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La Redazione

 

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IL PIANO PER LO STRANGOLAMENTO ECONOMICO DELL’ IRAN

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A cura di Das schloss
Il 16 Gennaio 2007
43 Views

blankDI ABBAS BAKHTIAR
Global Research

Si dice che c’è più di un modo per scuoiare un gatto. E sembra che gli Stati Uniti stiano cercando di scuoiare questo gatto—l’ Iran–in ogni modo possibile, compreso lo strangolamento economico.

Mentre le persone sono preoccupate dall’Iraq e dalla armata che viene raccolta nel Golfo Persico, gli Stati Uniti stanno silenziosamente portando avanti una guerra economica ben poco nascosta contro l’Iran.

Sin dalla rivoluzione iraniana del 1979, il paese è stato sottoposto a costanti sanzioni unilaterali Usa. “Le prime sanzioni Usa contro l’Iran furono formalizzate nel novembre del 1979, e durante la crisi degli ostaggi, furono sollevate numerose sanzioni contro il governo iraniano. Nel 1987 l’importazione di beni iraniani negli Stati Uniti è stata bandita. Nel 1995, il presidente Clinton emise l’ordine esecutivo12957, che bandiva l’investimento Usa nel settore energetico dell’Iran, seguito poche settimane dopo dall’ordine esecutivo12959 del 6 maggio del 2000 che eliminava ogni commercio ed investimento e praticamente ogni interazione tra gli Stati Uniti e l’Iran.” [1] Nonostante le sanzioni l’Iran ha continuato ad attrarre investimenti stranieri e collaborazioni tecniche per il suo settore energetico. Paesi come la Francia, l’Italia e altri si sono avvantaggiati dell’assenza della concorrenza americana e hanno cercato di riempire il vuoto. Eppure la minaccia di rappresaglie americane ha mantenuto gli investimenti molto al di sotto dei livelli desiderati. Ha solamente consentito all’Iran di continuare a mantenere la sua esportazione di petrolio al livello determinato dal Opec.

Il Punto di Soffocamento Economico: Petrolio & Gas


“Secondo l’ Oil and Gas Journal al 1 gennaio 2006 l’ Iran possedeva riserve provate di petrolio per 132,5 miliardi di barili. Questa stima, che comprende le recenti scoperte nei giacimenti di Kushk e Hosseineih nella provincia del Khuzestan, implica che l’Iran detiene circa il 10% del totale delle riserve mondiali confermate. La grande maggioranza delle riserve di greggio iraniano sono localizzate in gran parte in campi interni nella regione sud-occidentale del Khuzestan prossima al confine iracheno. In totale l’Iran possiede 40 campi attivi, 27 interni e 13 offshore. Il greggio iraniano ha generalmente livelli medi di zolfo ed è nell’intervallo API 28°-35°.” [2]

Non c’è dubbio che l’economia iraniana sia guidata dal petrolio. Gli introiti petroliferi costituiscono più del 70% dei suoi guadagni totali per le esportazioni ed il 50% del suo PIL. I guadagni petroliferi dell’Iran erano di $ 32 miliardi nel 2004, $45,6 miliardi nel 2005, e, secondo Hojjatollah Ghanimifard, il direttore della Compagnia Petrolifera Nazionale dell’Iran, raggiungeranno $ 52 miliardi entro la fine dell’anno iraniano (21 marzo 2007).

L’Iran produce attualmente circa 4 milioni di barili di petrolio al giorno, dei quali solo 2, 5 milioni di barili vengono esportati mentre i rimanenti 1, 5 milioni di barili vengono consumati all’interno. Secondo l’ultimo rapporto della National Academy of Sciences (NAS) degli Stati Uniti (26 dicembre 2006) se continuasse l’attuale incremento nel consumo locale iraniano di petrolio e non venisse fermato l’attuale declino nella produzione, per il 2015 l’ esportazione iraniana di petrolio cadrebbe a zero.[3] Secondo questo e altri resoconti l’Iran ha bisogno di investire circa $ 2,5 miliardi all’anno solo per rimanere fermo. L’Iran non sta esaurendo il petrolio, ma ha bisogno di denaro per mantenere i vecchi campi petroliferi e portare in attività i nuovi campi.

I più grandi campi petroliferi esistenti in Iran sono: Ahwaz (1958), Aghajari (1936), Gacchsaran (1937) e Marun (1963). Questi quattro campi insieme, al massimo della loro produzione, forniscono quasi 4, 5 milioni di barili di petrolio al giorno. Tutti e quattro raggiunsero il loro piccolo tra la fine degli anni 60 e la metà degli anni 70. Secondo Mathew R. Simmons, nel 2003, la produzione combinata di questi quattro campi petroliferi era ridotta ad 1,7 milioni di barili al giorno. [4]

L’attuale strategia Usa è di affamare le industrie iraniane del petrolio e del gas impedendo loro nuovi investimenti, riducendo quindi i profitti del governo iraniano che si spera a loro volta riducano la possibilità dell’Iran di mantenere non solo le sue forze armate, ma anche gli obblighi sociali del governo verso il suo popolo (sussidi, salari ecc.). Si spera che ciò, combinato con l’isolamento internazionale e (con l’aiuto dell’Arabia Saudita) con una riduzione dei prezzi del petrolio (il prezzo Opec del greggio è, l’ 8-01-2007, di $ 51,25 al barile) renda invalida l’economia iraniana ma porti possibilmente anche ad un cambio di regime. Tutti gli attacchi all’economia sono stati presentati con la scusa di impedire all’Iran di sviluppare armi di distruzione di massa, ed in particolare armi nucleari.

L’attacco all’economia iraniana è cominciato all’inizio del 2006. Gli Stati Uniti hanno iniziato a porre considerevole pressione sulle banche internazionali e le istituzioni finanziarie perché taglino i loro legami con l’Iran. Sono stati sottoposti a pressioni anche i paesi perché riducano i loro contatti economici con l’Iran. Per esempio oltre che per i soliti avvertimenti e minacce dietro le quinte, nel settembre 2006, il segretario del Tesoro Usa M. Paulson Jr, ha utilizzato il suo primo incontro con i dirigenti della finanza mondiale per portare avanti la missione dell’amministrazione Bush di isolare l’Iran.

“Uscendo dall’incontro con i ministri delle finanze che rappresentavano il Gruppo delle Sette nazioni industrializzate, Paulson ha affermato di aver raccomandato alle sue controparti di intensificare gli sforzi per impedire a banche e compagnie private nei loro paesi di essere usate come inconsapevoli condotti per materiali e finanziamenti che aiutino le ambizioni dell’Iran.” [5]

Poste ultimamente sotto pressione da parte degli USA tre tra le maggiori banche giapponesi, Bank of Tokyo-Mitsubishi UFJ, Mizuho Corporate Bank e Sumitomo Mitsui Banking Corp, hanno annunciato che, in linea con le sanzioni finanziarie Usa, si asterranno dal lavorare con la banca statale iraniana Bank Saderat of Iran (che ha 3400 filiali in Iran). Recentemente un’altra grande banca iraniana con delle filiali straniere è stata presa di mira per il congelamento dei beni e per sanzioni. “La Bank Sepah International Plc (BSIP), registrata nel regno unito, è specializzata nel fornire finanziamenti e servizi per il commercio internazionale in tutto il mondo con particolare attenzione all’Iran e alla regione del Golfo Persico, secondo il suo sito Web. La banca è una sussidiaria di proprietà della Bank Sepah, Iran, che è stata fondata nel 1925 ed è la più vecchia delle banche iraniane. Bank Sepah ha una grande rete di filiali in Iran così come uffici a Parigi, Francoforte e Roma”.[6]

Questa pressione è stata anche sentita dalle banche svizzere e indiane. Alla metà del 2006 la State Bank of India (SBI), l’unica banca indiana che opera in Iran, con una presenza simbolica, è stata posta sotto intensa pressione perché lasciasse l’ Iran.[7]

Altre banche che hanno ceduto alle pressioni sono state USB AG (comprata dalla Banco Pactual S.A. nel 2006) e il Credit Suisse Group of Switzerland (gruppo che controlla altre banche quali: Bank Leu, Schweizerische Volksbank, Neue Aargauer Bank, Winterthur, e Donaldson, Lufkin & Jenrette Inc.). UBS AG, la maggiore banca d’Europa per beni posseduti ha anche tagliato tutti i legami d’affari con l’Iran nel gennaio 2006 e ha soddisfatto i legislatori Usa nell’aprile 2006 per quel che riguarda il trasferimento di banconote Usa alla Repubblica Islamica. Credit Suisse Group, la seconda più grande banca svizzera, ha anche lasciato l’Iran in gennaio. Altre banche che hanno lasciato o ristretto le loro attività in Iran sono state: ABN AMRO dell’Olanda e la londinese HSBC.

Questi sono solo pochi esempi della pressione finanziaria indiretta degli Stati Uniti sull’ Iran. Governi, aziende ed istituzioni finanziarie sono sotto intensa pressione perché terminino tutti gli affari con l’Iran. Ma sin qui l’Iran è riuscito a far funzionare la sua industria petrolifera e le sue istituzioni finanziarie, sebbene con grande difficoltà.

La Strategia Iraniana

L’ Iran di fronte all’attacco finanziario americano contro le sue risorse petrolifere è stato rapido a cercare altre occasioni sia per investimenti nelle sue strutture che transazioni finanziarie. L’Iran di fronte a Stati Uniti ed Europa sempre più ostili si è rivolto a Russia e Cina per l’investimento e per la conoscenza tecnica per le sue industrie del petrolio e del gas. La Cina ha la necessaria forza finanziaria e abbastanza sete di energia per ignorare le pressioni americane. La Cina sta già pesantemente investendo nei campi petroliferi iraniani, assicurandosi una parte delle riserve di gas e petrolio. La Cina, con 1, 3 miliardi di abitanti ed un’economia in rapida crescita, è già il secondo consumatore di petrolio al mondo. Se la crescita economica cinese continuasse si stima che per il 2020 i bisogni energetici della Cina aumenteranno del 150%.


“L’attesa di una crescente dipendenza dalle importazioni di petrolio ha portato la Cina ad acquisire interesse nell’esplorazione e nella produzione in posti come Kazakhstan, Russia, Venezuela, Sudan, Africa Occidentale, Iran, Arabia Saudita e Canada. Ma nonostante gli sforzi per diversificare le sue fonti le Cina è diventata sempre più dipendente dal petrolio mediorientale. Oggi il 58% delle importazioni cinesi di petrolio provengono da tale regione. Per il 2015 la porzione di petrolio mediorientale arriverà al 70%. Sebbene storicamente la Cina non abbia avuto stabili interessi strategici in Medioriente la sua relazione con la regione da cui proviene gran parte del suo petrolio sta diventando sempre più importante.” [8]

L’anno scorso la Cina ha firmato contratti per gas e petrolio per il valore di più di $ 100 miliardi con l’Iran. La Cina è pesantemente coinvolta nello sviluppo dell’enorme campo petrolifero di Yadavaran. “Se fosse completato, l’affare permetterebbe alla Cina di comparare 150.000 barili di greggio iraniano al giorno a prezzo di mercato per 25 anni così come 250 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto. In base ad un iniziale accordo firmato nell’ottobre 2004 dal Sinopec Group, la Cina potrebbe pagare all’ Iran addirittura $ 100 miliardi per i diritti e l’acquisto di gas e petrolio per più di 25 anni.”[9] È interessante che la Royal Dutch Shell Plc lavori come consulente tecnico della Sinopec per il giacimento di Yadavaran.

Il 25 dicembre 2006 la National Offshore Oil Corp cinese ha annunciato la firma di un protocollo di accordo da $ 16 miliardi per sviluppare il giacimento di gas iraniano di North Pars e la costruzione in Iran di impianti per il gas naturale liquefatto (LNG). Ci si aspetta che servano otto anni per completare il progetto.

Anche la Russia è interessata ad entrare nel vantaggioso mercato iraniano del petrolio e del gas. Secondo il Moscow Times, la compagnia petrolifera russa LUKoil sta per firmare un contratto per produrre petrolio dal giacimento iraniano di Azadegan [10]. Vi sono anche compagnie russe invitate ad entrare nel mercato iraniano. “La Mashna Uqua Company ha offerto alla National Iranian South Oil Company (NISOC) di applicare la nuova tecnologia per migliorare il ROR [rimozione del petrolio residuale n.d.t. ] ad una delle riserve petrolifere iraniane, ha riferito una fonte che non ha voluto essere identificata alla Mehr News Agency. La fonte ha spiegato che la tecnologia comprende l’iniezione di un gel nei pozzi petroliferi che previene l’afflusso dell’acqua e perciò migliorando il ROR.”[11]

La Russia è anche molto interessata a creare un cartello del gas, simile all’ Opec. Recentemente un parlamentare russo anziano ha chiesto la creazione di un cartello dei produttori per “resistere” al cartello dei consumatori.

“E’ necessario formare un’alleanza del gas, a cui si potrebbero unire Turkmenistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Russia, Ucraina e Bielorussia,” ha detto lunedì Valery Yazev, presidente del comitato parlamentare russo per l’energia, come riferito dalla RIA-Novosti. “Domani, una volta rimosso il problema del programma nucleare dell’Iran, vedrei anche l’Iran in questa alleanza,” ha detto Mr Yazev, parlando ad un incontro del gruppo industriale Russian Gas Union, di cui è a capo. [12]

Non è un segreto che la Russia stia usando le sue risorse energetiche per ottenere il massimo vantaggio commerciale e politico nei suoi rapporti con l’Unione Europea e con altri. Gazprom e già un potente gigante del petrolio e sta rapidamente diventando anche il maggior fornitore mondiale di gas. Se la Russia riuscisse a creare un cartello del gas insieme all’ Iran, l’ Europa diventerebbe un mercato prigioniero con poche opzioni per le sue forniture di gas.

Consumo Locale di Energia

Com’è stato detto sopra, di 4 milioni di barili al giorno prodotti circa 1, 5 milioni di barili vengono consumati localmente in Iran. L’Iran ha una fiorente industria automobilistica con una maggioranza delle macchine prodotte per il mercato locale. Vi sono più di 3 milioni di macchine nella sola Theran; e quasi la metà di esse consumano enormi quantità di gas. Ogni anno il paese deve importare miliardi di dollari di carburante. Le raffinerie iraniane possono fornire soltanto 42 milioni di litri di benzina al giorno, mentre la domanda e di 70 milioni di litri. Ciò significa che l’Iran importa circa 30 milioni di litri di benzina al giorno; qualcosa che costa al paese grandi quantità di valuta preziosa.

La benzina gode di forti sussidi statali ed un gallone di benzina costa solo 35 centesimi. Questi sussidi hanno portato non solo al contrabbando di benzina verso gli stati confinanti ma anche a grosse perdite della finanza pubblica. L’Iran ha bisogno sia di ridurre il consumo sia di aumentare le sue capacità di raffinamento.

Per aumentare le sue capacità di raffinamento l’Iran ha iniziato a costruire nuove raffinerie sia all’interno che all’esterno del paese. L’Iran ha pianificato joint venture per la costruzione di raffinerie in Siria[13], Venezuela[14] e Indonesia[15]. In aggiunta l’Iran ha progettato diverse raffinerie all’interno del paese, e l’ultima è una possibile joint venture con l’ Essar indiana [16]. Per ridurre il consumo il governo ha pianificato un nuovo sistema di razionamento della benzina. Eppure il razionamento di per sé non potrà affrontare il problema della dipendenza degli iraniani dalla benzina a poco prezzo. L’unica soluzione è la normalizzazione dei prezzi che è molto improbabile data l’attuale situazione politica.

Un’altra maggiore fonte di perdita economica nell’economia dell’Iran è il suo consumo di gas. L’Iran “ha una delle più estese infrastrutture di riscaldamento residenziale al mondo, con abitazioni nei villaggi più remoti fortemente riscaldate con l’economico gas naturale. I sussidi statali per l’energia domestica costano da $ 20 a $ 30 miliardi all’anno”[17]. Recentemente l’Iran ha dovuto fermare la spedizione di gas alla Turchia a causa di una improvvisa crescita nella domanda locale. Il governo, a quanto sembra, non ha ancora deciso se vuole il gas per l’esportazione, per il riscaldamento domestico, per la creazione di industrie a forte dispendio energetico o per iniettarlo nei pozzi di petrolio. Ma indipendentemente dalle scelte che farà, il governo sa che non può continuare a tempo indeterminato con l’attuale livello di sussidi.

E ora? gli attuali attacchi finanziari americani contro l’Iran vengono sentiti a Theran. Sebbene siano un tema ricorrente questi attacchi non sono mai stati tanto intensi come ora. Questi attacchi provocheranno qualche problema a Theran ma non persuaderanno il governo ad abbandonare le sue ambizioni nucleari. Con tutta probabilità l’Iran affronterà a breve termine i problemi di produzione e ridurrà il suo consumo locale con l’aumento dei prezzi, aumentando così un’inflazione già alta, e con il razionamento. Questi attacchi stanno danneggiando e continueranno a danneggiare l’ Iran, ma non tanto quanto gli Stati Uniti desiderano. Sebbene gravi questi attacchi possono essere visti da qualcuno in Iran come una benedizione nascosta, perché costringono gli iraniani ad affrontare alcune spiacevoli questioni riguardanti la loro economia in generale e il loro consumo energetico e i sussidi in particolare.

L’Iran soffre per molti problemi economici, gran parte dei quali sono legati ad un eccessivo coinvolgimento del governo nell’economia. Alcuni dei problemi finanziari possono essere attribuiti alle sanzioni, ma la maggioranza degli attuali problemi economici hanno cause interne. Deboli gestioni, inefficiente uso delle risorse, corruzione, burocratizzazione e miriadi di leggi sono solo alcuni dei tanti problemi fronteggiati dall’economia iraniana. Questi problemi non sono stati creati da Ahmadinejad, né possono essere risolti da lui; eppure la gente si aspetta che egli affronti molti di questi problemi. Questo è ciò che ho definito il tallone di Achille di Ahmadinejad, di cui mi occuperò in un prossimo articolo. Ahmadinejad è stato eletto soprattutto per la sua promessa di mettere più pane sulle tavole iraniane. Con gli enormi problemi che fronteggia è difficile vedere come possa mantenere le sue promesse fatte agli elettori. Mentre l’amministrazione Bush è decisa ad ottenere un cambio di regime in Iran, riducendo ogni possibilità di una pacifica risoluzione degli attuali problemi tra Usa e Iran. Ci si aspetterebbe che la recente sconfitta elettorale abbia mandato un chiaro segnale alla Casa Bianca sul fatto che il popolo americano vuole meno e non più conflitti nella regione. Ma apparentemente l’amministrazione Bush sta andando nella direzione opposta. Gli Usa stanno continuando ad aumentare la loro presenza navale nel Golfo Persico. Il gruppo di attacco USS John C. Stennis raggiungerà presto il gruppo della portaerei USS Dwight Eisenhower e la forza d’attacco USS Boxer nel Golfo Persico “come avvertimento a Siria e Iran”. La spinta verso sanzioni Onu più stringenti, l’uso di sanzioni unilaterali, l’aumento della pressione su governi stranieri perché smettano di trattare con l’Iran, le sanzioni poste alle banche iraniane e l’aumento delle dimensioni della presenza della marina Usa nel Golfo Persico sono tutti segni delle intenzioni ostili dell’amministrazione Bush verso l’Iran.

E’ difficile vedere come gli Stati Uniti possano aspettarsi che l’Iran collabori su Iraq e Afghanistan mentre viene minacciato militarmente e soffocato economicamente. Potrebbe anche essere una tattica di negoziato. Prima far vedere le pistole e poi trattare. Ma secondo me non è né un bluff né una tattica di negoziato. L’amministrazione Bush si sta comportando come un giocatore d’azzardo che ha perso tutto tranne la sua casa. Ora, in un ultimo disperato tentativo, sta aumentando la scommessa per avere tutto o nulla. Speriamo che i democratici fermino Bush prima che, accidentalmente o intenzionalmente, inizi un’altra guerra in una regione già instabile.

Il Dr. Abbas Bakhtiar vive in Norvegia. Lavora come consulente manageriale. E’ anche autore per molti giornali on-line. Egli è un ex professore associato della Nordland University in Norvegia.

Altri articoli di Abbas Bakhtiar

Note

[1]. Ali Mostashari, “The Impacts of U.S. Sanctions on the Iranian Civil Society: Consequences for Democratization” Iranian Studies Group @MIT,, June 2004 http://isg-mit.org/projects-storage/SanctionImpact/Impacts_US_Sanctions.pdf

[2]. Energy Information Administration, “Iran:Oil”. Country Analysis Brief, 2006 http://www.eia.doe.gov/emeu/cabs/Iran/Oil.html

[3]. Roger Stern, “The Iranian petroleum crisis and United States national security”, Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States”, Dec 26, 2006. http://www.pnas.org/cgi/reprint/104/1/377

[4]. Mathew R. Simmons, “Twilight in the Desert: the coming Saudi oil shock and the world economy”, Wiley, 2005. pp. 299

[5]. Washington Post, “Finance chiefs are pressed on Iran”, September 17, 2006 click here

[6]. Haaretz, “U.S. expected to announce sanctions on major Iranian bank”, January 9, 2007 http://www.haaretz.com/hasen/spages/811345.html

[7]. India Times, “US wants SBI to quit Iran”, JUNE 05, 2006 http://economictimes.indiatimes.com/articleshow/1620664.cms?epaper

[8]. Institute for Analysis of Global Security, “Fuelling the dragon: China’s race into the oil market” http://www.iags.org/china.htm

[9]. Bloomberg, “Iran Invites Sinopec Head to Sign $100 Billion Oil, Gas Deals”, 25 November 2006 http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601080&sid=aEGZ4sBCjHQE&refer=asia

[10]. The Moscow Times, “LUKoil Signs Iranian Oil Field Contract”, December 12, 2006. Issue 3559 http://www.themoscowtimes.com/stories/2006/12/12/046.html

[11]. Mehr News, “Russia offers Iran new tech to improve oil ROR”, 11 December 2006 http://www.mehrnews.ir/en/NewsDetail.aspx?NewsID=419767

[12]. News.com, “Russia calls for gas alliance with Iran”, October 31, 2006 http://www.news.com.au/dailytelegraph/story/0,22049,20676058-31037,00.html

[13]. Lebanies Lobby.org, “Iran expands links with Syrians”, December 30, 2006 click here

[14]. Fars News, “Venezuela to Supply Irans Petrol Needs”, May 31, 2006 http://english.farsnews.com/newstext.php?nn=8503100488

[15]. Houston Chronicle, “Iran to Invest $600M in Indonesian Fuels”, April 28, 2006 http://www.chron.com/disp/story.mpl/ap/business/3826344.html

[16]. Earth Times.org, “Essar to build refinery in Iran”, January 8, 2007 http://www.earthtimes.org/articles/show/18484.html

[17]. Los Angeles Times, “U.S. targets Iran’s vulnerable oil”, January 8, 2007 http://www.heraldextra.com/content/view/205986/3/

Abbas Bakhtiar
Fonte: http://www.globalresearch.ca
Link
12.01.2007

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di ALCENERO

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