DI MARK CURTIS
I rapporti Israele/Gran Bretagna
La complicità dell’Inghilterra nell’assalto israeliano alla prigione di Gerico* dovrebbe abbattere il duraturo mito sulla politica estera inglese. La Gran Bretagna giustificava l’invasione in Iraq non solo con l’ipotetico possesso di armi di distruzione di massa, ma anche con il ruolo di “onesto mediatore” che avrebbe potuto rivestire nel Medio Oriente. L’intenzione era quella di spingere Washington a fare pressioni su Israele per raggiungere la pace con la Palestina. Oggi, dopo le reazioni di USA, UE e Israele al successo di Hamas in Palestina, le speranze di pace si fanno sempre più lontane ed il vero ruolo britannico deve uscire allo scoperto.Dal 2001, quando il governo di Ariel Sharon salì al potere, l’Inghilterra ha esportato in Israele equipaggiamento militare per circa 70 milioni di sterline. I rifornimenti dello scorso anno di tecnologie per il combattimento aereo e componenti per missili terra-terra seguono a ruota le precedenti esportazioni di cingolati, mitragliatori, componenti per carri armati, elicotteri, catene per carcerati, lacrimogeni ed affini, tra cui mortai, lanciarazzi ed esplosivi.
I crescenti legami militari tra Inghilterra ed Israele hanno di recente portato ad una società israeliana, la Elbit Systems, un contratto da 317 milioni di sterline, firmato dal Ministero della Difesa. Quest’ultimo ha eseguito il testing di un missile anti-carro di fabbricazione israeliana, nonostante sia utilizzato contro i civili nei territori occupati. Tra il 2003 ed il 2004, inoltre, il Ministero della Difesa ha comprato da Israele 26 mila granate a frammentazione, alcune delle quali furono usate nell’invasione irachena.
Il governo britannico non ha modo di controllare se le ditte inglesi violino o meno i diritti umani nei territori occupati. La Caterpillar, società di costruzioni statunitense, che ha una grande consociata inglese, vende bulldozer militari ad Israele; con questi sono state demolite 4000 abitazioni e sono, inoltre, responsabili della morte di Rachel Corrie, un’ attivista per la pace. In piu, ci sono prove che alcune società britanniche abbiano esportato equipaggiamenti serviti a costruire il “muro di sicurezza” israeliano all’interno del territorio palestinese.
Anche la posizione diplomatica dell’Inghilterra nei confronti di Israele ci fa riflettere. Un ulteriore guadagno per il governo Sharon è costituito dalla persistente linea politica che Tony Blair condivide con gli USA: “non ci saranno utili negoziati, nè pace, prima della fine del terrorismo”. Gli attentati kamikaze dei palestinesi sono ingiustificabili omicidi di massa, ma, come nota Uri Anvey, membro del Gush Shalom, movimento pacifista israeliano, la posizione di Blair implica che “senza la fine della resistenza armata all’occupazione non si potrà parlare della fine dell’occupazione”.
Le dichiarazioni personali di Blair non condannano mai completamente Israele, ma attribuiscono la responsabilità delle violenze ad entrambe le parti. Ció non considera il fatto che una delle due parti stia illegalmente occupando il territorio dell’altra. Ad ogni modo, raramente una dichiarazione del governo britannico ha mai anche solo chiesto la fine dell’occupazione. Nel frattempo, l’ambasciata inglese di Tel Aviv parla dell’Inghilterra come di “un buon amico di Israele” e un “partner naturale”, ed aggiunge che “i nostri due Primi Ministri sono in regolare contatto, con buone relazioni sia lavorative che personali”.
Londra ha inoltre aiutato ad alimentare la credenza che il governo Sharon supportasse ”l’obiettivo condiviso” di mantenere in vita lo stato palestinese, come ha detto Jack Straw in un recente incontro degli Amici Laburisti di Israele. In un documento confidenziale, spifferato al Guardian lo scorso Novembre, il Consolato Britannico di Gerusalemme Orientale ha scritto che Sharon ha fatto costruire insediamenti illegali in questa città per evitare che diventi la capitale di uno stato palestinese. Quindi, in privato, perfino alcuni funzionari inglesi smentiscono la linea ufficiale del governo.
L’intenso lavoro diplomatico compiuto da Jack Straw per evitare che l’Iran si dedichi all’arricchimento dell’uranio stride in confronto al silenzio virtuale sulle oltre 100 testate nucleari israeliane. La Whitehall (l’apparato governativo britannico, ndt) ha esercitato forti pressioni sui membri dell’UE per imporre sanzioni contro lo Zimbabwe; eppure, in risposta ad una recente interrogazione parlamentare, il governo si è di nuovo rifiutato di applicare le sanzioni europee contro Israele. A Bruxelles, infatti, Londra si comporta come la paladina dei difensori d’Israele: si oppone alla sospensione degli accordi europei sul commercio e sui sussidi, nonostante la questione verta sul “rispetto dei diritti umani”. La Whitehall ha perfino supportato un piano d’azione europeo che avrebbe approfondito le relazioni economiche e politiche con Israele. Di contro, l’Inghilterra si è rivelata fondamentale per raggiungere l’accordo UE che ha bandito l’ala politica di Hamas ed inserito i suoi leader nella lista nera dei terroristi.
A Dicembre Il Ministro degli Affari Esteri, Lord Triesman, di fronte al Parlamento ha affermato: “Non crediamo che Israele si attenga in modo rigoroso alle leggi internazionali”; prosegue a costruire insediamenti, compie omicidi mirati e demolisce case. Il governo ha anche provveduto a criticare, a bassa voce, la costruzione del “recinto di sicurezza” in territorio palestinese. Ma questi rimproveri occasionali sono privi di significato alla luce delle altre politiche che proteggono Israele dalle spinte internazionale per la fine dell’occupazione.
Due documenti, in passato segreti, ci sono utili per spiegare l’orientamento inglese. “La futura politica britannica nelle disputa arabo-israeliana”, rapporto del 1970 del Ministero degli Esteri, rifiuta sia una linea politica pro-israeliana che una pro-araba. La seconda scelta è motivata dalla “pressione che senza dubbio esercitano gli Stati Uniti… per accomunarci alla loro posizione durante i negoziati e nelle dichiarazioni”. Il rapporto rifiutava inoltre una “attiva neutralità”, dal momento che avrebbe danneggiato “tutte le nostre relazioni con gli Stati Uniti”. Dunque, il Ministero degli Esteri ha proposto una “politica a basso rischio”, che includeva “pressioni private sugli USA per pervenire, in modo prioritario, ad un accordo”.
Il secondo documento è un rapporto della Commissione Congiunta d’Intelligence del 1969. Qui viene sottolineata la “rapida industrializzazione“ d’Israele: “un partner importante e con un alto potenziale proprio in quelle aree industriali in cui vogliamo che l’Inghilterra diventi un produttore e fornitore di portata mondiale”. Ció si contrapponeva al Mondo Arabo, riguardo al quale, nonostante il petrolio, si affermava: “i recenti sviluppi sembrano confermare che le prospettive d’affari con i paesi arabi siano a dir poco stagnanti e potrebbero, in futuro, declinare”.
Tre decadi dopo, Israele è il terzo partner commerciale della Gran Bretagna nel Medio Oriente, e vene descritto come “una fonte di guadagno per gli esportatori inglesi”, specialmente nell’industria high-tech. Compiacere Washington e pensare ai propri profitti sono gli interessi radicati a Whitehall. Se l’Inghilterra vorrà prendersi cura dei diritti umani dovrà combattere contro questi interessi.
Mark Curtis
Fonte:http://www.markcurtis.info/
Link:http://www.cmyk.info/markcurtis/article26.html
30.03.06
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CINCIA
Aggiornamento: Blitz Israeliano nel carcere di Gerico, scontro a fuoco
TEL AVIV – Duri scontri sono in corso nella città cisgiordana di Gerico fra reparti dell’esercito israeliano e agenti della polizia palestinese che tengono in custodia nel carcere cittadino il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, Ahmed Saadat, del quale i soldati chiedono la resa. Saadat fu incarcerato anni fa, dopo aver rivendicato la paternità della uccisione del ministro israeliano Rehavam Zeevi. Assieme con quegli agenti si trovano nel carcere, a quanto pare, anche miliziani delle Brigate dei martiri di al-Aqsa (al Fatah).
Fonti locali aggiungono che la zona del carcere è stata completamente isolata, anche fili spintati. Nel corso della mattinata sono stati visti convergere verso quella zona numerosi mezzi blindati israeliani. Allo scontro a fuoco partecipano inoltre elicotteri israeliani da combattimento. Finora non ha avuto esito la perentoria intimazione israeliana a Saadat affinché si consegni agli assedianti. Radio Gerusalemme ha riferito che ci sono due morti nei combattimenti divampati oggi nel carcere. Secondo l’ emittente, gli uccisi sono un agente e un detenuto palestinese. All’interno del carcere ci sarebbero inoltre una ventina di feriti. Nel frattempo fonti locali riferiscono che le ruspe israeliane hanno aperto una breccia e che militari israeliani si trovano dentro la prigione.
Fonte: www.ansa.it
15.03.06