DI TED RALL
Quando odiosi despoti di nazioni come l’Arabia Saudita e il Kazakistan saccheggiano i propri paesi, trasferiscono i proventi del petrolio verso banche svizzere e utilizzano il resto per finanziare (come nel caso dei Sauditi) terroristi estremisti, i politici americani li elogiano come fidati amici ed alleati. Ma quando un presidente populista, democraticamente eletto, usa i profitti del petrolio venezuelano per togliere la propria gente dalla povertà, lo accusano di essere un ruffiano.
Mentre gli Stati Uniti e l’Europa continuano la loro scalata verso un modello economico darwiniano, in cui rapaci corporazioni accumulano profitti sempre più grandi mentre i lavoratori impoveriscono costantemente, il modello socialista, sposato dal Presidente Hugo Chávez, è diventato largamente popolare tra i latino-americani, stanchi di vedere capi di stato di destra arricchirsi a loro spese.
Governi di centro-sinistra sono recentemente saliti al potere in Argentina, Brasile, Colombia, Ecuador, Paraguay, Perù ed Uruguay. La retorica senza compromessi di Chávez coincide con le sue politiche, ma ciò che sta realmente facendo imbestialire il governo statunitense e i pazzi padroni delle corporazioni è il fatto che abbia il denaro per realizzarle.
Nella disperata frenesia di distruggere Chávez, i media controllati dallo stato stanno ricorrendo agli argomenti più palesemente e ridicolmente ipocriti che si possano trovare. Il 4 Aprile Juan Forero
del New York Times ripeteva il tropo per cui l’uso che Chávez fa degli introiti dal petrolio e` ingiusto –persino ingannevole in qualche modo: “Con gli utili del petrolio aumentati del 32% lo scorso anno,” diceva il quotidiano, “Chávez ha finanziato parate di samba in Brasile, interventi chirurgici oculistici per i poveri del Messico e persino carburante per riscaldare famiglie disagiate dal Maine al Bronx, fino a Philadelphia. Da alcune stime, le spese sorpassano ora i quasi 2 miliardi di dollari che Washington stanzia per programmi di sviluppo e guerra al traffico di droga nel Sud America occidentale.”
Chávez, continua la storia, è pronto a diventare “il prossimo Fidel Castro, un eroe per le masse il cui intento è opporsi ad ogni mossa fatta dagli Stati Uniti, ma con un vantaggio notevole.”
Apriti cielo! Un paese ricco usa il proprio benessere per spargere influenza all’estero! Quale Dio permetterebbe un simile abominio? Notate, a proposito, che gli Stati Uniti finanziano “programmi di sviluppo.” Oh, e c’e` una “guerra alla droga” — non una campagna di bombardamento contro gli insorti di sinistra che si oppongono ai pochi regimi pro-USA di destra rimasti in Sud America.
Il Times–ricco di editoriali favorevoli e di resoconti lusinghieri per gli oligarchi di destra che tentarono di deporre Chávez in un tentativo di golpe nel 2002– cita il “critico” John Negroponte, il cui lavoro è quello di Direttore dell’Intelligence Nazionale dell’amministrazione Bush. Negroponte lamenta che Chávez sta “spendendo somme considerevoli che lo coinvolgono nella vita politica ed economica di altri paesi dell’America Latina e altrove, questo malgrado i reali bisogni di sviluppo economico e sociale del proprio paese.”
Idiozie. Per piacere, discutiamo del miliardo di dollari che stiamo sprecando in Iraq mentre ci sono persone che muoiono per mancanza di cure sanitarie e le scuole cadono in pezzi, qui negli Stati Uniti. Forse Chávez avrebbe dovuto spendere meglio i soldi che ha dato per le parate del Carnevale di Rio. D’altronde, almeno non li ha spesi in bombe e campi di tortura.
L’appello, lanciato dal televangelista Pat Robertson, di assassinare Chávez nel 2005 fu accolta in modo solo lievemente critico dai media governativi, e principalmente sulla base che uccidere un capo di stato viola le leggi USA. Il segretario di stato, Condoleeza Rice, accusa Chávez di “un genere latino di populismo che ha portato alla rovina [molti] paesi.” Quali? Certamente non il Venezuela stesso, dove un indice di crescita a due cifre del PIL guida la regione e fa costruire nuove case, 10 miliardi di dollari all’anno sono messi in banca per futuri programmi contro la povertà e le scuole spuntano come funghi.
Un linguaggio carico, indegno di un giornalino liceale, è la norma quando si parla del presidente venezuelano. “Chávez insiste nel sostenere che il suo governo è democratico e accusa Washington di cospirare contro di lui,” dice il San Jose Mercury-News del 3 Aprile. Perche` “insiste?” Nessun osservatore internazionale dubita che il Venezuela, dove l’uomo che ha vinto le elezioni ne sia divenuto il presidente, non sia tanto democratica quanto gli Stati Uniti. Gli organizzatori del golpe del 2002 si erano incontrati in precedenza alla Casa Bianca. Sicuramente il Mercury può garantire le “accuse” di Chávez come fatti. Il quotidiano continua: “[Chávez] dice che dietro al breve colpo di stato del 2002 c’erano gli USA, un’accusa rigettata dagli americani.” Capita anche che abbia ragione, però è difficile da dire dopo aver letto quella frase.
L’ottantadue percento dei venezuelani pensa che Chávez stia facendo un buon lavoro. Più del doppio della popolarità di Bush tra gli statunitensi. Ha sconfitto pienamente il tentativo di deposizione. Perchè, dunque, Washington dà lezioni a Caracas?
“Il governo [venezuelano] sta facendo miliardi di dollari [dalle sue compagnie petrolifere statali] e li spende in case, educazione, cure mediche,” annota la CNN. E – oddio – la vita delle persone sta migliorando.
Cosa succederebbe se il resto di noi lo notasse? Non c’è da stupirsi che Chávez debba andarsene.
Ted Rall e` l’editore di “Attitude 3: The New Subversive Online Cartoonists”, un’antologia di fumetti sul web che verrà pubblicata in maggio.
Ted Rall
Fonte: www.informationclearinghouse.info
Link: http://www.informationclearinghouse.info/article12660.htm
09.04.06
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di DAVIDE GLIOZZI