DI PAUL KRUGMAN
LE STORIE DI SUCCESSO DELL’AUSTERITA’
Redazione: il ‘successo spagnolo’ incredibilmente eletto a ‘modello’. Fra il ‘successo’ polacco e la ‘crisi’ greca non c’è il differenziale di produttività, ma l’adozione dell’euro.
In questi giorni, in Europa, si sentono spesso affermazioni del tipo: “i successi della Spagna e del Portogallo dimostrano che i critici dell’austerità sono tutti in errore”. Prima di poterlo affermare, tuttavia, è necessario riflettere su un paio di questioni.
In primo luogo si deve definire fino in fondo cos’è il “successo”. In secondo luogo si deve deliberatamente fraintendere quello che i keynesiani hanno detto, sin dall’inizio, sul processo di svalutazione interna.
Diamo un’occhiata, allora, a quello che passa per essere il “successo” spagnolo, elevato a “modello” in modo a dir poco incredibile:
Si può vedere quanto sia stato impressionante il crollo [2008] che ha lasciato il Pil della Spagna al di sotto dei livelli pre-crisi – ma ancor di più al di sotto del suo trend pre-crisi – cui è seguito una ripresa che, anche se continuasse al ritmo attuale, impiegherebbe moltissimi anni per recuperare il terreno perduto. Sarebbe questo il “successo” che viene costantemente rivendicato?
Questa “ripresa”, inoltre, può essere una confutazione di quello che persone come me hanno sempre sostenuto? Viene da piangere. Ecco quello che ho scritto, tre anni fa, sulla base della “teoria standard di macroeconomica internazionale”:
Così, nel corso del tempo, la graduale deflazione – rispetto a quella dei partners commerciali – aumenta la competitività, con un conseguente recupero occupazionale. Tutto questo comporta un periodo di crescita superiore al normale e, implicitamente, al di sopra anche della normale crescita delle esportazioni. Quindi, se vedete queste cose, sappiate che esse non confutano il nostro metodo – si tratta, in realtà, di quello che il modello stesso predice.
Il punto, però, è che questo processo può richiedere molto, molto tempo, e c’è davvero un immenso dolore lungo la strada!
Questo è ciò che ha concluso finanche Milton Friedman, studiando il caso della flessibilità dei cambi:
La disoccupazione produce una costante pressione al ribasso sui prezzi e sui salari. L’aggiustamento [ovvero la ripresa dell’economia] non sarà completato fino a quando la deflazione non avrà fatto il suo spiacevole corso.
Se me lo chiedete … tutto questo vuol dire che i difensori delle politiche correnti – e coloro che attaccano chi le critica – si sono inventati delle false affermazioni, che i critici dell’austerità non hanno mai fatto.
LA POLONIA CONTRO LA GRECIA
Yannis Ioannides e Christopher Pissarides, in un nuovo “Brookings Paper”, parlano dei modi tramite i quali la mancanza di riforme strutturali danneggia la produttività e la competitività della Grecia. Non ho motivo di dubitare che ci siano molte cose da cambiare e che la Grecia starebbe molto meglio se potesse spezzare in un qualche modo le barriere politiche, per rendere possibili questi cambiamenti.
Ma direi che è molto, molto sbagliato puntare sui fattori che limitano la produttività della Grecia per sostenere che siano questi, nella realtà, la “causa” della crisi. La bassa produttività esige un prezzo in qualsiasi economia ma non crea, di norma – o quanto meno non è necessaria – né una crisi finanziaria né un’enorme pressione deflazionistica.
Si consideri, in particolare, il confronto tra la Grecia e la Polonia. Questo paese, esattamente come la Grecia, è posto alla periferia dell’UE ed è strettamente legato al resto dell’economia continentale. E’ anch’esso un paese dalla produttività relativamente bassa per gli standards europei nord-occidentali. E’ inferiore, in effetti, a quella greca, secondo le misure standard internazionali:
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Ma la Polonia non ha avuto una crisi in “stile greco”, e nemmeno un qualsiasi altro tipo di crisi. Si è rinforzata, invece, passando attraverso le turbolenze degli ultimi anni:
Qual è la differenza? La risposta principale è sicuramente l’euro. Adottando la moneta unica la Grecia ha generato dapprima un massiccio afflusso di capitali, salvo poi trovarsi in trappola, ovvero impossibilitata ad effettuare la necessaria svalutazione reale, senza dover attuare una deflazione incredibilmente costosa.
Ogni volta che qualcuno afferma che il problema greco è davvero sul “lato dell’offerta”, non dovreste chiedergli perché ha questo tipo problema – ce lo ha senz’altro – ma perché mai quest’ultimo dovrebbe portare al collasso.
La Grecia ha circa il 60% della produttività della Germania, il che significa che dovrebbe avere salari reali pari a circa il 60% di quelli tedeschi [perché l’economia possa andar bene]. La Grecia non dovrebbe avere, quindi, il 25% di disoccupazione [perché i suoi salari reali, in effetti, sono inferiori a questo livello, a dimostrazione della fallacia della teoria]!
Paul Krugman
Fonte: http://krugman.blogs.nytimes.com/
14.09.2015
Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da FRANCO
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