DI AMBROSE EVANS-PRITCHARD
Telegraph.co.uk
Le sei settimane concesse per salvare l’unione monetaria sono scadute. Il G20 non ha avuto alcun effetto, ancora non è stato istituito alcun muro di protezione mentre il dramma attanaglia l’Italia e minaccia di accendere il cerino al terzo debito mondiale.
Venerdì sera lo spread delle obbligazioni italiane a dieci anni sui Bund tedeschi era 458 punti base, il record dall’entrata in vigore dell’UEM. È pericolosamente vicino al punto in cui le vendite a cascata iniziano e la spirale va fuori controllo.
La Banca Centrale Europea ha sinora preso tempo disponendo una serie di linee di ritirata, ma adesso ha raggiunto il limite di intervento dopo aver accumulato quasi 80 miliardi di euro di debito italiano, o sta prendendo una pausa per costringere Silvio Berlusconi a dimettersi: nel qual caso, si tratterebbe di un gioco stupido.
Le mani della BCE sono legate. Il veto tedesco e le limitazioni del trattato dell’UE le impediscono di intervenire con una forza massiccia come vero prestatore di ultima istanza. La banca stessa è a rischio di un’estensione eccessiva in assenza di un tesoro dell’UE e una singola entità sovrana che la supporti.
Questa mancanza di un garante di protezione è una lacuna imperdonabile nella struttura istituzionale dell’unione monetaria. Come ha evidenziato il professore di Berkeley Brad DeLong in un nuovo articolo, tale “manifesta indifferenza per la stabilità finanziaria – ancora meno per il welfare dei lavoratori e delle imprese che formano l’economia– è un allontanamento radicale dalla tradizione di una banca centrale.”
La Banca di Inghilterra è stata costretta a sbarazzarsi di tali panacee reazionarie nel 1825 dopo lo scoppio della bolla del Canale. Intervenne infrangendo il proprio mandato, dietro gli ululati di proteste dei possessori di rendite che avvisarono che il “millennio dei mercanti di moneta era alle porte.” Ne seguì quasi un secolo di lieve deflazione.
La scorsa settimana Mario Draghi si è attenuto con obbedienza alla linea tedesca nel suo debutto alla presidenza della BCE – indipendentemente da cosa possa davvero pensare questo studente di Robert Solow formato al MIT -, affermando che gli acquisti di obbligazioni possono essere giustificati solo se “temporanei”, “limitati nell’ammontare” incaricandosi di ripristinare “la trasmissione monetaria“. Sarebbe “senza senso” per la BCE cercare di abbassare i rendimenti per un lungo tempo.
È anche difficile che possa dire qualcosa di diverso, specialmente da italiano che cerca di sedurre un esercito di critici tedeschi. I legislatori della Germania avevano stabilito nei giorni precedenti che la BCE deve interrompere gli acquisti di bond come condizione per l’approvazione del Bundestag del potenziamento del fondo di salvataggio EFSF.
Ma la struttura fiscale di salvataggio europea rimane una funzione, un fondo progettato per Grecia, Irlanda e Portogallo che però è stato esteso con ogni artificio scorretto a base di crediti strutturati per salvare in economia l’intero edificio dell’UEM.
Il mercato ha già sancito il suo verdetto sui piani per portare l’EFSF
(versione III) a un trilione di euro come un’assicurazione “a franchigia” delle obbligazioni italiane e spagnole, considerando che lo schema concentra i rischi in modo letale sugli stati creditori, mette a rischio la tripla A del rating della Francia e potrebbe contaminare il cuore dell’eurozona molto velocemente.
Gli spread sulle obbligazioni a cinque anni dell’EFSF si sono già triplicati fino a 151 sopra il debito tedesco, lasciando il Giappone e altri precedenti compratori a tenere in grembo una forte perdita. La scorsa settimana il fondo ha visto il fallimento di una sua asta, dovendo tagliare le emissioni da 5 a 3 miliardi di euro per carenza di domanda. Gary Jenkins di Evolution Securities ha detto che ci potrebbe essere uno sviluppo “spaventoso” che vede l’EFSF tenuto fuori dal mercato dei capitali. “Se dovesse continuare ad avere queste performance, anche il fondo di salvataggio potrebbe aver bisogno di un salvataggio”, ha detto.
Il tentativo dell’Europa di allargare l’ammontare a carico dei creditori trascinando all’interno gli stati che sono in possesso di riserve ha evocato a Cannes uno sdegno quasi universale e ha suggerito una lapidaria dichiarazione della brasiliana Dilma Rousseff: “Non ho la minima intenzione di contribuire direttamente all’EFSF; se loro stessi non vogliono farlo, perché dovrei farlo io?”
L’Europa si sta affidando a queste pagliacciate perché i suoi stati più ricchi – soprattutto la Germania – si rifiutano ancora di prendere coscienza delle implicazioni devastanti sulla moneta che loro stessi hanno creato, e di agire in modo impattante inondando la metà vulnerabile dell’unione monetaria con capitale a basso interesse.
Si può discutere dei dettagli, ma la formula necessaria, se vorranno salvare l’UEM, implica necessariamente una qualche forma di eurobond, di condivisione del debito, di trasferimenti fiscali e, naturalmente, la rivoluzione costituzionale a ciò necessaria. Ciò potrebbe almeno far guadagnare tempo, anche se io dubito che persino un’unione fiscale possa mai appianare il gap tra Nord e Sud.
I travagli dell’Italia hanno poco a che vedere con il dramma parallelo della Grecia. Non si tratta di un contagio nel vero senso della parola. Il paese è improvvisamente sotto tiro per la semplice ragione che la sua economia sta piombando in una forte recessione, per l’esito prevedibile delle restrittive politiche monetarie e fiscali dell’UE che ricordano gli anni ’30.
Le implicazioni per la doppia recessione dell’eurozona sono terribili per l’Italia, che già soffre di una cronica perdita del 40 per cento per la produttività del lavoro contro la Germania e di un collasso del 70 per cento di investimenti stranieri dal 2007.
Un resoconto degli analisti italiani di REF Ricerche avverte che l’Italia rimarrà intrappolata nella recessione nel 2012 e nel 2013. È il crollo che sta causando la deriva fiscale, non la mancanza di rigore nel bilancio. “Ciò che sta minando la credibilità dei conti pubblici dell’Italia nel medio termine è la mancanza di prospettive di crescita”, ha detto.
Intanto Angela Merkel e Nicolas Sarkozy continuano a ordinare all’Italia di intraprendere ulteriori strette fiscali nel corso di una caduta in fase di accelerazione, anche si tratta di uno dei pochi paesi nel club dell’OCSE con un surplus primario di bilancio e anche se la somma del debito pubblico e privato è solo del 250 per cento del PIL, ben al di sotto di Paesi Bassi, Francia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone. I diktat delle politiche dell’UE sono arrivate al punto di follia.
Berlusconi ha sollecitato il ridicolo a Cannes esclamando che “i ristoranti sono ancora pieni”.
Meno diffuso è stato il suo commento secondo cui il tasso di cambio della nazione è male allineato all’interno dell’UEM e che ciò è stato “paralizzante per l’Italia”.
Questo è il punto focale. L’Italia è in una divisa sbagliata. Non dovrebbe stare assolutamente nell’unione monetaria tedesca.
La crisi italiana si aggraverà per ragioni fondamentali, indipendentemente il regime in disgregazione di Berlusconi uscirà dalla scena. È difficile comprendere come questa missione politica dell’UE, travestita con gli abiti del Fondo Monetario Internazionale, possa riuscire a ottenere altro che non sia l’infiammarsi del fervore patriottico italiano.
Il Ministro delle Riforme Roberto Calderoli (Lega Nord) ha dato un suggerimento sulle conseguenze di questa incauta intromissione quando gli è stato chiesto nel fine settimana se “vale la pena” di rimanere dell’Unione Monetaria. “Il Trattato di Lisbona ha molti aspetti negativi ma ne ha uno positivo:
si può uscire dall’Europa.”
Fonte: Europe’s rescue fiasco leaves Italy defenceless
06.11.2011
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUPERVICE
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