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COME “MANGIARE” SCHERMI CIBERNETICI E INSALATE DI MICROCHIP PER VIVERE IGNARI E BEATI

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DI ANTONELLA RANDAZZO
lanuovaenergia.blogspot.com

Per far sopravvivere il sistema attuale urge una trasformazione delle masse. Non basta più l’ipnosi collettiva, occorre rendere i singoli individui come “robotizzati”, ovvero mentalmente ed emotivamente controllati, al fine di eliminare completamente ogni pericolo di evoluzione e di indipendenza. Tale progetto può suscitare ilarità per la sua apparente assurdità, ma in realtà è già in atto da diverso tempo, nella totale inconsapevolezza della maggior parte degli abitanti del pianeta. Le prove a sostegno di ciò sono talmente tante che si potrebbe scrivere un trattato. In questa sede saranno brevemente considerati gli aspetti più evidenti. Non si tratta soltanto del controllo mediatico, ma anche di altre tecniche per controllare la vita emotiva e sociale. A confronto la rigidezza dei metodi gesuitici impallidisce.
Il nuovo robot si sta costruendo attraverso programmi mediatici, prodotti tecnologici e giochi virtuali. Egli non si accorgerà di essere tale, e potrà essere diretto da chi possiede i poteri di azionare i suoi meccanismi.

Il sistema ci vuole diversi da come siamo. Ci vuole disposti a credere alle panzane mediatiche senza alcun senso critico. Vuole che ci sentiamo inadeguati, di scarso valore, complessati se siamo precari, disoccupati o al verde, incapaci di vivere una vita “piena” e dunque disposti a diventare “programmati”, a costo di sentire stress e infelicità.
Con i suoi metodi altamente manipolativi, l’assetto attuale ci vuole inclini ad accettare uno stile di vita improntato al materialismo consumistico e all’egocentrismo, come se fossimo incapaci di ritenerci più di un corpo fisico e di un insieme di pulsioni istintive.
Con la stessa tecnologia ci vengono poi offerti palliativi per tentare di sfuggire all’infelicità. Sono stati persino prodotti “giochi” per creare un’altra esistenza, o chat in cui sempre più persone trascorrono tutto il tempo libero, sottraendolo alla vera socializzazione o ad attività creative.
Il nuovo robot umano socializza all’interno di precisi canali, prova le emozioni concesse dal sistema, utilizza prodotti tecnologici e non si fida granché della sua personale esperienza.

Nel mondo ricco, si esalta la tecnologia come fosse la fonte per eccellenza del progresso umano, offrendo “effetti speciali” accattivanti per convincere e nascondere la condizione alienante in cui l’uomo contemporaneo si trova a vivere.
Sempre più persone, soprattutto europee, statunitensi e giapponesi, trascorrono il tempo libero all’interno di una “realtà” virtuale, in cui vivono rapporti umani, di coppia o erotici.

Come ho già avuto modo di spiegare in passato, gli aspetti negativi di Internet, da capire e contrastare, sono tanti. Il contesto della rete non può includere la percezione di oggetti o persone reali, mancano gli aspetti emotivi, che soltanto nel mondo concreto esistono. E’ ovvio che i computer non possono mai sostituirsi alla realtà, e può essere dannoso credere di poter fare a meno dell’esperienza reale, sostituendola del tutto o in parte con quella virtuale.

Lo schermo crea una “realtà”, che può condizionare quando non si ha consapevolezza dei meccanismi e si accettano alcuni aspetti perché popolari o per abitudine.
Il problema è capire come la realtà virtuale incide sul nostro modo di essere e sul comportamento, modificando abitudini, potenzialità cognitive, modi di essere e rapporti sociali.
Molti studiosi parlano di riduzione delle complesse potenzialità umane, impoverendo la qualità delle relazioni sociali e l’uso umano di risorse che il computer non potrà mai avere, come l’intuito, la capacità di complessi collegamenti semantici, o lo scambio di “energia” vitale. In altre parole, la ricchezza della comunicazione e della conoscenza “reale” può essere limitata in qualità e quantità dall’uso massiccio del computer per stabilire rapporti sociali o per altri usi.

Su Internet si può creare una suddivisione in “greggi”, all’interno dei quali si creano significati fondamentali che possono essere trasformati in etichette o diventare dogmatici, riproponendo la medesima realtà di massificazione e di mancanza di libertà di pensiero presente negli altri media.

Inoltre, su Internet si potrebbero ricreare quei meccanismi propri della folla, studiati dalla psicologia sociale. Si tratta di meccanismi che prevedono il superamento delle comuni regole sociali grazie all’anonimato o alla possibilità di un’identificazione fittizia. Il senso dell’anonimato, nelle folle, accresce la possibilità di comportamento non costruttivo o istintivo, ovvero si sfoga il senso di oppressione che il sistema potenzia nell’individuo.
Oggi proliferano i social network, e sempre più persone trascorrono molto del loro tempo libero davanti allo schermo del computer.
Sta di fatto che l’aderire in massa a ciò che lo stesso sistema produce potrebbe rappresentare uno scacco alla possibilità di distruggere l’attuale sistema, nella misura in cui si accettano i palliativi in forma di svago e canali di socializzazione.
Non dimentichiamo che in un mondo davvero libero non si tende ad essere tutti uguali e non si corre a fare in massa tutti le stesse cose.

Il maggior dovere degli esseri umani allo stato attuale delle cose dovrebbe essere quello di agire per salvare il futuro del pianeta dalla distruttività a cui lo sta portando l’attuale gruppo al potere. Ovviamente ogni persona può utilizzare il suo tempo come vuole, ma occorre essere consapevoli che il sistema stesso elabora ninnoli e svaghi per impedire alle persone di porre attenzione a ciò che è davvero importante.

Negli ultimi tempi è esploso il fenomeno Facebook, che promette di poter contattare persone note o vecchi amici. Questo mese gli utenti del social network sarebbero saliti a ben 200 milioni, superando il rivale MySpace. In Italia gli utenti che hanno navigato su Facebook sarebbero oltre 10 milioni.
Facebook sembrerebbe offrire soltanto vantaggi, offrendo un servizio di contatti sociali del tutto straordinario. Ma come mai è sostenuto dalle stesse società che promuovono il sistema e che in altri ambiti saccheggiano o controllano?
Qual è l’inghippo?

Ovviamente qui non si sta criticando chi si iscrive ai social network perché credo che ogni persona sia libera di fare ciò che vuole, e penso anche che gli iscritti non abbiano tutti la medesima assiduità e la loro iscrizione ha diverse motivazioni, da rispettare. Qui si vuole soltanto mostrare l’altra faccia del fenomeno, quella che non sarà mai discussa da Bruno Vespa a “Porta a Porta”.

Il fenomeno dei social network ha lati che vale la pena considerare. Non si vuole certo demonizzare la possibilità offerta dal web di socializzare, ma si vogliono analizzare i possibili retroscena di queste opportunità offerte con estrema facilità a tutti. L’apparente asetticità contrasta con il legame stretto che il social network ha col sistema e con le sue caratteristiche. Alcuni autori notano che di solito la comunicazione tende ad essere appiattita, semplificata e privata delle caratteristiche empatiche che potrebbe avere nella realtà.
Osservano Cinzia Arruzza e Felice Mometti nell’articolo “Una repubblica fondata sul web”:

“«Facebook» è uno strumento di comunicazione che uccide la comunicazione nel momento stesso in cui la produce. È un’immensa catena di montaggio di produzione di parole private di un soggetto. Questa enorme circolazione di parole, di commenti, di note e di immagini non ha spesso altra ragione se non il desiderio di presenza, e dunque di esistenza in rete, indipendentemente dal contenuto della comunicazione, dal suo soggetto e dalla relazione reale tra i soggetti della comunicazione. Si stanno moltiplicando anche i casi di censura che riguardano ad esempio gruppi di madri che allattano i figli, dibattiti sull’aids e i preservativi, alcuni partiti politici, video che mettono alla berlina giornalisti televisivi, account cancellati all’improvviso e senza motivo. Le regole di «Facebook» vietano la pubblicazione di materiale genericamente offensivo e che può danneggiare la «compagnia». Il potere discrezionale per stabilire ciò che viola le condizioni d’uso di «Facebook» è talmente elevato arrivando a prevedere il cambiamento delle stesse condizioni senza preavviso. A volte si esagera provocando la reazione degli utenti, come alcune settimane fa, quando la società proprietaria di «Facebook» ha tentato di appropriarsi del copyright di tutto il materiale messo in rete sul social network anche di utenti che
disattivassero la propria iscrizione. Certo i gestori del sito hanno fatto un passo indietro, non specificando tuttavia i limiti e le condizioni di uso dell’immensa mole di testi, video, foto e applicazioni prodotti dagli utenti. Ancor più grave è l’opacità del funzionamento del software di pubblicità mirata, che appare ogni volta che un utente si connette al proprio profilo in base alla frequenza di navigazione, ai gruppi a cui si è iscritti, alla nazionalità, allo stato civile… l’approccio semplicistico o individuale al social network, per cui si crede di poterlo utilizzare in modo politicamente utile, semplicemente perché si fanno veicolare contenuti «partigiani», si creano gruppi e cause, si organizzano eventi, rischia di sottovalutare la potenza dei meccanismi impersonali che lo regolano e di non far altro che alimentare il Minotauro. Questa riflessione è tanto più urgente, quanto più il fenomeno «Facebook» sta diventando dilagante, un autentico fenomeno di massa, che potenzialmente modificherà le forme di comunicazione e di relazione anche fuori dalla rete”.(1)

Il social network è una rete sociale che mette in contatto persone per i più svariati motivi, per creare legami sociali, per motivi di lavoro, per creare gruppi a tema, ecc. Le reti sociali su Internet mettono in scena gli stessi limiti intrinseci della rete.
Alcuni si iscrivono a queste reti per l’effetto “lo fanno tanti e lo faccio anch’io” senza riflettere particolarmente e ritenendo il fatto così comune e popolare da trascinare l’attenzione.

I social network online si diffusero a partire dal 2003, e oggi i più popolari sono Facebook e Myspace. Su questi social network si tende addirittura a creare un particolare linguaggio, riproponendo l’appiattimento semantico proprio della cultura di massa.
Per entrare a far parte di un social network online basta creare un profilo personale, e fornire un proprio indirizzo email. Si possono precisare esperienze musicali, lavorative, gusti artistici, propensioni ideologiche ecc., al fine auspicare i contatti con altri utenti che si identificano con le caratteristiche indicate, fino a creare una cerchia di contatti più o meno ampia. Si possono creare community tematiche sulla base di passioni, idee, aree di business, ecc.

Su Facebook è noto il caso dei “fake”, ovvero dei falsi profili di persone che non si sono mai iscritte al sito. Persino il papa avrebbe ben quattro fake. Spesso non si può essere certi dell’identità della persona contattata, e chiunque può definirsi in qualsiasi modo, tanto le possibilità di verifica non ci sono se non si incontra la persona nella realtà.

Altro fatto risaputo è la difficoltà a togliere dal sito il materiale inviato, anche quando la persona interessata non ha mai voluto inviare la tal foto che la ritrae. La trafila per eliminare il materiale inviato è lunga e occorre provare di essere stati “taggati”, ovvero di essere vittima di qualcuno che ha voluto inviare senza autorizzazione quel materiale. In teoria il materiale inviato può essere rimosso quando si vuole, ma la programmatrice Cristina D’Arienzo ha provato a caricare un’immagine sul suo profilo e poi a rimuoverla, ma notava che la foto rimaneva comunque raggiungibile nel web.
Sembrerebbe dunque che Facebook, anche quando l’utente chiede la cancellazione, si arroghi il diritto di conservare dati o informazioni.
Chi ha cercato di cancellare il suo profilo si è visto sparire il profilo e il materiale inviato, che però rimaneva raggiungibile da chiunque nel web. In altre parole, si può far cancellare l’account ma i dati inseriti rimangono. E’ chiaro che si tratta di violazione della legge sulla privacy. Proprio per violazione della privacy è stata sollevata una causa collettiva presso la Corte Distrettuale di San Jose, in California.

A tutela della privacy si è fatto sentire anche il Commissario europeo per la Società dell’Informazione Viviane Reding che accusa i social network di non avere tutela della privacy dei propri utenti. Il commissario chiarisce il punto di vista dell’Unione Europea attraverso un videomessaggio, in cui dice:
“Le informazioni su una persona possono essere usate solo con il suo previo consenso: non possiamo rinunciare a questo principio di base e avere tutti i nostri dati registrati in cambio di una promessa di pubblicità più mirata”.(2)

Il comico Dario Cassini ironizza su Facebook: “Sono il primo comico italiano schierato contro questo lavaggio del cervello di Facebook!!… Che cos’è facebook?… a che serve?… serve a fare amicizia… ma la cosa drammatica è che la gente ti chiede amicizia, posso diventare amico tuo … ma la realtà è che gli amici fanno effetto, … guardi sul tuo monitor “Dario ha 5400 amici” son tanti… cammini dentro casa e pensi “è fantastico, ho 5400 amici” … e ti domandi quant’è bella l’amicizia… poi un attimo dopo ti fermi e pensi “ma se io ho 5400 amici come mai pure stanotte sto in mutande solo come un cane davanti a ‘sto computer e mi sto mangiando un sofficino solo … e se va bene fra una mezzora trovo coraggio e faccio finalmente un po’ di sesso da solo”… facebook ha un solo fine nella vita: togliere le ansie alla gente… gli ex cercano le ex e le ex cercano gli ex, perché in un mondo dove la certezza non esiste, dove il sentimento è flagellato dove l’amore non è mai la risposta giusta … ho bisogno di sapere che te (la ex) stai messa molto peggio di me”.(3)

I social network servono anche ad attrarre pubblicità e occasioni di marketing. Ad esempio, esistono le SocialAds, che consistono nella possibilità di inserire messaggi pubblicitari sulla home page personale, e le Facebook pages, che contengono marchi e i prodotti pubblicizzati dalle società.

Ma l’opportunità più notevole offerta è quella della pubblicità indiretta, che consiste, ad esempio, nel parlar bene di un ristorante, negozio o prodotto, apparentemente in modo del tutto spontaneo. Di fatto, specie se a parlare di un dato prodotto è un personaggio influente o popolare, l’effetto pubblicitario è garantito. Per questo motivo, a proposito del “marketing conversazionale” si parla di una “nuova era della pubblicità”, assai più sottile ed efficace dei soliti spot televisivi che molti ormai glissano. Ovviamente questo non vuol dire che tutti quelli che parlano di un prodotto o di un servizio lo facciano per fini pubblicitari, ma che di certo alcuni lo fanno.

Esistono altri modi tecnologici per appiattire la realtà o per controllare gli individui.
Secondo alcuni studiosi, il controllo dei cittadini avverrà in futuro attraverso sofisticate apparecchiature elettroniche piccolissime, dette microchip. Il microchip potrà essere un grande fratello posto dentro il nostro stesso corpo, e sarà reso accettabile da una propaganda che mira a far credere che si tratti di un oggetto utile per la “sicurezza” o la salute. In questa propaganda sarà detto che chi lo porta non potrà essere rapito, che il genitore potrà proteggere meglio il bambino, che alcuni microchip curano malattie o aiutano in determinate patologie, ecc. In realtà si tratta di apparecchiature che pongono il soggetto sotto il potere di chi le controlla.
Grazie alla propaganda, la famiglia statunitense Jacobs (4) si è convinta a farsi impiantare sottopelle il VeriChip, un modello di microchip lungo 11,1 millimetri, con un diametro di 2,1 millimetri e una frequenza di 125 kHz.
Si tratta di un microcomputer in grado di dialogare con un normale computer. Al suo interno, per il momento, verranno registrati tutti i dati medici dei Jacobs.
Alcuni tipi di microchip di ultima generazione, detti Bio-chip, hanno le dimensioni di un chicco di riso, e contengono un “transponder” e una batteria al litio.
Transponder è un sistema che permette l’immagazzinamento in microcircuiti integrati delle informazioni, e la lettura attraverso onde a distanza. Uno di questi modelli è chiamato Mondex, ed è distribuito in 20 paesi, fra cui il Canada, la Cina, la Gran Bretagna, Israele, l’Indonesia, la Malesia, le Filippine, il Nicaragua e l’Honduras. Di solito questi microchip vengono inseriti nel palmo della mano destra. Secondo alcuni esperti, come il dott. Carl Sanders, se la batteria al litio si dovesse rompere causerebbe danni all’organismo e dolori molto forti.
Già dal 1993 l’azienda americana Destron Idi, del Colorado, costruisce e pubblicizza microchip elettronici di identificazione (LD.I.CHIPS), e da tempo alcuni microchip sono utilizzati per il controllo e l’identificazione degli animali d’allevamento e degli animali domestici.

L’idea di impiantare chip a scopo di controllo divenne nota dagli anni Novanta, ma soltanto dopo l’11 settembre i media iniziarono a rafforzare la propaganda a favore dell’inserimento di etichette RFID all’interno del corpo umano, per motivi di “sicurezza”. Molti militanti per i diritti umani hanno sollevato la questione della privacy e del controllo, cercando di frenare il fenomeno. Tuttavia, sembrerebbe che le ditte che producono microchip abbiano venduto migliaia di prodotti, di cui almeno un migliaio è stato impiantato in umani. Secondo Angela Fulcher, vice presidente del marketing di VeriChip, il microchip “Viene utilizzato al posto di altre applicazioni biometriche, come le impronte digitali”.(5)

I clienti latino-americani li comprerebbero per motivi di sicurezza, ad esempio in Messico sono stati venduti col pretesto che ci sono molti rapimenti di minori.
Una società dell’Arizona, la Technology Systems International, ha creato etichette RFID per controllare i detenuti. I bracciali per detenuti di TSI trasmettono segnali ogni due secondi a una batteria di antenne montate sul penitenziario. Un computer può determinare la posizione esatta di ogni detenuto e ne può controllare gli spostamenti.
La tecnologia TSI viene utilizzata anche negli ospedali, per controllare gli spostamenti degli individui all’interno dell’ospedale e lanciare un allarme se un paziente dovesse stare male. Oppure per monitorare i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer.
Scriveva il giornale londinese “Sunday Times” del 16 aprile 1995: “In futuro gli scienziati vogliono inserire microchip elettronici nelle nostre teste, in modo che potremo collegarci direttamente all’autostrada informatica. I ricercatori britannici fanno parte del team internazionale che lavora al progetto di un impianto che traduca il pensiero umano nel linguaggio informatico”.
Oggi ci sarebbero diverse persone con microchip negli Stati Uniti, in Sud America e in Gran Bretagna.

Il controllo robotizzante renderà la vita sociale sempre più “virtuale” o superficiale, e, come nei “reality”, potrà essere improntata al litigio, al pettegolezzo, all’incomunicabilità e al senso di solitudine, vuoto e separazione.
La vita emotiva “reale” sarà appiattita dallo stile di vita e dal bisogno di ottundimento che deriverà sempre più dai problemi economici, lavorativi e affettivi che le persone dovranno affrontare. Saranno allora i mass media a stimolare le risposte emotive, attraverso programmi spazzatura che evocheranno le risposte emotive più immediate, provocando una pseudo-catarsi. Le emozioni saranno canalizzate su binari non pericolosi, facendo in modo che la vera rabbia per la condizione frustrante in cui si vive divenga bisogno di rimanere agli aspetti più superficiali dell’esistenza, magari criticando le scelte degli altri o facendo pettegolezzi.
I reality puntano a mostrare scene di accesa emotività, (pianto, litigi, eccitazione emotiva, ecc.) per coinvolgere gli spettatori in un clima di disordine emotivo, e per fare in modo che le persone si svaghino pensando ai problemi altrui anziché meditare sulla vera realtà. Dunque, i reality, oltre ad avere una funzione (come altri programmi) di diffusione di una realtà falsata e ridotta agli aspetti più immediati, assolvono anche alla funzione di stornamento delle emozioni e dei pensieri da cose che potrebbero essere scottanti verso cose futili, transeunti e inutili.
I reality vengono congegnati in modo da stimolare gli aspetti meno nobili della realtà umana, attraverso l’insulto, il pettegolezzo, il litigio e la volgarità. Viene mostrata un’emotività straripante, talvolta non equilibrata. Ad esempio, alcuni protagonisti, dopo pochi giorni che si trovano nella casa del “Grande Fratello”, piangono a dirotto quando hanno modo di parlare con i parenti. Ma nella vita mormale tutti noi possiamo allontanarci dai parenti per alcuni giorni (ad esempio quando andiamo in vacanza o per lavoro) e non piangiamo a dirotto quando torniamo. Nei reality tutto viene esasperato, ed è promossa una sorta di “ritorno al primitivo”. Ad esempio può essere posto in primo piano il problema del cibo, del russare o del lavarsi; viene negata la lettura dei libri e i corpi diventano protagonisti nei commenti e nelle critiche.
Con la scusa del “gioco”, attraverso il “Grande Fratello” si diseducano i giovani al vivere pacifico, alla serenità con i propri simili e alla solidarietà. Vengono mostrate in particolar modo le scene di litigi, di seduzione sessuale o di attrito fra i partecipanti. Addirittura, anche dopo la fine del programma, i protagonisti sono invitati in altri programmi (come “Questa Domenica”) in cui vengono in vari modi aizzati gli uni contro gli altri oppure spinti a far emergere gli attriti e i rancori vissuti dentro la casa. Si tratta di una pedagogia dello scontro o della sessualizzazione dei rapporti, in linea con ciò che prevale anche negli altri programmi televisivi o negli altri media.
Alcuni studiosi hanno trovato nel reality “Grande fratello” una metafora dell’esistenza. Infatti, come nella vita reale esiste un potere che osserva, impone regole, punisce o premia. Tale sistema di potere impone anche il livello di esistenza, favorendo la regressione quasi a livello animale. Impone anche le performance, gli imprevisti e le sorprese. Come nel “Truman Show” le persone sono accuratamente sorvegliate in modo tale che il “gioco” riesca bene. Nella realtà si tratta di controllare per impedire il realizzarsi di una libertà che porterebbe ad elaborare proprie regole e dunque a distruggere il sistema precedente.

Anche i serial televisivi, le telenovele o le soap opera (Sentieri, Beautiful, Centovetrine, Febbre d’Amore, ecc.) influiscono sulla mente delle persone, presentando i fatti all’interno di una cornice emozionale quotidiana. Lo scopo principale di queste produzioni è di far vivere emozioni, provocate non dalla vita reale ma da fatti irreali e spesso assurdi. Gli eventi sono intrecciati fra loro in modo tale da attrarre l’attenzione sui personaggi, sul loro operato e sulle loro scelte, evitando di far attendere la conclusione, che tarderà ad arrivare, dato che tali produzioni possono durare anche molti anni. Il pubblico è generalmente femminile, anche se negli ultimi anni è cresciuto il numero dei telespettatori maschi. Le trame delle soap opera puntano a suscitare un “appagamento compensatorio” in esistenze in cui la routine quotidiana è noiosa e spesso problematica. Presentare personaggi attraenti, eleganti, ricchi, petrolieri, creatori di moda, gestori di grandi alberghi o medici importanti, significa rendere le persone comuni partecipi, seppure fittiziamente, di ambienti che probabilmente non avvicineranno mai nella realtà. Gli spettatori seguiranno gli eventi con l’illusione di arricchire la propria esistenza, e ne saranno così coinvolti che ne parleranno come si trattasse di persone reali, cercando di prevedere le future mosse dei personaggi o criticandoli per i loro errori.
In queste produzioni gli uomini e le donne sono spesso in contrasto o nemici, e anche quando sono marito e moglie appare il tradimento o la mancanza di amore. Spesso chi attende un figlio ha tradito e il bambino non è del marito o del compagno. In altri casi si è innamorati di un altro pur avendo un marito. I temi fissi sono dunque il contrasto, anche molto acceso, fra le persone, il tradimento, l’inganno e la promiscuità sessuale. Lo scopo è quello di seminare sfiducia nei rapporti umani e nella coppia. Gli uomini e le donne appaiono inaffidabili, infantili, oppure vittime di tradimento e inganni. Se non si è carnefici si deve essere per forza vittime. Gli amori sono sempre difficili e contrastati. Gli ostacoli possono essere di vario genere, e quando alcuni vengono risolti ne appaiono altri. Non c’è quasi mai una coppia felice a lungo.
Spesso gli eventi delle soap opera sono creati in modo tale da generare ansia e inquietudine, persino quando ci sarebbe una via logica di risolvere il problema posto.
Talvolte vengono poste situazioni inverosimili o assurde (la persona morta che ritorna, la persona che cambia volto, i gemelli uno buono e l’altro cattivo, ecc.), ma ciò nonostante le persone possono continuare ad identificarsi con i personaggi. Le scene di crudeltà, delitti, o aggressività, accrescono l’inquietudine dello spettatore. Spendere la propria esistenza guardando per ore programmi spazzatura o produzioni di dubbia qualità, significa anche non avere esperienze di crescita collettiva, e sentire il vuoto dovuto alla solitudine e alla mancata realizzazione delle potenzialità personali.

Nel provare emozioni stimolate dall’esterno, l’uomo di oggi può perdere il riferimento alle proprie esperienze e alle proprie vere emozioni, che potrebbero essere di rabbia contro il sistema; oppure potrebbe emergere il bisogno di vivere un’esistenza di maggiore qualità sociale e umana.

La manipolazione emotiva avviene anche in ciò che è diventato il rapporto fra i sessi, nei continui tentativi di svilire tale rapporto attraverso varie tecniche.
Per diversi secoli la nostra cultura si è prodigata ad alimentare il senso romantico dei rapporti uomo/donna. Tale romanticismo si manifestava attraverso il vedere l’amata (Petrarca), attraverso l’amore ostacolato (Shakespeare), o attraverso l’amore proibito (Dante). In tutti i casi c’è l’incontro con la persona amata, che alimenta l’unicità dell’altro, concentrandosi sulle peculiarità spirituali di chi fa scaturire il sentimento amoroso.
Da alcuni decenni la nostra cultura è entrata in una nuova fase, in cui i rapporti uomo/donna si sono caricati di elementi nefasti, e caratterizzati da difficoltà comunicative, divisioni ontologiche o sociali e da reciproca diffidenza. L’amore romantico sembra essere diventato frutto di fantasia, sganciato dall’essere dell’altro, e poco duraturo. Negli ultimi decenni, i mass media hanno potenziato gli aspetti sessuali del rapporto uomo/donna, attraverso le pubblicità e i messaggi diretti o indiretti di tipo sessuale. La cultura di massa ci vede tutti conformisti, e allo stesso tempo in lotta. Le produzioni cinematografiche sono ormai quasi tutte destabilizzanti per i rapporti di coppia: le famiglie sono presentate come “allargate” o disgregate da separazioni o divorzi, e le coppie di innamorati sono sempre più in “crisi”, o vivono “evasioni”, indicate implicitamente come “comuni”.
In alcuni casi sembra che non sia più il tempo dei rapporti amorosi, ma dei rapporti “di consumo”. Chi non sta al gioco finisce per apparire retrogrado, poco aggiornato sui tempi o, nella peggiore delle ipotesi, un inibito sessuale. Le chat offrono talvolta uno spaccato di ciò che oggi sono diventati i rapporti uomo/donna: un mix di incomunicabilità, superficialità, senso di vuoto e paura. Spesso si evita ogni autentica comunicazione, chiusi nella prigionia di se stessi, spersonalizzati e con un’illusione di libertà, ridotta a possibili rapporti sessuali. Davanti allo schermo anche i residui di spontaneità, che si manifesterebbero nella realtà, vengono a mancare, lasciando il posto ad un’atmosfera fittizia, in cui si pensa di “divertirsi”, o di “provare sensazioni”.

Internet è diventato anche un “luogo” virtuale che produce effetti sul pensiero e sul comportamento. Tali effetti risentono del mancato approfondimento intellettuale: molte persone si sono disabituate alla lettura trascorrendo ore davanti allo schermo (della TV o del computer), e questo produce effetti passivizzanti che sono funzionali all’appiattimento culturale proprio della cultura di massa. Secondo una statistica del 2003, elaborata dallo Eurobarometer Survey on European Partecipation in Cultural Activities, in un anno, gli italiani che leggono almeno un libro sono il 42,2%. Questo vuol dire che quasi il 60% degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno. Ciò significa che il tempo libero viene utilizzato per stare davanti ad uno schermo, con tutto ciò che ne deriva.
Dunque, oggi anche i rapporti sociali possono trovare in Internet un luogo di nascita e di crescita. Ciò è guardato come positivo e destinato all’espansione. Scrive la professoressa di Economia aziendale Andreina Mandelli: “Possiamo pensare alla rete come modello di organizzazione dei nostri pensieri e della nostra socialità”.(6)
Ma di che tipo di socialità si tratta?
Il modello di comunicazione che la rete offre ha caratteristiche precise. Gli individui sono posti davanti allo schermo, soli, privi di ogni contatto reale ed emotivo con l’altro. Inevitabilmente essi vedranno se stessi, ma soltanto come insieme di proiezioni da far vivere attraverso il contatto fittizio con l’altro.

Le “esperienze” delle chat per coppie, possono essere talvolta lo specchio delle nevrosi di incomunicabilità fra i sessi.
Molti, complice il senso di anonimato, possono ritenere di dover assecondare gli aspetti più immediati nella ricerca di svago, di gioco o di evasione dal quotidiano. Alla fine, possono crearsi “rapporti di consumo”, che trascinano all’interno di una realtà in cui la realizzazione di un più alto livello nei rapporti uomo/donna viene impedita, ed emerge la sfiducia, quando non il totale disincanto, a che possa esistere tale più alto livello.

Gli esseri umani sembrano essere diventati adattabili a tutto, anche a ciò che peggiora la loro esistenza, e molti scelgono di dare un’impronta misera e superficiale alla loro vita, che esclude ogni possibilità di vera crescita con se stessi e con gli altri.
L’esistenza è molto più della sensazione del momento, molto più dei rapporti sociali virtuali, e molto più dei tanti palliativi mediatici e tecnologici offerti dal sistema per sviare l’attenzione da ciò che realmente siamo e da ciò che potremmo fare per abbattere un assetto fatto di inganni, crimini e controllo.
Diventare automi controllati oppure riprendere la propria umanità: è il bivio in cui si trovano i popoli nella civiltà contemporanea.

Antonella Randazzo
Fonte: http://lanuovaenergia.blogspot.com
Link: http://lanuovaenergia.blogspot.com/2009/04/il-nuovo-jeeg-robot-dacciaio-come.html
27.04.2009

Articolo correlato:
“Infelicità umana e disumanizzazione”
http://antonellarandazzo.blogspot.com/2008/01/infelicit-umana-e-disumanizzazione.html

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Tutti i diritti sono riservati. Per richiedere la riproduzione dell’articolo scrivere all’indirizzo e-mail [email protected]

NOTE

1) http://www.millepiani.net/archivesfilosofici/2009/04/05/una_repubblica_fondata_sul_web.html
2) http://ec.europa.eu/commission_barroso/reding/video/index_en.htm
3) http://nofacebooked.altervista.org/2009/02/
4) Fonte: “Sette” de “Il Corriere della Sera”, #15, 2002.
5) CNET News.com, 14 Settembre 2004.
6) Mandelli Andreina, “Il mondo in rete”, Egea, Milano 2000, p. 9.

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