59%), per le attività dell’industria (il 57%),
per il mondo del lavoro (il 55%) e per la crescita (il 50%).
La gran parte delle persone intervistate ritiene che l’Europa debba ripristinare alcune politiche protezioniste (80%). Ma, nel caso ci fosse un rifiuto dei partner europei di acconsentire a queste iniziative, il 57% degli intervistati ha risposto che la Francia dovrebbe proseguire da sola. Ciò non si potrebbe esprimere meglio che con la frase “Con l’Europa se si può, con la Francia se occorre, contro l’Europa se si deve!”
II. Un fenomeno che trascende i partiti e le posizioni sociali
Questa ultima domanda è davvero
sintomatica perché concentra al tempo stesso il problema del protezionismo e quello di una possibile azione unilaterale della Francia. In un certo modo, ritrova in equilibrio con le posizioni dei Verdi. Gli elettori dell’UMP e del PS sostengono in modo forte il principio di una politica unilaterale (58% e 56%) a dispetto delle posizioni pro-europee di questi due partiti. Come ci si poteva aspettare, queste posizioni sono un plebiscito per le persone che sono vicine della Fronte di Sinistra e al Fronte Nazionale (il 73% nei due casi). Ma questi risultati si inseriscono
in una tendenza generale. I dati del Fronte di Sinistra e del Fronte
Nazionale indicano che sono più vicini a una posizione di influenza sulla sinistra e la destra moderata che a una di opposizione. I risultati in base alle categorie socio-professionali confermano questo giudizio. Se il 60% degli operai ritiene che la Francia debba applicare dei diritti
di dogana alle sue frontiere in caso di rifiuto o di insuccesso di una soluzione concertata europea, le percentuali degli artigiani e piccoli
commercianti (il 63%), quelle degli impiegati (il 57%), ma anche, a sorpresa, degli alti dirigenti e dei liberi professionisti (il 56%) non sono molto differenti.
C’è dunque una contraddizione evidente tra gli elettori e i principali partiti (PS ed UMP) sulla questione europea. Invece, il Fronte di Sinistra e il Fronte Nazionale sembrano più coerenti con i propri elettori. Non ne dubitiamo: se domani dovesse essere organizzato un referendum su questo argomento, finirebbe con un nuovo rinnegamento della classe politica e dei grandi media come nel 2005. Del resto, il 61% delle persone intervistate si è pronunciato a favore di una petizione per l’organizzazione di un
dibattito a livello europeo contro il 21% di quelli che vi si oppongono.
Questo giudizio estremamente negativo viene confermato se si prende in considerazione l’affiliazione politica (la percentuale massima, il 90%, è stata rilevata tra coloro che sono vicini al PS e quella minima, l’82%, a quelle prossime al MODEM). Si ottiene un risultato simile se si prendono in esamee i candidati all’elezione presidenziale del 2007 (il 90% delle persone che hanno votato per Ségolène Royal hanno questo giudizio negativo contro il 86% di quelli che per François Bayrou).
Si osserva un risultato analogo riguardo le conseguenze del libero scambio se si considera il livello degli stipendi. Un giudizio molto negativo, con la stessa percentuale, è espresso dai vecchi elettori di Ségolène Royal e di Jean-Marie Il Pen (l’89%) e solamente dal 72% degli elettori di Nicolas Sarkozy. I simpatizzanti del MODEM sono certo i meno convinti, sebbene la percentuale sia del 72%, ma è superiore all’80% per tutti i partiti di sinistra e per i Verdi, e all’86% per il Fronte Nazionale.
L’impatto di quest’apertura sui salariati francesi è giudicata negativamente dalla gran maggioranza dei
simpatizzanti di tutti i partiti e anche dalle persone che non hanno votato alle elezioni presidenziali.
Ma le divergenze tra le posizioni della dirigenza o dei futuri candidati dei partiti centrali dello scacchiere
politico francese (PS ed UMP) e quelle dei loro elettori non potrà essere maggiore di quella sull’analisi della conseguenze della globalizzazione.
Gli intervistati sperano che questo
protezionismo possa essere introdotto a livello europeo. Ma, allo stesso
tempo, non sono sciocchi. Sanno per certo che la costruzione europea
è diventata un’enorme macchina che produce regolamenti, ma non
azioni politiche. Allora, di fronte a a questa realtà incontrovertibile,
esprimono anche una forte richiesta di soluzioni che vengano elaborate
in ambito nazionale.
La scelta di una soluzione unilaterale
provocherebbe una grave crisi nell’Unione Europea, è quello che viene
detto e ridetto da larghi strati della classe politica e dei media.
Tuttavia, una soluzione di questo tipo sembra essere accettata da una
larga maggioranza delle persone intervistate. Non solo lo scarto tra
i sostenitori e gli oppositori è considerevole (il 57% contro il 31%),
ma c’è solamente il 10% del totale delle persone intervistate che
si oppone completamente a una soluzione unilaterale, ossia che pongono
gli interessi della Francia al di sotto di quelli delll’UE. Il grande
sogno europeo si è interrotto e i francesi si sono svegliati ancora
più vicini alla propria nazione.
III. Le conseguenze politiche
La maturità dei francesi evidenziata
da questo sondaggio è abbastanza stupefacente. Che si parli delle
cause della situazione economica o delle soluzioni da trovare, si trovano
nelle risposte le tracce di una ricca argomentazione.
Il problema maggiore viene dalla divergenza
tra le posizioni politiche del PS e dell’UMP e la posizione dei loro
elettori. La contraddizione, lo si è detto già, è palese e massiccia.
Ciò viene rafforzato dal fatto che il 64% degli intervistati ritiene
che la richiesta del protezionismo dovrebbe essere un argomento fondamentale
nelle prossime elezioni presidenziale. È solo il 23% a pensare che
questa domanda non sia davvero importante e solamente il 5% a considerare
che l’apertura economica non costituisce un problema.
Ora, su questo punto le posizioni dei
due grandi partiti francesi vanno prese con le molle. Nicolas Sarkozy
aveva fatto alcune dichiarazioni durante la sua campagna elettorale
che lasciavano a pensare che fosse a favore di un certo protezionismo,
ma che poi non sono state seguite dai fatti. Il PS oscilla tra riferimenti
alle “chiusure”, addirittura ai dazi doganali (ma solo contro
quei paesi che non rispettano le norme internazionali in materia sociale,
sanitaria ed ambientale) e le recenti dichiarazioni di uno dei candidati
potenziali, François Hollande, che ha escluso ogni ricorso al protezionismo.
Si può dunque constatare che tanto la pratica dell’uno che i discorsi
degli altri sono all’opposto di quello che richiedono i francesi.
Una tale divergenza è suicida. Lo è per tutti quei partiti che vorranno prendere il rischio di tralasciare un tema fondamentale della futura campagna elettorale e quindi di favorire il partito che è più in fase con l’opinione pubblica francese, in particolare il Fronte di Sinistra e il Fronte Nazionale. Inoltre, questa divergenza è suicida anche e soprattutto per politica e per la democrazia. Contribuisce al radicamento dell’idea che la classe politica, quanto meno per ciò che riguarda i “grandi partiti”, ha interessi e preoccupazioni radicalmente differenti da quelli della popolazione. L’ondata populista che sta montando nel nostro paese, così come in numerosi altri paesi europei, verrà sicuramente rafforzata e potrà diventare decisiva nei prossimi mesi.
Il buonsenso vorrebbe quindi che i
“grandi partiti” facciano propria una richiesta che, come indica questo sondaggio, trascende i partiti e i ceti sociali. Dovranno essere introdotte d’urgenza delle risposte forti e positive e non ci si potrà più riparare dietro l’argomento dell’abulia europea per giustificare la propria inoperosità.
Se così non fosse, dovremmo aspettarci un’ascesa dei consensi di quei partiti che avranno compreso l’importanza della questione del libero scambio e della globalizzazione. Se, dopo le elezioni, ci sarà del rimpianto, allora sarà troppo tardi.
Fonte: Le protectionnisme plébiscité par les Français, par Jacques Sapir
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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