DI MICHEL CHOSSUDOVSKY
Global Research
Il premier israeliano Ehud Olmert ha invocato il ricorso “ad ogni mezzo possibile” per fermare il programma nucleare iraniano. Olmert, appena giunto a Washington ha replicato alle ennesime minacce del presidente iraniano Mahmoud Ahamdinejad che Israele sara’ cancellato avvertendo che “la minaccia iraniana deve essere fermata con ogni mezzo possibile. La comunita’ internazionale ha il dovere e la reposanbilita’ di chiarire alla’Iran con misure drastiche che se continueranno a cercare di realizzare ordigni atomici le ripercussioni saranno devastanti”. (Repubblica, 4 Giugno 2008)
I mezzi di comunicazione non sono stati in grado di informare sulla storia dei preparativi di guerra USA diretti contro l’Iran. Una insufficiente copertura mediatica ha iniziato ad affiorare a mezzo stampa agli inizi del 2007.
Pur esistendo documenti e rapporti militari ufficiali che li confermano, l’opinione pubblica è stata largamente tenuta all’oscuro e male informata riguardo a questi preparativi di guerra.
L’ipotesi di una guerra contro l’Iran viene presa in considerazione già a partire dalla metà degli anni ’90 come parte di una “sequenza” strategica operativa. Durante l’amministrazione Clinton, il Comando Centrale USA (USCENTCOM) aveva formulato piani per teatri di guerra che includevano l’invasione dell’Iraq e quindi quella dell’Iran:
“I grandi interessi e obiettivi di sicurezza nazionale espressi nella National Security Strategy (NSS) del Presidente e nella Chairman’s National Military Strategy (NMS) costituiscono le fondamenta della strategia operativa dei Comandi Centrali USA. La NSS punta all’implementazione di una strategia di doppio contenimento degli stati canaglia di Iraq e Iran finché questi stati pongono una minaccia agli interessi degli Stati Uniti, ad altri stati nella regione, e ai loro stessi cittadini. Il Doppio contenimento è progettato per mantenere l’equilibrio di potere nella regione senza dipendere da Iraq o Iran. La strategia operativa dell’USCENTCOM è basata sull’interesse e concentrata sulle minacce. Lo scopo del coinvolgimento USA, come esposto nella NSS, è di proteggere gli interessi vitali degli Stati Uniti nella regione – l’accesso sicuro e ininterrotto al petrolio del Golfo da parte degli USA e dei suoi alleati”
(USCENTCOM, http://www.milnet.com/milnet/pentagon/centcom/chap1/stratgic.htm#USPolicy, grassetto aggiunto)
“L’esercito, la marina, l’aeronautica e i marines USA hanno tutti preparato dei piani di guerra e passato quattro anni costruendo basi e esercitandosi per l”Operazione Libertà iraniana’. L’ammiraglio Fallon, il nuovo capo del Comando Centrale USA [dimessosi nel Marzo 2008, nda], ha ereditato piani computerizzati sotto il nome di TIRANNT (Theatre Iran Near Term)”. (New Statesman, 19 Feb 2007)
Il testo seguente [nell’originale inglese a questo link, n.d.r], intitolato Attacco Pianificato Israelo-Statunitense all’Iran fu pubblicato tre anni fa da Global Research nel Maggio 2005. Delinea la prima fase dei preparativi di guerra Israele-USA in relazione all’Iran.
Mentre una buona parte di questa analisi rimane valida, la pianificazione militare in relazione all’Iran è adesso ad un punto ben più avanzato. Inoltre, anche la struttura delle alleanze militari sottostanti ai piani del Pentagono si è evoluta. Adesso la NATO è parte dell’alleanza militare.
Sotto gli auspici della NATO, in linea con il Pentagono, le forze britanniche, tedesche, turche e francesi sono destinate a giocare un ruolo cruciale nel caso di un attacco all’Iran e alla Siria.
A questo proposito, vale la pena di notare che già nel 2005, la NATO e Israele avevano gettato le basi per un accordo di cooperazione militare a lungo termine. A sua volta la Turchia, che da un punto di vista militare costituisce una forza significativa all’interno della NATO, ha un ampio accordo bilaterale di cooperazione militare con Israele.
Secondo affermazioni e documenti militari, gli USA, Israele e le forze alleate sono “in uno stato di allerta avanzato”. Di fatto molta della pianificazione di guerra aveva già raggiunto quello “stato avanzato” nel 2005.
Diverse variabili importanti entrano in gioco nel valutare la possibilità di una guerra totale all’Iran.
“Uno stato di allerta avanzato” per attaccare l’Iran non significa che si avrà effettivamente una guerra. Bisogna considerare una quantità di importanti fattori di bilanciamento.
Sfoggio di potere
Oltre alla guerra aperta, i preparativi di guerra voluti dagli USA facilitano diversi altri obiettivi di politica estera.
La minaccia di guerra associata all’avanzata prontezza militare viene spesso utilizzata per costringere i Paesi all’obbedienza, a obbligarli a rinunciare alla propria sovranità, ad aprire la loro economia agli investitori occidentali, a privatizzare e liquidare i propri beni a favore di compagnie americane, ecc. Queste minacce saranno efficaci solo se il Paese non ha la capacità di difendersi militarmente. Anche la forza della propria economia nazionale è una considerazione importante.
Lo sfoggio di potere militare va in relazione con l’Iran. L’obiettivo è quello di sottomettere definitivamente l’Iran come potenza regionale e prendere possesso delle sue ricchezze petrolifere, che costituiscono approssimativamente il dieci percento del totale delle riserve mondiali.
Qual è la capacità militare dell’Iran, o meglio la sua capacità di difendersi e di infliggere danni agli USA e alle forze alleate?
La risposta a questa domanda ci richiama essenzialmente a due aspetti.
Primo, l’Iran dispone di un avanzato sistema antiaereo, che usa tecnologia iraniana e russa. Inoltre, secondo esperti militari occidentali, ha perfezionato le capacità del propri missili balistici al punto che sarebbe capace di infliggere danni notevoli alle installazioni militari USA e alleate in Iraq, nel Golfo Persico e in Israele.
Durante questi ultimi anni, l’Iran si è preparato attivamente ad un attacco sostenuto dagli USA. Inoltre, come conseguenza dell’aumento repentino degli introiti petroliferi, il governo di Teheran ha rafforzato la propria capacità di finanziare la sua affidabilità militare. A questo proposito, l’Iran si trova in una situazione molto diversa da quella in cui si trovava l’Iraq prima dell’invasione del 2003, bersagliata dai raid anglo-americani sotto le “No Fly Zone” sommati a più di dieci anni di funeste sanzioni economiche.
I pianificatori militari USA sono pienamente consapevoli della possibilità dell’escalation. Se dovessero venir sferrati attacchi aerei di vasto respiro, le forze convenzionali iraniane passerebbero immediatamente oltre il confine iracheno e attaccherebbero le installazioni militari USA. Questo è un fattore che ha contribuito a “mettere la guerra in attesa”.
Invece che bombardamenti intensivi che porterebbero a una rappresaglia, Washington potrebbe scegliere come primo passo una più generalizzata campagna militare per sferrare attacchi aerei limitati, nell’ipotesi che l’Iran non attui alcuna rappresaglia. Secondo Philip Giraldi, l’attacco dovrebbe “essere il più possibile ‘chirurgico’ e limitato, inteso a colpire solo al-Qods e ad evitare perdite civili”. Prima di lanciare un “attacco limitato”, gli USA tenterebbero di assicurarsi, attraverso minacce e negoziazioni segrete, che la rappresaglia non avvenga.
La “capacità di combattere guerre” delle forze armate USA
L’Amm. William Fallon, che è stato recentemente rimosso dalla carica di Comandante del Comando Centrale USA (USCENTCOM), era acutamente conscio della capacità iraniana di rispondere militarmente e di infliggere perdite significative agli USA e alle forze della coalizione. Questo convincimento fu di fatto introdotto all’inizio degli scenari di guerra del 2003 sotto TIRANNT.
Prima delle proprie dimissioni, l’Ammiraglio Fallon minimizzò sulla possibilità di una guerra con l’Iran: “Credo che non stiamo andando verso l’Iran”.
Il presidente del Joint Chiefs of Staff Ammiraglio Michael Mullen, pur sostenendo ampiamente l’amministrazione Bush-Cheney, ha ufficialmente ammesso la debolezza militare USA. Le guerre in Iraq e Afghanistan “potrebbero aver minato la capacità militare di combattere guerre contro avversari importanti – incluso l’Iran.” ( citato in Haaretz, 22 Ottobre 2007).
In un’intervista rilasciata al New York Times, Mullen ha affermato:
“…i rischi potrebbero essere molto, molto alti…. Siamo in conflitto con due Paesi lì adesso… Dobbiamo essere incredibilmente cauti su un potenziale conflitto con un terzo Paese in quella parte del mondo”.
Queste affermazioni furono fatte agli albori del suo mandato da Presidente del Joint Chiefs of Staff nell’ottobre 2007.
Le esitazioni di Mullen sulla guerra all’Iran non sono basate su una posizione politica divergente ma su una valutazione realistica delle capacità militari USA. L’Ammiraglio Mullen riconosce che le truppe USA sono troppo sparpagliate e che in relazione all’Iraq incontrano seri problemi con il reclutamento.
Inoltre, tacitamente confermato dal Pentagono, le forze USA e della coalizione stanno incontrando una fiera resistenza sia in Afghanistan che in Iraq.
La nomina del Generale David Petraeus a capo dell’USCENTCOM
La nomina del Generale David Petraeus a capo del Comando Centrale USA (USCENTCOM) è servita a neutralizzare una potenziale opposizione dentro le Forze Armate USA. Essa rinforza la capacità del Vice Presidente Cheney di ordinare un attacco e assicura che i militari sosterranno completamente l’amministrazione Bush.
L’obiettivo è di “preparare l’Iran per l’attacco” utilizzando come pretesto e giustificazione il presunto intervento iraniano in Iraq, “dato che l’Iran […] è responsabile del crescente numero di perdite tra i soldati americani in Iraq” (Vedi “l’Iran dovrebbe essere ‘pronto per un attacco’” di Muriel Mirak-Weissbach, Global Research, Maggio 2008). L’Iran è anche accusato di intervenire in Afghanistan e in Libano. A questo proposito, gli attacchi israeliani al Libano del 2006 fanno parte di un piano per una più vasta guerra diretta contro Iran e Siria (Vedi Mahdi D. Nazemroaya, Global Research, Maggio 2007).
Scontri armati in Libano
I recenti scontri armati in Libano che hanno visto Hezbollah opporsi all’Alleanza del 14 Marzo hanno precipitato il paese nel caos. I combattimenti sono scoppiati dopo che il governo pro-USA di Siniora aveva annunciato un giro di vite su Hezbollah.
Hezbollah ha preso il controllo di parti di Beirut Ovest aprendo la strada ad un intervento di “peacekeeping” della NATO in Libano. Un maggiore coinvolgimento della NATO unito alla militarizzazione dell’intera costa del Mediterraneo dell’Est è parte integrante dello scenario di guerra Iran-Siria: un ruolo di “peacekeeping” per le forze NATO, per conto di Israele, indirizzato verso la Siria così come verso Hezbollah e Hamas.
Questi recenti avvenimenti in Libano sono stati innescati abbastanza deliberatamente con l’obiettivo di destabilizzare il paese. Sono parte del piano militare voluto dagli USA; sono finalizzati a porre le basi per un confronto con la Siria.
La struttura delle alleanze militari
La struttura delle alleanze militari è cruciale. Gli alleati degli Stati Uniti sono Israele e la NATO.
Gli alleati dell’Iran sono Cina e Russia, e i membri del Patto di Shangai (SCO).
Sia la Cina che la Russia hanno stretto degli accordi di cooperazione militare a lungo termine con l’Iran. Dal 2005, l’Iran ha lo status di membro osservatore all’interno del Patto di Shangai. A sua volta, lo SCO ha legami con il Collective Security Treaty Organization (CSTO), un accordo trasversale di cooperazione militare tra Russia, Armenia, Bielorussia, Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan.
Nell’ottobre 2007, il CSTO e lo SCO hanno firmato un memorandum d’intesa, gettando le basi per la cooperazione militare tra le due organizzazioni. Questo accordo SCO-CSTO, appena menzionato dai media occidentali, implica la creazione di una alleanza militare completamente sviluppata tra Cina, Russia e gli stati membri di SCO/CSTO. Vale la pena di notare che il CSTO e lo SCO hanno condotto delle esercitazioni militari congiunte nel 2006, che coincidono con quelle condotte dall’Iran (Per ulteriori dettagli vedi Michel Chossudovsky, “Russia and Central Asian Allies Conduct War Games in Response to US Threats”, Global Research, Agosto 2006).
Nel contesto dei piani di guerra USA diretti contro l’Iran, gli Stati Uniti stanno anche cercando di indebolire gli alleati iraniani, ossia Russia e Cina. Nel caso della Cina, Washington sta cercando di manomettere gli accordi bilaterali tra Pechino e Teheran, così come il tentativo iraniano di riavvicinamento allo SCO, che ha il suo quartier generale a Pechino.
A questo proposito, un’operazione militare rivolta contro l’Iran può avere successo solo se la struttura di alleanze militari che lega l’Iran alla Cina e alla Russia viene prima significativamente indebolita.
Ci sono elementi che segnalano come questa alleanza militare Euro-Asiatica alla base dello SCO si sia effettivamente rafforzata. Sebbene l’Iran abbia tuttora lo status di osservatore, il governo di Teheran ha espresso il proprio desiderio di diventare pieno membro dello SCO. Inoltre, nel corso dell’ultimo anno, l’Iran ha rafforzato i suoi patti bilaterali nel campo dell’energia, degli oleodotti e dei gasdotti con l’India così come con il Pakistan. Il posizionamento dell’India a fianco dell’Iran nel campo del petrolio e dell’energia è un’ulteriore fattore di indebolimento per l’influenza di Washington nella regione.
Quello che Teheran cerca è “nientemeno che un progetto per una nuova correlazione delle nazioni euroasiatiche, la cui collaborazione nello sviluppo dell’infrastruttura continentale—energia nucleare, oleodotti e gasdotti, trasporti—stabilirebbe le basi economiche, e quindi politiche, per una reale indipendenza” (vedi Muriel Mirak Weissbach, Maggio 2008).
La Storia sottolinea l’importanza di una competizione tra alleanze militari. Nel contesto attuale, gli USA e i loro partner NATO stanno tentando di ostacolare la formazione di una coesa alleanza militare euroasiatica SCO-CSTO, che potrebbe effettivamente combattere e contenere l’espansionismo militare USA-NATO in Eurasia, combinando le capacità militari non solo di Russia e Cina, ma anche delle tante repubbliche ex-sovietiche come Bielorussia, Armenia, Kazakistan, Tagikistan, Uzbekistan e Kirghizistan.
La decisione di iniziare una guerra: Una scelta non razionale
La decisione di iniziare una guerra non viene presa dall’alto comando militare.
La decisione di iniziare una guerra viene presa da civili.
Le Forze Armate USA sono caratterizzate da una gerarchia e da una catena di comando. Gli ordini vengono dall’alto, emanati dal “governo civile”, cioè l’amministrazione Bush. Vengono trasmessi verso il basso attraverso la catena di comando militare. Una volta che l’ordine di iniziare una guerra viene recepito non è discusso o dibattuto, viene eseguito dai militari. Inoltre, realisticamente, implementando un “attacco preventivo” all’Iran, l’amministrazione Bush scavalcherebbe il Congresso USA, in violazione plateale dell’Articolo I, Sezione 8 della Costituzione USA.
In pratica, il Presidente e Comandante in Capo, cioè George W. Bush, non decide. Anche lui esegue ordini provenienti dall’alto. Segue i diktat di potenti interessi finanziari e industriali.
Questa guerra è guidata dal profitto. “La guerra fa bene agli affari”. È una macchina da soldi. Il risultato sono miliardi di dollari di profitti per Wall Street, i giganti del petrolio e il complesso militar-industriale, per non parlare degli speculatori istituzionali sul petrolio, la valuta e i mercati dei beni primari.
L’obiettivo di questa guerra è di estendere le frontiere dell’economia capitalista globalizzata, e infine di prendere controllo delle ricchezze petrolifere iraniane. Le più ampie implicazioni di una guerra che utilizzerebbe armi nucleari tattiche in un teatro di guerra convenzionale non sono interesse di coloro che decidono di iniziare una guerra.
Il ruolo centrale del Vicepresidente Dick Cheney
In contrasto con le precedenti amministrazioni, il Vicepresidente ha giocato un ruolo centrale nell’amministrazione Bush, mettendo in ombra l’ufficio del Presidente. In pratica, il Vicepresidente Cheney, sostenuto da un esercito di ufficiali anziani e di consiglieri fidati, controlla la Casa Bianca. Nello stesso tempo, Cheney è parte di un potente apparato corporativo, attraverso i suoi legami con la Halliburton e il ruolo che la stessa Halliburton ha giocato nel definire un’agenda militare guidata dal profitto.
Cheney ha giocato personalmente un ruolo chiave nell’attivare i piani di guerra diretti contro l’Iran.
“Allo scadere del secondo mandato di Bush, il Vicepresidente Dick Cheney ha lanciato una bomba. Ha suggerito, in termini non proprio incerti, che l’Iran era ‘proprio in cima alla lista’ dei malvagi nemici dell’America, e che Israele doveva, per così dire, ‘fare i bombardamenti per noi’, senza coinvolgimento militare USA e senza che noi li pressassimo ‘per farlo'”. (Michel Chossudovsky, Maggio 2005)
Cheney è di fatto il Capo dello Stato, mette in ombra George W. Bush, che è un mero pupazzo. Più di recente, ha giocato un ruolo chiave nelle pressioni fatte ai Paesi arabi più vicini perché sostengano un attacco preventivo all’Iran.
Il Vicepresidente Cheney non è molto preoccupato per le probabili conseguenze e le risultanti perdite di vite umane che deriverebbero dall’uso di armi convenzionali e nucleari. È pienamente consapevole del fatto che anche un limitato attacco aereo sull’Iran potrebbe contribuire a scatenare una più ampia guerra in Medio Oriente e in Asia centrale, estesa dal Mediterraneo Orientale alle frontiere occidentali della Cina. I diversi scenari di questa guerra più ampia sono già stati considerati.
La crisi più seria nella Storia moderna
Siamo al punto di decisione della crisi più seria della Storia moderna. Questi piani di guerra coincidono con un processo parallelo di ristrutturazione economica e con una radicata depressione economica in tutto il mondo. Guerra e globalizzazione sono due processi intimamente correlati. La militarizzazione del Medio Oriente e dell’Asia centrale sostiene l’espansione del “libero mercato” globale entro nuove frontiere.
A sua volta, la guerra ha acuito la crisi economica. L’economia civile sta collassando, messa da parte e minata dalla crescita dinamica del complesso militare-industriale, che in un senso molto reale produce “armi di distruzione di massa”. A loro volta, le concorrenti impennate nel prezzo del greggio e in quello dei generi alimentari di base, attraverso attività speculative sugli scambi di beni maggiori hanno contribuito all’impoverimento di milioni di persone.
“Il movimento contro la guerra deve agire, consistentemente, per impedire che la prossima fase di questa guerra abbia luogo.
Non è cosa semplice. Mantenere grandi manifestazioni contro la guerra non ne invertirà da sola la marea.
A funzionari di alto rango nell’amministrazione Bush, a membri delle forze armate e del Congresso USA è stata garantita l’autorità necessaria a confermare un’agenda di guerra illegale.
Quello che ci vuole è una rete di base, un movimento di massa a livelli nazionali e internazionali, che sfidi la legittimità degli attori politici e militari, e che abbia un ruolo importante nello spodestare quelli che ora governano in nostro nome.
Criminali di guerra occupano posizioni di potere. Il popolo offre un sostegno galvanizzato ai potenti, che “si impegnano per la sua sicurezza e il suo benessere”. Grazie alla disinformazione dei media, alla guerra viene dato un mandato umanitario.
Per invertire la marea della guerra le basi militari devono essere chiuse, la macchina della guerra (cioè la produzione di sistemi d’arma avanzati) deve essere fermata e il fiorente stato di polizia deve essere smantellato.
Bisogna agire anche sulle corporation sostenitrici e sponsor della guerra e dei suoi crimini, includendo le compagnie petrolifere, gli appaltatori della difesa, le istituzioni finanziarie e i media corporativi, che sono ormai parte integrante della macchina propagandistica della guerra.
I sentimenti pacifisti non smantellano un’agenda di guerra. I criminali di guerra in USA, Israele e Gran Bretagna devono essere rimossi dai loro incarichi.
Quello che serve è rivelare il vero volto dell’Impero Americano e della sottostante criminalizzazione della politica estera USA, che utilizza la “guerra al terrorismo” e la minaccia di Al Quaeda per galvanizzare l’opinione pubblica in favore di una agenda di guerra globale”. (Michel Chossudovsky, 1º Maggio 2005)
Titolo originale: “Planned US Israeli Attack on Iran: Will there be a War against Iran?”
Fonte: http://www.globalresearch.ca
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14.05.2008
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di STIMMIATO